DANIELA E LUCA SARDELLA

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Green Lovers

Su RaiPlay lo straordinario viaggio di Luca e Daniela Sardella tra i misteri e la bellezza della Natura

Un programma itinerante che percorre l’Italia in lungo e in largo, con due eccezionali ambasciatori del verde e dell’ecologia, per far conoscere la Natura e renderla più vicina all’uomo. Con Luca e Daniela Sardella per imparare a distinguere le piante, le erbe e gli alberi, ma anche per capire il ruolo delle stagionalità, degli interscambi tra fauna e flora, l’impatto del clima sulla natura e – attraverso le piante – l’importanza della vegetazione per l’uomo.

Un viaggio alla scoperta del verde e dell’ecologia, dove ci porterete con “Green Lovers”?

Nei luoghi meno conosciuti della nostra penisola, ma più interessanti dal punto di vista naturalistico. Riteniamo che il rispetto per la natura possa essere instillato nelle nuove generazioni spronando i giovani a frequentarla più assiduamente.  Strumentalizzando una famosa frase di Dostoevskij oseremo dire che “la bellezza della natura salverà il mondo”. “Green Lovers” per noi è come una sorta di interminabile passerella di tutte le meraviglie che la Natura è stata in grado di donarci e che noi tutti abbiamo il dovere di custodire. Perché non ci stancheremo mai di ricordarlo – e questo non lo dicono Luca e Daniela Sardella, ma tutti gli scienziati – “il benessere del nostro Pianeta è strettamente legato a quello di tutti i suoi abitanti”.

Accogliere il verde nella quotidianità come può migliorare la nostra vita?

Frequentare aree verdi riduce l’ansia e lo stress e migliora la concentrazione, l’attività del sistema cardiocircolatorio e respiratorio. L’interazione con le piante può modificare gli atteggiamenti, i comportamenti e le risposte fisiologiche umane. Inoltre, può diminuire l’assenteismo, aumentare la produttività, la soddisfazione generale e la felicità nella vita delle persone. Persino coltivare le piante in casa offre numerosi vantaggi, tra cui la produzione di ossigeno attraverso la fotosintesi, la fitodepurazione da agenti tossici come benzene, formaldeide e tricloroetilene dall’aria, oltre a rendere i nostri ambienti esteticamente piacevoli.

Sostenete che “sapersi prendere cura delle piante è un’attitudine”, pensiamo al famoso pollice verde, cosa può fare chi questa attitudine non l’ha ancora scoperta o pensa addirittura di non averla?

Mai disperare… questa “attitudine” è come una piantina: la si può coltivare, la si può annaffiare, la si può curare fino a farla diventare un albero bellissimo. Con “Green Lovers” intendiamo accelerare questo processo.

Quali sono le piante che, tenute in casa o sul terrazzo, possono aiutarci a vivere meglio? 

Non fate mai mancare un’orchidea vicino al computer o alla televisione, aiuta a combattere l’elettrosmog catturando le onde elettromagnetiche. In camera da letto, per conciliare il sonno, vi consigliamo una pianta di aloe vera che, al contrario della maggior parte delle piante, grazie alla fotosintesi CAM (una fotosintesi “invertita”), è in grado di rilasciare ossigeno di notte, assorbendo l’anidride carbonica.

Quando avete capito che il verde sarebbe stato la vostra scelta di vita? 

È una scelta che rinnoviamo quotidianamente attraverso piccoli accorgimenti, nella consapevolezza di essere parti integranti e custodi di questa grande e incredibile comunità che è la Terra.

 

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Prix Italia 2024

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I vincitori

Cala il sipario sulla 76esima edizione della rassegna internazionale promossa dalla Rai, che premia il meglio di Radio&Podcast, Tv e Digital. Si aggiudica il Premio Speciale in onore del Presidente della Repubblica Italiana la serie spagnola “La legge del mare (“La ley del mar”), una storia dei nostri giorni, il dramma dei migranti riletto dalla serie Tv della spagnola Rtve. C’è anche la Rai sul gradino più alto del podio nella sezione “Tv Documentaty”. Trionfa il documentario “Pericolosamente vicini. Vivere con gli orsi” di Andreas Pichler (coprodotto da Rai Documentari), una storia che riflette sul delicato rapporto uomo – Natura

“La legge del mare” – il dramma dei migranti riletto dalla serie Tv della spagnola Rtve (“La ley del mar”) si aggiudica, a Torino, il Premio Speciale in onore del Presidente della Repubblica Italiana del 76° Prix Italia, la rassegna internazionale promossa dalla Rai, che premia il meglio di Radio&Podcast, Tv e Digital. E nella sezione “Tv Documentary” vince anche la Rai con “Pericolosamente vicini. Vivere con gli orsi”: un racconto che riflette sul delicato rapporto uomo – Natura, partendo dalla storia di Andrea Papi, ucciso da un’orsa nel 2023 in un bosco del Trentino: “Andreas Pichler (il regista) – si legge nelle motivazioni – ha l’esperienza necessaria per trovare un equilibrio tra le emozioni e le decisioni provenienti da diverse parti. È un film indispensabile che mette in discussione il nostro comportamento morale e la nostra etica e prospetta il nostro futuro nel costruire e conservare un ecosistema fragile”.

Per le “Performing Arts” si impone la Bbc e il suo “Peaky Blinders: Rambert’s The Redemption of Thomas Shelby” (Peaky Blinders: “La redenzione di Thomas Shelby” di Rambert), “uno spettacolo emozionante che mescola crude storie di gangster e danza mozzafiato, trascinando il pubblico in un mondo di emozioni intense e creatività, e che merita il Prix Italia”.

