Rai celebra i 25 anni di Rai Cinema con una programmazione speciale

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Il grande cinema in onda sulle reti Rai per tutta l’estate

 

Quest’anno ricorre l’anniversario dei 25 anni dalla nascita di Rai Cinema e insieme con la Direzione Cinema e Tv è nata l’idea di celebrare la ricorrenza con una programmazione speciale sulle reti Rai lungo tutti i mesi estivi.
Una programmazione molto ampia che rispecchia le diverse linee editoriali della produzione di Rai Cinema, dai film d’autore a quelli di puro intrattenimento, dai documentari ai cortometraggi – oltre ad alcuni titoli internazionali – per soddisfare ogni tipologia e gusto di pubblico. Un’offerta di grande cinema davvero speciale che propone 100 titoli, di cui 78 film e 7 documentari (31 prime visioni) e 15 cortometraggi (7 prime visioni), che ripercorre a grandi linee tutta la storia produttiva di Rai Cinema.

Rai Cinema e la direzione Cinema e Serie Tv, una sinergia vincente: tutti i titoli dell’estate 2025
Dalla produzione alla programmazione, da Rai Cinema alla direzione Cinema e Serie TV e RaiPlay, il processo creativo segue un percorso pensato per coinvolgere tutti i pubblici, in un contesto innovativo di “total audience”. Nell’ambito dell’omaggio ai 25 anni di Rai Cinema (ma anche in tante altre occasioni), il ruolo dei programmatori che operano sui diversi canali, generalisti e tematici, è quello di valorizzare e adattare i film coprodotti da Rai Cinema alle diverse linee editoriali che compongono l’eclettico mosaico dell’offerta televisiva di Stato.

L’omaggio di Rai 1 
La programmazione estiva per i 25 anni di Rai Cinema rappresenta un tributo ai film iconici amati dalla platea televisiva di Rai Uno, ma vuole essere anche un omaggio ai volti popolari del cinema italiano e della tv, agli attori che hanno visto crescere e consolidare il loro successo in questi ambiti; una storia di interazione e di sinergia quella tra il cinema e la televisione capace di creare un forte impatto culturale e mediatico. Con il ciclo “Scherzi del destino”, per tre appuntamenti consecutivi al mercoledì, a partire dal 25 giugno, Rai 1 propone in prima serata tre commedie brillanti che giocano sull’ironia e la fantasia del destino e che il pubblico ha sempre premiato. In “Nessuno mi può giudicare” (2011) di Massimiliano Bruno, la protagonista Alice (Paola Cortellesi), eredita alcuni debiti e si trova a dover lavorare come escort professionista, in “Amore a domicilio” (2018) di Emiliano Corapi, Anna (Miriam Leone) agli arresti domiciliari stravolge la vita di un grigio assicuratore, in “Bla Bla Baby” (2022) di Fausto Brizzi, Luca  (Alessandro Preziosi) per uno strano scherzo del fato, si trova a lavorare in un asilo e a sentire le voci dei neonati per poi innamorarsi di Silvia (Matilde Gioli). Per la prima serata del 15 di agosto ritorna sul piccolo schermo l’esordio alla regia di Gianni Di Gregorio: “Pranzo di Ferragosto” (2008), film poetico che affronta con ironia e delicatezza il tema della solitudine. L’omaggio prosegue con numerose seconde serate animate da protagonisti d’eccezione, tra i tanti, Luca Argentero e Sarah Felberbaum in “Poli Opposti” (2015) di Max Croci; Enrico Brignano in “Tutta un’altra vita” (2019) di Alessandro Pondi; Serena Autieri e Alessandro Siani in “Si accettano miracoli” (2015) di Alessandro Siani; Raoul Bova in “Scusate se esisto!” (2014) per la regia di Riccardo Milani. L’offerta è impreziosita da un documentario in prima visione, prodotto da Big Sur, Mad Entertainment, Rai Cinema e Luce Cinecittà: “Posso Entrare? An ode to Naples” (2022) di Trudie Styler che sarà programmato in seconda serata. Il documentario è una dichiarazione d’amore a Napoli, una città dalla forte identità e dai mille colori, dove il senso di comunità è coinvolgente. La regista fa vivere allo spettatore la città di ieri e di oggi attraverso le voci di numerosi personaggi di spicco che ne mettono in evidenza luci ed ombre.

La proposta di Rai 2
L’offerta estiva che Rai 2 ha disegnato in occasione dei 25 anni di Rai Cinema prevede alcuni film in prima visione Tv, tra questi ci sono opere prime italiane in grado di far emozionare lo spettatore attraverso storie originali, varietà di generi, volti noti del cinema contemporaneo, sperimentando anche nuovi linguaggi. È questo il caso del musical “The Land of Dreams” (2022), opera prima di Nicola Abbatangelo in cui una giovane immigrata italiana, che lavora come lavapiatti nelle cucine di un noto locale nella New York degli Anni Venti, non vuole rinunciare al suo sogno più grande: diventare una cantante. Nel crime “Come pecore in mezzo ai lupi” (2023), opera prima di Lyda Patitucci, assistiamo invece a una resa dei conti in salsa action tra due fratelli: una poliziotta interpretata da Isabella Ragonese e un criminale cui regala una grande interpretazione Andrea Arcangeli. La proposta si arricchisce con la prima visione internazionale della pellicola made in USA “Sai tenere un segreto?” (2019) di Elise Duran, dove il protagonista è il lato sorprendente della vita, in una storia romantica e a tratti tragicomica che ha nell’interpretazione della splendida Alexandra Daddario il suo vero pezzo forte.
La composizione di questo caleidoscopio di colori che mette al centro le emozioni si completa su Rai 2 con altri film passati con successo sui nostri schermi: “Divorzio a Las Vegas” (2020) di Umberto Carteni, racconto di un viaggio rocambolesco di una coppia – Giampaolo Morelli e Andrea Delogu – nella caotica cittadina americana con lo scopo di dirsi addio; la pellicola “Qualcosa di speciale” (2009) di Brandon Camp in cui un terapista di successo (Aaron Eckhart) votato al prossimo, che ha perduto la moglie tre anni prima, incontra a Seattle la tenace ma sfortunata Eloise (Jennifer Aniston), una giovane donna che colleziona uomini sbagliati.

