ALESSANDRO CATTELAN

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Not(t)e di parole e musica

Spenti i riflettori dell’Ariston si accendono quelli del “DopoFestival”. Il conduttore al RadiocorriereTv: «La seconda serata è la mia collocazione abituale, mi piace arrivare a tarda sera e portare un po’ di ironia prima di andare a letto. Questa è una settimana unica, voglio viverla divertendomi»

Dopo il Festival arriva il “DopoFestival” e si farà notte fonda… come si è allenato per la maratona?

Diciamo che negli ultimi 13 anni la seconda serata è stata la mia collocazione abituale, mi piace arrivare a tarda sera e portare un po’ di ironia prima di andare a letto. A Sanremo faremo ancora un po’ più tardi ma questa è una settimana unica, voglio viverla divertendomi e consapevole che sto vivendo una cosa unica che rimarrà nella mia carriera.

Cosa significa avere la fiducia e la stima di un grande della Tv come Carlo Conti?

Carlo è una delle persone più generose che io abbia mai incontrato e lo dico sempre. È stato disponibile con me appena sono arrivato in Rai, aveva accettato di girare l’apertura del mio primo show. Ne abbiamo parlato quando è stato ospite nel mio podcast e mi ha detto: Se posso dare un piccolo contributo di esperienza ad altri lo faccio più che volentieri. È quasi un dovere.” Carlo è generoso, sono onorato della fiducia e di poterlo annoverare tra gli amici.

Carlo è solito dire che Sanremo “va fatto insieme”… che valore ha per lei questa parola?

È una parola molto importante e come dicevo prima, Carlo ha la straordinaria capacità di riuscire a creare un gruppo di lavoro unito e coeso. Si respira un gran clima di festa e la parola d’ordine per questo Festival, oltre a insieme, è divertiamoci!

Il Festival funziona quando è molto chiacchierato. Quanto spazio avranno le polemiche nel suo “DopoFestival”?

Il Festival è da sempre terreno fertile di polemiche, controversie e stravaganze. Non voglio mettere pressioni al mio collega Carlo Conti, ma spero che succeda qualcosa che possa animare le serate. Direi anche che non siamo ancora partiti e già si sono creati diversi casi che anche in maniera un po’ naturale porteremo in Riviera. In più, i social ampliano la discussione e alcune piattaforme, come ad esempio X, forniranno degli spunti esilaranti perché ormai in rete trovi commenti anche molto più ficcanti e a volte più cattivi di quelli che qualsiasi autore tv possa immaginare.

Cosa l’ha colpita dei giovani che portate a Sanremo?

Ho notato una grande varietà, sia musicale che per quanto riguarda i testi. I ragazzi sono orientati verso uno stile più cantautorale, mentre le ragazze hanno una veste più urban e trovo questa dicotomia piuttosto interessante. Sanremo Giovani rappresenta per tutti non un punto di arrivo, ma una partenza e rispetto al passato ho percepito questa maggiore consapevolezza nei concorrenti. Insieme a questa caratteristica, ho avuto modo di osservare anche la loro determinazione e la capacità di ragionare fuori dagli schemi: al giorno d’oggi non bastano né numeri, né il solo talento; ma serve una motivazione forte, studiare, lavorare affinché le cose possano accadere e non avere paura di esprimere se stessi. I ragazzi in gara sono ben consapevoli del mondo che li aspetta fuori e sono preparati già al dopo Sanremo, a prescindere dal risultato della gara.

L’ultima sera sarà sul palco dei palchi… quale consiglio si dà?

Vivi il momento!

 

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99 DA BATTERE

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Arriva anche in Italia il nuovo game show che sta conquistando il mondo. Con Max Giusti dal 10 febbraio in prima serata su Rai 2