La serie “Sambre” di France Televisions, conquista, invece, la sezione “Fiction” affrontando il tema della violenza sulle donne con uno stile e un tono innovativi. Olanda, Repubblica Ceca e ancora Spagna primeggiano nella categoria “Digital”: “DIT is jouw verhaal” (DIT è la tua storia), una piattaforma innovativa della olandese Npo che rende il giornalismo accessibile ai cittadini su diversi temi, vince la sezione “Factual”. La Ct ceca con “No Big Deal” (Niente di grave) – una serie drammatica che con tocchi comici esplora la vita dei giovani adulti sotto l’influenza di piattaforme come OnlyFans – è la vincitrice della sezione “Fiction”. La spagnola Rtve, infine, è la preferita tra gli “Interactive”: “Lab Orquesta – Música artificial para humanos” (Lab Orquesta – Musica artificiale per umani) racconta il processo di creazione di un brano musicale con l’intelligenza artificiale.

Come da tradizione, sono due i Premi Speciali, attribuiti dal Prix Italia: il “Premio Speciale Prix Italia – Ifad – Copeam”, va a “Gaspillage alimentaire, n’en jetez plus!” (Spreco alimentare: una ricetta per il riciclo) di France Televisions che affronta il tema attualissimo dello spreco di cibo, mentre il Premio Speciale Signis è della tedesca Ard con “Sieben Winter in Teheran” (Sette inverni a Teheran), un documentario sull’ingiustizia e la violenza contro le donne in Iran.

All’edizione 2024 del Prix Italia sono giunti 252 programmi, presentati da 76 organismi di 50 Paesi. I programmi sono stati valutati da 79 giurati, in rappresentanza di 49 broadcaster da 40 Paesi, mentre i Premi Speciali sono stati attribuiti da 11 giurati di 5 Paesi.

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Nato il sei ottobre

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Un docufilm diretto da Pupi Avati per rendere omaggio ai cento anni della radio italiana.  In onda martedì 8 ottobre alle 21.30 su Rai 1

L’opera di Pupi Avati “Nato il sei ottobre” celebra i cento anni della radio italiana.  Prodotto da Duea Film per Rai Documentari, il docufilm racconta un pezzo importante della vita del Paese percorrendo un lungo viaggio che comincia il 6 ottobre del 1924 e che arriva fino a oggi. In quel giorno così speciale per la nostra storia, la Radio, alle ore 21.00, faceva il suo primo timido passo dentro le nostre case trasmettendo un breve annuncio ufficiale (lo lesse Ines Viviani Donarelli) seguito dal concerto inaugurale del Quartetto Opera n.7 di Haydn. Quel 6 ottobre però, alla stessa ora, il regista ha immaginato che in un quartiere popolare della Capitale nascesse un bambino. Il suo nome di fantasia è Giacomo Curtoni, voce narrante di tutto il racconto. È un bambino come gli altri del suo tempo, ma è affascinato e ammaliato in modo particolare dalle voci, dai suoni, e dalle storie che sente uscire da quella grande scatola magica. Tanto più che Giacomo non ha un padre: il genitore biologico, infatti, con cui sua madre ebbe una breve avventura, non ne ha voluto sapere nulla di quel figlio venuto per caso. Giacomo riversa sulla radio una parte importante delle aspettative pedagogiche che gli sono venute a mancare. Considera quell’elettrodomestico quasi un essere umano, alla stregua di un membro della famiglia. E questo suo amore, questo sentimento di riconoscenza verso la radio è talmente forte che nel 1934, dopo aver ascoltato in salotto insieme ai familiari la finale di calcio Italia-Cecoslovacchia che regalò al nostro Paese la prima Coppa del Mondo, decide di scrivere una lettera di ringraziamento indirizzandola proprio alla sede della Eiar. Quella lettera farà un lungo viaggio e arriverà fino ai giorni nostri.

 

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L’ALTRA ITALIA

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Senza fare sconti a nessuno

L’approfondimento su attualità, politica e costume il giovedì in prima serata su Rai 2 con il programma condotto da Antonino Monteleone

Grazie a reportage esclusivi, ospiti in studio e uno sguardo immersivo e contemporaneo, “L’Altra Italia” offre un racconto profondo e plurale dei principali fatti dall’Italia e dal mondo.  In studio, Antonino Monteleone.

Perché “L’altra Italia”?

Ci rivolgiamo al pubblico con la promessa di posare lo sguardo della redazione su quelle parti di Paese, su quelle storie, che non trovano spesso spazio nel dibattito pubblico o che secondo noi dovrebbero trovarne di più. Dall’altro cerchiamo di coinvolgere nella discussione le voci di opinionisti, giornalisti, esperti, meno presenti nel panorama mediatico. Li invitiamo a partecipare, a farsi portavoce di idee che possono riguardare la politica e l’economia, e allargare così il perimetro del dibattito.

Una prima serata densa di temi…

Il programma ha una struttura tripartita. Nella prima parte affrontiamo la strettissima attualità, attraverso il contributo degli ospiti e dei servizi. Una seconda parte approfondisce un tema specifico, che ci consente di capire bene il tema trattato, e una terza, un po’ più leggera, in cui affronteremo argomenti del nostro quotidiano, che stanno a cuore un po’ a tutti, di cui tutti parlano.

… un viaggio nella contemporaneità…

È l’esperienza più difficile ed entusiasmante. Allo stesso tempo, se si considera la cornice del Servizio Pubblico, c’è anche una responsabilità in più, perché bisogna raccontare garantendo il massimo della professionalità e del pluralismo, la partecipazione di tutte le voci. Ci mettiamo in una sfida non facile ma c’è l’entusiasmo, un carburante che consente di allenare i muscoli dello stupore e della curiosità.