Le prime visioni su Rai 3
Nella corposa offerta estiva che Rai 3 dedica ai 25 anni di Rai Cinema sono tanti i film in prima visione Tv. La virtuosa collaborazione tra Cinema e Serie TV, Direzione Approfondimento e Rai Cinema, già sperimentata all’inizio dell’anno in corso, si concretizza ancora con la trasmissione di tre recenti film italiani presentati, nell’ambito del ciclo “Al cinema con…”, dalla giornalista Maria Latella. In “Palazzina Laf” (2023) di Michele Riondino al suo esordio alla regia, si affronta lo spinoso tema dello sfruttamento sul lavoro, sullo sfondo reale e drammatico dell’Ilva di Taranto. Un altro esordio è quello di Beppe Fiorello, che con il suo “Stranizza d’amuri” (2023), dedicato alle vittime del “delitto di Giarre”, affronta il tema dell’omofobia. Il tema dei valori culturali condivisi (e non) dagli italiani è il nodo centrale dell’ultimo film di Paolo Virzì, “Un altro ferragosto” (2024), una riflessione sui nostri tempi a quasi 30 anni di distanza dal film cult “Ferie d’agosto” dello stesso regista. Un altro momento importante, per Rai 3 e Rai Cinema, è la tradizionale offerta cinematografica legata al festival di Venezia. È l’occasione giusta per presentare in prima visione l’opera di una grande regista della storia del nostro cinema: “L’ordine del tempo” (2023) di Liliana Cavani, presentato fuori concorso all’80ª Mostra. Dopo il successo di “The Father”, il nuovo capolavoro di Florian Zeller, “The Son”, presentato in anteprima all’edizione 2022 del Festival. Nello stesso periodo troveranno il debutto televisivo altri due film legati a Rai Cinema: “Una Relazione” (2021), esordio alla regia di Stefano Sardo, ed “Educazione Fisica” (2022) di Stefano Cipani, quest’ultimo alla sua opera seconda.

“Mai visti prima” – in onda su Rai 3 e Rai Movie
Da tempo Rai 3, con il ciclo “Mai visti prima” (in collaborazione con Rai Movie) dedica gran parte delle seconde serate del sabato al cinema italiano coprodotto da Rai Cinema, con particolare attenzione ai registi esordienti. È il caso di Micaela Ramazzotti e il suo debutto alla regia con il film del 2023 “Felicità”. E ancora, la commedia apocalittica “Te l’avevo detto” (2023) di Ginevra Elkann, “La bella estate” (2023) che Laura Luchetti ha tratto da Cesare Pavese, e “Delta”, un noir padano con l’anima ecologista, diretto da Michele Vannucci e interpretato da Luigi Lo Cascio e Alessandro Borghi.
Per Rai Movie si segnalano, fra gli altri, “Denti di squalo” (2023), esordio nel lungometraggio di Davide Gentile (con una sceneggiatura premiata al Solinas) e “La caccia” (2022) di Marco Bocci, che declina un dramma familiare nelle cadenze di un nerissimo e disperato thriller.

“Mai visti prima” – I documentari
La sezione di “Mai visti prima” dedicata ai documentari, prevista ogni mercoledì in seconda serata, si apre il 30 luglio su Rai 3 – in occasione della “Giornata mondiale dell’amicizia” – con l’ultimo film di Daniele Vicari: “Fela – Il mio dio vivente” (2023) sul rivoluzionario musicista nigeriano Fela Kuti e sul giovane regista Michele Avantario che ha dedicato la vita a realizzare un film interpretato dal suo idolo. Per i mercoledì di agosto, e fino al 3 settembre, sono previste sempre in seconda serata altre prime visioni: “Il cassetto segreto” (Costanza Quatriglio, 2024, il 6 agosto), “La generazione perduta” (Marco Turco, 2022, il 13 agosto), “Tempo d’attesa” (Claudia Brignone, 2023, il 20 agosto), e ancora “L’avamposto” (Edoardo Morabito, 2023, il 27 agosto) e “Onda lunga” (Francesco Ranieri Martinotti, 2021, il 3 settembre).

Rai Cinema e Rai Movie
Anche Rai Movie celebra i cinque lustri di vita e la varietà della produzione di Rai Cinema, con un ciclo complementare e parallelo a quello di Rai 3 che prevede sette appuntamenti doppi, sviluppati fra prima e seconda serata. Gli abbinamenti sono pensati secondo geometrie tutte da esplorare: se il 19 luglio è facile identificare la linea di commedia che va da Ficarra e Picone in “Nati stanchi” (2002) al classico “Miami Beach” (2016) dei fratelli Vanzina, l’appuntamento finale del 10 agosto rende omaggio alle “sorelle d’arte” Cristina e Francesca Comencini con due film come “La bestia nel cuore” (2005) e “Amori che non sanno stare al mondo” (2016). Ma nella rassegna c’è anche spazio per opposizioni dirette come quella fra la Roma criminale di “Suburra” (Stefano Sollima, 2015) e la Gaeta emotivamente trattenuta di “Questi giorni” (Giuseppe Piccioni, 2016), o l’abbinamento ironico fra “L’ombra di Caravaggio” (Michele Placido, 2022), biopic di un maestro della pittura e quindi del colore e dell’ombra, e “Il colore nascosto delle cose” (Silvio Soldini, 2017), dramma centrato su una donna non vedente che illumina la sua realtà con la passione. Una rassegna che include film di autori rappresentativi del cinema nazionale quali Gabriele Muccino, Ferzan Ozpetek, Carlo Mazzacurati, Alessandro D’Alatri e Marco Risi, senza dimenticare un beniamino del pubblico come Leonardo Pieraccioni.

Rai 3 – “25 anni di cinema d’autore”
Ultimo in ordine di citazione ma primo in termini di importanza, il ciclo dal titolo “25 anni di cinema d’autore” che Rai 3 dedica all’impegno costante e sostanziale di Rai Cinema nel sostegno e nello sviluppo del grande cinema d’autore italiano. Dai maestri leggendari e tuttora attivissimi come Marco Bellocchio (“Buongiorno, notte”, 2003), Pupi Avati (“Gli amici del bar Margherita”, 2009) o Gianni Amelio (“La tenerezza”, 2017), ai contemporanei celebrati in tutto il mondo come Nanni Moretti (“Habemus Papam”, 2011), Gabriele Salvatores (“Tutto il mio folle amore”, 2019), Roberto Andò (“Il bambino nascosto”, 2021) e Giorgio Diritti (“Volevo nascondermi”, 2020).

Rai 3 – In Corto D’opera, il mondo dei cortometraggi
“In Corto D’opera” è uno spazio dedicato interamente alla forma espressiva che rappresenta un laboratorio di linguaggi, sguardi e temi tra i più vivi, sperimentali e innovativi del panorama cinematografico e audiovisivo: il cortometraggio. La proposta editoriale ha accolto volutamente più generi e temi proprio per offrire una visione più variegata possibile. L’obiettivo di “In Corto D’opera” è fra l’altro quello di individuare un trait d’union fra la programmazione della Rai e le nuove generazioni che stanno abbandonando le reti generaliste per le piattaforme televisive. Il ciclo andrà in onda ogni venerdì in seconda serata su Rai 3 e il sabato su Rai Movie.

Rai 5 – “Nuovo Cinema Italia” 
“Nuovo Cinema Italia” è l’appuntamento del martedì di Rai 5 dedicato alla programmazione di opere prime e seconde degli autori più brillanti del cinema italiano del nuovo millennio, spesso presentati in prima visione e con audiodescrizione per le persone ipovedenti. Sono film che, in alcuni casi, non hanno raggiunto un vasto pubblico, pur raccogliendo premi e riconoscimenti in festival nazionali ed internazionali. Uno spazio esclusivo che mette in evidenza fra l’altro il ruolo costante di Rai Cinema nel supportare anche l’impegno dei produttori italiani. Tra le anteprime dell’estate segnaliamo “Le ragazze non piangono” (2022) di Andrea Zuliani. Mentre, tra le repliche, rivedremo “Il cattivo poeta” (2020) di Gianluca Jodice e “Sulla giostra” (2021) di Giorgia Cecere.