Cento concorrenti e una serie di sfide, con un solo obiettivo: non arrivare mai ultimi. Dal 10 febbraio, arriva anche in Italia il format che sta avendo successo nel mondo: “99 da battere”. In onda in prima serata su Rai 2, condotto da Max Giusti e prodotto in collaborazione con Endemol Shine Italy, “99 da battere” è un game show con 100 concorrenti, tra i 18 e i 98 anni, coinvolti in una serie di sfide di ogni tipo, giochi divertenti, originali, a volte assurdi ma sempre alla portata di tutti. L’unico obiettivo? Non arrivare mai ultimi. In ogni sfida, infatti, chi perde viene eliminato, dando via, così, a un conto alla rovescia che porterà i partecipanti da 100 a 1. Chi riuscirà ad arrivare fino alla fine e a battere, appunto, gli altri 99 concorrenti si aggiudicherà il montepremi in palio di 99 mila euro. Tantissimi i giochi che si susseguiranno nelle sei puntate. Tra questi: soffiare in una ciotola di farina fino a riuscire a trovare, sul fondo, il codice che sblocca il lucchetto che lega ogni concorrente a un tavolino; montare la panna in maniera così ferma che, capovolgendola sopra la propria testa, non cada; seduti a cavalcioni su una sedia gareggiare su un percorso, creato all’interno dello studio, potendo avanzare solo saltando con tutta la sedia; trovare la porta di uscita dello studio bendati; sciogliere un cubo di ghiaccio che contiene un fischietto da far poi suonare; sfidare la sorte sperando che il proprio telefono non squilli quando tutti i cellulari dei concorrenti in gioco verranno posizionati su un tavolo e l’eliminazione toccherà proprio al proprietario del primo telefono che riceverà una telefonata. Alcuni giochi saranno affrontati singolarmente, altri a coppie, altri ancora a squadre di più persone. Tutte le sfide si svolgeranno in un unico luogo, allestito come una vera e propria arena in stile industriale, in cui sono presenti dei megafoni da cui, una voce annuncerà, di volta in volta, le sfide da affrontare e le regole che caratterizzano ogni gioco. Puntata dopo puntata, prova dopo prova, si arriverà alla sfida finale: una sequenza di giochi che porterà chi li terminerà per primo a impugnare l’assegno da 99 mila euro e ad essere proclamato vincitore di “99 da battere”.

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Il Re di Napoli

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Storia e leggenda di Mario Merola. Martedì 4 febbraio in prima serata su Rai 3 con la regia di Massimo Ferrari

Liberamente ispirato all’opera letteraria “Napoli solo andata… Il mio lungo viaggio” di Mario Merola con Geo Nocchetti, edito da Sperling & Kupfer e Rai Eri, il documentario di Massimo Ferrari ripercorre la storia gloriosa dell’artista napoletano. La storia del “Re di Napoli” attraverso le testimonianze, gli archivi e i racconti di chi gli era più vicino e di chi lo ricorda. Icona di un genere tradizionale reso popolare grazie ai numerosi film interpretati negli anni ’70 e ’80, Mario Merola è un figlio del popolo che, grazie al suo talento e la sua peculiare personalità, è diventato simbolo della città di Napoli portando la canzone e la cultura napoletana in tutto il mondo. «Mario Merola è stato un grande artista e un grande personaggio, tale che per raccontarlo bisogna innanzitutto entrare nel suo mondo, in ciò che ha rappresentato e rappresenta per un intero popolo, che ha il suo cuore a Napoli ma che è disseminato in molte parti del mondo, dagli Stati Uniti all’Australia – afferma il regista Massimo Ferrari –. È il re della sceneggiata, colui che ha fatto rinascere un genere nato nei primi anni del Novecento e lo ha portato a vette di popolarità impensabili. Il cuore del documentario viaggia tra archivi ed interviste, racconti memorabili e video inediti, insieme alle riprese dei luoghi della città di Napoli che più possono raccontarci la biografia di Merola e dunque la sua formazione: il porto, la zona delle “Case Nuove”, Piazza Mercato, la casa di Portici, la sua famosa cucina in cui ancora figli e nipoti preparano “gli spaghetti alla Merola”».

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DUSE THE GREATEST

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Scritto e diretto da Sonia Bergamasco, dal 3 febbraio al cinema arriva “Duse. The Greatest” (premiato come miglior documentario al Festival del cinema italiano di Madrid), opera dedicata a Eleonora Duse, l’attrice che ha cambiato il mestiere dell’attore. In collaborazione con Rai Cinema

A cent’anni dalla scomparsa di Eleonora Duse, Sonia Bergamasco ci accompagna in un’investigazione sull’attrice che ha cambiato il mestiere dell’attore per sempre ispirando Lee Strasberg, storico direttore dell’Actors Studio, e generazioni di attori. Come può una donna di cui rimangono unicamente un film muto e qualche foto e ritratto, essere ancora così influente? La Divina oltre il mito. Nel cast, oltre a Sonia Bergamasco, anche Annamaria Andreoli, Valeria Bruni Tedeschi, Elena Bucci, Ellen Burstyn, Federica Fracassi, Fabrizio Gifuni, Ferruccio Marotti, Helen Mirren, Emiliano Morreale, Mariapaola Pierini, Caterina Sanvi, Mirella Schino, Giuditta Vasile.