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I 100 anni del Servizio Pubblico

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La Rai li ha festeggiati il 5 e il 6 ottobre al Palazzo dei Congressi di Roma

ROMA 05 OTTOBRE 2024 CENTO ANNI DI SERVIZIO PUBBLICO.
NELLA FOTO GUIDO IANNUZZI – GIAMPAOLO ROSSI – ROBERTO SERGIO – LUCIA BORGONZONI – SIMONA AGNES – DAVIDE DI PIETRO

Un viaggio musicale e multimediale fra le sigle delle trasmissioni che hanno segnato la storia del Servizio Pubblico, grazie all’esecuzione dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, la proiezione in anteprima di “Nato il 6 ottobre, docufilm di Pupi Avati (in onda martedì 8 ottobre su Rai 1), l’inaugurazione del gruppo scultoreo Unum/Omnia ideato da Guido Iannuzzi, artista e dipendente Rai, per celebrare il centenario. All’evento di sabato 5, condotto nell’Auditorium del Palazzo dei Congressi dell’Eur a Roma da Francesca Fialdini alla presenza dei nuovi vertici della Rai, ha fatto seguito domenica 6 la trasmissione televisiva “Cento”, con Carlo Conti, in on onda in diretta su Rai 1 e ora disponibile su RaiPlay.

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FRANCESCA FIALDINI

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Appassionata delle vite degli altri

La curiosità e l’empatia, il desiderio di condivisione e la volontà di connettere persone di generazioni diverse. Con “Le Ragazze” (il martedì in prima serata su Rai 3) e “Da noi… a ruota libera” (la domenica pomeriggio su Rai 1), la conduttrice racconta la nostra vita e il Paese

“Le Ragazze”, Francesca Fialdini,2023

Un viaggio nell’universo femminile alla scoperta di storie, di vite, di emozioni. Cosa rappresenta per te “Le Ragazze” e come sta crescendo il tuo rapporto con la trasmissione?

“Le Ragazze” è un programma che parla dell’Italia e di come è cambiato il volto del Paese, grazie anche al piccolo-grande contributo che ciascuna delle nostre protagoniste ha dato a questo cambiamento. È una trasformazione che a volte è all’insegna dell’emancipazione femminile, perché ci sono delle donne che sono state protagoniste assolute, a volte apripista per altre nella battaglia per i diritti, ci sono donne invece che, semplicemente rimanendo nel proprio contesto familiare e locale, contribuendo a far sì che quel luogo dove sono nate e cresciute crescesse, si evolvesse grazie al loro lavoro, hanno lasciato un ricordo indelebile nelle generazioni della loro famiglia. Mettere insieme i racconti della ciambellaia di Sora, della pastora di Bagolino, a quelli di Elisabetta Canitano, una ginecologa che già negli anni Settanta si dedicava la legge 194, di Simona Marchini che conosciamo tutti per il grande talento comico, oppure  di Oriella Dorella, che è stata una étoile amata da tutti e che ha avvicinato gli italiani alla danza classica grazie al suo contributo televisivo – era una Bolle ante litteram – mettere insieme queste storie, questi racconti, significa tessere con ago e filo il volto femminile dell’Italia del nostro Paese. Per me, oltre a essere emozionante, è anche una grande lezione, un grande insegnamento. È come stare dentro un libro di storia.

“Le Ragazze” presenta donne tra loro anche molto diverse per storia, estrazione sociale, opinioni, c’è un tratto che le accomuna?

Forse sono delle linee immaginarie, i tratti che uniscono di volta in volta le storie li può trovare liberamente lo spettatore in base da ciò che viene colpito. C’è una puntata dove ci sono insieme la scrittrice Sveva Casati Modignani e una postina, una delle prime postine italiane, di Morcellina, in Veneto. Cosa le lega? Le parole scritte, il fatto che una le usi per scrivere romanzi di grande successo e che l’altra queste parole le consegni fisicamente dentro le case delle persone e le porti sotto forma di lettera, di cartolina. Potrebbero esserci anche altri elementi di contatto, a partire dal modo in cui hanno vissuto i sentimenti.

Come le ragazze di ieri parlano a quelle di oggi?

Si tratta di prendere atto che c’è una distanza abissale fra le donne del Novecento e le donne di adesso. C’è una distanza data ovviamente dal progresso sociale, da questi settant’anni di pace che ci dividono da quelle guerre mondiali che alcune di loro raccontano ancora con l’orrore negli occhi. Ma è dovuta anche al progresso tecnologico che ha separato le persone, ne ha unite tante a livello di connessioni digitali, ma tante altre ne ha separate. È cresciuto un forte individualismo, quindi le ragazze di oggi ascoltando le storie di allora, di queste nonne, di queste mamme, possono imparare che cosa significa stare dentro una società che conosce la collettività, il valore di fare le cose per gli altri e con gli altri. Cosa vuol dire fare delle battaglie sociali che possano cambiare non solo la propria vita ma anche quella di chi ci circonda, fare magari alle volte anche delle battaglie generazionali. E questo è importante perché l’individualismo ci sta allontanando anche dai sentimenti, purtroppo l’attualità ce lo racconta. Ascoltare la vita delle ragazze per me significa recuperare un po’ il senso della collettività, di una società che sapeva fare delle battaglie per il bene di tutti.

Che ragazza è Francesca Fialdini?

Appassionata delle vite degli altri, altrimenti avrei scelto un mestiere diverso. E sono una ragazza forse molto novecentesca, molto analogica. La distanza che in qualche maniera mi separa, da un punto di vista emotivo dalle nuove generazioni, mi fa guardare a loro con grande tenerezza, Tendo sempre ad assolvere le ragazze di adesso, perché in fondo siamo noi che abbiamo consegnato loro questo mondo frammentato e che conosce più divisioni che unità. In questo senso più che una ragazza mi sento una sorella maggiore, una mamma putativa, che con il suo lavoro può tentare quantomeno di destare un po’ d’attenzione.

Chi sono le ragazze della tua vita?