MANUELA MORENO

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Nel segno dell’empatia

Da lunedì 16 giugno in prima serata su Rai 3 la giornalista torna alla conduzione di “Filorosso”: «Una finestra aperta sul mondo, sui fatti italiani e internazionali, puntando all’equidistanza e il più possibile all’obiettività». I reportage, i collegamenti e le interviste faccia a faccia: «Con l’ospite cerco un rapporto di fiducia, chiarisco le regole di ingaggio e mi pongo in ascolto»

L’approfondimento del Servizio Pubblico non va in vacanza, da dove riparte “Filorosso”?

Dall’attualità, nostro tema principe. Sarà una finestra aperta sul mondo e sugli avvenimenti italiani, lo faremo con i nostri corrispondenti, gli inviati, gli ospiti. Due ore e cinquanta minuti di programma nei quali la cronaca avrà ampio spazio, penso al caso di Garlasco, all’imminente incidente probatorio, ai tanti gialli che ancora non trovano soluzione, ma racconteremo anche l’estate degli italiani, cercando di tenere compagnia soprattutto a chi non può andare in vacanza. Per quanto mi riguarda riparto dall’esperienza di conduzione di “Filorosso” di due anni fa, cercando di ricreare lo stesso clima.

Come nasce una vostra puntata?

Appena conclusa una puntata ci mettiamo subito al lavoro per la successiva, partendo dalle idee e dagli ospiti. Il copione invece è in continua evoluzione, in aggiornamento, sono infatti le storie e i fatti dell’attualità a dare l’impronta alla trasmissione, anche nel corso della diretta stessa. Seguendo questo filo rosso ti fai accompagnare dai fatti, il programma si costruisce mentre sei in onda.

Cosa significa essere giornalista del Servizio Pubblico?

Sento molto la missione e la responsabilità. Sono alla Rai dal 1992, entrai a “Unomattina” con i contratti a termine, la gavetta e le strade percorse non sono mancate, ma il faro illuminante è da sempre quello di raccontare in modo semplice anche le cose più complicate. Voglio arrivare a una comunicazione che sia diretta, immediata. Non amo le lunghe domande, che servono a dimostrare di saperne di più dell’ospite, mi metto nei panni del telespettatore, cercando di raccontare le cose che mi piacerebbe ascoltare nel modo in cui mi piacerebbe ascoltarle, con la correttezza, l’equidistanza e il più possibile l’obiettività, cercando di mantenere la giusta distanza dalla notizia che è sempre la protagonista. La notizia ci conduce, e noi cerchiamo di raccontarla al meglio. L’ultima cosa di cui mi preoccupo sono il trucco e il parrucco, per sette anni a “Tg2 Post” mi sono truccata e pettinata da sola con uno specchietto da borsetta microscopico (sorride) poco prima della diretta. Bisogna avere il coraggio di fare due passi indietro rispetto alla notizia.

Come è cambiato, nel corso della carriera, il tuo modo di raccontare la realtà?

Portando sempre di più la strada dentro allo studio. Ho fatto per tanti anni l’inviata, senza cedere alla seduzione di chiudermi in uno studio televisivo come in una parete di specchi che ti rimanda la tua immagine, per questo sono sulla strada anche quando sono in studio. Penso che sia la mia caratteristica.

A “Filorosso” non mancheranno gli ospiti. A un intervistato si può chiedere proprio tutto?

Sì, domandare è lecito, rispondere è cortesia.

Come ti poni nei confronti dell’intervistato?

Cerco un rapporto di fiducia: il giornalista è uno strumento che aiuta l’intervistato a fare conoscere il proprio pensiero, non è un nemico. Si è lì in buona fede, nessuno vuole fregare l’altro. Nel momento in cui l’ospite capisce che le regole di ingaggio sono chiare, tutto è più semplice. Mi pongo in ascolto, non penso alla domanda successiva, perché mi viene dalla risposta. Ho la domanda iniziale, poi il racconto dell’intervistato mi porta spesso altrove da dove pensavo di arrivare.

L’intervista “impossibile” che in questo momento storico vorresti fare…

Il Papa.

Cosa gli chiederesti?

Mi piacerebbe capire dove va la Chiesa in questa fase, partendo proprio dall’eredità di Papa Francesco. Scoprire come si muoverà, come vede queste guerre, come pensa di portare l’uomo al centro. Vorrei conoscerlo meglio perché sino a ora l’abbiamo visto più che conosciuto. È una figura ancora da indagare, potrebbe riservarci delle sorprese.

E sulla sua America cosa gli chiederesti?

Mi piacerebbe sapere cosa ne pensa di Musk e di Trump e tra i due come si posiziona. L’uomo più ricco del mondo e l’uomo più potente del mondo visti da un uomo di fede e di religione.

Quanto conta l’empatia nel racconto giornalistico?

Per me è fondamentale perché è una modalità che mi identifica anche nella vita di tutti i giorni. Cambiano gli argomenti, ma che io sia al lavoro o in un momento di svago ho le stesse curiosità, le stesse caratteristiche, gli stessi difetti. Sono sempre me stessa.

Una cifra alla quale si aggiunge tanta ironia, a provarlo le tue inchieste per i programmi di Rosario Fiorello…

Fiorello è un genio assoluto, lo adoro. Per “Viva Rai 2!” mi chiese di fare delle inchieste assurde e al tempo stesso di essere serissima. Gli risposi che per lui sarei stata Buster Keaton.

Un’inchiesta che ricorda con particolare simpatia?

Quella sul parrucchiere che per la prima volta nella storia aveva fatto i capelli esattamente come glieli aveva chiesti il cliente (ride). Grazie a Fiorello ho mostrato la parte più giocosa di me e mi sono divertita come una matta.

 

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Inside, dentro il talento

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Sogni e passioni trasformati in successi. Già disponibile su RaiPlay Sound, dal 20 giugno su RaiPlay i primi cinque episodi

Un racconto che accompagna il pubblico tra le storie di chi ha trasformato sogni, passioni e abilità in un percorso umano e professionale di successo. Ogni puntata è la storia di un giovane talento: Matteo Saudino, Matteo Bussola, Fraffrog, Fulminacci, Barbara Bonansea, Daniela Effy Vrabie, Sofia Viscardi, Claudio Marchisio, Marcello Ascani e Coco Rebecca Edogamhe.  Attraverso le proprie voci, i protagonisti racconteranno i loro diversi mondi: dal cinema ai contenuti digitali, dalla divulgazione al gaming, ma anche l’imprenditoria, la musica, la narrativa e lo sport. Ogni episodio rivela le sfide, le scelte e i momenti cruciali che hanno segnato il cammino di questi talenti, passando dalle prime esperienze di giovani emergenti a quelle di veri e propri veterani. “INSIDE – Dentro il talento” invita lo spettatore a riflettere su come riconoscere e coltivare le proprie abilità, per realizzarsi valorizzando i traguardi raggiunti e facendo tesoro anche dei fallimenti. “Inside – Dentro il talento” è una produzione della Direzione Rai Contenuti Digitali e Transmediali.

