Viva la danza

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ROBERTO BOLLE

L’étoile parla dello spettacolo evento realizzato in occasione della Giornata Internazionale della Danza grazie al sostegno del Ministero della Cultura in collaborazione con la Rai. «Sarà un viaggio in cui troveremo la danza classica insieme a molti altri generi, dall’hip hop allo swing, dal latino-americano al tip tap – dice il protagonista – Penso che il programma potrà avvicinare le persone a questa meravigliosa arte». Lunedì 29 aprile in prima serata su Rai 1

La Giornata Internazionale della Danza si celebra anche in Tv, lei è il testimonial di questa serata evento. Che cosa vedremo il 29 aprile?

Una grande serata con la danza protagonista. Sarà uno spettacolo ambientato al Maggio Musicale Fiorentino di Firenze, un format che si sviluppa non più in uno studio televisivo, come è stato per “Danza con me”, ma in teatro. Avremo esibizioni sul palcoscenico e in altri ambienti, sarà un viaggio in cui troveremo la danza classica insieme a molti altri generi, dall’hip hop allo swing, dal latino-americano al tip tap. Ci sarà anche tanto back stage. La punteggiatura dello spettacolo sarà proprio quella del dietro le quinte, con scene divertenti che intratterranno il pubblico e che mostreranno anche quello che accade subito prima e subito dopo un’esibizione.

Cosa significa rendere omaggio alla danza?

La danza ha un enorme valore educativo, soprattutto per i più giovani e portarla in prima serata Tv, di fronte a una grande platea, è il migliore omaggio che possiamo farle. Mostriamo come non sia un’arte elitaria, ma ben comprensibile anche ai non addetti ai lavori.

La danza è festa, spettacolo, ma è anche uno strumento introspettivo. Quanto l’ha aiutata, nel tempo, a conoscersi?

Tantissimo. È stata strumento di conoscenza e mi ha cambiato. Mi ha aiutato a definire la mia personalità, a cambiare come persona. Se non avessi fatto il ballerino oggi sarei sicuramente una persona molto diversa. Mi ha fornito grandi strumenti per affinare la mia personalità, dandomi sensibilità, forza, disciplina. Qualità che sono importanti nella vita.

Étoile e divulgatore dell’arte della danza.  Come coniuga queste due sue anime?

Sono un divulgatore perché conosco la materia, grazie al teatro che mi ha fatto avvicinare al cuore delle persone. Non lo farò mai senza la danza.

Che cos’è per lei il palcoscenico?

Il palcoscenico ha una sua sacralità, è il luogo in cui avviene una magia. Su quelle tavole ci trasformiamo e diventiamo spesso qualcuno che non siamo noi, è un luogo che porta in mondi lontani, in epoche diverse. È anche uno strumento che ti fa evadere dalla realtà, che ti fa avere una prospettiva differente.

Emozioni da condividere con il pubblico…

Penso che la trasmissione riuscirà ad avvicinare le persone al teatro ancora di più di quanto avveniva con “Danza con me”. Quello che vedi da casa, attraverso la Tv, lo ritrovi esattamente a teatro.

Conosciamo le sue gesta artistiche, le è capitato di provare timore prima di esibirsi?

C’è sempre un mix di adrenalina, tensione, incertezza. C’è anche la paura di sbagliare. Soprattutto quando ero più giovane c’erano momenti in cui vedevo tutto più grande di me, delle mie possibilità. Penso ai primi ruoli da primo ballerino, alle prime volte in cui sono andato ospite in teatri come L’Opéra di Parigi, il Royal Ballet di Londra, ricordo la sensazione di paura, di terrore, che avevo dietro le quinte. Il mese scorsa ero proprio al Royal Ballet, dove non andavo da prima della pandemia e anche in quell’occasione ho avuto incertezza, preoccupazione. Bisogna convivere con l’apprensione. Quando stai per andare in scena non importa se ti sei preparato per mesi, perché sul palco tutto può accadere. Una distrazione può compromettere un passo, una sequenza, puoi sbagliare, puoi scivolare. È tutto così precario, e questo lo senti. L’esperienza mi ha aiutato a concentrarmi sempre di più sulla parte artistica, che ti dà più sicurezza rispetto a quella tecnica, ma alla fine la mente fa tantissimo. La maggior parte delle volte a condizionarti è proprio il tuo pensiero.

Cosa prova di fronte all’affetto del suo pubblico?

Una grande gratitudine. L’affetto lo avverto quando qualcuno mi avvicina.

E questo le piace?

