C’è un nuovo Santone a Centocelle… ed è donna!

Carlotta Natoli

“La posso fare io la Santona il prossimo anno?” è iniziata con una battuta alla regista e, alla fine, ecco qua che dopo Neri Marcorè nei panni del Santone, arriva Teresa: «Abbiamo puntato molto sul look, abbiamo fatto stringere il mundu di Enzo, perché nella sua versione al femminile serviva una stretta sui fianchi» ironizza l’attrice romana

Una Santona per amica…

Un po’ confusa, diciamolo. Possa anche ammettere che, nella prima stagione, vedendo Enzo (Neri Marcorè) seduto con la sua palandrana a dispensare scemenze in giro, mentre la povera moglie Teresa si affaticava tanto, alla regista ho chiesto: “La posso fare io la Santona il prossimo anno?” Non avevo, però, considerato che, quando una donna va al potere, deve fare il doppio della fatica. Questa guida spirituale di periferia si porta dietro tutte le complicazioni della sua vita privata, alle quali si aggiungono le questioni della identità rubata del marito ad opera di The Only Osho (Francesco Paolantoni) che, carinamente, c’è venuto da Napoli a creare scompiglio (ride).

Essere “Santone”, una questione di stile e di genere…

Questa è la domanda: “cos’è che rende una persona un Santone?” Noi abbiamo puntato molto sul look, abbiamo fatto stringere il mundu di Enzo, perché nella sua versione al femminile serviva una stretta sui fianchi. La Santona donna non è come il marito che, comodamente seduto, diceva quattro frasette di Palmaroli – Oscio e risolveva tutto così. Eh no, qualche frasetta rimane, ma Teresa deve agire, deve faticare. La verità è che questo ruolo da guida spirituale non le appartiene proprio, hanno deciso gli altri per lei. Chissà come lo interpreterà questa nuova identità, ma non posso certo dirlo io, dovete vedere la serie.

Si cammina però sulle orme di Oscio…

“Famo meno fatica possibile, e annamo avanti” direbbe Oscio (ride). Teresa, forse, proporrebbe un altro insegnamento, del tipo: “Annamo insieme tutti quanti, che semo tutti claudicanti”, fa pure rima.

Centocelle il centro dell’umanità…

È un luogo simbolico, in cui, pur non essendo oggi una vera e propria periferia, le emergenze sociali sono più evidenti che altrove. Qui la caratterizzazione è importante, così come la romanità, di cui vado molto fiera perché, nella sua qualità migliore, riesce a ridere delle tragedie, portando avanti anche delle battaglie sociali. Con una battuta si riesce a sintetizzare un mondo, e io l’ho voluta sfruttare fino in fondo per conservare in Teresa quella passionalità presente fin dalla prima stagione, alla quale si unisce la consapevolezza della comune difficoltà dello stare al mondo.

Tra una battuta e l’altra, cosa vuole comunicare questo racconto?

Il significato profondo è che siamo tutti danneggiati da qualcosa, possiamo scegliere, però, se fare del bene alla comunità o affidarci totalmente al Santone di turno pensando che ci risolva i problemi. Ma chi è questa guida? Noi italiani ce l’abbiamo questa tendenza, siamo sempre in cerca di qualcuno che ci dia le istruzioni per muoverci.

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