La regista racconta…

«Sono certa che fare l’attrice mi abbia salvato la vita, che l’abbia resa vivibile – a tratti esaltante, comunque intensa, concreta, mia. E che continui a farlo. Con questo film, come una detective, mi sono messa sulle tracce di Eleonora Duse, un’attrice leggendaria che ha illuminato la strada alle generazioni successive con l’energia dirompente del suo corpo di scena. Al centro di questa indagine è il corpo dell’attrice, il suo labirinto. Seguendo il percorso di Eleonora Duse, artista simbolo, e grande “assente” (in video, di lei ci resta solo un film muto) Duse, The Greatest vuole fare luce sul mestiere dell’attrice oggi: che cos’è diventato, qual è il suo spazio nell’immaginario collettivo contemporaneo. La macchina da presa scivola sui corpi delle persone incontrate (attrici, autrici, artisti, studiosi), si immerge nei particolari. Quello che ho indagato è il corpo sensibile, nudo, dell’attrice (ieri e oggi) e la radiografia del suo corpo immaginario, attraversato dallo sguardo degli altri. Un flusso di immagini in cui momenti di fermo (scatto fotografico) fanno da snodo e da collante alla narrazione. Fermo immagine dal girato contemporaneo in cui immergersi per cogliere dettagli dei corpi e delle azioni, e per saldare il racconto a immagini più “antiche”, fotografiche, o a video d’archivio in bianco e nero. Eleonora Duse, l’attrice italiana più famosa al mondo, intercetta le nuove generazioni attraverso la sensibilità di figure carismatiche come Charlie Chaplin – che la vede a teatro a Los Angeles e scrive “è la più grande artista che ho mai visto” – e il giovane Lee Strasberg, futuro direttore dell’Actors Studio, che guardandola al lavoro, intuisce il segreto di un’arte della recitazione che entra a far parte dell’immaginario collettivo di generazioni di attori di cinema. Dando voce ai testimoni, di ieri e di oggi, il film cerca di fare luce sul corpo dell’artista come strumento da scoprire, per comporre un ritratto plurale dell’attrice al presente.»

 

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La bambina con la valigia

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Una fotografia in bianco e nero del 6 luglio 1946 ritrae una bambina: in mano una valigia con la scritta: esula giuliana. Si chiama Egea Haffner e la sua storia comincia quando suo padre scompare, probabilmente inghiottito nelle Foibe. A questi ricordi si lega il racconto della vita di esule di Egea, che da Pola si sposterà a Bolzano, accudita da una zia che l’amerà come una figlia e protetta dalla cura della nonna. Nella memoria di Egea si riflette il dramma di tutti quelli costretti a lasciare la propria casa. Tratto dall’omonimo libro di Egea Haffner e Gigliola Alvisi (Piemme – Mondadori), in onda lunedì 10 febbraio su Rai 1             

È l’inverno del 1944 e i bombardamenti si susseguono sulla città di Pola e sul porto, obiettivo militare importante, strategico per la difesa dell’Italia del nordest di cui la Venezia Giulia e l’Istria fanno parte. La vita della piccola Egea Haffner, a parte le occasionali e improvvise fughe nel rifugio, prosegue come in una favola. C’è la villa dei nonni paterni, gli Haffner, e la gioielleria in centro dove lavora suo padre Kurt. Nella primavera del 1945 le cose sembrano cambiare in meglio: la guerra finisce. Nell’Istria a prevalere sono i cosiddetti “Titini”, l’esercito messo insieme dal maresciallo Tito, che occupa tutta la regione giuliana, fino ad allora parte dell’Italia fascista. Una notte che doveva essere di festa si trasforma nell’inizio di un dolore fortissimo per la piccola Egea. Qualcuno bussa forte alla porta di casa. Sono due uomini in una divisa, due Titini, e sono venuti a cercare Kurt: “Solo una formalità, un controllo”, dicono. Kurt li segue con un sorriso rassicurante per la moglie e la figlia, ma in quella casa non tornerà più. La voce su che fine abbia fatto il papà di Egea si diffonde nei giorni successivi a Pola: potrebbe essere una delle vittime cadute nelle Foibe, spaventose voragini carsiche che cominciano a tormentare i sogni della bambina. È solo l’inizio: poco tempo dopo, in seguito alle numerose aggressioni nei confronti degli italiani considerati fascisti, Egea inizia la sua vita di esule, che la costringe a lasciare la sua terra e ad affrontare un futuro incerto a Bolzano, accudita dalla nonna Maria e dalla zia Ilse, che l’ama come una figlia. La sua vera mamma, Ersilia, sceglie invece di trasferirsi in Sardegna per perseguire l’obiettivo di aprire un negozio di parrucchiera tutto suo: vuole emanciparsi dalla famiglia Haffner, dalla quale non si è mai sentita accettata. A Bolzano Egea cresce, scoprendo sulla propria pelle il dramma dello sradicamento, dell’esodo che accomunò più di 250.000 persone delle comunità italiane giuliano-dalmate e istriane, costrette a lasciare la propria casa e a immaginare per sé un nuovo futuro.

 

I PERSONAGGI

 

EGEA HAFFNER

Una bambina che è diventata simbolo della tragedia dell’esodo istriano-dalmata grazie ad una fotografia che la vede ritratta con una valigia in mano, prima di lasciare per sempre la sua città. Rimasta orfana del padre Kurt, inghiottito dalle Foibe, Egea cresce affidata alle cure della famiglia paterna e con loro inizia una nuova e complicata vita a Bolzano.