 

TUTTI GLI EPISODI

Matteo Saudino – A cosa serve la filosofia?

Professore e divulgatore, Matteo Saudino mostra come la filosofia aiuti a comprendere il mondo. Dalla meraviglia al dubbio, fino ad arrivare alla politica, esplora il valore del pensiero filosofico per leggere la realtà con maggiore consapevolezza.

 Matteo Bussola – Dall’idea alla pagina: scrivere un romanzo

Matteo Bussola, scrittore e fumettista, svela il processo creativo dietro la scrittura di un romanzo. Dalla storia ai personaggi, fino all’importanza della lettura, racconta il dietro le quinte del mestiere e offre consigli a chi sogna di scrivere.

Fraffrog – Scrivere per immagini, illustrare pensieri liberi

Francesca Presentini (in arte “Fraffrog”) dà vita a mondi e personaggi come autrice, illustratrice, animatrice e graphic designer. Attraverso il disegno e la scrittura per immagini, racconta il potere della fantasia e della creatività.

Barbara Bonansea – Il talento delle bambine, il futuro del calcio

Barbara Bonansea racconta il suo percorso, dai primi passi nei centri sportivi locali fino alla Juventus e alla Nazionale italiana. Tra sogni e sfide, riflette su come rendere il calcio un ambiente più inclusivo per le future generazioni di atlete.

 Fulminacci – Uno sguardo sul mondo in musica e parole

Il cantautore Fulminacci racconta la sua evoluzione artistica, dalla ricerca di un proprio stile alla scrittura di canzoni che parlano d’amore e quotidianità. Tra studio e palco, interpreta una musica fatta di dettagli poetici e sguardi sul mondo.

 Daniela Effy Vrabie – Gaming: parliamone seriamente

Daniela “Effy” Vrabie accompagna il pubblico nel mondo degli eSports dalla sua prospettiva di videogiocatrice professionista. Condividendo abilità, consigli ed emozioni, scardina pregiudizi e svela il potenziale educativo del gaming.

Sofia Viscardi – Creare spazi, reti e contenuti per esprimersi

Sofia Viscardi riflette sulla sua evoluzione professionale e su come negli anni abbia provato a dare voce alla sua generazione creando contenuti digitali. Raccontandosi a cuore aperto, condivide pensieri, dubbi e domande sulla soglia dei 30 anni.

 Claudio Marchisio – Lezioni di calcio, lezioni di vita

Claudio Marchisio ripercorre la propria carriera sportiva dal debutto nella Juventus fino al ritiro e riflette su come il viaggio nel calcio lo abbia portato ad abbracciare nuovi percorsi nella sua vita di padre, procuratore sportivo e imprenditore.

 Marcello Ascani -Strumenti e strategie della creator economy

Marcello Ascani, creator e imprenditore, racconta il suo percorso dalla produzione dei primi video alla fondazione di un’agenzia di influencer marketing e offre suggerimenti pratici a chi desidera esplorare il mondo digitale e imprenditoriale.

 Coco Rebecca Edogamhe – L’arte di iniziare: i primi passi di un’attrice

Coco Rebecca Edogamhe ripercorre sfide ed emozioni dell’esordio come attrice. Dal successo della serie “Summertime” alle lezioni nei provini e sul set, condivide la propria esperienza con chi vuole avvicinarsi al cinema e alla recitazione.

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ALESSANDRO GRECO & CAROLINA REY

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Estate, il tempo della vicinanza anche in Tv

Da giugno a settembre “UnoMattina Estate” è un punto fermo del palinsesto di Rai 1, dal lunedì al venerdì dalle 8.35. Un mix di attualità, cronaca, cultura, salute e leggerezza, pensato per accompagnare gli italiani nei mesi più caldi dell’anno. A guidare la nuova edizione del programma, Alessandro Greco e Carolina Rey

ALESSANDRO GRECO

Com’è iniziata la sua estate in televisione? Prime sensazioni a caldo?

L’anno scorso c’è stato, com’è naturale, un periodo iniziale di ambientamento e adattamento. Un primo assestamento. Quest’anno, invece, mi sono reintegrato immediatamente. È stato come tornare a casa. Tutto è partito con grande energia ed entusiasmo. Con me c’è Carolina Rey, con la quale c’è stato da subito un bel feeling. Ci hanno detto che già dalla prima puntata sembrava che stessimo lavorando insieme da tempo. Questa sensazione di condivisione si è notata non solo in termini qualitativi ma anche di risultati, di ascolti.

Per lei, l’estate è sinonimo di…

Innanzitutto di opportunità: un tempo prezioso da condividere, che sia stando a casa, oppure andando da qualche parte. È il tempo della famiglia, in senso stretto e anche più allargato: le persone con cui si creano legami così forti da diventare “famiglia”. È anche, però, un periodo lavorativamente molto propizio. Al di là della conduzione di “UnoMattina Estate”, per me questa stagione è sempre stata un momento di grande attività professionale. Vengo dal mondo degli spettacoli itineranti, delle piazze, delle feste popolari: e proprio nei luoghi di villeggiatura, da dopo Pasqua fino a settembre-ottobre, c’è sempre stato un picco di richieste e quindi più occasioni di lavoro.

Quando ha del tempo libero, che tipo di vacanziere è? Preferisce il relax o l’avventura on the road?

Decisamente relax! Sono un vacanziere tranquillo e in famiglia siamo tutti così. Mia moglie è perfettamente in linea con questo stile (sorride). Le nostre vacanze preferite? Quelle all’insegna del benessere. Che siano luoghi naturali, come le terme, o strutture attrezzate, cerchiamo una vacanza che ci rigeneri. Amiamo il mare, la mia città d’origine è Taranto, per partire evitiamo i momenti di maggiore affluenza.

Quanto è importante la compagnia della televisione nei mesi estivi?

È un tema a cui tengo molto. Ci sono momenti dell’anno in cui la solitudine riesce a essere ancora più dolorosa, penso alle festività natalizie o pasquali, o appunto all’estate. Offrire compagnia, regalare leggerezza, un sorriso, informazioni utili, consigli, ma anche far viaggiare idealmente chi ci guarda… tutto questo è un privilegio. È il pilastro su cui si fonda il mio approccio al programma.

In che modo riuscite a coniugare leggerezza e informazione utile?