Molto. A differenza di ciò che accade ad altri personaggi, verso di me, e forse verso il mio mondo, c’è sempre grande rispetto e questo è molto bello. Non c’è mai un’invasione anche corporale, ma molta gentilezza.  Vedi persone che hanno il cuore pieno di gratitudine perché hai regalato loro delle emozioni, in teatro o in televisione. Hai dato il tuo piccolo contributo per farle stare bene, hai dato loro un pizzico di magia, di poesia e di bellezza in più.

La danza, lo show

Oltre ai grandi danzatori Roberto Bolle ha chiamato a raccolta alcuni artisti del mondo della musica, del cinema e della televisione cui ha affidato parti del racconto. C’è Katia Follesa, direttrice di scena tuttofare che controlla, comanda, consiglia e, alla bisogna, si adopera in ogni mestiere perché lo spettacolo possa sempre e comunque continuare, con maestria e tanta, tanta ironia. Ci sono i due conduttori del documentario, Fabrizio Biggio e Valentina Romani, che, condotti per mano dallo stesso Roberto Bolle, entrano nella pancia del Teatro e da un punto di vista privilegiato, sul palco, nei camerini, nelle sale prova, osservano, imparano, scoprono il magico mondo della danza, emozionandosi insieme con il pubblico. C’è Francesco Pannofino una sorta di “Fantasma dell’Opera”. E infine c’è un duetto con una delle artiste più apprezzate del panorama musicale contemporaneo: Elodie.

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La forza della musica

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Noemi ed Ermal Meta

Per l’evento live, e gratuito, più importante d’Europa, due degli artisti più apprezzati della scena musicale italiana che più volte hanno calpestato quel palco con la loro arte. Emozionati e spinti da un forte senso di responsabilità: «Il palco del Primo Maggio è un faro sui diritti civili… l’arte, la bellezza, la musica devono essere gli antidoti contro la paura»

La prima volta da conduttori

ERMAL META

Wow è la parola che esprime bene il nostro stato d’animo.  Siamo molto contenti, sarà un’esperienza straordinaria in tutta la sua complessità. Siamo abituati entrambi a stare su un palco, ad avere il pubblico davanti e, anche se ci esibiremo ogni tanto, lo faremo in una forma un po’ diversa, avremo l’aiuto e sul supporto dei grandi professionisti. È un piacere e un grande onore assumere con la mia amica Noemi la responsabilità di traghettatore… Un Primo Maggio importante, quindi, come lo sono stati tutti in realtà, ma non avevo mai riflettuto che fosse il concerto live più grande d’Europa, giusto per stare tranquilli (ride). La mia prima volta su questo palco è stata da artista nel 2017, ricordo ancora quello che ho provato nel guardare tutta quella gente in piazza, impressionante.

NOEMI

Ce la metteremo tutta! Il fatto che si tratti di una manifestazione musicale ci fa sentire a casa, canteremo e avremmo la possibilità di raccontare gli altri artisti, affrontando e condividendo tutti insieme tematiche importanti. È una bella avventura, il nostro obiettivo sarà rendere forte, energico questo palco, che è il palco di tutti e per tutti. Io, poi, sono romana e pensare di stare al Circo Massimo in questa veste, in un luogo segnato dalla storia, dove ho partecipato a concerti memorabile, mi emoziona in maniera incredibile.

Quello che la musica può fare…

NOEMI

Quando scelgo una canzone non posso mai evadere dal testo, ho bisogno di raccontare qualcosa. Oggi che stanno venendo a mancare determinati equilibri, c’è bisogno che la musica svolga il suo ruolo, raccontare la società e aiutarla a trovare una direzione. 

ERMAL META

… e aiutare ad approfondire temi che riguardano tutti. La musica è il grande collante e, mai come adesso, con una guerra molto vicina al cuore dell’Europa, l’arte, la bellezza, la musica devono essere gli antidoti contro la paura. Abbiamo tutti voglia di speranza…

NOEMI

Forza e anche leggerezza, saremo concentrati, ma anche pronti a godere con tutti un momento di convivialità, senza mai perdere il legame con la realtà. Il palco del Primo Maggio ha questo immenso potere, non perde mai la sua aderenza con la società, con quello che stiamo vivendo.

Un momento di grande spettacolo, un momento per “ascoltare il futuro”

ERMAL META

Mai come adesso il futuro dell’essere umano è veramente in pericolo, non possiamo, però, abbandonarci allo sconforto, non dobbiamo andare giù. Al contrario, lo sforzo collettivo deve essere fare di tutto per risalire, guardare avanti con grande speranza. Il Primo Maggio è la Festa dei Lavoratori, si deve porre l’accento su questo, su temi che riguardano la nostra società, su un’Europa che sia sempre più inclusiva e pronta a dare un futuro ai propri cittadini.