Mia nonna Giannina, che ha 97 anni e che è scampata più volte alle fucilazioni tedesche durante la Seconda guerra mondiale, e che ancora oggi quando mi vede mi dice: “Se sono ancora qui dopo tutto quello che ho patito, allora forse arrivo a cent’anni”. Lei è un po’ la memoria storica della nostra famiglia. E poi c’è la mia mamma, che è stata ed è ancora oggi una donna agli antipodi rispetto a mia nonna, perché è proprio una figlia del 1968. È stata prima segretaria della CGIL a Carrara, quindi una delle prime donne segretario di partito con i DS. Una donna impegnata nel sociale e in politica che ha cercato con grande fatica, e si fa fatica ancora oggi, a tenere insieme lavoro e famiglia. Devo ringraziare lei e tutte quelle donne che si sono spese per cambiare le nostre vite, anche se rimane ancora tanta strada da fare.

Prima il ritorno con “Da noi a ruota libera”, ora con “Le Ragazze”, come vivi questa fase della tua carriera?

Molto bene, perché sono molto felice dei programmi che faccio. Tutti portano qualcosa che per me è un tratto profondamente umano.

Sei un’esperta intervistatrice, come ti senti nel ruolo dell’intervistata?

A disagio, profondamente a disagio (sorride).

Ti chiedo per un istante di “sdoppiare” il tuo ruolo, c’è una domanda che faresti a Francesca Fialdini?

Sai mantenere le promesse?

Che risposta darebbe Francesca?

Mi impegno sempre molto per essere all’altezza della parola che do. E quando non ci riesco… mi dico: “Ritenta, riprova. Sarai più fortunata” (sorride). Mi autoassolvo. Ma sai perché? Quando ci sentiamo traditi nelle aspettative, in fondo l’errore più grande lo facciamo noi, che quelle aspettative le abbiamo nutrite come piantine. E invece bisogna imparare a vivere senza aspettarsi nulla in cambio.

La domenica pomeriggio ti vediamo spesso giocare con i tuoi ospiti, li vediamo divertirsi, cosa c’è che ti fa divertire, che ti fa stare bene?

Le vacanze, un tempo vissuto senza preoccupazioni, senza deadline, senza consegne immediate, dove ti puoi permettere una condivisione fatta anche di tanti silenzi. Il tempo è il lusso più grande che abbiamo, quando lo abbiamo, per scegliere a chi dedicarlo, come viverlo, come riempirlo, per dargli valore. Quindi per me le vacanze sono occasioni di scoperta di sé, degli altri, di condivisione, di fare esperienza insieme. Il tempo va usato bene.

La televisione sta cambiando insieme alla società, cosa ne pensi della Tv di oggi?

In questo momento la televisione, soprattutto quella generalista, non può che essere in forte difficoltà, vedendo la sfida epocale che sta attraversando con le nuove tecnologie. Ci stanno cambiando l’immaginario, l’arrivo dell’intelligenza artificiale renderà forse tutto così obsoleto, compreso il mio ruolo, che non può che essere un momento di passaggio. Credo che dobbiamo fare leva principalmente sulle risorse umane, finché hanno ancora un senso, affinché quello che di umano c’è nei nostri racconti possa essere preservato come valore. La televisione non è i social,  la televisione non è il web, quindi dovrebbe essere un pochino più fedele a se stessa per non farsi travolgere più velocemente di quanto già non stia accadendo dalla trasformazione tecnologica e valoriale che è in corso.

C’è un personaggio televisivo che ti ha fatto capire che il giornalismo e la televisione sarebbero stati la tua strada?

In realtà mi sono innamorata di questo mestiere quando ero piccolissima, perché nella mia testa di bambina di otto anni pensavo al lavoro di giornalista e di fotoreporter e che sarei stata proiettata in luoghi lontani e sarei andata a raccontarli a chi quei luoghi li aveva dimenticati. Da un punto di vista televisivo ho sempre apprezzato Lilli Gruber, che sta al giornalismo come Raffaella Carrà sta all’intrattenimento. Lilli ha portato la modernità, le minigonne, il chiodo, il caschetto rosso fuoco in prima serata, nel Tg della sera. Ed è stato un momento di rottura fortissimo, ha dato un’immagine di donna emancipata, indipendente, sicura di sé e autorevole. E così mi sono detta: quella è la strada, la direzione. Essere una donna, una conduttrice preparata, sicura di sé, è che deve studiare per essere autorevole, per guadagnarsi quello che la vita le insegna.

Il tuo augurio al Servizio Pubblico radiotelevisivo…

Di essere fedele al Servizio Pubblico radiotelevisivo.

 

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RENZO ARBORE

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Dagli anni Sessanta la sua storia di autore e conduttore rivoluzionario e quella della Rai vanno di pari passo. Il suo nome è sinonimo di creatività, ironia e fantasia, i suoi programmi hanno contribuito a una narrazione mai scontata della contemporaneità. Da “Bandiera Gialla” ad “Alto Gradimento”, da “L’altra domenica” a “Quelli della notte” e ancora “D.O.C.”, “Indietro tutta”, “Il caso Sanremo”, i suoi format radiofonici e televisivi hanno accompagnato l’evoluzione del Servizio Pubblico

 

Cosa fece accendere la sua passione per la radio?

L’ascolto, io ero solo un bambino. Costruii anche una radio a galena, che conservo ancora, che mi permetteva di ricevere emittenti da tutto il mondo, non si capiva nemmeno da dove venissero (sorride). La ascoltavo con le cuffie che avevano lasciato gli americani. Sentivamo anche la radio della Rai, quella dei “I quattro moschettieri”, il più grande successo nella storia di Radio Rai insieme ad “Alto Gradimento”  (programma di Arbore, Gianni Boncompagni, Giorgio Bracardi e Mario Marenco). “I quattro moschettieri” fermava l’Italia, gli ascoltatori si divertivano a collezionare le figurine legate al concorso promosso dal programma, la più ricercata era quella del Feroce Saladino, e poi c’erano le canzoni, i dischi.