 

ILSE HAFFNER
(Sara Lazzaro)

È la zia di Egea, sorella di Kurt. Dolce e comprensiva, il suo legame affettivo con la nipotina cresce quando si ritrova ad essere per lei un punto di riferimento materno e insieme si ritrovano ad affrontare l’esodo da Pola.

 

MARIA HAFFNER
(Sandra Ceccarelli)

È la nonna paterna di Egea, una donna forte e vivace, legata allo status sociale della sua famiglia di gioiellieri. Per questo motivo non ha mai visto di buon occhio la scelta del figlio Kurt di sposare una parrucchiera, Ersilia. Il dolore della scomparsa del figlio e di tutto ciò che ne consegue la metteranno a dura prova emotivamente.

 

ERSILIA CAMENARO

(Claudia Vismara)

Mamma di Egea, che è stata il frutto di un amore intensissimo fra lei e Kurt. La terribile scomparsa del marito rompe gli equilibri della famiglia Haffner, nella quale Ersilia ha sempre faticato a sentirsi accettata. Per questo motivo, la donna sceglie un destino diverso che le permetta di sentirsi indipendente.

 

IL REGISTA GIANLUCA MAZZELLA RACCONTA

«Quando mi hanno proposto di dirigere il film sulla vita di Egea Haffner, mi sono bastati pochi minuti di ricerca online per realizzare l’importanza dell’opportunità che avevo davanti. È bastato digitare il nome della signora Haffner su un motore di ricerca per ricevere, istantaneamente, l’invito a sfogliare centinaia di pagine web, diverse tra loro, ma tutte concordanti su un punto: la conoscenza della vita di Egea Haffner restituisce l’esatta percezione di cosa abbia significato l’esodo istriano sulla pelle di chi lo ha vissuto in prima persona. Ho subito realizzato che, raccontando in un film la vita di quella donna e della sua famiglia, sarebbe stato per me possibile contribuire alla divulgazione di un evento di portata gigantesca, una pagina molto drammatica della nostra storia recente ancora troppo poco conosciuta dalla maggioranza degli italiani. Quando poi, successivamente, ho incontrato personalmente la signora Haffner, ho avuto la definitiva conferma che la sua storia meritasse di essere raccontata, dopo libri, documentari ed interviste, per la prima volta, anche da un film. Ci siamo incontrati a Rovereto, città in cui vive oggi, e di fronte ad un buonissimo strudel fatto in casa da lei stessa, in qualche ora di amabile conversazione, ho percepito tutta la sua passione e capacità comunicativa. La semplicità con la quale Egea racconta gli episodi della sua vita, così come descritti perfettamente nel suo libro autobiografico da cui è tratto il nostro film, rende comprensibili in maniera empatica e immediata tutti i suoi stati d’animo, tutte le sue emozioni. Sia che si tratti di episodi minimalisti della sua vita privata sia che racconti i grandi eventi storici che hanno coinvolto migliaia di altre persone, le pagine del libro sono una fonte ottimale per essere trasferite sullo schermo.  Inoltre, la vita di Egea, aldilà del traumatico contesto storico in cui si è svolta, è materia ideale per raccontare una vicenda familiare appassionante. Un padre perso prematuramente in circostanze drammatiche, uno zio affettuoso, ma soprattutto una madre, una nonna ed una zia molto diverse tra loro ma tutte con caratteristiche psicologiche molto interessanti da approfondire e tutte, in modi diversi, determinanti per la crescita della bambina Egea. Un universo prevalentemente femminile che ha accompagnato Egea durante gli eventi molto drammatici della sua vita come la perdita del padre, l’esodo dalla amata città di Pola e il difficile inserimento da esuli in una città nuova e sconosciuta ripartendo da zero. È stato per me appassionante raccontare la vita della “bambina con la valigia”, così densa di momenti difficili e fortificanti sia nell’intimità della sua sfera familiare che nel drammatico contesto storico in cui si svolse. Spero di essere riuscito a replicare, con un mezzo espressivo differente, la stessa forza dirompente del libro ed è per me un vero onore, in punta di piedi, con tutto il rispetto necessario quando si racconta la vita di altri, associarmi alla sua missione divulgativa.»

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MARTA FLAVI

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Quella copertina del Radiocorriere…

Una vita nel segno della Tv, una popolarità mai venuta meno in oltre quarant’anni di carriera.  Gli esordi e il successo, l’amore e la solitudine, il passare del tempo e la libertà: la conduttrice si racconta al nostro giornale

 

Di fronte a lei un foglio bianco. Quali parole userebbe per iniziare a scrivere il romanzo della sua vita?

Una donna nata nel posto giusto, da gente giusta e che si è divertita tanto.