Prima di tutto con il grande lavoro della redazione. Ogni giorno abbiamo l’appoggio costante della vicedirettrice del Daytime Elsa Di Gati, figura competente e fondamentale. Anche se il nostro non è un programma giornalistico in senso stretto, trattiamo informazione, cronaca, attualità e l’esperienza di Elsa è un punto fermo. C’è poi un team affiatato di collaboratori e autori, ciascuno con responsabilità e spazi ben definiti. Tra le figure chiave, cito con piacere Gianfranco Scancarello, il capo progetto, e Paola Miletich, che segue cronaca e attualità. Grazie a loro abbiamo tutti gli strumenti per affrontare ogni argomento, dal più leggero al più delicato. La capacità di passare da un registro all’altro? È una combinazione di carattere, sensibilità, mestiere. E fa parte della nostra responsabilità come conduttori.

C’è un momento della diretta che la sorprende particolarmente?

Ci sono momenti che mi toccano ogni giorno, in particolare le buone notizie. Purtroppo, siamo costantemente travolti da un flusso di notizie drammatiche — che fanno parte della realtà, certo — ma che a volte sembrano oscurare tutto il resto. Credo che ci siano tantissime cose belle che meritano attenzione: associazioni, iniziative, persone di buona volontà che ogni giorno costruiscono qualcosa di positivo. Quando vedo che il pubblico reagisce, si emoziona, si riconosce in quelle storie… ecco, quello mi sorprende. È uno stupore che voglio continuare ad avere. E mi ricorda che, nonostante tutto, il bene è destinato a vincere, anche quando il male fa più rumore.

Qual è il suo rito del mattino, prima di andare in onda?

Il mio rituale è semplice ma importantissimo: faccio il giro dei corridoi, vado a salutare tutti. È un modo per dire “buongiorno”, ma anche per creare un clima disteso, magari con una battuta, una risata, uno scherzo. Anche se poi, poco dopo, dobbiamo affrontare temi importanti o complessi, questo spirito condiviso fa la differenza. C’è tanta gente che lavora ogni giorno alla riuscita del programma e mi piacerebbe che il pubblico potesse vedere quante persone sono coinvolte. Il clima che si crea è uno degli ingredienti segreti della nostra diretta.

 

CAROLINA REY

Quali sono state le emozioni nel debuttare in un programma storico e così popolare?

Sin dal primo momento, la sensazione è stata quella di conoscere già lo studio e il programma. Forse perché è un format storico che ho sempre seguito come spettatrice. Mi sono sentita molto serena, anche il primo giorno, nell’approccio a questa macchina così importante, che richiede grande attenzione e rispetto. È fondamentale comprendere che è il conduttore ad adattarsi al format, e non viceversa.

Come ha vissuto la preparazione per questo nuovo incarico?

È stato tutto molto immediato e veloce. Più che una preparazione preliminare, ho un lavoro quotidiano di studio per ciò che succederà il giorno successivo. Il programma affronta argomenti leggeri ma anche temi strutturati e impegnativi, legati all’attualità e alla cronaca. Con tre ore di diretta da gestire, il carico di contenuti è notevole.

Il programma propone un mix di argomenti. Quali sono più nelle sue corde?

Non pensavo di essere in grado di gestire la cronaca nera, soprattutto a livello emotivo, ma in questi giorni l’ho affrontata: è una sfida nuova che mi permette di imparare. Cerco di portare quell’empatia che spesso manca nella narrazione della cronaca.

Che rapporto ha con la dimensione di Servizio Pubblico della televisione?

Un programma come questo rientra pienamente nelle dinamiche del Servizio Pubblico, dove informazione e rispetto sono fondamentali. Si offrono consigli pratici, si fa informazione di qualità, e il riscontro del pubblico è molto positivo. Penso che il programma rappresenti a pieno la mission della Rai.

Lavora in tandem con Alessandro Greco, che tipo di intesa si è creata tra voi?

Assolutamente ottima. Da subito abbiamo avuto grande sintonia, ed è qualcosa che viene notato anche dalle persone che lavorano con noi e dal pubblico. Siamo due professionisti molto attenti agli altri, e questo si riflette nel nostro modo di collaborare.

Nel suo percorso artistico ha alternato ruoli in radio, musica e televisione. Cosa aggiunge questa esperienza mattutina al suo bagaglio professionale e umano?

 Aggiunge tantissimo. Ogni giorno il programma mi insegna a gestire registri diversi, arricchendo non solo la mia professionalità, ma anche il mio vissuto. In questi giorni mi sono già legata a molte storie familiari difficili che altrimenti non avrei mai conosciuto né potuto raccontare.

Che sensazione prova all’idea di fare compagnia a tanti italiani?

Penso che sia lo scopo principale del programma: tenere compagnia e far sentire meno sole le persone. Ci sono tanti spettatori che, per ragioni economiche o personali, non possono partire. Il nostro intento è alleggerire le loro giornate.

Impegnata per il programma, come sarà la sua estate?

Spero di riuscire a concedermi un weekend di fuga a Lampedusa. Se tutto va bene, potrò partire il venerdì e rientrare la domenica sera, dedicando quel tempo interamente a mio figlio.

C’è un rito mattutino a cui non rinuncia prima di andare in onda?

Assolutamente il caffè! Mi sveglio sempre dieci minuti prima per poter fare colazione, per me è il pasto più importante.

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La vita è digitale

Il programma di Barbara Carfagna riparte dall’AI. Da venerdì 20 giugno in seconda serata su Rai 1

Mentre l’umanità si interroga su un’indeterminata Intelligenza Artificiale, quest’anno la nuova serie di “Codice. La vita è digitale” con Barbara Carfagna – in onda da venerdì 20 giugno in seconda serata su Rai 1 – si cimenta, dopo 36 mesi di storia di questa nuova tecnologia, nell’analisi e approfondimento delle diverse intelligenze artificiali, di dispositivi con potenzialità generative straordinarie, ma anche condizionamenti e vincoli pericolosi. Già oggi c’è un’umanità “aumentata”, e si intravede all’orizzonte una “sovraumanità”. Come convivere e controllare un’intelligenza diversa da quella umana, che in molti ambiti può andare oltre i limiti dell’uomo, immaginando futuri possibili diversi da quelli che potrebbe creare la sua capacità? “Codice. La vita è digitale” mostra come questa risorsa sia utile nella ricostruzione di intere aree di mondo, in un’edizione dedicata proprio all’esplorazione delle “Ricostruzioni” riformattate in virtù di una relazione del tutto inedita uomo/macchina. Per questo, gli inviati di “Codice” sono andati a documentare come vengano ripensate e ricostruite – con l’aiuto delle AI che anticipano e sovrappongono nelle simulazioni digitali reale e virtuale – le zone rase al suolo da guerre o eventi catastrofici. E ancora, come le macchine ricostruiscono le città calcolando il futuro e prefigurando modelli di intervento preventivo nei confronti di malattie, disastri climatici, reati, pandemie, guerre, anticipando crimini; e come queste anticipazioni stiano co-creando intere nuove società, o piccole utopie, come le nazioni indipendenti governate da azionisti privati che vogliono utilizzare solo criptovalute. Ma si vedrà anche come in Paesi che erano indietro a causa di condizioni climatiche o geopolitiche sfavorevoli crescano molto (troppo?) rapidamente città, villaggi ed ecosistemi sociali e fisici. Architetti, ingegneri, informatici, medici che già integrano l’AI nelle loro attività raccontano a “Codice” la realtà che verrà, mentre in studio non mancheranno riflessioni e commenti di esperti e ricercatori.

