EDOARDO SYLOS LABINI

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D’Annunzio: un viaggio nel Vittoriale per una vita inimitabile

 

L’attore, accompagnato dalle musiche di Sergio Colicchio, guiderà il pubblico in un viaggio tra vita, amori, politica e opere di uno dei protagonisti più affascinanti della nostra storia e della nostra letteratura. In onda su RaiPlay il 10 settembre alle 21.10. Su Rai 3 il 12 settembre alle 23.15

 

Dove nasce la sua passione per D’Annunzio?

Io D’Annunzio lo interpreto da dieci anni, da quando il presidente del Vittoriale, Giordano Bruno Guerri mi chiese di farlo. Ho perso i capelli per fare D’Annunzio, quindi l’ho studiato molto e lo conosco molto bene. È una vita, come diceva lui con la famosa frase “il mio vivere è inevitabile”: è difficile incasellarlo perché ha avuto una vita incredibile ed eclettica. È stato un grande poeta, un grande amatore, un soldato, un eroe della guerra e ha lasciato un segno profondo negli italiani, non solo per l’impresa di Fiume che ha avuto un respiro europeo, ma anche per il contributo alla cultura e alla politica italiana tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo.

Lo spettacolo si svolge sulla nave Puglia del Vittoriale. Cosa rappresenta questa location per lei?

La nave Puglia è stata donata a D’Annunzio dalla Regia Marina quando andò a vivere al Vittoriale, dove costruì il suo monumento. La nave aveva combattuto eroicamente nel mare Adriatico durante la Grande Guerra, e lui la fece incastonare nella collina del Vittoriale. Fare lo spettacolo lì è qualcosa di emozionante, è il coronamento di un percorso di dieci anni: dopo tanto studio e collaborazione con Guerri e il Vittoriale, tornare lì con la diretta Rai ha un grande significato affettivo, è come andare a casa.

Come cerca di restituire, sul palco, la visione di D’Annunzio che fece della propria vita un’opera d’arte?

Come sempre lo faccio anche nella mia attività culturale, non solo nello spettacolo. D’Annunzio per me è stato anche un modello culturale da seguire nell’organizzazione del mio giornale, della mia fondazione, dei festival, delle attività culturali legate all’italianità. Ci dà una grande lezione su come la cultura possa diventare un volano importante per l’italianità.

Come ha intrecciato la dimensione privata e quella pubblica del poeta, in particolare nei suoi grandi amori?

Le donne oggi direbbero subito che era un narcisista, un manipolatore. In realtà seduceva con la parola ed era un grande amatore. I suoi amori erano passionali, vissuti intensamente. Raccontiamo molto il rapporto con Eleonora Duse, e proprio in questi giorni c’è un film sulla Duse a Venezia. Il loro rapporto è importante: lui si lascia sedurre e lei si lascia sfruttare, diventando un connubio tra arte e vita.

Qual è il lascito più attuale di D’Annunzio?

Il lascito più attuale è quello di osare sempre, come diceva il suo famoso motto della Prima Guerra Mondiale: memento audere semper. È un messaggio importante per chi fa attività culturale e artistica, soprattutto oggi dove tutto ciò che è cultura va conquistato. Fare lo spettacolo in diretta su RaiPlay e su Rai 1 significa riportare il teatro e portare il timbro dell’italianità sulla televisione pubblica, facendo servizio pubblico. Questa, secondo me, è la lezione più grande di D’Annunzio.

Quanto è stato importante il dialogo tra parola e musica per raccontarne l’anima?

Tanto, è un po’ il mio linguaggio. Io recito sempre sulla musica, su una partitura musicale, e con il maestro Colicchio, la nostra è diventata una coppia artistica. Per D’Annunzio la musica era molto importante: il suo rapporto con Wagner, per esempio, influenzava il suo concetto di superuomo. Questo racconto sarà quindi “a tempo di musica”.

Che valore ha la scelta della Rai di portare al pubblico spettacoli dedicati a figure centrali della nostra cultura?

È fondamentale per l’immaginario italiano: tutti devono conoscere e riconoscere queste figure. Spesso D’Annunzio è stato studiato poco e circondato da pregiudizi ideologici; la sua poetica e il suo percorso politico erano oggetto di luoghi comuni. Conoscere e raccontare i personaggi è essenziale, e io lo faccio non solo con D’Annunzio, ma con molti altri grandi protagonisti della nostra storia.

“Gabriele d’Annunzio, una vita inimitabile” è uno spettacolo in diretta di Rai Contenuti Digitali e Transmediali, direttore Marcello Ciannamea, con Edoardo Sylos Labini e il maestro Sergio Colicchio, tratto dal programma di Rai Cultura di Edoardo Sylos Labini e Angelo Crespi, “Inimitabili”.

 

 

 

STEFANO BUTTAFUOCO

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Haka, l’urlo dei giovani

 

Partecipazione sociale, lavoro e volontariato sono i temi del nuovo programma in onda dal 21 settembre la domenica alle 13 su Rai 3. «Vogliamo fare avvicinare i giovani alle istituzioni, che hanno progetti per loro spesso non conosciuti – dice il conduttore – cerchiamo di essere un ponte, lo facciamo in modo molto pop, leggero»

 

Un urlo maori per parlare dei giovani (e con i giovani) di oggi. Come nasce “Haka”?

Haka è il nome della danza del popolo maori ed è un simbolo di forza, determinazione e coraggio. Valori promossi dal nostro programma, che ha per protagonisti i ragazzi di oggi, under 35, che hanno bisogno di mettere in campo queste virtù per trovare una strada. È un format in linea con il mio impegno in una programmazione di Servizio Pubblico. Con “Il cacciatore di sogni” ci eravamo occupati soprattutto di inclusione, qui parliamo dell’universo giovanile. Avremo un gruppo di ragazzi in studio, rappresentativi dei giovani di oggi. Vorremmo raccontare i loro sogni, le loro aspettative, le loro paure.

Da dove partite?

Dalle tante opportunità che il Ministro per lo Sport e per i Giovani mette in campo per i ragazzi e che spesso sono poco conosciute. Vorremmo parlare di ragazzi partendo da questi progetti, attraverso testimonianze che abbiamo raccolto in tutta Italia.

Quali sono i progetti?

Il progetto Rete, dedicato all’inserimento lavorativo, il progetto Spazi civici di comunità, rivolto alla creazione di luoghi di aggregazione per lo sport e attività ricreative in maniera gratuita, la Carta Giovani, applicazione digitale che permette di accedere a servizi per l’acquisto di beni a prezzi agevolati, e poi c’è il grande progetto del Servizio Civile Universale. Questi quattro mondi saranno presenti in ogni puntata. Di settimana in settimana faremo vedere i luoghi in cui i progetti si concretizzano, allargando poi il discorso a temi anche più generali che hanno a che fare con l’universo giovanile.

