Salvo Sottile

Siamo inviati vecchio stile

 

In prima serata su Rai 3 tutti i venerdì l’approfondimento di “FarWest”: «Il mestiere mi ha insegnato a non avere pregiudizi, a essere sempre curioso verso le cose e di allargare gli orizzonti, di avere sempre la mente aperta» racconta il conduttore al RadiocorriereTv

 

 

Che Italia stai scoprendo stagione dopo stagione?

Sto scoprendo un’Italia aggrappata alla speranza di non soccombere di fronte alla mancanza delle regole. I farwest non sono soltanto italiani, ma mondiali, visto tutto quello che sta succedendo a Gaza, in Ucraina, ed è per questo che all’interno del programma abbiamo cercato di aprire una finestra sui farwest del mondo, sugli esteri, sulle guerre, con gli occhi ben puntati su tutto quello che sta succedendo. Il piano di pace di Donald Trump, Hamas… Ci rendiamo conto che il farwest non è solo un mondo senza regole italiano, ma a livello internazionale.

Quali sono le nuove frontiere dell’Italia?

Le truffe. Le più disparate. Ad andare per la maggiore sono quelle legate all’intelligenza artificiale. Dopo la prima puntata abbiamo scoperto che ci sono truffatori che utilizzano l’IA con volti riconoscibili, da Meloni a Giorgetti, a personaggi dello spettacolo, e che hanno a disposizioni delle banche dati di gente già truffata, a cui si rivolgono proponendo loro di recuperare i soldi che hanno perso. Ma lo fanno per truffarli di nuovo. Ci sono persone che vengono truffate per due volte.

Come è cambiato, negli anni, il lavoro del cronista?

Quando ho iniziato io, 33 anni fa, non c’erano i telefonini, attraverso un cellulare puoi collegarti e andare in diretta da ogni luogo. Credo che il futuro sia proprio questo, la possibilità di andare in diretta da ovunque, di raccontare le cose per come le vedi in maniera immediata. Ovviamente, tutto questo passa spesso per una mancata verifica delle fonti. Il mondo veloce a cui assistiamo cerca a volte di andare per le vie brevi, di acquisire immagini, contenuti, testi senza verificare la loro origine, un po’ come fa anche l’intelligenza artificiale quando le chiediamo di risolvere un problema. Credo che il valore aggiunto di “FarWest” sia quello di avere una squadra di cronisti che vanno sul posto, che prediligono la qualità dell’immagine, del racconto. Siamo ancora inviati vecchio stile, che cercano di fare dell’inchiesta il corpo principale del nostro lavoro.

 

Cosa ha insegnato il mestiere del giornalista all’uomo Salvo Sottile?

Il mestiere mi ha insegnato a non avere pregiudizi, a essere sempre curioso verso le cose e ad allargare gli orizzonti, ad avere sempre la mente aperta, ad andare a scavare sempre un po’ più a fondo, senza accontentarmi della prima cosa che guardo.

 

Tra le tante storie di frontiera che racconti quali ti colpiscono di più e perché?

C’è sicuramente l’Ucraina. Ho la sensazione, a volte, che su Gaza ci sia un sacco di empatia da parte di tutti, la Flotilla, la gente che sta scendendo in piazza. Mi sembra, invece, che dell’Ucraina ci siamo tutti un po’ dimenticati. Anche lì ci sono donne e bambini uccisi, e quando lo fai notare ti rispondono che l’Ucraina ha armi, ha soldi, ha l’appoggio dei governi del mondo, mentre i palestinesi no. È vero, però vorrei che non si facessero vittime di serie a o di serie b. Tutti hanno diritto ad avere il nostro appoggio e la nostra solidarietà.

Puoi anticiparci alcuni temi delle prossime inchieste?

Ci occuperemo di tanti argomenti. Abbiamo scoperto truffe clamorose, faremo un’inchiesta sulla qualità del cibo che si mangia in autostrada: spesso non ci pensiamo, arriviamo lì, prendiamo un panino, una bibita e pochi di noi stanno attenti a cosa mangiano. Faremo un’inchiesta sulle grandi opere incompiute, sui ponti sui quali nessuno è intervenuto e che dopo Genova restano obsoleti. Faremo un grosso reportage dall’Ucraina, per raccontare il dramma dei bambini che rimangono senza genitori e ai quali nessuno sa che fine far fare. Racconteremo ciò che si nasconde dietro ai teatri, ai cinema, parleremo di un certo modo di fare cultura che predilige il denaro piuttosto che la qualità.