Informazione bene comune
Un intreccio di Storia e storie, seguendo i fili della politica e dei poteri, le urgenze dei territori e delle persone e le difficoltà della loro vita quotidiana, le grandi sfide nazionali e mondiali attraverso il confronto con i protagonisti del dibattito pubblico italiano e internazionale. Marco Damilano ritorna il 9 settembre alle 20.35 su Rai 3, con la striscia d’approfondimento che nelle prime due stagioni ha ottenuto un consenso sempre crescente
Dieci minuti di approfondimento quotidiano a partire dal fatto o dal personaggio del giorno. Un racconto che, valorizzando l’esperienza delle due precedenti stagioni, dedicherà una particolare attenzione alle marginalità e a quei “mondi di confine” ignorati o sui quali raramente si accendono i riflettori. Reportage, inchieste, interviste in studio realizzate da Marco Damilano per proporre ogni sera una narrazione originale della realtà che il venerdì, nella versione “Il cavallo e la torre plus”, avrà una durata di 15 minuti, uno spazio in più per poter fare un punto ancora più approfondito su temi cari al programma anche uscendo fuori dal canonico studio di viale Mazzini 14.
Damilano, come si difende il Servizio Pubblico?
Prima di tutto credendoci, vedendo l’informazione come bene comune. Proprio come la sanità, la scuola, qualcosa che se non c’è, se manca, ne risente l’intero tessuto democratico. Fare una trasmissione quotidiana nello studio di Viale Mazzini, con il cavallo Francesco Messina alle spalle, è sempre un invito a essere coerenti in questo principio.
Stagione dopo stagione ci sono nuove sfide da affrontare…
Il primo anno si doveva inventare un linguaggio confrontandosi con la striscia, la brevità del programma. Era tutto completamente da costruire, da scrivere. Il secondo anno abbiamo fatto l’esperimento di uscire dallo studio, di andare a Crotone per parlare dei morti di Cutro. Abbiamo cominciato, senza troppo sbandierarlo, ad allungarci, ad avere anche una possibilità di uscire dalla durata del programma. In questa terza stagione dobbiamo consolidare questa vocazione, contando molto sul riconoscimento e l’apprezzamento del pubblico. Non è solo l’Auditel, ma è quello che riscontriamo quando giriamo. “Il Cavallo e la Torre” è un programma in cui molti si identificano, molto atteso, un appuntamento quotidiano all’ora di cena. Questo implica da parte nostra un grande rispetto, siamo forti di questo riconoscimento e dobbiamo consolidarlo.
Dieci minuti per entrare in un fatto e raccontarlo in modo non scontato. Da dove si comincia?
Da una cosa molto importante, la scelta. Anche nella nostra chiacchierata ci sarà qualcosa che sceglierete di tenere, qualcos’altro che butterete. Chi fa questo mestiere sa che deve fare delle scelte, a volte dolorose, altre facili. La scelta è anche qualcosa che ci differenzia da un flusso indistinto di voci, di facce, di opinioni, di notizie che non vengono spiegate. Noi dichiariamo allo spettatore che proporremo un determinato viaggio. La scelta è importante, è un progetto editoriale in sé.
Avete scelto di raccontare il Paese dal basso…
La prima puntata la realizzammo in un piccolo paese del Molise che si chiama Pescopennataro. Una scelta che alcuni considerarono bizzarra ma che invece era fondamentale. Partimmo da una piccola località che rappresentava tutti. A quell’ispirazione ci manteniamo fedeli anche oggi…
Un viaggio che non vede confini…
È necessario uscire dalla propria comfort zone, perché appena passi il confine trovi un’altra lingua straniera, un altro modo di vestire, di mangiare. E così devi cambiare punto di vista, angolo di racconto. Un’informazione che sta nel ripetitivo, anche quando si manifesta magari come anticonformista, si capovolge nell’opposto. Credo sia molto importante oltrepassare quel confine per cambiare anche chiave di racconto.
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