Nei panni dell’altro
Riccardo Maria Manera
«Un tempo da capo scout, oggi da attore, mi piace fare star bene gli altri e raccontare personaggi diversi da me». Il RadiocorriereTv incontra l’attore genovese, interprete di Eros in “Volevo fare la rockstar 2”. Il mercoledì in prima serata su Rai2
Com’è stato tornare sul set e immergersi in questa seconda stagione?
È stato come tornare un po’ a casa. Non era tutto sconosciuto come nella prima stagione, anzi, era tutto familiare: i luoghi, le persone. Siamo stati felicissimi di ritrovarci per potere raccontare questa avventura.
Ed Eros?
È rimasto molto fedele alla prima stagione, nonostante sia cresciuto, più adulto, più pronto ad aprirsi.
La sua età anagrafica è diversa da quella del Eros, questo l’ha aiutata ad approfondirne la lettura?
Penso che le esperienze che facciamo tutti i giorni, nella nostra quotidianità, possano aiutare sul set. È chiaro che se mi fosse stato chiesto di interpretare un quarantacinquenne sarebbe stato difficile, non avendo avuto ancora la possibilità di vivere, nella vita vera, quel tipo di mondo, quei pensieri.
Se Eros fosse una persona e non un personaggio, che consiglio gli darebbe?
Beh, cercherei di incontrarlo prima di quando l’abbiamo conosciuto noi nella prima stagione, a 17 anni. Gli direi di vivere la vita per quello che è, di godersela. Siamo nel 2022, non bisogna avere preoccupazioni di alcun tipo. Anzi, se ci sono, bisogna affrontarle.
C’è una caratteristica di Eros che vorrebbe fare sua?
Forse la spensieratezza. Per quanto lui abbia portato una maschera per tanto tempo è molto più spensierato di me.
Questa è una serie che inneggia a essere se stessi, che cos’è per lei la libertà?
È potere esprimere il proprio pensiero senza avere la preoccupazione che qualcun altro possa darti contro a prescindere. Sono per lo scambio libero di vedute.
È figlio d’arte, cosa l’ha portata sulla strada della recitazione?
Da piccolo i miei genitori, poi ho fatto il percorso scolastico come qualsiasi ragazzo. Mi sono sempre divertito a fare stare bene gli altri recitando. Da capo scout, attraverso una serie di interpretazioni molto grottesche di diversi personaggi dei cartoni animati, si creava spensieratezza nei bambini. Questa cosa mi ha coinvolto e progressivamente è diventata un lavoro.