Domenico Iannacone

La vita nelle storie minime

Nelle sei nuove puntate di “Che ci faccio qui”, in onda su Rai3 da domenica 10 maggio alle 20.30, il giornalista ricostruisce gli ultimi tratti di un’umanità che subito dopo non sarebbe più stata la stessa. Uno specchio impietoso per guardare dentro di noi, comprendere tutte le nostre omissioni e capire quello che non abbiamo fatto per noi stessi e per gli altri. “Storie di dolore, di emarginazione, ma anche di riscatto – afferma Iannacone – per scrivere le regole di una Nuova Costituzione di tutti gli esseri viventi”

Tornano “Che ci faccio qui” e il racconto del Paese dalla strada. Da dove parte questo nuovo viaggio?

Dai diritti, in buona parte disattesi, di tutti gli esseri viventi, è come se allargassi al mondo la platea delle disuguaglianze che ci possono essere. Riprendiamo dal tema dell’immigrazione facendo ritorno a Rosarno, dove migliaia di braccianti vivono in accampamenti di fortuna e in ruderi abbandonati, senza luce né acqua. Lì ho ritrovato un amico, Bartolo Mercuri, un commerciante di mobili che ogni giorno offre a molti immigrati un pasto caldo e vestiti usati. Le prime due puntate, intitolate “Ogni santo giorno” (capitolo 1 e 2), mi consentono di raccontare la disuguaglianza, lo sfruttamento, il fatto che le persone diventano invisibili quando ci fa comodo, mentre quando ci occorrono ne chiediamo le braccia, il lavoro.

Come cambia il tuo sguardo sulla realtà alla luce dei giorni difficili che stiamo vivendo?

È come se ci fosse uno sguardo su quello che non è stato più lo stesso, come se uno si voltasse allo specchio, si guardasse e si vedesse per come era realmente due mesi fa. E questo atterrisce. Scopriremo la nostra faccia, anche quella che oggi non ci piace. Ho dovuto scrivere dei testi che avessero a che fare con un’osservazione quasi dall’alto, ho pensato a Wim Wenders, a “Il cielo sopra Berlino”, un volo radente per capire quello che si vedeva là sotto.

In questo volo cosa hai visto?

Se ripenso a quella dimensione, penso a una grande ingiustizia del mondo. Abbiamo alimentato una profondissima ingiustizia, quasi umanitaria, non solo legata agli immigrati. Ci siamo piano piano scordati del mondo, tanto è che la mia idea è quella di abbracciare ogni altro tipo di bisogno. Nella terza puntata c’è il tema degli animali, come elemento dell’umanità, ed è un argomento fondamentale. Racconto una storia incredibile, sono andato vicino Roma al “Santuario capra libera tutti”, nato per volontà di un allevatore che a un certo punto ha avuto una conversione. Un giorno, dopo avere venduto degli agnelli per mandarli al macello, ha avuto una sorta di ribellione verso questo modo di utilizzare gli animali e se li è andati a ricomprare. Adesso vive con duecento animali che sono stati salvati dai macelli, non è una dimensione fricchettona ma profondissima. La puntata si intitola “Dalla tua parte”.

C’è un cambiamento in atto…

Prima avevamo gli occhi solo per guardare noi stessi, era tutto autoreferenziale. Oggi abbiamo il problema di dovere pensare al futuro, al progresso, a quella che sarà la nostra vita, quella dei nostri figli, abbiamo il problema anche di immaginarla.

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