Con “Il cacciatore di sogni” ci hai mostrato come chi parla ai giovani debba prima di tutto imparare ad ascoltare…

L’ascolto è la premessa per poter arrivare a una proposta concreta. “Haka” è un programma ambizioso, che punta a fare avvicinare i giovani alle istituzioni, che hanno progetti per loro spesso non conosciuti. Cerchiamo di essere un ponte, lo facciamo anche in modo molto pop, leggero, perché vogliamo dare informazioni importanti e concrete cercando al tempo stesso di essere “sexy” agli occhi della nostra platea.

Qual è la critica che muovono i giovani nei confronti del mondo delle istituzioni?

… delle istituzioni e delle vecchie generazioni. I ragazzi sentono un muro di diffidenza da parte delle persone più grandi di loro, spesso non si sentono supportati, si sentono soli. È un problema di comunicazione, di mancanza di empatia. I giovani si ritengono spesso vittime di pregiudizi, una sensazione che tende ancora di più ad allontanarli.

Linguaggio ed empatia, qual è il giusto punto d’equilibrio per fare comunicare generazioni tra loro lontane?

Credo che la chiave sia ascoltare per davvero l’interlocutore, proponendo opportunità, strade concrete. Non a caso noi, per non essere demagogici, affrontiamo le tematiche partendo da progetti concreti.

La televisione è ancora lo strumento giusto per parlare a ragazze e ragazzi?

La Tv è sempre più un mezzo che si rivolge a un target di persone adulte. Credo che al di là del dilagare dei social, ci sia una grossa responsabilità degli addetti ai lavori del piccolo schermo che non riescono a proporre temi e progetti editoriali che possano essere d’interesse per la generazione Z. Deve essere ricreato un rapporto di fiducia.

Il sogno professionale del cacciatore di sogni Stefano Buttafuoco…

Quello di fare un contenitore di approfondimento generalista, nazional popolare, per entrare nelle case degli italiani nel segno del servizio pubblico e della qualità, un programma che si rivolga a giovani e meno giovani.

 

SERIE TV

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C’è sempre Un posto al sole

 

Palazzo Palladini ha riaperto le porte ai telespettatori di Rai 3 e RaiPlay. In onda le nuove puntate di uno degli appuntamenti più amati della televisione. Dal lunedì al venerdì alle 20.50

 

Ambientata a Napoli nell’elegante quartiere di Posillipo, la serie, giunta alla 29esima stagione (puntata 6.670 in onda lunedì 1 settembre) racconta le appassionanti vicende degli abitanti di Palazzo Palladini. Nella varietà di caratteri e aspirazioni che esprimono, i protagonisti rendono il racconto sempre ricco e avvincente, fortemente legato a temi sociali importanti e di stringente attualità come la parità di genere e le molestie sessuali sul luogo di lavoro, l’accesso all’istruzione per gli adulti, l’emarginazione e le criticità legate alla sostenibilità sociale e ambientale. Nel racconto attento e originale della nostra società, “Un posto al sole” esprime un mondo valoriale in cui la famiglia assume un ruolo centrale e la condivisione delle difficoltà una rassicurante consuetudine con parenti e amici che formano una solida comunità di affetti. Il consolidato impianto narrativo si articola in un singolare intreccio di generi – romance, comedy e drama – che garantisce da anni un felice esempio di gradimento e fedeltà da parte del pubblico televisivo.

 

IL CAST

 

Alberto Rossi – MICHELE SAVIANI

Germano Bellavia – GUIDO DEL BUE

Luca Turco – NIKOLIN REKA

Luisa Amatucci – SILVIA GRAZIANI

Marina Giulia Cavalli – ORNELLA BRUNI

Marina Tagliaferri – GIULIA POGGI

Marzio Honorato – RENATO POGGI

Michelangelo Tommaso – FILIPPO SARTORI

Nina Soldano – MARINA GIORDANO

Patrizio Rispo – RAFFAELE GIORDANO

Riccardo Polizzy Carbonelli – ROBERTO FERRI

Giorgia Gianetiempo – ROSSELLA GRAZIANI

Miriam Candurro – SERENA CIRILLO

Maurizio Aiello – ALBERTO PALLADINI

Antonella Prisco – MARIELLA ALTIERI

Francesco Vitiello – DIEGO GIORDANO

Vladimir Randazzo – NUNZIO CAMMAROTA

Gina Amarante – MANUELA/MICAELA CIRILLO

Daniela Ioia – ROSA PICARIELLO

Samuele Cavallo – SAMUEL PICCIRILLO

 

NUMERI E CURIOSITA’

 

Il daily-drama italiano più longevo, prodotto dal 1996 a Napoli da Rai Fiction, Fremantle e Centro di Produzione Rai di Napoli, in onda su Rai 3 dal lunedì al venerdì alle ore 20.45, a settembre 2025 conta 6670 episodi. “Un Posto al Sole” è divenuto negli anni un vero e proprio fenomeno di costume: la serie intreccia i temi classici della soap – amori, intrighi, passioni, vendette, gelosie, amicizia – con il vissuto quotidiano e le tematiche sociali. Il successo crescente ne conferma da 29 anni la capacità di restituire uno spaccato della società in cui il grande pubblico può identificarsi. La splendida città di Napoli, con tutte le sue complessità, fa da sfondo alle vicende degli inquilini di Palazzo Palladini, punto di riferimento per gli spettatori italiani e stranieri. In questi 29 anni abbiamo visto: 20 attori principali più 30/35 attori guest ricorrenti

6.670 puntate

130.750 scene girate

180.279 minuti di trasmissione

645.000 foto di scena:

2.678 attori ricorrenti e 9.690 figurazioni speciali

20.600 attori provinati:

124.000 comparse:

130 registi in 29 anni, di cui 8 in carica

200 persone dietro le quinte tra Rai e Fremantle

E ancora…

9905 riunioni di produzione

40 matrimoni (girati e mancati)

29 funerali

5.600 baci

900 schiaffi

60 personaggi arrestati

34 animali

5.508.530 caffè

3.820.000 cestini e pasti

700.000 litri d’acqua

 

 

TIMPERI & SOAVE

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Il nuovo buongiorno di Rai 1 e Tg 1

 

Dall’8 settembre alle 6.30 su Rai 1 debutta “Unomattina News”, appuntamento quotidiano realizzato dalla Direzione Intrattenimento Daytime con il telegiornale. A raccontare i fatti del giorno appena iniziato, in diretta dagli studi di Saxa Rubra a Roma, Tiberio Timperi e Maria Soave. Il Radiocorriere Tv ha incontrato i conduttori

 

TIBERIO TIMPERI

Una nuova avventura, cosa significa per lei far parte di questo progetto?