L’esordio come annunciatrice nelle televisioni locali, il debutto alla Rai con “Linea Verde”, la grande popolarità raggiunta con la televisione commerciale e “Agenzia Matrimoniale”. Cosa ha rappresentato e cosa rappresenta per lei la Tv?

Innanzitutto la possibilità di essere indipendente economicamente, cosa che ho sempre ritenuto fondamentale. Vengo da una famiglia che non mi ha mai fatto mancare nulla, ma volevo dimostrare ai miei di riuscire a provvedere a me stessa. Capii da subito che fare Tv era un modo per guadagnare: l’ho sempre considerato un lavoro e non un dono divino senza il quale non avrei potuto vivere. È qualcosa che ho sempre rispettato, che ho fatto e faccio con la massima professionalità.

È poi arrivato il giorno in cui questo lavoro ha iniziato ad amarlo…

Quando è arrivato il successo. Mi piace pensare che il successo sia stato per me un imprevisto sul lavoro (sorride).

È sempre stata una donna libera?

Mi è stato insegnato a esserlo, e per questo devo dire grazie a chi mi ha educato. Sono stata fortunata, la libertà non è stata per me una conquista ma un modo di essere.

Una popolarità trasversale, l’apprezzamento del pubblico di ogni età. Come si rimane nel cuore del pubblico per tanto tempo?

Non ho mai capito veramente il motivo di un successo così grande e non capisco per davvero come questa popolarità faccia a resistere ancora. Ma non mi pongo più domande (sorride). Posso dire che anche l’attenzione del vostro giornale mi dà grande gioia.

Era il 1982, il RadiocorriereTv le dedicò la copertina per la conduzione di “Tutti per uno”, fortunato programma per ragazzi di Rai 1…

Fu proprio quella copertina a farmi capire che ce la stavo facendo. Ne fui orgogliosa. Pensi che mio padre comprò tantissime copie del Radiocorriere e le distribuì a parenti e amici.

Nel lavoro e nella vita privata ha conosciuto da vicino i grandi della televisione, cosa le hanno insegnato?

Che la forza dei grandi è nella semplicità, nel darsi al pubblico senza filtri. Penso ad esempio al mio amico Gianfranco Funari e penso a Corrado, un uomo adorabile. Lui mi chiamava “piccolé”, mi invitava a non perdere la spontaneità, a essere sempre me stessa. Mi diceva anche che in televisione avevo un bel tre-quarti, di puntare su quel tipo di inquadratura. Cosa che feci.

Chi è Marta Flavi oggi?

Una donna molto centrata, soddisfatta della propria vita. Ho avuto dei dolori forti, delle frustrazioni, come capita a tutti. Ma i momenti belli sono stati di più degli altri. Credo di essere una donna che sa ascoltare e che sa amare.

Marta Fiorentino e Marta Flavi…

… ormai sono la stessa cosa (sorride)

…è capitato che in passato fossero in disaccordo?

Forse quando qualche fotografo mi chiedeva di avere un atteggiamento un po’ più ammiccante. Lì c’era Marta Fiorentino che diceva “lascia stare” …

…e chi aveva la meglio?

Marta Flavi, perché si trattava di lavoro.

Che rapporto ha con il tempo che passa?

Buono, perché sono fortunata e sono rimasta bella (sorride). Ho un rapporto terribile con la morte, perché sono convinta che potrebbe essere superata, cosa che penso un giorno, forse fra cent’anni, avverrà, ma io non ci sarò. La trovo un fatto innaturale, ingiusto, qualcosa di orribile. Il tempo che passa è un privilegio, non mi fa paura invecchiare, cercherò sempre, fino alla fine, di essere esteticamente gradevole.

Se potesse ricominciare rifarebbe tutto allo stesso modo?

Ho fatto degli errori sia nel privato che nel lavoro. Nel primo caso rifarei tutto ma accorciando i tempi, per esempio nelle storie.

Avrebbe voluto avere la forza di mettere la parola fine a un amore?

Ci sono momenti in cui non riesci a farlo perché pensi che qualcosa possa cambiare, che sia giusto dare una nuova possibilità.

Teme la solitudine?

Non ho il senso della solitudine e non sono obbligata ad avere qualcuno al mio fianco. Questo non vuol dire che non ami stare con gli altri, con gli amici, con le persone a cui tengo.

In amore esiste “per sempre”?

Ogni volta che ho amato qualcuno ho pensato che sarebbe stato per sempre, poi ho visto che non era esattamente così (sorride). Con il tempo ho capito di preferire gli amori brevi e felici.

Lei è una donna felice?

Ho lavorato molto su di me per essere serena. Lo sono quasi sempre.

È scaramantica?

Ho delle mie piccole superstizioni. Il primo giorno dell’anno, ad esempio, devo sempre scendere dal letto con il piede destro, ed evito l’intimo di colore rosso. Non mi ha mai portato bene. Vado con lo slip nero che è sempre chic (sorride).