La voglia di pace, di unione ha radici lontane…

NOEMI

Il palco del Primo Maggio è un faro sui diritti civili, sul contatto con la nostra società, sul termometro della società moderna. Credo che sul tema dell’antifascismo, di cui si parla molto negli ultimi tempi, i giovani in particolare debbano essere sensibilizzati, e questo evento lo farà, come sempre, attraverso i testi e le scelte editoriali di un certo tipo di musica e di artisti.

ERMAL META

L’Italia è uno Stato antifascista, penso non ci sia molto da spiegare, lo dice la Costituzione in maniera chiara. Probabilmente a essere trasmessi in maniera più costante, forse, devono essere i valori. Oggi c’è uno scollamento a livello culturale e sia generazionale che impedisce la comprensione di alcune tematiche, ma il Primo Maggio è, e sarà sempre, all’insegna dell’unione, della pace, dei valori sociali necessari per andare avanti.

E allora, buon Primo Maggio

NOEMI

Vi aspettiamo al Circo Massimo, sarà un bel momento.

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La grande notte del cinema italiano

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DAVID DI DONATELLO

La 69ᵃ edizione del Premio in diretta venerdì 3 maggio in prima serata su Rai 1. Conducono Carlo Conti e Alessia Marcuzzi

Centosettantuno film italiani di lungometraggio di finzione iscritti; 26 quelli diretti da registe donne; 61 le opere prime; 138 i documentari; 495 i cortometraggi. Basta partire da questi numeri del concorso per raccontare l’importanza e la valenza della 69ᵃ edizione dei Premi David di Donatello. E, come sempre, Rai sarà a fianco dell’Accademia e di Cinecittà per raccontare, venerdì 3 maggio, la cerimonia di premiazione, in diretta in prima serata su Rai 1 condotta da Carlo Conti con Alessia Marcuzzi in compagnia di tanti ospiti prestigiosi.  L’evento si svolgerà negli iconici studi di Cinecittà, sempre di più punto di riferimento per le produzioni nazionali e internazionali grazie a un rilancio industriale e creativo che la rende leader a livello globale. A ospitare la diretta sarà il leggendario Teatro 5 di Cinecittà, “tempio” della grande cinematografia nazionale e internazionale, che diventerà per una notte la casa dei David. Una narrazione diffusa della nuova storia degli iconici studi, che includerà il residential stage del Teatro 14, un unico set che racchiude cinque ambientazioni, e il Teatro 18, il Volume Stage per la produzione virtuale, tra i più grandi d’Europa, che ospiteranno diversi momenti della cerimonia. Cinecittà si racconterà come casa del talento e dell’ecosistema produttivo, cantiere sul futuro in continua evoluzione, simbolo della magia creativa del cinema e della sua capacità di rinnovamento.

Nel corso della cerimonia saranno assegnati venticinque Premi David di Donatello e i David Speciali. 
I Premi David di Donatello sono organizzati dalla Fondazione Accademia del Cinema Italiano – Premi David di Donatello e dalla Rai, in collaborazione con Cinecittà S.p.A..

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IL GIRO IN TV

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… da mattina a sera

Alessandro Fabretti, caporedattore centrale di Rai Sport: «Raccontiamo la gara, ma anche l’Italia con i suoi colori e i suoi profumi»

Come ti stai preparando al Giro?

Innanzitutto dal punto di vista psicologico, perché non dico che raccontare il Giro sia tanto faticoso quanto farlo in sella alle bici, ma quasi (sorride). Sarà un giro impegnativo ma molto stimolante dal punto di vista dell’offerta televisiva, saremo sul pezzo, e su strada, dal primo mattino alla sera. Cuore della programmazione sarà la diretta della gara alla quale seguirà il “Processo alla tappa” e, alle 20, il “TGiro” in diretta.

Cosa ti aspetti dal tracciato?

È molto impegnativo. Fin dalla prima tappa, quella di Torino, bisognerà impedire a chi il Giro vorrà vincerlo, di prendere da subito il sopravvento. Al di là delle due ascese, una delle quali su Superga, ci sono discese impegnative, molto strette, con curve da affrontare con cautela, e poi ci sono le strade cittadine insidiose, soprattutto quando piove. Al di là delle fasi centrali, penso alla tappa di Prati di Tivo, penso ai tapponi dolomitici, da Livigno a Bassano del Grappa, ma bisogna anche fare attenzione ai 70 km di cronometro. Chi vincerà? Tutti quanti ti dicono Tadej Pogacar, però il Giro va saputo affrontare, per le pendenze in salita, per quelle in discese, per l’asfalto, che a volte lascia desiderare, per gli agenti atmosferici, siamo a maggio e non ad agosto.

La tappa che ti incuriosisce più delle altre?

La prima, anche perché c’è l’attesa. Venaria Reale – Torino sarà chiarificatrice di tante cose.

Favorito a parte, di chi sentiremo parlare?