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GIANRICO CAROFIGLIO

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Progresso e non macerie

Conduttore di “Dilemmi” la domenica su Rai 3, lo scrittore parla al RadiocorriereTv della forza e della bellezza del confronto: «Penso che si possa trovare un accordo praticamente su tutto e che qualsiasi argomento possa diventare terribilmente divisivo nel momento in cui un tema è vissuto dagli interlocutori come una questione identitaria»

 

Il confronto tra persone, idee, punti di vista diversi e lontani… quali sono le regole di “Dilemmi”?

Sono le regole della discussione civile, sono tante e non ci siamo inventati nulla. Abbiamo cercato di condensarle in tre, immediatamente percepibili, per cercare di fare una bonifica rispetto alla qualità scadente e violenta di molto dibattito pubblico e televisivo. La prima regola è che è vietato l’attacco alla persona, quello che nell’antica retorica si chiama argumentum ad hominem, bisogna contestare l’argomento dell’interlocutore e non aggredire l’interlocutore stesso con cose che con il tema non c’entrano niente. La seconda regola è il divieto di manipolazione, che significa che non ci può prendere quello che ha detto l’interlocutore, trasformarlo arbitrariamente in qualcosa d’altro, e poi attaccare ciò che l’interlocutore non ha detto. Anche questa è una classica fallacia della retorica che abbiamo inteso evitare e vietare. La terza regola è quella dell’onere della prova: se fai un’affermazione devi essere pronto a indicare argomenti e prove, altrimenti la tua credibilità viene meno.

Perché, nel nostro quotidiano, nel dibattito, è così difficile evitare il disordine e lo scontro?

Intanto perché è difficile, costa fatica, l’esercizio dell’intelligenza è l’esercizio della moderazione, della comprensione degli argomenti altrui, che non significa adeguarsi. È molto più comodo collocare etichette, aggredire, sbraitare, giudicare. Jung diceva che pensare è molto faticoso, quindi la maggior parte della gente preferisce giudicare. Dall’immedesimazione totale con le proprie convinzioni, deriva la possibilità che se queste vengono attaccate o scalfite avvertiamo una lesione dell’ego e questo è pericoloso. Noi dovremmo essere affezionati alle nostre convinzioni e ai nostri valori nella consapevolezza che ce ne sono anche altri, che la ragione non è tutta da una parte e che la discussione civile e intelligente significa mettere a confronto opinioni diverse nel rispetto di ogni opinione, tranne quelle aberranti, che negano il senso di umanità, e nella consapevolezza che in ogni opinione, per quanto lontanissima da noi, si nasconde qualche frammento di verità. Bisogna essere pronti a coglierla per far sì che il dibattito sia un’attività che produce progresso e non macerie.

Partendo dalla sua esperienza, qual è l’argomento più divisivo in un confronto pubblico e su quale, invece, si trova più facilmente un accordo?

Penso che si possa trovare un accordo praticamente su tutto e che qualsiasi argomento possa diventare terribilmente divisivo nel momento in cui quel tema è vissuto dagli interlocutori come una questione identitaria. Sapere che spesso nel dibattito non è in gioco il tema, la questione controversa, ma uno scontro di ego, di sicurezze e di insicurezze, è una premessa, per chi ha voglia ed è capace di farlo, per chi ha energia e intelligenza, per trasformarlo in un incontro e in possibile cooperazione.

C’è un tema sul quale, nonostante il suo essere uomo di grande equilibrio, fatica a non arrabbiarsi?

Mi arrabbio rispetto alla demagogia, sia quella frutto di stupidità, sia quella frutto di malafede, sono entrambe pericolose. Poi il fatto che mi facciano arrabbiare non significa che io mi arrabbi, resto dell’opinione che si debba discutere di tutto e con tutti per cercare di disinnescare. C’è una frase che ripeteva spesso il presidente americano Abraham Lincoln: “Quell’uomo non mi piace, devo conoscerlo meglio”. È un bel motto.

Perché, le soluzioni complesse sono spesso viste con sospetto?

Ci costringono a faticare. A volte non vogliamo fare lo sforzo angoscioso di confrontarci con la complessità. Farlo significa convivere con l’inquietudine, con il non sapere, con il dovere aspettare e riconoscere che ogni soluzione è provvisoria e tutto va contro il disegno di stabilità. Una buona educazione a tutti i livelli, a cominciare dalle scuole, dovrebbe insegnarci a convivere con l’incertezza e con l’errore.

Come si schiera nel dibattito sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale?

Per fortuna né su questo né su altro ho posizioni definitive. È così su qualsiasi cosa, anche sulle leggi della scienza. Dopodiché la uso, mi sento di dire in modo piuttosto evoluto, per sviluppare nuove idee, ci faccio un sacco di cose. La questione è come entri in rapporto, se la trasformi in estensione della tua umanità o in un volgare segretario per fare le ricerche, in questo caso serve a pochissimo. Quest’ultimo tipo di uso non consente l’esercizio delle doti che sono indispensabili nel futuro, ossia la capacità di governarla e non correre il rischio di esserne governati. Chiedo all’intelligenza artificiale di aiutarmi a risolvere problemi di cui non sono perfettamente consapevole. Faccio un esempio, dico di farmi delle domande in modo che possiamo insieme capire i contorni della vicenda che dobbiamo affrontare insieme. I risultati sono abbastanza spettacolari.

Se avesse la possibilità di mettere a conversare due personaggi della storia, chi sceglierebbe e quale tema proporrebbe loro?

Farei parlare due filosofi sui confini della conoscenza, prenderei Michel de Montaigne ed Hegel. La filosofia di Montaigne è tutta aneddotica, singoli scritti su temi specifici senza nessuna pretesa di universalità, Hegel, invece, ha un pensiero metafisico che non ammette alternative, dubbi o altro. Il confronto tra l’intelligenza consapevole, pragmatica, che ha il senso del limite, la verità relativa, rispetto all’idea di una conoscenza definitiva e assoluta del mondo che io trovo inaccettabile. Avevo giocato con gli anagrammi della locuzione la verità, che si può anagrammare in rivelata, evitarla, vietarla e relativa. Ognuna di queste parole esprime un pezzo della storia del pensiero: su ogni tema ci sono molteplici punti di vista e ci saranno in futuro. La bellezza del conoscere sta proprio nella consapevolezza del carattere, per me meravigliosamente provvisorio, della conoscenza.

Prima di salutarla le sottopongo tre piccoli dilemmi… il libro cartaceo o l’e-book?

Li uso tantissimo entrambi. Se proprio devo scegliere per forza dico la carta.

Sul comodino, il saggio o il romanzo?