Com’era la radio prima di Renzo Arbore?

Una radio molto antica, annunciata da annunciatrici e annunciatori, non si parlava il linguaggio corrente, non era a disposizione del pubblico, come poi sarebbe diventata con “Chiamate Roma 3131”. Era una radio molto scritta e controllata dai direttori. Le canzoni dovevano essere scelte da una commissione d’ascolto di maestri programmatori, che era molto severa, non c’erano i dj, ma veri e propri presentatori. Io feci il concorso per maestro programmatore, arrivai al primo posto, è cominciato tutto cosi…

Il suo arrivo a Roma, il debutto. Che ricordo ha di quel 1965 quando varcò l’ingresso del palazzo di Via Asiago?

Ricordo un’emozione indescrivibile. Avevo mitizzato la radio, la sede di via Asiago, il primo ingresso fu straordinario. Quel luogo è stato una tappa importante per tantissimi personaggi che hanno fatto spettacolo, è stata una fucina di talenti straordinaria. Quando entrai c’erano ancora i tecnici in camice bianco, c’era l’intendente di palazzo, era una storia molto romantica su cui io e Boncompagni abbiamo scherzato molto. A quel palazzo sono molto legato.

Con il 1965 lei e Boncompagni inventaste “Bandiera Gialla”, che portò una vera e propria rivoluzione…

Fummo autorizzati da un gruppo di dirigenti, capitanati dal professor Leone Piccioni, un uomo modernissimo, a mettere la musica che ci piaceva, evitando il filtro della commissione di ascolto, fu un passo determinante per ringiovanire la radio. In seguito all’avvento della Tv nel decennio precedente la radio era decisamente invecchiata, veniva ascoltata da coloro che non avevano la televisione e non era diversa da quella che seguivo da bambino. “Bandiera Gialla”, grazie anche all’invenzione dei transistor che aveva fatto aumentare il numero degli apparecchi in uso, diventò appannaggio dei giovani. Da lì a poco mi fecero fare un programma giornaliero che si chiamava “Per voi giovani”, la prima occasione in cui alla radio si utilizzò la parola giovani per indicare la fascia d’età tra i ragazzi, quelli con i pantaloni corti, e gli uomini, con i pantaloni lunghi.

Nel 1969 con “Speciale per voi” la “rivoluzione” arrivò in Tv. Erano i giovani a intervistare i loro idoli…

Ho fatto un programma in cui tutti erano liberi di dire la loro, sulle canzoni, sugli artisti. Un incontro con la musica e i musicisti senza censure. È un’antologia meravigliosa dei personaggi dell’epoca, lì hanno debuttato Lucio Battisti, Patty Pravo, l’Equipe 84, ma anche Sergio Endrigo, Gino Paoli, Claudio Baglioni.

Come rispose il pubblico?

Non sono io a doverlo dire (sorride). Fummo accettati, fui annotato come grande esperto di musica pop, che andava dal jazz alle canzoni brasiliane, dalle canzoni beat a quelle napoletane, che in qualche maniera contrabbandavo per la passione che avevo. C’è un libro bellissimo di Massimo Emanuelli, “L’avventurosa storia della radio pubblica italiana” che ben racconta quel periodo, in cui alcuni di noi divennero idoli dei ragazzi. Decidevamo i cantanti, le mode, i dischi che si dovevano comprare.

Nel 1970 arrivò “Alto gradimento”, programma definito da molti uno spartiacque… come nascono le rivoluzioni?

Ero stato mandato via da “Per voi giovani”, programma che avevo inventato, perché non ero cattocomunista. In quegli anni la radio era molto politicizzata, come del resto tutta la vita. Andai a lamentarmi dal direttore di allora, Giuseppe Antonelli, che mi diede uno spazio all’ora di pranzo, dicendomi che potevo fare ciò che volevo. Chiamai Boncompagni, che era un po’ stufo di fare “Chiamate Roma 3131”, ottima trasmissione che coinvolgeva il pubblico da casa ma che raccontava spesso malanni, era un po’ un confessionale, e insieme pensammo di fare un programma che non avesse né capo né coda, un nuovo modo per parlare di dischi, di musica. Cominciammo con un disco di rumori, e piano piano diventò una trasmissione matta, completamente fuori ordinanza, rivoluzionaria, alla quale si sono ispirati tutti. Erano tutte invenzioni di fantasia, per merito anche di coautori come Giorgio Bracardi, che aveva inventato un uccellaccio curiosissimo, lo Scarpantibus, o Mario Marenco, che inventò il Comandante Raimundo Navarro (astronauta spagnolo dimenticato in orbita), tutte cose surreali. Oggi qualcosa di simile lo ascoltiamo nel programma di Lillo e Greg.

Era ed è più complesso innovare in radio o in tv?

Credo che in radio si possa innovare molto, è meno scrutata dai critici e dagli haters, poi la tecnologia consente di dialogare con facilità con il pubblico che ascolta. La tv è più pericolosa.

Ha spesso chiuso i suoi programmi quando erano nel pieno del successo, pensiamo a “Quelli della notte”, a “Indietro tutta”, perché?

Mi sono accorto adesso di non essere un autore televisivo tradizionale. L’autore fa una cosa e poi se la mantiene e se la porta avanti per tutta la vita. Io, invece, sono un regista, come un regista cinematografico. Faccio un film, ha successo, ho detto la mia con quel film radiofonico o televisivo, e poi passo a un’altra idea. Sono un ideatore di programmi. Lo dissi molti anni fa al primo talk show di Maurizio Costanzo, insieme a Pippo Baudo e a Corrado. Ho ideato 21 format alla tv, altri alla radio, calcolando anche il programma “Tagli, ritagli e frattaglie” con Luciano De Crescenzo, “D.O.C.”, “Telepatria International”, “Il Caso Sanremo”, con Lino Banfi e Michele Mirabella. Oggi faccio programmi come “Appresso alla musica” con Gegé Telesforo, su cose del passato che non vanno dimenticate. Dobbiamo conservare le cose eterne, non quelle usa e getta. Quelle che meritano di essere conservate servono per andare avanti, per imparare. Visto che pochi usano Internet come una grande palestra, è giusto che ci sia qualche palestra in radio e in televisione.