Sicuramente Geraint Thomas e poi il nostro Antonio Tiberi, giovane che sta crescendo tantissimo.

Qual è il valore aggiunto della narrazione Rai al Giro?

Riesce a fare la differenza rispetto ad altre televisioni perché è più vicina al cittadino che al tifoso stretto. Alla tanta tecnica, con i nostri commentatori, aggiungiamo tanta narrazione, legata a un grandissimo personaggio che risponde al nome di Fabio Genovesi, grande scrittore e conoscitore del ciclismo, ironico e con una sensibilità fuori dal comune. Nel suo racconto è capace di unire l’arte alla cultura, alla passione ciclistica, alle curiosità. Anche grazie ai nostri inviati, Umberto Martini ed Ettore Giovannelli, andiamo oltre il tatticismo e il tecnicismo dello sport e raccontiamo l’Italia agli italiani.

Che cosa significa per te raccontare il ciclismo?

Sono entrato nel ciclismo nel 1994 raccontando le prime imprese di Marco Pantani e non l’ho più mollato. Quest’anno sono al mio 31° Giro d’Italia. Del ciclismo amo profumi e i colori che si incontrano giorno dopo giorno. Non è solo il rosa della maglia, ma sono i colori dei fiori che sbocciano lungo le strade e i campi, sono i profumi della natura e anche quelli delle braci della gente che si ritrova sulle salite, magari per due giorni, per aspettare dieci secondi del passaggio dei corridori. E poi il rumore della bici in movimento, della catena che si muove tra i denti delle corone, che porti sempre con te. Il Giro è una bolla compatta che si muove tutta insieme, con i suoi colori e i suoi profumi.

Che cosa non può mancare nella valigia del cronista che parte per il Giro?

La grande passione. Se la lasci da qualche parte finisce tutto. Parlo della passione per l’evento sportivo, ma anche di quella che ti porta a creare un rapporto stretto con il tifoso del ciclista.

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La Rai celebra il genio Marconi

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Una mostra nel Palazzo delle Radio di via Asiago a Roma ripercorre gli anni più significativi dell’inventore del sistema di telecomunicazioni a distanza. L’avatar che lo fa rivivere grazie all’intelligenza artificiale, guida il visitatore nei quattro articolati percorsi

La Rai celebra Guglielmo Marconi, il genio innovativo che per la prima volta concepì la possibilità di comunicare senza fili. La mostra a lui dedicata, patrocinata dal Ministero della Cultura e dal Comitato Nazionale per il 150° anniversario dalla nascita, è stata inaugurata nella sede di via Asiago a Roma, che si avvicina al proprio 100° anniversario.  Il Palazzo della Radio non solo rappresenta il luogo dal quale in questo ultimo secolo sono partite le onde di trasmissione radiofonica che hanno portato informazione e intrattenimento in tutto il Paese, ma conserva anche quella che fu la scrivania di Guglielmo Marconi, che per anni ne percorse i corridoi. La mostra “Guglielmo Marconi. Prove di Trasmissione” nasce in occasione dei 70 anni della televisione e dei 100 anni della radio e intende celebrare anche l’azienda, depositaria del Servizio Pubblico nato da questa nuova modalità di trasmissione delle informazioni. L’esposizione è incentrata tra i primi anni Venti e la prima metà degli anni Trenta, prima della scomparsa di Marconi, sugli esperimenti e sui viaggi che fece a bordo della fidatissima nave-laboratorio Elettra. Il percorso espositivo è articolato in sezioni dove vengono raccontati, in una sequenza temporale, alcuni degli esperimenti effettuati nella cabina che Guglielmo Marconi fece allestire a bordo del panfilo. Sono in esposizione anche alcuni pezzi provenienti dal Museo della Radio e della Televisione Rai di Torino, a integrare il progetto ideato e curato dalla direzione Canone, Beni Artistici e Accordi Istituzionali e completato da un’accurata scenografia. All’ingresso del Palazzo di via Asiago, lo stesso Guglielmo Marconi, ricostruito digitalmente grazie all’intelligenza artificiale, guiderà i visitatori nel percorso espositivo. Infatti, tramite la collaborazione della direzione Contenuti Digitali e Transmediali e grazie al materiale audio e fotografico d’archivio e alle tecnologie deep fake e voice cloning, si potrà apprezzare non solo il volto dell’inventore con la sua mimica facciale, ma anche il suo modo di parlare e il timbro vocale. L’evento è gratuito e aperto a tutti. Per il Direttore Generale della Rai Giampaolo Rossi «Marconi è stato un uomo che ha cambiato veramente il volto della storia. La comunicazione globale, come oggi la conosciamo, non ci sarebbe stata senza di lui. È anche il portatore di una visione etica della scienza, del suo valore, della visione del progresso. In un tempo come questo molto complesso, l’idea che si possa applicare la scienza a una visione ottimistica del futuro è un grande insegnamento, così come l’idea di progredire anche in tempi molto difficili, spesso falsi e ipocriti, sperando in un futuro più bello di quello che lasciamo indietro. Credo che questo sia il senso ma anche la funzione del Servizio Pubblico».