La considero una dimostrazione di fiducia e di stima da parte dell’azienda nei miei confronti, perché si tratta di una nuova avventura che sta iniziando. Hanno deciso di affidarsi a una persona che, insomma, un po’ di esperienza ce l’ha. La vivo come un riconoscimento di responsabilità. Felice di lavorare con Maria Soave, una professionista di grande esperienza.

Come cambia il suo approccio quando conduce un programma che punta sull’informazione in tempo reale?

Bisogna togliere gli arzigogoli e gli aggettivi. Questo è da sempre il mio modo di fare televisione e, in particolare, di fare giornalismo. Ho iniziato a Telemontecarlo, con Roberto Quintini che è stato il mio primo direttore: lui sosteneva che una notizia potesse essere data senza bisogno di aggettivi, in maniera asciutta, diretta.

Che tipo di rapporto vuole instaurare con il pubblico che si sveglia con voi alle 6.30?

Il pubblico che si sveglia a quell’ora è abituato a un certo tipo di linguaggio, e in qualche modo lo conosco bene. Per diverso tempo, al sabato e alla domenica, ho accompagnato le persone nelle prime ore del mattino, quindi una certa pratica ce l’ho. Con calma, con equilibrio. È un rapporto che ho già sperimentato a lungo nel fine settimana su Rai 1, ed è lo stesso che intendo portare a “Unomattina News”.

Nella sua conduzione ha sempre coniugato professionalità e umanità: come pensa di portare questo equilibrio dentro una trasmissione più “giornalistica”?

Portando semplicemente me stesso. Come sono io. Altrimenti sarebbe finita. È il mio modo di essere, e credo che questa autenticità arrivi anche al pubblico.

Ci saranno ospiti e collegamenti: cosa si aspetta di più da questo confronto con l’Italia reale che entra in studio ogni mattina?

Non lo so, perché è una condizione che si rinnova ogni giorno. Ogni mattina è diversa, e quindi non faccio previsioni. L’unica certezza è che sono confortato dall’avere dal Day Time la massima fiducia, ed essere stato accolto con stima e affetto dagli amici e colleghi del Tg1.

Qual è la sfida più grande nel dare le notizie senza appesantire chi inizia la giornata?

L’ha detto bene: senza appesantirla. Credo che la notizia vada data liscia, pulita, e che poi siano i telespettatori a trarne le considerazioni. Questo è il mio modo di vedere l’informazione e il giornalismo. Non è detto che sia quello giusto, per carità, ma è il mio.

Cosa promette Tiberio al pubblico di Rai 1 che seguirà “Unomattina News”?

La coerenza. E l’onestà.

MARIA SOAVE

Dalle 6.30 in diretta per informare l’Italia che si sveglia. Cosa significa per lei far parte di questo progetto?

È una grande responsabilità: daremo il buongiorno agli italiani nello spirito originale di “Uno Mattina”, nato nel 1986 come primo programma del mattino in Italia, frutto della collaborazione tra Tg1 e Daytime. È un onore far parte di questa storia. Il nostro obiettivo sarà offrire un racconto completo: notizie, meteo, traffico, cronaca dall’Italia e dal mondo, insieme ad approfondimenti sui temi più rilevanti della giornata.

Cambierà l’approccio rispetto a un tradizionale telegiornale?

Non sarà un notiziario, ma un dialogo con il pubblico. Con Tiberio Timperi, professionista e volto della Rai, saremo in uno studio luminoso, con ospiti, e dialogheremo con inviati, corrispondenti Rai all’estero, i colleghi del Tg1 e della Rai.  Sono felice di iniziare questa nuova avventura con Tiberio, i colleghi del Tg1 e gli autori. E con figure di riferimento come Filippo Gaudenzi, che ha guidato fino a ora di “Tg1 Mattina” ed Elsa Di Gati, vicedirettore del Daytime. Ovviamente su tutti i due direttori: Gianmarco Chiocci, direttore del Tg1, e Angelo Mellone, direttore del Daytime. Ci tengo a ringraziarli per la fiducia che mi hanno dato.

Come si inserisce “Unomattina News” nel percorso iniziato con “Tg1 Mattina”?

L’esperienza di “Tg1 Mattina” è iniziata nell’estate del 2023, voluta dal direttore, e ha ottenuto un grande successo: nell’ultimo anno con Micaela Palmieri abbiamo raddoppiato gli ascolti. Ora questo percorso prosegue con “Unomattina News”, in collaborazione con il Daytime, in un mix che unisce l’autorevolezza del Tg1 con la professionalità del Daytime per offrire un racconto completo e vicino al pubblico.

Quale sarà lo stile con cui racconterete l’attualità al pubblico del mattino?

Il nostro compito sarà accompagnare gli italiani fin dalle prime ore del mattino, raccontando quello che è successo nella notte, proiettandoci sulla nuova giornata con l’attualità. Lo faremo con un linguaggio diretto, chiaro e approfondito.

Qual è il segreto per mantenere il contatto con chi guarda da casa?

Non tradire mai la fiducia del pubblico. Il contatto resta forte se quello che dici è documentato, approfondito ed equilibrato. L’informazione di servizio pubblico richiede di essere chiari, ma anche rigorosi. L’autorevolezza non si improvvisa: è nel DNA del Tg1 e della Rai. Per me, che da quasi vent’anni lavoro al Tg1, la responsabilità verso il pubblico è la priorità.

Quanto conta la squadra in un progetto come questo?

Conta tantissimo. L’esperienza al “Tg1 Mattina” mi ha insegnato che un programma nasce sempre da un lavoro collettivo. I servizi, il taglio, le domande, le scelte editoriali: tutto prende forma nelle riunioni, grazie al confronto tra giornalisti, autori e inviati. È lì che si analizza un fatto e lo si ricostruisce insieme, attraverso sensibilità ed esperienze diverse. È questo che dà spessore al racconto e ci permette di evitare la banalità o la semplice chiacchiera riempitiva. Quello che il pubblico vede in onda è sempre frutto della sinergia di squadra.

Cosa promette al pubblico di “Unomattina News”?

Il mio impegno sarà quello di dare notizie e di approfondire i temi rilevanti di cronaca, esteri, economia, società, nel rispetto del pubblico, della storia di “Uno Mattina” e del Tg1, la storia della televisione italiana.