Lei e Gianni Boncompagni avete più volte sparigliato le carte e sempre con sorriso e ironia, come raccontereste, insieme in un programma, questo 2024, il nostro oggi?

No, lui era distruttivo. Direbbe “no, no. Per carità, è una bischerata”. Boncompagni era sempre molto critico, amava molto la tecnologia, era affascinato da Internet, lo avrebbe studiato sempre di più.

70 di tv, 100 di radio, il suo augurio al Servizio Pubblico…

Quello di avere altri 100 anni di successi e di fare molta attenzione alle cose che succedono. Ma anche di essere attento ai nuovi talenti, del giornalismo come dell’intrattenimento. Io ho fatto il talent scout, molti altri lo hanno fatto, penso ad esempio a Claudio Cecchetto. La Rai dovrebbe avere un’attenzione particolare ai nuovi talenti. Per la verità qualcosa si è mosso, penso a Stefano De Martino, al quale faccio molti auguri perché mi sembra un’ottima conquista.

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DETECTIVES

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Casi risolti e irrisolti, indagini in corso

È partita domenica in seconda serata Rai 3 la terza stagione del programma true crime di Rai Approfondimento condotto da Pino Rinaldi, realizzato in collaborazione con la Polizia di Stato. Protagonisti del racconto sono gli investigatori della Polizia di Stato, che hanno seguito in prima persona i casi più controversi e complessi di cronaca nera, analizzando i documenti delle indagini. “Casi risolti”, che hanno tenuto con il fiato sospeso gli italiani e “irrisolti”, che ancora aspettano di dare un volto all’assassino

Nella terza stagione è prevista la novità della presenza in studio di due eccellenze in ambito criminologico accademico, che analizzeranno i casi trattati: la professoressa Anna Maria Giannini (Criminologia Forense, Università Sapienza di Roma) ed il professor Arije Antinori (Criminologia e Sociologia della Devianza, Università Sapienza di Roma). Sei nuove puntate attraverso i “delitti della porta accanto”, con una trama narrativa avvincente, ripercorrendo le indagini attraverso i documenti originali, il racconto dei testimoni, la ricostruzione dei fatti, utilizzando materiali inediti audio, video, fotografici. Un racconto ancorato ai fatti, con la collaborazione della Polizia di Stato che rende il programma un’assoluta novità nel panorama della “crime tv” italiana: un viaggio nelle tenebre dei casi giudiziari e criminali più controversi, un’occasione per il pubblico, che avrà la possibilità di conoscere da vicino il lavoro dei poliziotti quotidianamente impegnati nella lotta al crimine.

Un racconto ancorato ai fatti…

Questo programma realizza un po’ quello che era il mio sogno quando lavoravo a “Chi l’ha visto?”, fare crime watch in Italia. Con “Detectives” ci sono riuscito perché è un progetto che la Polizia di Stato fa con la Rai, un connubio secondo me fondamentale per capire e far capire, per cercare di risolvere qualcosa che ancora non ha trovato una soluzione. Ha una potenzialità straordinaria, noi stiamo lavorando perché, nell’orizzonte dei programmi che si occupano di crime, potrebbe dare informazioni corrette e soprattutto fornire materiale straordinario che potrebbe effettivamente far capire meglio alle persone oltre al “cosa è accaduto”, il perché.

Giunto alla terza stagione, qual è la sfida principale?

Mantere sempre altissimo il livello qualitativo, raccogliere senza mezzi strumenti, senza furbate, l’interesse del grande pubblico.

Come si collabora con le Forze dell’Ordine?

Ho iniziato a lavorare tanti anni fa, a occuparmi di cronaca nera e all’epoca la Polizia e i Carabinieri parlavano ai giornalisti soltanto se c’era stata la brillante operazione. Già allora pensavo “così è troppo comodo” (sorride). Dopo tanti anni, sono riuscito a collaborare con le Forze dell’ordine in maniera proficua, la Polizia ha creduto in me e nel mio desiderio di far raccontare in tv i casi irrisolti, che per loro potevano anche essere letti come un fallimento. Nel tempo, quidni, la maturità della Polizia, di chi opera nelle squadre mobili o nella sezione omicidi in particolare, è cresciuta enormemente, è stato costruito un atteggiamento costruttivo, non legato a logiche di potere o di immagine. L’obiettivo per tutte queste persone è risolvere un caso, non fermarsi alle difficoltà, ma continuare a provarci, a raccogliere testimonianze, sfruttando al meglio lo sviluppo delle tecniche investigative, che all’epoca ci sognavamo. Recentemente ho scritto un libro sul Mostro di Firenze e posso tranquillamente dire che se agisse oggi, dopo il mezzo delitto sarebbe dentro, proprio perché la scienza ha dato un contributo fondamentale alle indagini.

Quale fotografia restituisce del nostro Paese la cronaca nera?

Un’immagine drammaticamente reale. Quello che mi dispiace è quando i mass media, alcune trasmissioni, alcuni giornalisti, producono una narrazione completamente falsa, abbracciando una tesi rispetto a un’altra, facendo i processi prima del dovuto, magari senza leggere le carte. Questo, secondo me, è un grandissimo limite perché si ha il dovere di informare le persone, che non hanno la nostra possibilità di arrivare ai documenti ufficiali, utilizzando esclusivamente dati reali.