Tutti e due.

L’applauso o la critica di un lettore?

La critica si prende, a volte è costruttiva altre no, spesso nasconde un intento più o meno aggressivo. Se devo scegliere prendo la gratificazione dell’applauso.

 

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Nino Benvenuti

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Una leggenda italiana

Venerdì 20 giugno su Rai 2 la storia e le imprese del pugile scomparso all’età di 87 anni il 20 maggio scorso

“Nino Benvenuti, una leggenda italiana”, onore la memoria e il lascito di uno dei più grandi pugili italiani di tutti i tempi, scomparso all’età di 87 anni. Prodotto da Moviheart di Massimiliano La Pegna in collaborazione con Rai Documentari, scritto da Tommaso Cennamo e Nathalie Bertorello e diretto da Tommaso Cennamo, il documentario ripercorre con interviste e immagini di repertorio la vita e la carriera di Nino Benvenuti, ricca di successi sia a livello amatoriale che professionistico, rendendolo un’icona popolare negli anni ’60 e ’70. La storia di un ragazzo che ogni giorno pedalava per chilometri da Isola, piccola cittadina istriana di pescatori, per raggiungere la mitica Accademia Pugilistica Triestina per apprendere i segreti della boxe: la sua tenacia e le sue doti innate lo porteranno alla mitica conquista del titolo mondiale dei pesi medi. Benvenuti si fa notare fin da giovane per il suo stile elegante e potente. Il primo vero trionfo arriva alle Olimpiadi di Roma 1960, dove conquista la medaglia d’oro nei pesi welter. È lì che inizia la leggenda. Passato al professionismo, Benvenuti scala rapidamente le classifiche: è campione del mondo nei pesi superwelter nel 1965. Ma è nel 1967 che scrive una pagina epica dello sport: vince il titolo mondiale dei pesi medi battendo l’americano Emile Griffith al Madison Square Garden di New York. Un’impresa titanica. La loro rivalità e i loro combattimenti diventano leggendari. Oltre ai colpi sul ring, resta nella storia anche la profonda amicizia che nasce tra Benvenuti e Griffith. Benvenuti chiude la carriera nel 1971 dopo la doppia sconfitta con Carlos Monzón, uno dei più grandi pesi medi della storia. Quei match segnano la fine della sua carriera da campione di pugilato, ma non del suo mito. Dopo il ritiro è stato attore, conduttore TV, dirigente sportivo e sempre un ambasciatore dello sport italiano. Un documentario che celebra uno degli idoli sportivi di un’intera generazione, con rari filmati di repertorio e la partecipazione di professionisti di altissimo livello.

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Premio Biagio Agnes 2025

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Passione e talento, rigore e serietà, nel rispetto di una professione che, raccontando la realtà senza condizionamenti, costituisce uno dei cardini della democrazia: sono da sempre questi i valori che animano il “Premio Biagio Agnes – Premio Internazionale di Giornalismo, Informazione e Comunicazione”, la cui XVII edizione si svolgerà venerdì 20 giugno per la prima volta nel magnifico e iconico scenario di Piazza di Spagna a Roma. 

Sul prestigioso palco, come ormai da tradizione, gli amatissimi conduttori Rai Mara Venier e Alberto Matano presenteranno la cerimonia di premiazione: l’evento, in onda martedì 1 luglio in seconda serata sul Rai 1, vedrà protagonisti rappresentanti delle istituzioni e grandi professionisti dell’informazione, dello spettacolo e della cultura. Un’occasione per approfondire i grandi temi dell’attualità ma anche di intrattenimento con grandi ospiti.
La giuria, presieduta da Gianni Letta, ha designato i premiati individuando i migliori professionisti che hanno saputo decifrare e divulgare la complessità di piccole e grandi storie, raccontando l’Italia e il mondo utilizzando con efficacia e puntualità i linguaggi più diversi, dalla carta stampata alla tv, dai nuovi linguaggi alla radio e alla letteratura.
Nell’edizione 2025 il Premio Carta Stampata viene assegnato a Fiorenza Sarzanini, vicedirettrice del Corriere della Sera con un passato al quotidiano Il Messaggero, per il suo sguardo lucido, l’equilibrio e l’impegno per la verità dimostrati nel seguire i principali casi giudiziari degli ultimi anni fino alle inchieste sui politici e sulla corruzione.
Profondo conoscitore dei costumi e della storia d’Italia, autore di saggi e romanzi di successo, conduttore su La7 del programma di approfondimento storico “Una giornata particolare”, Aldo Cazzullo – inviato speciale ed editorialista del Corriere della Sera – si aggiudica il Premio Divulgazione Culturale.
Il Premio per la Televisione va a Carlo Conti, volto simbolo della Rai, conduttore e autore di moltissimi programmi di grande successo della rete ammiraglia e direttore artistico del Festival di Sanremo premiato quest’anno da ascolti record. Conduttore in Rai dal 1985, ha saputo conquistare il cuore del pubblico con la sua straordinaria professionalità e grazie al suo stile sobrio e spontaneo.
La trasmissione “Belve”, condotta su Rai2 da Francesca Fagnani, si aggiudica il Premio Trasmissione dell’anno. La giornalista, che con il suo stile brillante e diretto ha intercettato anche il pubblico dei più giovani, si confronta con grandi nomi dello spettacolo, della politica, del costume e della cronaca, disposti a mettersi in gioco, confezionando interviste “senza filtri”, molte delle quali divenute virali sui social.
“Il Conte di Montecristo”, la miniserie di Rai1 trionfo di ascolti, tratta dal capolavoro di Alexandre Dumas, vince il Premio Fiction: diretta dal Premio Oscar Bille August e interpretata, tra gli altri, da Lino Guanciale, Gabriella Pession e Nicolas Maupas, la serie franco-italiana in quattro puntate ha appassionato gli spettatori con una storia piena di colpi di scena e intrighi, tra odio e amore, perdono e vendetta, speranza e disperazione.
Al giornalista politico di RaiNews24 Alberto Puoti viene assegnato il Premio Speciale per il suo impegno e la professionalità dimostrati come autore di format basati sul data journalism e le nuove frontiere del web.
La giornalista di Italia Oggi Alessandra Ricciardi, specializzata nell’analisi della politica interna e internazionale attraverso l’investigazione economico-finanziaria, riceve il Premio Giornalista Economico, mentre il Premio Giubileo viene assegnato al Vaticanista del Gruppo Mediaset e de Il Giornale Fabio Marchese Ragona. Nel Marzo 2024 ha scritto con Papa Francesco la prima autobiografia del Pontefice Life – la mia storia nella storia, pubblicata in contemporanea in 21 Paesi del mondo.
Alla vicecaporedattrice di Corriere.it Martina Pennisi va il Premio Generazione Digitale – Podcast per il suo impegno e la competenza nel giornalismo digitale, in particolar modo sui temi di Intelligenza Artificiale, privacy, fake news, social e giovani.
Infine, Roberto Garofoli e Bernardo Giorgio Mattarella si aggiudicano il Premio Saggista Scrittore per il saggio Governare le fragilità, in cui viene evidenziata l’importanza di poter contare su un sistema di governo rafforzato e su una macchina amministrativa sempre più efficiente.