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The Only Oscio

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FRANCESCO PAOLANTONI

Quando concedersi nelle mani di un cialtrone di professione diventa uno dei momenti imperdibili della nostra giornata. Con l’attore e intrattenitore napoletano la seconda stagione de “Il Santone” diventa esilarante: «Io sono cialtrone nella vita, con questo ruolo ho ufficializzato la mia natura». La serie è disponibile in boxset su RaiPlay

Estroso, autoironico, imperioso, ciarliero, ingannatore ma dal cuore tenero, Franco Riccio, ovvero The Only Oscio, è il nuovo santone di Centocelle. Si spaccia per la reincarnazione di Enzo e offre finti rimedi e consigli a prezzi esorbitanti. Il suo desiderio di irretire il quartiere lo porta a scontrarsi più volte con Teresa, facendolo diventare di volta in volta testimonial, amministratore, ristoratore. Ma tutto questo non per megalomania o desiderio di ricchezza: The Only Oscio è in fuga da Napoli e ha bisogno di soldi, al più presto. Se non pagasse le conseguenze potrebbero essere spiacevoli.

Una nuova avventura… spirituale per lei…

Arrivo in questa seconda stagione della serie come il successore di Enzo, la reincarnazione del santone precedente interpretato da Neri Marcorè. La caratteristica principale è il suo essere un vero cialtrone, un truffatore di livello. Mentre Enzo rappresentava una guida più candida, il mio personaggio è proprio un furbacchione napoletano che, per sfuggire dai suoi problemi a Napoli e da una moglie legata alla malavita, si ritrova ad abbindolare la gente a Centocelle. Diciamo la verità, le persone però sono sempre alla ricerca di uno spirito guida, di qualcuno che li accompagni nella vita. Questo è preoccupante, anche nella vita vera, perché è troppo facile oggi diventare vittime.

Ma a Centocelle c’è un santone di troppo…

Beh, Teresa (Carlotta Natoli) eredita il mundu del marito defunto e qualche potere particolare in più ce l’ha (ride). È una serie veramente molto interessante e divertente, vale la pena trascorrere del tempo su RaiPlay.

Cosa regale al pubblico il luogo in cui la storia è ambientata?

Centocelle rappresenta il tessuto sociale popolare dove quel che accade è accompagnato dai sentimenti più veri di una città come Roma, il luogo in cui si possono osservare vite, storie di ogni tipo. Per me è stata una scoperta, così come per il pubblico lo sarà la fiction e, come direbbe il mio santone, “guardatela tutti insieme, vi succederanno delle cose meravigliose per i prossimi cinque anni della vostra vita” (ride).

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Evviva!

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GIANNI MORANDI

In occasione dei 70 anni della Rai, Gianni Morandi conduce i telespettatori in un viaggio attraverso generi, personaggi e temi che hanno fatto la storia della televisione italiana. Venerdì 26 aprile in prima serata su Rai 1

Un viaggio attraverso vare regioni d’Italia, perché la Rai non è solo di chi l’ha fatta ma anche di chi l’ha vista. È di tutti. “Evviva!” è un racconto fatto in prima persona da Gianni Morandi, che questi anni della Tv li ha attraversati tutti… prima come spettatore bambino, poi da protagonista. Un racconto ricco di storie, aneddoti, curiosità, filmati, canzoni accennate unplugged da Gianni con la sua chitarra.

Gianni partiamo dal titolo, perché “Evviva!” e dove ci porterà?

Evviva! è un’espressione di gioia e di allegria. La Tv per il pubblico dovrebbe rappresentare sempre un’occasione di leggerezza e di compagnia. Ho pensato che potesse essere un titolo adatto per questo programma che ci farà ricordare momenti bellissimi e musicali della storia del nostro Paese.

Un ritorno in Rai in un anno di festa (i 70 anni della Tv), che cosa prova?

Mi rende felice poter essere testimone e rappresentante di questo racconto che la Rai ha deciso di fare in un anniversario così importante. Io stesso ho dei ricordi molto belli, sia personali che professionali, legati al mondo della televisione e sono orgoglioso di raccontarne la storia, avendo anche a disposizione il capitale straordinario e l’archivio delle Teche Rai.

Cosa significa raccontare la Tv in televisione?