RAI CULTURA

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Tra musica e parole, c’è la Riserva indiana di Massini

 

Dopo tre stagioni di successo il programma di Rai Cultura torna, da lunedì 8 settembre alle 20.15 su Rai3, con venti nuovi appuntamenti

 

 

L’incontro tra la musica e le parole, i monologhi originali di Stefano Massini, gli ospiti che rappresentano il meglio della musica italiana. Da lunedì 8 settembre alle 20.15 torna su Rai 3 il programma di Rai Cultura, che con il suo messaggio di educazione civile ha creato uno spazio unico e importante nel palinsesto televisivo. Nello studio dall’atmosfera raccolta con un pubblico di giovani, gli artisti trovano l’occasione di suonare dal vivo con una band resident e di affrontare tematiche che esulano dai consueti schemi dell’intervista televisiva. “Riserva Indiana” si propone ancora una volta come luogo privilegiato dove lo spettatore può sfuggire alla dittatura dell’immediatezza dei social per riscoprire il tempo rilassato della riflessione, delle storie esemplari, dei temi civili e del coraggio delle idee in un mix felice che non dimentica le regole dell’intrattenimento. Tra gli ospiti Piero Pelù, The Zen Circus, Drusilla, Nina Zilli, Nino Buonocore, Ernia, Alex Britti, Giorgio Poi, Mimì, Eugenio Finardi, Fabri Fibra, Fabrizio Moro, Levante, Cristiano Godano, Venerus, Dente, Riccardo Senigallia e tanti altri.

MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA

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La Rai al Lido

 

Tre le opere italiane firmate Rai Cinema in concorso all’82° Festival della città lagunare. Sono “Sotto le nuvole” di Gianfranco Rosi, “Elisa” di Leonardo Di Costanzo e “Duse” di Pietro Marcello, alle quali si aggiunge “Il mago del Cremlino” di Olivier Assayas, pellicola francese distribuita in Italia da 01

 

Film, film documentari e cortometraggi selezionati nelle diverse sezioni del Festival. Rai Cinema è alla Mostra del Cinema di Venezia con un’offerta ampia e diversificata di 22 opere. «Tre titoli italiani in gara nel Concorso ufficiale e molti altri nelle varie sezioni di questa edizione – afferma Paolo Del Brocco, amministratore delegato di Rai Cinema –. C’è un apparente filo conduttore che sembra accomunare la selezione di quest’anno, ed è la forte attenzione alla persona e alle storie individuali, ricreate all’interno di tempi e spazi diversi, ma sempre tenendo al centro il fattore umano e le diverse vite che da lì prendono forma». Tre i titoli italiani in gara nel Concorso ufficiale, tre proposte di cinema molto diverse. E curiosamente di autori che provengono tutti e tre da una lunga esperienza nel cinema del reale, punto di partenza comune da cui ognuno ha trovato ispirazione per sviluppare la propria visione di cinema, il proprio personale percorso artistico. «In “Sotto le nuvole” Gianfranco Rosi, intreccia ancora una volta con grande maestria storie e suggestioni appartenenti ad un unico paesaggio naturale, dipanando vite e personaggi passati e presenti, tra il mare e il cielo dell’area vesuviana, girate in un sorprendente e bellissimo bianco e nero. Per la prima volta nel Concorso ufficiale, c’è Leonardo Di Costanzo, un altro dei registi che seguiamo da tempo con grande attenzione e ora finalmente riconosciuto tra gli autori più interessanti del nostro cinema. Con “Elisa”, liberamente ispirato agli studi e le conversazioni dei criminologi Adolfo Ceretti e Lorenzo Natali nel saggio “Io volevo ucciderla”, indaga la psicologia profonda di un personaggio femminile, per scandagliarne la mente criminale in un percorso introspettivo che rovescia le impressioni iniziali. Mentre Pietro Marcello con “Duse” ricostruisce, immaginandolo e ricreandolo, il percorso umano e artistico della grande attrice Eleonora Duse, nel desiderio di raccontare la forza creativa e la portata rivoluzionaria della sua arte come della sua vita. Interrogandosi sul ruolo dell’artista rispetto all’epoca in cui vive, allora come oggi, in un tempo segnato dalla guerra e dalla paura. Inoltre, sempre   nel Concorso, un maestro come Olivier Assayas presenta “Il mago del Cremlino”, con Jude Law e Alicia Vikander in un’intrigante storia che va dalla caduta dell’URSS all’ascesa di Putin, in un racconto spietato sulla Russia contemporanea. Il film uscirà nelle sale italiane con 01 Distribution». Al Lido la presentazione del nuovo film di Daniele Vicari, “Ammazzare stanca”, un’opera che nasce dal libro autobiografico del figlio di un boss della ‘ndrangheta che rifiuta il destino già segnato nella carriera criminale della famiglia; il cinema molto attuale di Antonio Capuano, con “L’isola di Andrea”, che realizza un ritratto senza filtri di una coppia separata mentre affronta una dura battaglia legale per la custodia del figlio; il talento narrativo di Laura Samani che nella sua seconda opera “Un anno di scuola”, racconta la storia di un gruppo di adolescenti e la difficile esperienza di una giovane ragazza alla quale viene chiesto di sacrificare qualcosa di sé per essere ammessa nel gruppo. Infine, “Nino. 18 giorni” di Toni D’Angelo, incentrato sulla vita straordinaria del padre Nino, e sulla parabola che dagli inizi vissuti nella povertà più assoluta lo ha portato a una prodigiosa carriera di musica e riscatto. «La qualità è sempre al centro delle linee produttive di Rai Cinema e la selezione annunciata dalla Mostra conferma la forza delle scelte anche autoriali che guidano la nostra produzione, sia per i film che per i documentari e i cortometraggi – commenta Nicola Claudio, presidente di Rai Cinema – Tutte le opere che presenteremo al festival raccontano storie che rimandano all’oggi e alla nostra contemporaneità e ci auguriamo che ognuna di queste possa trovare il favore del pubblico in sala. Vorrei inoltre evidenziare la presenza di Rai Cinema International Distribution che seguirà le vendite internazionali di due film: “Elisa”, di Leonardo Di Costanzo e “Un anno di scuola” di Laura Samani. Una nuova area di Rai Cinema che sta allargando con successo il suo raggio di azione e di business, in un contesto, quello delle vendite estere, di grande competizione».

