FLAVIO OREGLIO
Una vita tra cabaret e musica popolare
Il RadiocorriereTv incontra Flavio Oreglio, musicista e scrittore, erede della tradizione cabarettistica lombarda. Per l’artista, che lo scorso anno ha fondato l’ “Archivio storico del cabaret”, la risata “è uno strumento per raccontare storie, per ritrovare le nostre tradizioni, per sperimentare”. Sul fronte discografico Oreglio ha recentemente pubblicato “Anima Popolare” (Long Digital Playing Edizioni Musicali) insieme agli Staffora Bluzer
Come sta il cabaret?
Per rispondere penso sia doveroso fare un passo indietro e fare chiarezza su cosa sia (e cosa non sia) il cabaret. È sbagliato confonderlo con la comicità, pensare che siano sinonimi e che tutto ciò che fa ridere sia cabaret. Il cabaret non ha nulla a che vedere con i comici. Giorgio Gaber faceva ridere tantissimo, ma nessuno lo definirebbe un comico. La comicità non esaurisce il concetto del ridere, abbiamo l’umorismo, la satira, l’ironia, il grottesco, non c’è solo il comico. Ho sempre distinto i comici in due categorie, ci sono quelli che fanno ridere per raccontare e quelli che raccontano per fare ridere. Sono due atteggiamenti diversi, nel primo caso la risata è uno strumento, nell’altro tutto ciò che tu racconti e che fai è finalizzato alla serata. Il cabaret appartiene più alla prima, l’utilizzo della risata è strumentale al racconto, a esporre storie, punti di vista.
Chiarite doverosamente le differenze, in quale direzione sta andando il cabaret nel ventunesimo secolo?
Negli ultimi anni ha avuto un forte sussulto grazie al diffondersi della stand-up comedy, che non è altro che la riproposizione del monologhista di cabaret. Il cabaret ha una storia che va conosciuta e rispettata, che stiamo riuscendo a raccontare finalmente anche in Italia. Per questo, insieme all’Associazione Musicomedians, ho fondato l'”Archivio storico del cabaret”.