È un po’ la storia di ognuno di noi, credo che ogni persona che vedrà il programma potrà avere un ricordo o un aneddoto legato ad un periodo particolare della propria vita. Dal 1954 la Tv è entrata nelle nostre vite e ne ha fatto parte fino ad ora in modo costante dando la possibilità a tutti di vivere momenti di intrattenimento ma anche di connessione con il mondo.

Qual è il primo ricordo che la lega alla Rai e che cosa ha significato per lei la scoperta della Tv?

Quando è nata la Tv nel 1954 io avevo 9 anni e i miei primi ricordi di bambino sono legati a mio padre che mi portava al Bar Marchioni di Monghidoro per poter vedere gli show del sabato sera. Ero incuriosito da quelle immagini in bianco e nero che entravano nelle nostre case e che ci facevano conoscere un mondo affascinante che ci sembrava così lontano e nuovo. Poi con l’inizio della mia carriera sono entrato a far parte anche io del mondo televisivo e nel corso di questi 70 anni ho avuto l’occasione di conoscerne anche i segreti e i meccanismi che si sviluppano nel “dietro le quinte”.

La sua musica ha accompagnato le nostre vite e la storia del Paese. Dove ha trovato la linfa creativa per questo nuovo viaggio?

La musica è la mia vita, ho interpretato più di 600 canzoni e ho avuto l’opportunità di lavorare con grandissimi autori che hanno scritto per me. Mi ritengo un uomo fortunato, in 60 anni di carriera, le esperienze che ho vissuto, nonostante qualche momento di difficoltà, mi hanno permesso di fare il lavoro che sognavo con lo stesso entusiasmo dei primi anni e mi hanno permesso di girare il mondo.

Per quali emozioni si ritrova a gridare “evviva”?

Sono un uomo ottimista di natura, mi capita di gridare “evviva” per piccole e grandi cose. Una bella giornata di sole, ritrovarmi e passare del tempo insieme alla mia grande famiglia, una nuova canzone da interpretare o un nuovo programma come questo da condurre che mi porterà in giro per l’Italia a vedere luoghi nuovi e incontrare persone che ancora non conosco.

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C’è un nuovo Santone a Centocelle… ed è donna!

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Carlotta Natoli

“La posso fare io la Santona il prossimo anno?” è iniziata con una battuta alla regista e, alla fine, ecco qua che dopo Neri Marcorè nei panni del Santone, arriva Teresa: «Abbiamo puntato molto sul look, abbiamo fatto stringere il mundu di Enzo, perché nella sua versione al femminile serviva una stretta sui fianchi» ironizza l’attrice romana

Una Santona per amica…

Un po’ confusa, diciamolo. Possa anche ammettere che, nella prima stagione, vedendo Enzo (Neri Marcorè) seduto con la sua palandrana a dispensare scemenze in giro, mentre la povera moglie Teresa si affaticava tanto, alla regista ho chiesto: “La posso fare io la Santona il prossimo anno?” Non avevo, però, considerato che, quando una donna va al potere, deve fare il doppio della fatica. Questa guida spirituale di periferia si porta dietro tutte le complicazioni della sua vita privata, alle quali si aggiungono le questioni della identità rubata del marito ad opera di The Only Osho (Francesco Paolantoni) che, carinamente, c’è venuto da Napoli a creare scompiglio (ride).

Essere “Santone”, una questione di stile e di genere…

Questa è la domanda: “cos’è che rende una persona un Santone?” Noi abbiamo puntato molto sul look, abbiamo fatto stringere il mundu di Enzo, perché nella sua versione al femminile serviva una stretta sui fianchi. La Santona donna non è come il marito che, comodamente seduto, diceva quattro frasette di Palmaroli – Oscio e risolveva tutto così. Eh no, qualche frasetta rimane, ma Teresa deve agire, deve faticare. La verità è che questo ruolo da guida spirituale non le appartiene proprio, hanno deciso gli altri per lei. Chissà come lo interpreterà questa nuova identità, ma non posso certo dirlo io, dovete vedere la serie.

Si cammina però sulle orme di Oscio…

“Famo meno fatica possibile, e annamo avanti” direbbe Oscio (ride). Teresa, forse, proporrebbe un altro insegnamento, del tipo: “Annamo insieme tutti quanti, che semo tutti claudicanti”, fa pure rima.

Centocelle il centro dell’umanità…

È un luogo simbolico, in cui, pur non essendo oggi una vera e propria periferia, le emergenze sociali sono più evidenti che altrove. Qui la caratterizzazione è importante, così come la romanità, di cui vado molto fiera perché, nella sua qualità migliore, riesce a ridere delle tragedie, portando avanti anche delle battaglie sociali. Con una battuta si riesce a sintetizzare un mondo, e io l’ho voluta sfruttare fino in fondo per conservare in Teresa quella passionalità presente fin dalla prima stagione, alla quale si unisce la consapevolezza della comune difficoltà dello stare al mondo.