 

I 22 TITOLI COPRODOTTI DA RAI CINEMA A VENEZIA

 

Selezione ufficiale

CONCORSO

 

SOTTO LE NUVOLE (film)

regia di Gianfranco Rosi
ELISA (film)

regia di Leonardo Di Costanzo
DUSE (film)

regia di Pietro Marcello

 

IL MAGO DEL CREMLINO (film)

regia di Olivier Assayas
Selezione ufficiale

FUORI CONCORSO

 

L’ISOLA DI ANDREA (film)

regia di Antonio Capuano

 

I DIARI DI ANGELA – NOI DUE CINEASTI, CAPITOLO TERZO (film documentario)

regia di Yervant Gianikian, Angela Ricci Lucchi

 

NINO. 18 GIORNI (film documentario)

regia di Toni D’Angelo

 

ORIZZONTI

Concorso

UN ANNO DI SCUOLA (film)

regia di Laura Samani

 

ORIZZONTI

Cortometraggi Concorso

 

KUSHTA MAYN, LA MIA COSTANTINOPOLI (cortometraggio)

regia di Nicolò Folin

 

ORIZZONTI

Cortometraggi Fuori concorso

 

RUKELI (cortometraggio)

regia di Alessandro Rak

 

VENICE SPOTLIGHT

 

AMMAZZARE STANCA. Autobiografia di un assassino (film)

regia di Daniele Vicari

 

BIENNALE COLLEGE

 

AGNUS DEI (film documentario)

regia di Massimiliano Camaiti

 

EVENTO SPECIALE

 

(IM)PERFETTA (cortometraggio)

regia di Nicolò Bressan degli Antoni

 

GIORNATE DEGLI AUTORI

Concorso

 

GLI UCCELLI DEL MONTE QAF (film documentario)

Past Future Continuous

 

Notti Veneziane

 

AMATA (film)

regia di Elisa Amoruso

 

UNA COSA VICINA (film documentario)

regia di Loris G. Nese

 

Eventi Speciali

 

COME TI MUOVI, SBAGLI (film di chiusura)

regia di Gianni Di Gregorio

 

IL QUIETO VIVERE (film documentario)

regia di Gianluca Matarrese

 

Confronti

 

LA SALITA (film)

regia di Massimiliano Gallo

 

SIC – SETTIMANA INTERNAZIONALE DELLA CRITICA

Concorso

 

WAKING HOURS (film documentario)

(Ore di veglia)

regia di Federico Cammarata e Filippo Foscarini

 

SIC@SIC 2025 – Concorso

 

SANTE (cortometraggio)

regia di Valeria Gaudieri

 

FESTA IN FAMIGLIA (cortometraggio)

regia di Nadir Taji

 

 

 

 

 

 

 

RICCARDO IACONA

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Il racconto della complessità

 

Otto nuovi approfondimenti – il primo sul legame tra religione e politica negli USA ha aperto la nuova stagione domenica 31 agosto ed ora disponibile su RaiPlay – per affrontare temi di grande attualità: dalla sanità del futuro, alla tragedia di Gaza, dal traffico di vite umane alle missioni spaziali. La domenica, a partire dalle 20.30, su Rai 3

 

La missione di “PresaDiretta” è da sempre quella di approfondire. Cosa significa farlo oggi?

Diventa sempre più complicato, c’è un’agenda internazionale che è molto drammatica e ci coinvolge sempre di più. È come se il mondo fosse entrato in fibrillazione. C’è la guerra alle porte, da ormai da troppi anni. Abbiamo leader nel mondo che stanno cambiando totalmente le relazioni internazionali, dove il linguaggio della forza, il bullismo sia economico che diplomatico che militare, stanno diventando una cifra che guida. Sto parlando di Trump, di Netanyahu, di Putin, e di tanti altri ancora, che seguono quel modo di governare. Abbiamo la democrazia che è esausta, la gente non va a votare, aumentano le autocrazie, le dittature vere e proprie, crescono le teocrazie. Dopo il 2001 a “PresaDiretta” abbiamo raccontato tante volte l’emergenza islamica dal punto di vista del terrorismo e quanto la religione era diventata importante anche dal punto di vista delle tensioni internazionali come frontiera tra Occidente ed Est. Adesso ritorniamo a sentire quanto la spinta teocratica sia più importante di qualsiasi altro tipo di razionalità mondiale, e lo vediamo in Israele, lo vediamo negli Stati Uniti dove l’agenda politica è in mano ormai agli evangelici e ai cattolici tradizionalisti. Il mondo è complicato ed è diventato pericoloso,  questo ci impone di entrarci dentro, di andarci sempre di più, per cercare di capire le ragioni che stanno facendo impazzire il mondo e che stanno per rendere molto difficile la nostra vita, anche da un punto di vista economico. Ci siamo messi le scarpe, la telecamera sulle spalle e siamo andati in giro per il mondo con queste domande, ancora più profonde di quelle che facevamo prima, quando la cronaca che dovevamo raccontare era meno drammatica rispetto a quello che sta succedendo all’estero.

La complessità ti affascina o ti spaventa?

Mi affascina tantissimo e sempre di più. E questo vale anche per le persone che lavorano con me. Questo fa la differenza e ci rende felici nonostante tutte le difficoltà. Sappiamo, pensiamo, di avere un ruolo nella Rai perché facciamo un tipo di approfondimento che non si fa da nessuna altra parte. Faremo ad esempio una puntata dedicata allo spazio, proprio perché la geopolitica si sta ridisegnando attorno alle missioni spaziali. Questo ha richiesto una curiosità enorme, perché nessuno di noi aveva né la competenza scientifica né gli strumenti del racconto, abbiamo scoperto un mondo straordinario. Le missioni spaziali che si sono fatte, quelle di oggi e quelle future aprono, uno spazio narrativo che portato in prima serata, secondo noi, fa la differenza. Speriamo che il pubblico apprezzi lo sforzo di andare ancora più in profondità e dietro la cronaca che ci attanaglia tutti i giorni. Lo facciamo senza uno sguardo ideologico, che non aiuta, bisogna sempre fare uno sforzo enorme per cercare di portare dentro tutti i colori, che non sono solo le posizioni politiche, ma la curiosità di andare con orecchie e occhi aperti, e non farsi condizionare dai pre-giudizi.

Che rapporto hai con l’Intelligenza Artificiale?

Una parte delle scommesse che racconteremo nel corso delle puntate è legata allo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale. Personalmente è uno strumento che utilizzo abbastanza per le ricerche. Credo che siamo solo agli inizi.

Che cosa porti con te dagli esordi in carriera a oggi?

La stessa ansia, la stessa paura, la stessa emozione che provavo quando ho fatto il mio primo pezzo. E la stessa ansia quando torno in montaggio di riuscire a raccontare le cose che ho visto. Quando ci riesco provo la stessa soddisfazione, come un giovane cronista, come fossi un bambino.

C’è un consiglio che dai ai colleghi della tua squadra?

 

Sii felice quando lavori. Non ti fare attanagliare dall’ansia di prestazione, fatti trascinare dal filo narrativo. Se porti indietro il 50 per cento di quello che hai vissuto hai fatto gol.

Il tuo rapporto con il Servizio Pubblico oggi…

Un rapporto d’amore, perché ho cominciato nel 1989 in Rai e sono ancora qui, un rapporto di preoccupazione quando vedo che la Rai perde terreno nei confronti di altre reti che spingono sull’informazione, ma è anche un rapporto che sento essenziale perché credo che la costruzione dell’immaginario collettivo passi ancora dalla Rai e che la battaglia per dare un futuro alla televisione vada fatta in Rai.