Un suo pensiero al pubblico che continua a volerle bene…

Un senso di gratitudine infinita unito allo stupore. L’amore del pubblico non l’ho mai dato per scontato. Quando la gente mi ferma per strada, e accade spesso, nonostante sia parecchio tempo che non ho un programma mio, provo una gioia immensa.

 

 

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Signori, il PrimaFestival!

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Con Gabriele Corsi e Bianca Guaccero alla conduzione e con Mariasole Pollio inviata nel backstage dell’Ariston. Da sabato 8 fino al 15 febbraio, subito dopo il Tg1 della sera

Parte il “PrimaFestival”, che accompagnerà il pubblico verso la 75ª edizione del Festival di Sanremo.  A condurre, due popolari volti della Tv: Gabriele Corsi e Bianca Guaccero, che potranno contare sulle incursioni al Teatro Ariston di Mariasole Pollio.

 

GABRIELE CORSI

Sanremo, che significato ha per lei, da spettatore e da addetto ai lavori?

Sanremo esercita sempre un fascino particolare, per chi fa questo lavoro e non solo. Penso alle visioni del Festival a casa con i miei genitori. Penso al 1982, vince Riccardo Fogli con “Storie di tutti i giorni” e io che sogno di arrivare lì. Al 2000, mio primo anno a Sanremo con le Iene. Poi a un “DopoFestival” radiofonico con Ambra. Un evento emozionante e incredibile. Per quanto mi riguarda è splendido esserci.

Due colleghe insieme a lei, che narrazione immaginate e quale sarà il suo ruolo? 

Con Bianca saremo nel glass a condurre, Mariasole sarà la nostra inviata su campo. Sentiremo i cantanti, al momento 29 (sorride), che ci parleranno dell’esperienza sanremese e del loro brano.  Siamo lì a servizio del Festival, siamo un po’ l’antipasto di Sanremo. Il piatto forte arriva dopo, ma come sappiamo, gli antipasti ci dicono spesso come sarà il pranzo che segue. Mia mamma dice sempre che ci pranzerebbe ad antipasti…

Come sta la nostra musica oggi?

Bella domanda! Credo che la risposta dipenda molto dalla data anagrafica dell’intervistato. Ci sono cose molto buone anche oggi, non voglio fare come i nostri genitori che dicevano: “che cos’è questo rumore?”. Certo, al momento di Beatles non ne vedo, ma ci sono tante cose che mi piacciono. Anche nei pezzi del Festival ci sono cose che sono bellissime.

Che cosa la incuriosisce di quello che è il più grande evento musicale italiano?

Tutto è curioso. Viviamo in una bolla magnifica in cui si parla solo di Sanremo, ci si frequenta tra addetti ai lavori, è un’esperienza che mi fa sentire nel mio habitat.

Il vincitore di Sanremo andrà dritto all’Eurovision Song Contest, che caratteristiche deve avere un artista per sfondare anche in Europa?

Non è scontato che vada all’Eurovision, è sempre una scelta del vincitore, anche se negli ultimi anni è capitato. Spero che a vincere il Festival sia la canzone più bella. L’Eurovision è una manifestazione completamente diversa da Sanremo. È stato un caso incredibile che i Maneskin fossero anche eurovisivi, come taglio. Sicuramente ci sono cose che potrebbero fare molto bene anche all’Eurovision. Stiamo a vedere e buon Festival a tutti.

 

BIANCA GUACCERO

Cosa rappresenta per lei il Festival da spettatrice e da addetta ai lavori?

È un po’ la stessa cosa… la sensazione di far parte di un momento di grande aggregazione del nostro Paese. Da spettatrice l’ho sempre visto insieme a familiari o amici, mentre quando sei lì a lavorare lo fai insieme a tantissime persone davanti e dietro le quinte. Sanremo è un evento che unisce e questa è la cosa che più mi piace.

“PrimaFestival”, quale sarà il suo ruolo?  

Insieme a Gabriele Corsi racconteremo al pubblico di Rai 1 curiosità e notizie sul Festival a pochi minuti dall’inizio delle serate, faremo anche conoscere qualcosa in più sui cantanti in gara grazie anche a Mariasole Pollio inviata dietro le quinte. Ci siamo incontrati ed è subito scattata una bella sintonia tra noi tre, sono sicura che ci divertiremo molto.

Come la accompagna la musica nella vita e nel lavoro?

Posso dire che la mia vita ha una colonna sonora, io ascolto musica sempre. Quando sono a casa, quando viaggio, quando sono triste e quando sono allegra. E anche nel lavoro mi aiuta a trovare la concentrazione e stimola la mia creatività. Insomma, la musica è la chiave che apre tutte le porte.

 Che cosa la incuriosisce di più in quello che è il più grande evento musicale italiano?