Tra una battuta e l’altra, cosa vuole comunicare questo racconto?

Il significato profondo è che siamo tutti danneggiati da qualcosa, possiamo scegliere, però, se fare del bene alla comunità o affidarci totalmente al Santone di turno pensando che ci risolva i problemi. Ma chi è questa guida? Noi italiani ce l’abbiamo questa tendenza, siamo sempre in cerca di qualcuno che ci dia le istruzioni per muoverci.

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Rai per l’Europa

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Informazione

«Per la prima volta dopo oltre sessant’anni, verrà realizzata una Tribuna elettorale fuori dagli studi Rai, nella sede di rappresentanza del Parlamento europeo. Si tratta di una scelta che ha un valore simbolico, che cerca di avvicinare il più possibile i cittadini all’Europa, il nostro spazio comune» afferma Giuseppe Carboni, direttore di Rai Parlamento

Una prima volta storica per le Tribune Elettorali, trasmesse direttamente dalla casa dell’Europa. Da lunedì 22 aprile prendono il via le Tribune Elettorali in vista delle elezioni europee dell’8-9 giugno. Dopo 64 anni, la trasmissione che fu di Jader Jacobelli, oggi curata da Rai Parlamento, esce dagli studi Rai e va in onda da uno studio di eccezione, nella sede di Roma del Parlamento Europeo e della Commissione. Una novità che simbolicamente rispecchia la vicinanza e la centralità delle istituzioni comunitarie per la vita dei cittadini. Nello Spazio Europa di via IV Novembre a Roma, dal 22 al 26 aprile, sarà ospitata la prima fase delle Tribune, che precede la presentazione delle liste e che vede la partecipazione delle forze politiche italiane presenti nel Parlamento nazionale e nel parlamento europeo.  I format previsti sono i Confronti, caratterizzati da un ritmo serrato e tempi contingentati per domande e risposte (da lunedì 22 aprile a venerdì 26 aprile alle 17.15 su Rai 2, e su Radio1) e le Interviste da cinque minuti ciascuno con esponenti dei gruppi parlamentari presenti alla Camera e al Senato (in onda lunedì 22, martedì 23 e venerdì 26 aprile alle 23.30 circa su Rai 3 e su Radio1). “Questa edizione delle Tribune di Rai Parlamento punta molto sulla novità – sottolinea il Direttore di RAI Parlamento Giuseppe Carboni – pur mantenendosi nel solco della tradizione: formule consolidate ma rinnovate, uno studio con i colori dell’Europa e una comunicazione chiara ed efficace nello spirito del servizio pubblico. Il Parlamento Europeo non è qualcosa di astratto e lontano ma è lo spazio nel quale si prendono decisioni che riguardano la nostra vita di tutti i giorni. Queste Tribune – conclude il Direttore Carboni – sono un esperimento che per la prima volta Rai e Rai Parlamento vogliono fare insieme alle Istituzioni europee per sottolineare l’importanza di questo voto, nel quale tutti siamo chiamati a scegliere quale futuro dare all’Europa.”

L’impegno Rai per le Tribune Politiche sarà totale, dalla tv alla radio e al digitale, con contenuti tradotti nella lingua italiana dei segni e sottotitolati su Televideo, disponibili on demand su RaiPlay e Rainews.it, il sito di informazione del Servizio Pubblico arricchito da aggiornamenti, calendari delle trasmissioni e informazioni per gli elettori.

A maggio, dopo la presentazione delle liste, con la campagna elettorale che entra nel vivo, a circa due settimane dal voto, partirà la seconda fase delle Tribune Politiche. Rai Parlamento, a partire dalla seconda metà di maggio, offrirà nuovi appuntamenti negli spazi di comunicazione politica indicati dalla delibera della Commissione di Vigilanza Rai, non solo Interviste e Confronti, ma anche le Conferenze stampa con i leader e i messaggi autogestiti dalle liste.

Nell’ambito dell’accordo di collaborazione tra Rai e le Istituzioni europee, Rai Parlamento ha messo a punto un prodotto informativo sul PNRR di stile innovativo, pensato da giovani per i giovani: le Pillole sul PNRR. Il primo ciclo, che è andato in onda dal 5 al 30 marzo su tutte le reti Rai ed è disponibile on demand su RaiPlay, ha superato i 60 milioni di contatti.

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Lo sguardo sull’altro

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Fausto Maria Sciarappa

Ne “Il Clandestino” interpreta il ruolo di vicequestore, stimato e apprezzato da suoi colleghi, ma determinato a vivere “una vita “sotto copertura”, abituandosi a mentire a se stesso e agli altri, atteggiamento che, inevitabilmente, lo porterà alla rottura dell’amicizia con Luca Travaglia” racconta l’attore al RadiocorriereTv. L’appuntamento con la serie è il lunedì su Rai 1

Cosa l’ha colpita di questo progetto?