Un tuo augurio al giornalismo televisivo di domani…

Che sia sempre libero, curioso, aperto alle esigenze del pubblico.

L’inchiesta che vorresti

Ci siamo occupati di tante cose, ma il mondo è grande. Mi piacerebbe tanto lavorare sui confini: interni, esterni, geografici, politici, economici. Ecco, “Confini” sarebbe un buon titolo per una puntata futura.

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Le prossime puntate

 

La sanità del futuro. La sanità italiana si sta trasformando: intelligenza artificiale, telemedicina, robotica, medicina predittiva, ospedali digitalizzati. Ma tra le promesse dell’innovazione e la realtà dei territori, il rischio è che aumentino le disuguaglianze. Luci e ombre della sanità che ci aspetta: tra i due estremi del sistema sanitario italiano.

 

La tragedia a Gaza. Presadiretta continua a seguire la strage in corso a Gaza con le testimonianze che arrivano dall’interno della Striscia, con le voci degli israeliani che contestano le scelte del loro governo, con le inchieste internazionali che mettono insieme le prove dei crimini di guerra in corso a Gaza.

 

Italia, nuovo paradiso dei ricchi? Chi sono i ricchi italiani, quanto guadagnano e soprattutto, quanto pagano di tasse? Come si è trasformato il sistema fiscale italiano ed è ancora un sistema progressivo, come dice la nostra Costituzione? Come mai tanti ricchi arrivano in Italia dall’estero? Un’analisi delle disuguaglianze nel nostro Paese.

 

Allarme metano in atmosfera. L’allarme degli scienziati arriva dall’Artico: a causa del riscaldamento del clima potrebbero liberarsi in atmosfera milioni di tonnellate di metano ghiacciato, intrappolato sotto il permafrost. Il rilascio di gigantesche quantità di metano potrebbe avvenire da un momento all’altro: l’allarme è altissimo.

 

Trafficanti di uomini. I mercanti di vite umane, tra Bangladesh, Tunisia, Libia e Senegal, godono di importanti reti di protezione. Chi sono i trafficanti, attraverso quale sistema agiscono? Tra storie drammatiche e sconvolgenti testimonianze.

 

Le reti intelligenti che trasportano l’energia. Il grande blackout in Spagna, cosa è successo davvero in quelle ore? Colpa delle rinnovabili? Le carenze delle infrastrutture spagnole e la superiorità tecnologica italiana nelle sue “reti intelligenti”, che ottimizzano la distribuzione di energia elettrica, soprattutto quella che viene da fonti rinnovabili.

 

I padroni dello spazio. La guerra in corso per la conquista dello spazio e il suo futuro sfruttamento, dalla Luna fino a Marte. Gli Stati Uniti, tra lo strapotere di Musk e i tagli di Trump; la Cina che accelera gli investimenti per conquistare il predominio nello spazio; l’Italia con le sue eccellenze nel settore e il ritardo degli investimenti europei.

 

 

ROBERTA CAPUA

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Amo la Tv delle emozioni

 

Dal 1° settembre al timone di “Aspettando BellaMa’” e dall’8 nel cast della nuova edizione del programma di Rai 2. Il felice incontro con Pierluigi Diaco, il ricordo degli esordi televisivi, il rapporto con il passare del tempo: la conduttrice si racconta al RadiocorriereTv e dà un consiglio ai giovani: «La tecnologia, gli smartphone, i social, rendono tutto molto veloce. Cercate di approfondire e di non essere superficiali»

 

Partono le anteprime di “BellaMa’”, cosa succederà dal 1° settembre alle 15.30 su Rai 2?

Sono cinque puntate in cui insieme a Pierluigi Diaco e ad alcuni autori del programma scegliamo il nuovo cast di concorrenti, sia per la Generazione Z che per la Generazione Boomer. Accanto a me ci sono Domenico Restuccia, volto noto di “BellaMa’”, il nostro Mister Web, e Rosa Sorrentino, vincitrice della prima edizione. È il racconto delle audizioni di questa nuova stagione che partirà lunedì 8 settembre.

Ci racconta il suo incontro con il mondo di “BellaMa’” e con Pierluigi Diaco?

Un incontro molto felice nato fortuitamente da un invito che mi fece Pierluigi tempo fa come ospite della trasmissione: è nata una bella sintonia, immediata e da lì è nata la proposta di fare parte del cast. Nella scorsa edizione ho parlato prima del Festival di Sanremo e poi dei programmi della Tv. Quest’anno ritorno tutti i lunedì a raccontare le eccellenze della nostra televisione. Parleremo di programmi storici, di personaggi iconici, tutto questo anche per raccontare la storia della Tv soprattutto alla Generazione Z, ai ragazzi che non la conoscono. Vedo che c’è molto interesse anche tra i Boomer, che quella televisione l’hanno vissuta, e che hanno il piacere di poterla rievocare.

Cosa aveva quella televisione per rimanere in modo indelebile nella memoria e nel cuore del pubblico?

Grandissimi professionisti, che sono stati i protagonisti, e idee originali. Questo fa sì che alcune trasmissioni siano rimaste. Non si può paragonare la Tv di oggi a quella del passato. Si partì con una sola rete, poi con due, oggi il telespettatore ha una grande possibilità di scelta, dalle piattaforme all’on demand. Rimaniamo però attaccati a certi pilastri saldi di quella che era una televisione fatta con grandissima professionalità ed entusiasmo. Non a caso quando parliamo di questi programmi i nomi che vengono fuori sono quelli di Raffaella Carrà, Pippo Baudo, Corrado, Mike Bongiorno, Enzo Tortora, Luciano Rispoli. Potrei fare una lista di personaggi veramente straordinari.

Il programma propone un confronto generazionale. Perché, a volte, è così difficile capirsi e lasciarsi andare, tra persone di età diverse?

Credo che a volte basterebbe poco per trovare un punto d’incontro. L’importante è non chiudersi, cercare di entrare gli uni nel mondo degli altri. È ovvio che la musica che ascoltavamo noi, la Tv che guardavamo, erano completamente diverse da quelle che piacciono ai ragazzi oggi, che sono nativi digitali. Ma non è difficile cercare di entrare nel loro mondo, a “BellaMa’” mi ha colpito vedere come i giovani siano desiderosi di conoscere le proprie radici.

Suo figlio ha quasi 18 anni, cosa le sta insegnando l’essere mamma di un giovane che sta costruendo il proprio percorso di vita?

La necessità di capire il loro modo di approcciare la vita, i loro atteggiamenti di vivere la quotidianità. È vero che sembrano completamente distanti dai nostri, anche perché c’è una tecnologia che ai nostri tempi non esisteva, ma se si guarda bene i ragazzi, non sono così diversi da come eravamo noi, hanno i loro sogni, i loro desideri.