 

Nelle prossime puntate…

 Il caso Lavinia Ailoaiei (domenica 6 ottobre)

L’8 settembre 2013 viene ritrovato il cadavere di una donna nuda nelle campagne di San Martino in Strada, attorno al collo due fascette autobloccanti. Si tratta di una giovane romena di diciotto anni, Lavinia Ailoaiei. Sul luogo del ritrovamento del corpo la prima traccia è un asciugamano con la sigla di un motel. Le indagini della Squadra Mobile di Lodi partono da questo elemento… Pino Rinaldi e il Dr. Alessandro Giuseppe Battista, Vice Questore della Polizia di Stato, ripercorreranno assieme le indagini che hanno portato alla cattura dell’omicida.

Il caso Francesca Moretti (domenica 13 ottobre)

Un intricato mistero che dura ormai da ventiquattro anni. Francesca Moretti vive a Roma insieme a due coinquiline in un appartamento nel quartiere di San Lorenzo. Da giorni è afflitta da una terribile lombosciatalgia, che la costringe a rimanere in casa. Il pomeriggio del 22 febbraio del 2000 le sue condizioni di salute precipitano e viene ricoverata d’urgenza in ospedale, dove morirà alcune ore più tardi. L’autopsia rivelerà che è stata avvelenata con una potente dose di cianuro. Indagini difficili. Al termine del processo la coinquilina, che secondo l’accusa aveva versato un veleno nella minestra, verrà assolta.

Il caso Roberto Klinger (domenica 20 ottobre)

Roberto Klinger, noto diabetologo e medico sociale della “Grande Inter” di Helenio Herrera, ha sessantasette anni quando viene freddato a colpi di pistola sotto casa, in via Muratori a Milano. È la mattina del 18 febbraio 1992. Le prime indagini si concentrano su un altro medico, che in qualità di paziente aveva avuto dei problemi con la clinica nella quale Klinger lavorava. Nel 1995 verrà prosciolto. Tante le ipotesi, ma l’unica cosa certa è che, ad oggi, quello del medico della “Grande Inter” resta un delitto insoluto.

Il caso Mahtab Savoji (domenica 27 ottobre)

Il 28 gennaio 2014 dalle acque del Lido di Venezia affiora il corpo senza vita di Mahtab Savoji, una ventisettenne di origine iraniana, studentessa all’Accademia di Brera, a Milano. La ragazza divideva un appartamento con una coppia. Dalle indagini emergono spostamenti sospetti, fatti proprio dai due fidanzati indiani il giorno precedente al ritrovamento del corpo. La coppia era stata ripresa dalle telecamere di diverse stazioni ferroviarie mentre trascinava un grande trolley nero. Un viaggio dell’orrore, alla ricerca di un luogo dove occultare il cadavere della giovane donna iraniana.

Il caso Giusy Potenza (domenica 3 novembre)

Il 13 novembre 2004, alle cinque del mattino, viene trovato il corpo senza vita di una giovane ragazza di quattordici anni sulla spiaggia di Manfredonia. I pantaloni sono abbassati, la testa fracassata. La ragazza si chiama Giusy Potenza, a ritrovare il corpo, dopo una notte di ricerche, sono i genitori aiutati da alcuni amici. Un mese dopo la polizia ferma un uomo con lo stesso cognome della vittima, un cugino del padre, Giovanni Potenza, che Giusy chiamava “zio”. L’uomo, confessa il delitto, l’ha uccisa perché voleva rivelare a sua moglie la loro storia. Nel 2006 Giovanni Potenza viene condannato a trenta anni di carcere.

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MARIA GIOVANNA ELMI

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Signore e Signori Buonasera

La popolare presentatrice e indimenticata “signorina buonasera”, sui teleschermi della Rai dal 1968, ripercorre con il Radiocorriere Tv, annuncio dopo annuncio, una carriera straordinaria nel segno del Servizio Pubblico

Un annuncio indimenticabile che la lega ai 70 anni della tv e ai 100 della radio?

Quello che farò tra poco al Radiocorriere Tv su queste date importantissime (disponibile anche sui social del nostro giornale). Davvero un’emozione. Nella mia vita ho fatto sempre annunci, anche a Natale e a Capodanno. Alla mezzanotte del 31 dicembre era bello condividere le lenticchie che portava uno dei tecnici o lo spumantino che ci dava la Rai per fare il brindisi e farci gli auguri.  Sono stati momenti belli, perché ho amato molto il mio lavoro.

Nel 1981 un sondaggio la incoronò “La più amata delle annunciatrici”. Come accolse quel risultato?

Con emozione e soddisfazione. Il sondaggio della Doxa per la trasmissione “Flash” condotta da Mike Bongiorno su Rai 1 mi attribuì un gradimento del 40 per cento. Risultato confermato qualche anno più tardi, nel 1986, dal sondaggio per la trasmissione “Pentatlon” di Mike Bongiorno su Canale 5. In quel caso venni definita “La più amata tra le annunciatrici della Rai e delle reti Fininvest”. Fu pazzesco, io fui contentissima. Poi, nel 1991, su Rai 1, Pippo Baudo, condusse la trasmissione “1 su 100” dove si cercavano i personaggi più amati dello spettacolo. All’ultima puntata, mi trovai tra i primi dieci nomi, unica donna insieme a Loretta Goggi. Questo mi lusingò, mi fece un immenso piacere perché era la dimostrazione del grande affetto che mi è sempre arrivato dal pubblico.