La Cerimonia di premiazione si svolgerà a Roma in Piazza di Spagna, alla presenza del sindaco Roberto Gualtieri e dell’Assessore ai Grandi Eventi, Sport, Turismo e Moda Alessandro Onorato.

Ecco i vincitori del “Premio Biagio Agnes 2025”, suddivisi in 10 categorie:
Premio Carta Stampata: Fiorenza Sarzanini, Corriere della Sera
Premio Divulgazione Culturale: Aldo Cazzullo, Corriere della Sera e La7
Premio per la Televisione: Carlo Conti
Premio Speciale: Alberto Puoti, RaiNews24
Premio Trasmissione dell’anno: Francesca Fagnani, Belve, Rai2
Premio Fiction: “Il Conte di Montecristo” miniserie tv, Rai 1. Con Lino Guanciale, Gabriella Pession, Nicolas Maupas. Regia: Bille August
Premio Giornalista Economico: Alessandra Ricciardi, Italia Oggi
Premio Giubileo: Fabio Marchese Ragona, Gruppo Mediaset e Il Giornale
Premio Generazione Digitale-Podcast: Martina Pennisi, Corriere.it
Premio Saggista Scrittore: Roberto Garofoli e Bernardo Giorgio Mattarella per il libro: Governare le fragilità, Mondadori 2025

Come ogni anno la Fondazione Biagio Agnes assegna una Borsa di Studio al primo classificato in graduatoria della Scuola Superiore di Giornalismo dell’Università Luiss Guido Carli di Roma.

PATROCINI
Camera dei Deputati, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Sotto l’Alto Patrocinio del Parlamento europeo, Ministero della Cultura, Regione Lazio, Roma Capitale, Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, Federazione Nazionale della Stampa Italiana, Unione Cattolica della Stampa Italiana.

GIURIA
Gianni Letta (Presidente), Giulio Anselmi, Alberto Barachini, Carlo Bartoli, Stefano Folli, Luciano Fontana, Luigi Gubitosi, Paolo Liguori, Pierluigi Magnaschi, Giuseppe Marra, Massimo Martinelli, Antonio Martusciello, Agnese Pini, Antonio Polito, Aurelio Regina, Giampaolo Rossi, Danda Santini, Marcello Sorgi, Fabio Tamburini, Mons. Dario Edoardo Viganò.

La Tv nel pozzo

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La morte del piccolo Alfredino Rampi a Vermicino, tragedia alla quale gli italiani assistettero in diretta nella più lunga diretta della storia della Tv. Il documentario di Andrea Porporati, con la voce narrante di Fabrizio Gifuni, fa ritorno a quei drammatici giorni. Venerdì 13 giugno alle ore 21.20 su Rai 2

La foto di un bambino che sorride, con una maglietta a righe. All’inizio è solo una istantanea di famiglia conservata su di un mobile nel soggiorno di una casa di Roma. Quella stessa foto finisce sulla prima pagina di un giornale, poi di tutti i giornali. Riempie lo schermo alle spalle dei conduttori dei Tg nazionali. Quarant’anni dopo la ritroviamo su una lapide, imbrattata da una svastica. Oggi lo stesso bambino della foto, con la maglietta a righe sorride ai passanti dalla facciata di un palazzo alto venti metri. È un murales realizzato nel quartiere romano della Garbatella. Il bambino nella foto è Alfredo Rampi, ma il documentario di Andrea Porporati non vuole raccontare la cronaca della sua storia, ma piuttosto chi l’ha raccontata. Vuole raccontare i media, che hanno fatto loro la storia di Alfredo Rampi e che l’hanno elaborato, e ne sono stati elaborati, distaccandola dal fatto e dalle persone reali, trasformandola in un punto cardine della coscienza collettiva. Lo farà attraverso il materiale di repertorio della più lunga diretta della storia della tv italiana e attraverso il ricordo di chi all’epoca ne è stato spettatore, o protagonista: giornalisti, ex soccorritori, psicologi, semplici testimoni, tutti coinvolti nel trauma collettivo che ha scosso la coscienza del paese e di chi anche a distanza di anni ha elaborato lo choc di quei tre giorni di giugno scrivendo libri, canzoni, graphic novel o realizzando quel murale: dal cantautore Francesco Bianconi dei Baustelle al romanziere Giuseppe Genna, al regista Marco Pontecorvo, allo scrittore e autore tv Massimo Gamba, ai giornalisti RAI che parteciparono alla diretta Rai, Piero Badaloni, Pierluigi Camilli, Andrea Melodia, dalle firme della carta stampata, Fabrizio Paladini e Massimo Lugli, agli psicologi Daniele Biondo e Rita Di Iorio, oggi presidenti onorari della Onlus Alfredo Rampi. E con la voce narrante di Fabrizio Gifuni. “Quello che un film documentario si propone è per definizione il racconto del reale. Ma in questo caso si vuole raccontare un tipo particolare di ‘realtà’, quella che i media hanno costruito attorno alla tragedia svoltasi nel 1981 a Vermicino, un sobborgo di Roma, trasformando la cronaca di un bambino caduto in un pozzo artesiano in una favola che si voleva a lieto fine e che invece è divenuta una tragedia senza sbocchi”, dice il regista Andrea Porporati. “‘La Tv nel pozzo’ – prosegue – vuole raccontare la diretta tv a reti unificate che per ore e giorni ha inseguito la realtà di quel fatto così drammatico, personale, umano, facendosela sfuggire tra le dita e incastrando un popolo di milioni di spettatori in un circolo vizioso di vita e di morte. Il linguaggio del documentario mescolea le lingue delle infinite incarnazioni che i Media hanno prodotto a partire dalla storia di Vermicino, televisive innanzitutto, ma anche letterarie, musicali, poetiche: da romanzi a canzoni e serie tv, da graphic novels a murales dipinti sui palazzi di Roma. La scommessa è capovolgere il punto di vista, puntare l’obiettivo non sulla storia di “Alfredino”, ma sui Media che hanno preteso di raccontarla, usando le telecamere o l’inchiostro delle rotative come la bacchetta magica di un apprendista stregone e venendone travolti, assieme a milioni di spettatori. Umberto Eco in un suo saggio ha definito il racconto della tragedia di Vermicino come la fine della possibilità di raccontare la realtà. E ha sottolineato come questo allontanamento dalla verità, avvenisse proprio nel momento in cui, usando per la prima volta la diretta senza limiti di tempo e senza il condizionamento di una regia, di un montaggio, la televisione immaginava di “diventare” realtà, di incarnarla. E invece la strumentalizzava e ne veniva a sua volta strumentalizzata. Perché la realtà non ha linguaggio, non ha regole, semmai ha un destino. E non può che travolgere o fare impazzire chi cerca di intrappolarla, domarla, costringerla nello spazio di uno schermo”.

 

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