Come cambia… perché ogni anno Sanremo si trasforma e quindi sono curiosa di vedere quest’anno che edizione sarà, che musica ascolteremo, che spettacolo ci coinvolgerà.

 Quali sono i tre brani sanremesi che porta nel cuore?

“Spalle al muro” di Renato Zero, “Non Amarmi” di Aleandro Baldi e Francesca Alotta e “Come Saprei” di Giorgia.

 

MARIASOLE POLLIO

Sanremo, che significato ha per lei da spettatore e da addetta ai lavori?

Da spettatore Sanremo significa casa, stare con i miei amici e la mia famiglia a fare il tifo! Significa mettere in pausa i giorni comuni e renderli speciali. Da addetta ai lavori, per me significa l’inizio… la possibilità di lavorare e di imparare da una macchina così grande e dai suoi professionisti.

 

“PrimaFestival”, quale sarà il suo ruolo? 

Condurrò con Bianca e Gabriele, ma vi racconterò anche questo magnifico mondo di Sanremo da dietro le quinte, cercherò di svelarvi il backstage, tra emozioni luoghi e momenti inediti.

 

Come la accompagna la musica nella tua vita e nel suo lavoro?

La musica nella mia vita è sorgente, mi capisce, mi guida. La musica è di tutti, è per tutti, ma si racconta in ogni anima in modo diverso. Nel mio lavoro invece è il palco, sono i tour estivi, sono i ricordi con gli artisti che mi conoscono da quando ero bambina… é qualcosa che fa parte di me.

 

Conosce bene la radio, cosa deve avere un brano per conquistare il pubblico?

Un brano per essere vincente non deve mancare d’energia, deve rimanerti in testa dal primo ascolto, deve avere carattere. Una melodia che ti ricorda qualcosa di bello.

 

Nella storia di Sanremo quali sono i tre brani che porta nel cuore?

Penso a “Luce” di Elisa e a “Come Saprei” di Giorgia, sono due donne che con la loro musica hanno accompagnato la mia crescita. Penso anche a “Nu juorno buono” di Rocco Hunt perché rappresenta la mia terra e anche la prima vittoria in napoletano, la mia lingua.

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To Be

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In onda venerdì 7 febbraio, alle ore 16.10 su Rai 3 e alle 19.10 su Rai Gulp per la Giornata Nazionale contro il bullismo e il cyberbullismo

Se potessi cambiare il tuo aspetto fisico cosa cambieresti? Se avessi l’opportunità di essere qualcun altro, qualcuno di perfetto, la coglieresti? È quanto prevede lo speciale di animazione “To Be”, che Rai Kids presenta per la Giornata nazionale contro il bullismo e il cyberbullismo e in onda venerdì 7 febbraio, alle ore 16.10 su Rai 3 e alle 19.10 su Rai Gulp, oltre che su RaiPlay. Benvenuto nel Beautyverse, dove potrai creare la versione migliore di te stesso grazie ad un APS, ovvero Avatar Perfect Shape. Il Beutyverse è Il posto in cui tutti vogliono essere… eccetto Jamila, una ragazzina del primo anno al Liceo Plauto 4.0 per nulla appariscente, il cui unico interesse è dipingere e non ha mai pensato di iscriversi in questo metaverso. Almeno fino a quando i suoi amici non cercano di convincerla a partecipare al “King and Queen Party Event”, l’evento dell’anno della scuola dove non solo viene incoronata la coppia più bella ma anche la più talentuosa. Jamila incuriosita decide quindi di creare il suo Avatar: alta, slanciata e con tutte le misure al punto giusto, insomma il suo completo opposto. Jamila scopre presto che il Beautyverse è più di quello che pensava e scopre che i suoi dipinti possono prendere vita. Inoltre, nessuno conosce la sua vera identità e riesce addirittura ad attirare l’attenzione del più bello della scuola, Hotler, che la invita ad essere nientemeno che la sua Queen al Party Event! Presto quello che sembra a Jamila un nuovo mondo e un nuovo modo di esprimersi, viene messo a rischio quando Hotler, complice la sua ragazza Eride, scopre la vera identità di Jamila e decide si smascherarla con un gioco subdolo e meschino. Ma un misterioso quanto affascinante APS si presenta a Jamila. Il “King and Queen Party Event” sul Beautyverse è alle porte. Può l’amore far sì che le persone vadano oltre le apparenze? Gli standard di bellezza sono cambiati in modo significativo negli ultimi anni e oggi i giovani, anche a causa dei social, sono sommersi da modelli estetici impossibili da eguagliare nella vita reale. Avere i lineamenti del viso, le misure di seno e vita in un determinato modo, avere i pettorali e gli addominali scolpiti è ciò che i ragazzini, e non solo, pensano siano le caratteristiche che porterà loro ad essere amati e accettati dalla società. L’ Apparire risulta più importante dell’Essere. Questo contesto può avere conseguenze devastanti, come una percezione distorta di sé, generando insicurezza, ansia e frustrazione, sentimenti comuni a molti giovani di oggi e in casi estremi e sfortunatamente sempre più frequenti porta allo svilupparsi di disturbi alimentari quali anoressia e bulimia. Lo speciale televisivo “To Be” mira a promuovere l’accettazione di sé, la differenza come valore, la naturalezza e lo scostamento da standard irrealistici di perfezione, come elementi di autenticità e vera bellezza. Collegato a ciò ovviamente è il bullismo. Da sempre tutto ciò che è considerato “diverso” e non conforme ad uno standard viene deriso e vezzeggiato. Anche tale aspetto è stato esacerbato dai social: essendo costantemente in mostra, i ragazzini si sentono continuamente sotto esame, e possono diventare target di commenti offensivi su di loro e sul loro aspetto fisico, con conseguente, a volte anche gravi, sulla loro salute mentale. “To Be” è una serie prodotta da Graphilm in collaborazione con Rai Kids, scritta da Maurizio Forestieri e Anna Lucia Pisanelli, con la regia di Maurizio Forestieri.