C’è un consiglio che non si stanca di dare a suo figlio e ai giovani?

Cercare di non essere superficiali. La tecnologia, gli smartphone, i social, rendono tutto molto veloce. Oggi si riesce a fruire dei contenuti con grande rapidità, mentre è importante soffermarsi sui concetti, sulle notizie, leggere qualcosa di più, approfondire.

Una televisione che non ha paura di vivere intensamente i sentimenti quella proposta da “BellaMa’”, che rapporto ha con la condivisione delle emozioni?

Evviva la condivisione delle emozioni, l’autenticità di ciò che uno prova. Saper mostrare le emozioni fa bene a se stessi e a chi ci è intorno. Spesso, durante il programma, ci si commuove, è tutto molto coinvolgente. Ed è importante pensare che si possa fare, che non è segno di debolezza.

Il pubblico la segue con affetto da molto tempo, cosa ha rappresentato e rappresenta questo nella sua vita?

Il pubblico per chi fa il mio lavoro è tutto, decreta il successo di un personaggio. L’affetto delle persone l’ho sempre sentito, anche quando sono stata lontana dalla Tv per dedicarmi a mio figlio. Il pubblico è la nostra forza.

Miss Italia, figlia di una Miss Italia, cosa rappresenta per lei quel concorso e come vedi quella vittoria 38 anni dopo?

Fu certamente il trampolino di lancio. Tutta la mia carriera è partita da lì, era il 1986 e non avevo nemmeno 18 anni. Ero una ragazzina, ingenua, non sapevo cosa quella vittoria avrebbe portato alla mia vita. Dopo così tanti anni siamo ancora qui a parlarne e devo dire che è stato un inizio importante. È vero che oggi il concorso di bellezza, per come si è evoluto il mondo, forse non ha più tanta ragione di essere, ma io rimango affezionata a quell’esperienza che per me è stata fondamentale.

Il suo debutto televisivo avvenne pochi giorni dopo l’elezione a “Miss Italia”, in Piazza Maggiore a Bologna…

Era “Vota la Voce 1986”, la piazza era gremita. Qualche tempo fa mi è capitato di rivedere in Tv la replica di quella serata e ho provato tanta tenerezza: ero acerba, ingenua, prima di allora non avevo mai fatto niente: dal banco di scuola al palcoscenico. Un ricordo indelebile.

Che rapporto ha con il passare del tempo?

Un rapporto abbastanza sereno, mi guardo allo specchio e penso che i cambiamenti del viso, del corpo, siano fisiologici, naturali. È ovvio che se potessi tornerei ai miei trent’anni, periodo in cui mi sentivo più sicura in termini di bellezza fisica, di prestanza. Ma bisogna fare i conti con la realtà (sorride).

A cosa non rinuncerebbe mai nella vita?

All’amore di mio figlio. Lui è la cosa più bella che ho fatto nella mia vita.

C’è un libro, una lettura, che ha segnato la sua vita?

Leggo molto, soprattutto romanzi, e cerco sempre di prendere qualcosa. Un libro che amo molto e che ho regalato negli anni alle persone care è “Oscar e la dama rosa” di Eric Emmanuel Schmitt, tutti noi dovremmo leggerlo. È la storia di un bambino e della sua malattia, una lettura che lascia un messaggio, un segno.

La sua canzone del cuore…

“Mille giorni di te e di me” di Claudio Baglioni. Potrei ascoltarla centomila volte senza mai stancarmi.

Come vede Roberta domani?

Voglio essere ottimista. Vedo un futuro luminoso, mi auguro salute, serenità e lavoro. È poco? (sorride).

 

 

Una telefonata inattesa… Inizia l’avventura in Rai

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Una telefonata inattesa, una proposta sorprendente: così, quasi per caso, inizia l’avventura di Andrea Camilleri in Rai. «Sono Cesare Lupo, direttore del Terzo Programma radio della Rai: vuole sostituire la nostra funzionaria addetta ai programmi che va in maternità? Le farei un contratto di sei mesi per mezza giornata di impegno», gli disse al telefono. Camilleri accetta, ma si sente in dovere di precisare: «La informo che al concorso non fui preso perché “comunista”». La risposta di Lupo è secca: «Chissenefrega». È il 1958. Così prende avvio una lunga e proficua relazione tra il giovane scrittore siciliano e il Servizio Pubblico. «Mi diedero un ufficio con una scrivania», racconta Camilleri. «La prima cosa che mi dissero fu: “Questa è la scrivania di Carlo Emilio Gadda”». Fino all’anno prima, Gadda aveva lavorato ai programmi culturali del Terzo Programma. Rovistare nei cassetti di quell’ufficio fu per Camilleri «come trovare il tesoro dell’Isola del Tesoro». Quel piccolo spazio divenne per lui un vero laboratorio di sogni. Di contratto in contratto, rinnovato ogni sei mesi, passano gli anni. Alla fine, arriva l’assunzione e con essa la possibilità di contribuire, insieme ad altri pionieri, alla nascita del Secondo Canale Rai. Nel 1960 avviene il passaggio dalla radio alla televisione, un’evoluzione che Camilleri vive non solo come questione tecnica, ma anche poetica, etica e politica. È l’inizio di una nuova forma di comunicazione: più popolare, più profonda. Il nuovo canale viene inaugurato con “La trincea”, un originale televisivo tratto da un racconto di Giuseppe Dessì su un episodio di guerra della Brigata Sassari. Poi Camilleri produce le prime otto commedie televisive di Eduardo De Filippo, in bianco e nero. «Questo fu il mio esordio come produttore esecutivo», ricorda. Segue la produzione del “Commissario Maigret” di Simenon, con un magnetico Gino Cervi: «Cervi non studiava mai la parte. Se rivedete quei programmi, noterete delle pause in cui Maigret accende la pipa, riflette… In realtà, in quei momenti, Cervi leggeva il gobbo, poi diceva la battuta. Era geniale». E poi ancora i grandi romanzi della letteratura mondiale — Dostoevskij, Manzoni, Dumas — trasformati in sceneggiati che entrano nelle case di tutti gli italiani. Il motto era chiaro: educare divertendo. Un faro che, ancora oggi, continua a illuminare la strada del Servizio Pubblico.

 

Il Commissario Montalbano torna in Tv

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Rai trasmetterà in prima serata Rai 1, da martedì 9 settembre, una selezione di 15 episodi della serie, un viaggio nella memoria, un’immersione profonda tra i paesaggi di Vigata, i delitti da risolvere e le atmosfere inconfondibili che hanno reso Montalbano la serie di maggior successo del piccolo schermo italiano.

