Chiamatemi The Normal One

Pierpaolo Spollon

Protagonista di una stagione di successo nelle fiction di Rai1 l’attore veneto parla del suo momento d’oro al RadiocorriereTv. «Sono esausto e felice di questo anno di lavoro» afferma, e in merito alla sua profonda passione per la recitazione confida: «Recitare mi aiuta a svuotarmi di questa umanità che sento»

Fino a dicembre ha interpretato Nanni nella serie “Blanca”, ed è stato un successo, ora torna Riccardo in “DOC”, come sta vivendo questa stagione che la vede lanciatissimo?

Sono felicemente esausto. Il lavoro non mi ha dato un minuto di tregua, ma se la stanchezza per essere felici è questa, allora viva la stanchezza. Quest’anno è stato pieno di lavoro come non mai, spero di avere lavorato bene. Sono molto felice che sia stato accolto come speravo il ruolo di Nanni, perché avevo bisogno di smarcarmi da un certo tipo di recitazione e di personaggio. Ringrazio Francesco Nardella (vice direttore di Rai Fiction) e Jan Michelini (regista di Blanca) che hanno avuto il coraggio di dare a uno che di solito fa il ruolo del buono, quello dello psicopatico.

La critica la definisce “giovane e promettente”, ma di anni ne ha 33 e la sua popolarità è ormai cosa reale… cosa rispondiamo ai critici?

Se mi definiscono giovane e promettente sono felice, i miei 33 anni non li sento. Se dopo 12 anni di gavetta, la gavetta è ancora questa, a me va benissimo. Giovane dentro e promettente, mi sta proprio bene.

Come è stato il suo ritorno sul set a “DOC”?

Molto emozionante, anche perché siamo collaudati. Mi complimento con gli sceneggiatori, che hanno scritto delle cose che ci hanno emozionalmente messo alla prova. Noi attori siamo stremati, svuotati, abbiamo pianto tutte le nostre lacrime. Hanno avuto l’intuito di fare passare le storie dei dottori attraverso il covid, ma puntando principalmente su quello che la pandemia lascia nelle persone. Parlo di chi ha preso il virus come di chi non l’ha preso.

Quello di un attore con il proprio personaggio è un confronto continuo, soprattutto nella lunga serialità, come è andata con Riccardo?

Ogni tanto penso che un personaggio cotto e mangiato mi piacerebbe (sorride), perché ho sempre paura di essere cambiato troppo rispetto al personaggio che devo interpretare, ma la verità è che i personaggi, in scrittura, cambiano come le persone. Quindi, se Pierpaolo fa un passo in avanti, perché non dovrebbe farlo anche Riccardo? Riccardo è cresciuto, avrà momenti difficili come tutte le persone nella vita, mantenendo comunque l’ironia che lo caratterizza.

Ha detto in alcune occasioni che “DOC” è forse il lavoro che più ha contribuito a una sua crescita, anche personale, che cos’è accaduto?

C’è sempre un momento in cui un attore, come per magia, fa un click. A me per congiunzione astrale è successo con “DOC”, dove sono stato un pochino più responsabilizzato. Da tifoso appassionato faccio sempre un paragone con il calcio. Ci sono giocatori dei quali dici “è bravo ma gli manca qualcosa”, poi capita che incontrino un allenatore e una squadra che gli danno fiducia, responsabilizzandoli, e sono costretti a fare il salto, per non disattendere le attese. Con “DOC” è successo questo. Mi rendo conto che anche in fase di studio ho fatto un passo avanti.

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