Lei ha amato anche tanto la radio…

Ricordo che mi affidarono il registratore portatile della Rai: il “NAGRA 3 ” e mi mandarono a fare interviste per vari programmi, riuscii a intervistare personaggi come Sammy Davis Jr., Gilbert Becaud, e Tony Curtis. Inoltre, mi chiesero di presentare in diretta da via Asiago, la trasmissione radio delle 6 del mattino.  Arrivavano lettere da parte del pubblico, in quantità industriale. Oggi sarebbero stati messaggi social ed e-mail. A scrivere erano le persone che si svegliavano molto presto per andare a lavorare, ed erano tantissime. Poi mi proposero, sempre per la radio, di condurre la trasmissione “Salve Ragazzi”. Si trattava di raggiungere le sedi militari dell’Aereonautica o della Marina o ancora degli alpini in cui i ragazzi svolgevano il loro servizio militare, in quegli anni obbligatorio. Sono stata a bordo di un incrociatore lanciamissili e di un sommergibile. Per salire a bordo degli aerei mi dissero che avrei dovuto superare una visita all’istituto di medicina legale. Lo feci e risultai idonea. Da quel momento riuscii a fare interviste sul Grumman Albatross (aereo anfibio), su di un elicottero, ma soprattutto su un Fiat G 91 T dell’Aeronautica militare dove ho potuto condividere “cabrate” ma anche un “looping”. Per questa occasione, nella base di Pratica di Mare, mi hanno dato la tuta “anti G” del Generale Remondino appena andato in pensione. Credo di essere stata la prima donna che ha volato su un reattore militare. Quando scesi tutti pensarono che fossi distrutta, invece ero pallida ma contenta. Era un fare radio dinamico, reale, anche coraggioso.

Nel 1972 lei fece direttamente il provino per lavorare alla televisione a colori. Come visse quel cambiamento?

Con molta curiosità. Il mio lavoro era lo stesso della tv in bianco e nero. Tecnicamente ci dicevano di non mettere abiti bianchi, perché “il bianco spara”. L’ho vissuta come una cosa bella davvero.

Quale annuncio le ha suscitato le emozioni più forti?

 

L’emozione non è mai mancata.  Imparavo tutto a memoria, per cui se c’erano i famosi “riassunti delle puntate precedenti”, io mi preparavo studiando ogni episodio del teleromanzo e riuscivo, per così dire, a raccontare il tutto.  Una volta sentii un gran rumore nello studio accanto, dal quale stava andando in onda la collega Rosanna Vaudetti sull’altra rete, e pensai che fosse caduta. Non era successo nulla ma temetti di perdere il filo del discorso. Emozione o spavento come al solito, solo miei. Infatti, non se ne accorse nessuno. Le emozioni sono state forti anche in occasione dei programmi televisivi che ho condotto da Sanremo nel 1977 con Mike Bongiorno, a Sanremo 1978 dove ho aperto la serata da sola; per i programmi per ragazzi come “il Dirigibile ” sia con Tony Santagata che con Mal e “Buonasera con .. Tarzan-Superman-La famiglia Adams-e-Atlas Ufo Robot”. Poi ancora i dieci anni di “Sereno Variabile” condotta insieme a Osvaldo Bevilacqua. Per questa trasmissione ho intervistato perfino Silvester Stallone nel deserto israeliano dove girava “Rambo 3”.

Com’era il rapporto con le altre annunciatrici della Rai?

Buonissimo. Con Roberta Gusti è stato bellissimo, non avendo figli eravamo molto più libere e nonostante i turni riuscivamo a vederci fuori dal lavoro. Ma il rapporto era ottimo anche con Nicoletta Orsomando, Mariolina Cannuli, Gabriella Farinon e Rosanna Vaudetti con la quale ho anche lavorato negli ultimi anni nella trasmissione di Pier Luigi Diaco “Bella Mà” su Rai 2, per lo spazio “La posta del cuore”. Un’altra bellissima esperienza in Rai. Quale sarà la prossima?

Ci annuncia l’evento del 6 ottobre di Rai 100?

Signore e signori, su Rai 1, in diretta dal Palazzo dei Congressi di Roma, Carlo Conti presenta “Cento”, una grande celebrazione televisiva dei 100 anni del Servizio Pubblico radiotelevisivo.

 

 

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Lo Stato delle Cose

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Massimo Giletti riparte conduce il nuovo programma di Rai Cultura, in onda da lunedì 30 settembre in prima serata su Rai 3

Lo Stato delle Cose” racconta la complessità dello spazio e del tempo in cui viviamo, per dare ai telespettatori la possibilità di leggere la realtà da una diversa prospettiva, per fare il punto su “lo stato delle cose” per quello che è e non per quello che appare. Lo stile del programma è firmato da Massimo Giletti. I fatti, le questioni e le storie che sono al centro del dibattito pubblico verranno sempre affrontati con ospiti, linguaggi e temperature diverse, mettendo sempre in contatto l’alto e il basso, la destra e la sinistra, il centro e la periferia del mondo. Tra “le cose” del programma i “faccia a faccia” del giornalista con i nomi più prestigiosi della scena politica e della società italiana: domande dirette, per informare e capire. Non solo “faccia a faccia” ma anche “confronti”. Alcuni protagonisti della nostra contemporaneità saranno chiamati a “sfidarsi” sui temi più urgenti dell’attualità, partendo ciascuno dal proprio punto di vista daranno vita ad un vero e proprio “duello” tra idee diverse e contrapposte visioni del mondo. Lo spettacolo, la musica, il cinema, la letteratura saranno sempre presenti all’interno del programma: cantanti, attori, scrittori entreranno in contrappunto rispetto ai temi affrontati, giocando un ruolo colto e leggero. Non mancheranno i collegamenti in diretta dalle piazze italiane e i racconti immersivi del nostro Paese. La realtà, anche quella locale erroneamente percepita come minore, conquisterà il primo piano del programma. Le notizie e i fatti saranno raccontati attraverso il modello narrativo del reportage, che vedrà protagonisti i cittadini che denunciano, chiedono risposte, vogliono partecipare attivamente alla vita pubblica.

 

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