 

  1. Il ladro di merendine
  2. La voce del violino
  3. La forma dell’acqua
  4. Il cane di terracotta
  5. La gita a Tindari
  6. Tocco d’artista
  7. Il senso del tatto
  8. Gli arancini di Montalbano
  9. L’odore della notte
  10. Gatto e cardellino
  11. Il giro di boa
  12. Par condicio
  13. La pazienza del ragno
  14. Il gioco delle tre carte
  15. La vampa d’agosto
  16. Le ali della sfinge
  17. La pista di sabbia
  18. La luna di carta
  19. Il campo del vasaio
  20. La danza del gabbiano
  21. La caccia al tesoro
  22. L’età del dubbio
  23. Il sorriso di Angelica
  24. Il gioco degli specchi
  25. Una voce di notte
  26. Una lama di luce
  27. Una faccenda delicata
  28. La piramide di fango
  29. Un covo di vipere
  30. Come voleva la prassi
  31. La giostra degli scambi
  32. Amore
  33. L’altro capo del filo
  34. Un diario del ’43
  35. Salvo amato, Livia mia
  36. La rete di protezione
  37. Il metodo Catalonotti

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Il mio “amore-odio” per il Commissario

 

“Montalbano, per me, dopo vent’anni è un parente al quale voglio bene, ma nello stesso tempo è un personaggio scomodo. Perché il suo successo trascinava al successo anche gli altri romanzi, i miei romanzi storici, i miei romanzi civili. Quindi, lo odio e lo amo”
Andrea Camilleri

 

“All’inizio non avevo affatto l’intenzione di fare del Commissario Montalbano un personaggio seriale, avevo cominciato a scrivere esclusivamente per me, come esercizio di scrittura: un romanzo con una sua struttura, un primo capitolo, e poi una successione temporale, spaziale… Il problema fu che i primi due romanzi ebbero un grande successo e, in un certo senso, mi sentii quasi costretto a scriverne degli altri. Il rischio, con un personaggio seriale, era però la ripetitività, era necessario stare molto attenti a variare, di romanzo in romanzo, le situazioni, i toni, le modalità narrative”. Così Camilleri racconta la genesi dei romanzi dedicati al commissario (tutti pubblicati da Sellerio), convinto del fatto che i personaggi “fissi”, come per esempio quelli che compongono il commissariato, se ben disegnati, avrebbero certamente creato un legame con il pubblico. La scommessa più grande era capire se un personaggio come Catarella sarebbe riuscito a generare lo stesso tipo di empatia: “Devo confessare che Catarella non è un’invenzione totale. Io, come lui, ho sentito parlare tante persone, oggi molto meno, anche grazie alla televisione, che ha insegnato a molti italiani a parlare in modo più corretto. Ma un tempo, un povero contadino che non sapeva l’italiano cercava di parlarlo così, a modo suo. I pupari, quelli che facevano il teatro dei pupi, recitavano in questo modo: una combinazione assurda di parole siciliane e italiane deformate, convinti di parlare una lingua elegante. Ecco, Catarella è questo. Molti tratti del personaggio li ho presi, per esempio, da un attendente di mio padre, che parlava esattamente come lui. Altri aspetti li ho inventati. Ma l’essenziale era centrare certi modi di dire ricorrenti, come il celebre “di persona, personalmente”, espressioni che trasformano Catarella da semplice personaggio in una vera e propria maschera. Non volevo farne una macchietta, bensì una maschera — e in Sicilia di maschere ne abbiamo appena due o tre”. Per quanto riguarda le sceneggiature della serie, confessa di aver sempre rimesso mano ai dialoghi, esattamente come faceva Eduardo De Filippo, che sul copione, prima di iniziare le prove, apportava modifiche scegliendo la parola napoletana che, per assonanza, fosse più vicina all’italiano. Quando gli chiedeva: «Ma così si perde forza», lui rispondeva: «Pazienza, Camilleri. Così la capiscono anche a Voghera». E il maestro ha fatto lo stesso, consapevolmente: sostituire alcune espressioni per rendere i dialoghi più comprensibili, evitare il brutto siciliano recitato da chi siciliano non è, facilitare la comprensione: “Nei romanzi di Montalbano c’era già l’enigma poliziesco: non era necessario imporre allo spettatore un secondo enigma, quello di capire cosa viene detto — soprattutto in televisione, dove ciò che si dice non viene ripetuto”.

Il primo romanzo di Camilleri dedicato al Commissario risale al 1994, “La forma dell’acqua”. Appare per la prima volta Salvo Montalbano (nome in omaggio al giallista spagnolo Manuel Vazquez Montalban), un uomo e un poliziotto dotato di grande acume e di una pietas fuori dal comune che gli permette di comprendere bene le miserie umane. Ma anche un personaggio che affascina per i suoi modi investigativi piuttosto spicci, la meteoropatia, l’amore per la buona tavola, i libri e le donne complicate. Per il Maestro fu sempre amore e odio perché, una volta acquisita la capacità di vivere di vita propria, grazie anche al successo televisivo, costringe l’autore a un eterno inseguimento.

 

“Scrivo perché non so fare altro. Scrivo perché così mi ricordo di tutte le persone che ho amato. Scrivo per restituire qualcosa di tutto quello che ho letto. Scrivo perché mi piace raccontarmi storie”

 

Le storie, quelle che ci hanno trasportato per un ventennio e ben 37 episodi (il primo a maggio del 1999 su Rai 2, l’ultimo a marzo 2021 con “Il metodo Catalanotti) in una Sicilia immaginaria, bellissima e vera raccontata, nei libri e in tv, da una lingua che mescola parole, dialetti e riferimenti letterari, una sorta di partitura di suoni che nasconde la fatica della costruzione e lascia libera la gioia del narrare: “Il passaggio c’è stato nel momento in cui ho deciso che mi ero stufato di raccontare in teatro storie d’altri, con parole d’altri. E per raccontare la storia mia, dovevo trovare un mio modo di scrivere. Un mio modo di scrivere che rispettasse sempre e comunque la struttura dell’italiano… Il lavoro dialettale è successivo, ma non si tratta di incastonare parole in dialetto all’interno di frasi strutturalmente italiane, quanto piuttosto di seguire il flusso di un suono, componendo una sorta di partitura che invece delle note adopera il suono delle parole.” E così, da quella prima volta i cui abbiamo sentito pronunciare “Montalbano sono”, il personaggio letterario si è fatto “carne e ossa” con Luca Zingaretti (che ha diretto alcuni episodi dopo la morte di Alberto Sironi, regista storico), trascinando lo spettatore nelle atmosfere barocche della Sicilia di Camilleri. “Di persona personalmente”, come avrebbe detto Catarella, il commissario si è fatto “carne e ossa” con Luca Zingaretti.