La verità è che ho un’adorazione per Rolando Ravello, uomo, regista e attore speciale. Quando mi ha chiamato per comunicarmi che gli avevano proposto la regia di questa serie, e che aveva pensato a un ruolo per me, ho accettato a scatola chiusa, ho detto subito sì. Poi, ovviamente, ho letto la sceneggiatura (ride). Mi fido di lui e questo, nel nostro lavoro, fatto di apertura, di ascolto e soprattutto di fiducia, è fondamentale. Quello che immediatamente mi ha incuriosito de “Il Clandestino” è stata la sua ambientazione, i luoghi in cui si svolge la storia. Io sono cresciuto a Novara, a due passi da Milano, una città che ho imparato a conoscere molto bene durante l’anno di università e che, confesso, non mi affascinava particolarmente. Vivevo in periferia e, frequentavo istintivamente quelle zone e, quando a distanza di quasi quaranta anni, mi sono ritrovato in questa città per lavoro, osservandola meglio nelle sue varie ambientazioni, l’ho vista cambiata, migliorata. Mi ha intrigato capire come sarebbe stata la resa visiva.

A tutti è capitato nella vita di sentirsi “clandestini”, anche rispetto a se stessi. In che modo succede al suo personaggio?

A Maganza accade subito, fin dal momento in cui si confronta con le scelte più importanti della sua vita. Nel creare il personaggio ci siamo immaginati per lui un padre alto magistrato, con una personalità forte e che Claudio sente di dover compiacere. Sceglie la carriera da poliziotto per soddisfare le aspettative del padre, ma non vuole rinunciare di vivere la sua natura, che non sarebbe accettata né dalla famiglia, né dalla società e dall’ambiente professionale. Per questo vivrà una vita “sotto copertura”, abituandosi a mentire a se stesso e agli altri, atteggiamento che, inevitabilmente, lo porterà alla rottura dell’amicizia con Luca Travaglia.

Che cosa significa poggiare lo sguardo sugli ultimi – come a un certo punto fa Travaglia -, quando gli ultimi possiamo essere anche noi?

Significa semplicemente osservare e ascoltare nel profondo. Il nostro mestiere, come tanti altri, è fatto di osservazione e di ascolto, quando smettiamo di farlo, si arriva inevitabilmente al rifiuto dell’altro, di ciò che è diverso da noi e che rompe gli schemi.

Non è la prima volta che riveste il ruolo del poliziotto…

Non saprei fare un paragone con altri ruoli simili interpretati, posso solo dire che Claudio Maganza, per le scelte che fa, per il comportamento che assume, è un uomo totalmente all’opposto rispetto a Fausto Sciarappa. È mosso da una sfrenata ambizione, ogni sua scelta è compiuta come mezzo di rivalsa nei confronti del padre. Per me è stata una bella sfida, non ho fatto altro che affidarmi completamente affidato alla rete protettiva del regista e dei colleghi. C’è qualcuno che scrive un testo, tu devi dare anima e corpo a queste battute per raggiungere l’obiettivo insieme a tutti gli altri.

Cosa avete cercato di comunicare attraverso questa serie?

Cercare di non distogliere il nostro sguardo sugli ultimi della società, soprattutto in questo contesto storico. Siamo circondati da situazioni veramente che fanno venire i brividi e tutti, nl nostro piccolo, senza particolare giudizio, dobbiamo provare a metterci in ascolto gli uni con gli altri, far prevalere l’intelligenza.

Ritratto di Claudio Maganza


Conosciuto e stimato poliziotto, collega di Travaglia, viene promosso vicequestore a Milano. Era un ragazzo quando ha capito che voleva far carriera in Polizia. Più o meno nello stesso momento in cui ha scoperto che gli piacevano gli uomini, cosa che ha tenuto sempre nascosta, soprattutto ai colleghi. In un certo senso anche lui vive sotto copertura da anni, atteggiamento che lo pone in conflitto col compagno Federico a cui quella doppia vita, specialmente nella Milano di oggi, appare terribilmente anacronistica. L’amicizia con Travaglia risale ai tempi dell’accademia e da allora sono diventati come fratelli, condividendo anche i segreti più inconfessabili. Per aiutare Luca con le sue indagini Maganza, a volte, si espone tanto da disattendere le direttive del Questore. Eppure, è evidente che, dopo l’attentato che ha provocato la morte di Khadija, qualcosa nel loro rapporto si è incrinato. Travaglia ormai fatica a fidarsi di chiunque, soprattutto non si fida più di lui

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