 

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ALEX PLAYER

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Su Rai Gulp arriva una serie dedicata agli eSport. Tutti i giorni, alle 9.25 e alle 15.35 e disponibile in boxset su RaiPlay

Il fenomeno degli eSport ha conquistato rapidamente una fetta crescente di pubblico in tutto il mondo, evolvendosi da una nicchia per appassionati a un vero e proprio fenomeno di massa. Le competizioni virtuali, che vedono atleti professionisti sfidarsi in titoli videoludici di successo, sono ormai riconosciute come eventi sportivi a tutti gli effetti, con tornei che attraggono milioni di spettatori online e offline. Ma cosa sta alimentando questa ascesa vertiginosa? Oltre alla spettacolarità e all’innovazione tecnologica dei giochi, gli eSport stanno diventando sempre più una forma di intrattenimento globale, accessibile e coinvolgente. In questo articolo esploreremo i fattori che contribuiscono a questo straordinario successo, analizzando le dinamiche che stanno trasformando un passatempo digitale in una vera e propria industria multimiliardaria. A questo mondo, molto amato dai giovanissimi, è dedicata la nuova serie animata “Alex Player”, in onda in prima visione, tutti i giorni, alle 9.25 e 15.35 su Rai Gulp e disponibile in boxset anche su RaiPlay. Alex Player affronta l’importanza dell’amicizia, i valori dell’eSport, il lavoro di squadra, il saper superare i propri ostacoli, e la complessità di gestire una competizione di alto livello insieme alla vita di tutti giorni, a scuola e in famiglia. Alex Player esplora diversi temi, tra cui accettare gli altri e le loro differenze, il beneficio delle avversità, imparare a crescere insieme attraverso le sconfitte e le vittorie, il sessismo, la rivalità, il brivido dello sport. La serie butta giù i cliché, rivelando il valore del fair play nel mondo dei videogiochi. Nel corso delle 26 puntate vengono seguite le epiche avventure dei giovani giocatori sia nella loro vita reale (in 2D) che nel mondo di “Land of Titans” (in 3D) e si scoprirà come questa passione tra ragazzini e adolescenti può essere un evento sportivo di alto livello!  Quest’anno, è il turno della scuola Belmont di ospitare il campionato interregionale tra scuole dell’eSport “Land of Titans”. E’ un’opportunità per riunire le migliori squadre sotto i quindici anni della regione! Camille, Amy e Mike sono coloro che formano la squadra locale, le Manguste. Costretti a sostituire il loro capitano, conoscono Alex, un carismatico e appassionato giocatore di calcio… ma una totale schiappa in fatto di video game! Eppure, Alex si scopre essere particolarmente dotato. Ma cosa più importante, ha tutte le caratteristiche per essere un vero Capitano, capace di tirar fuori il meglio da ciascuno di loro! Insieme, questi outsiders si sfideranno con la squadra che detiene il titolo del Campionato, i potenti Dragoni, nonché contro gli Onyx e le loro super naturali tattiche di difesa, le Campionesse con la loro leggendaria velocità, e specialmente contro i Cobra, imbroglioni compulsivi.

 

 

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Nella mente di Narciso

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Raccontare per prevenire. In esclusiva su RaiPlay i nuovi episodi della docuserie di successo con Roberta Bruzzone: l’unico modo per vincere con un manipolatore narcisista è non giocare al suo gioco

Il delitto di Temù, piccolo e tranquillo paesino della Lombardia e il caso Tramontano-Impagnatiello, sono i fatti di cronaca nera affrontati nei nuovi episodi di “Nella mente di Narciso”, la docuserie di Rai Contenuti Digitali e Transmediali, dal 22 gennaio in esclusiva su RaiPlay, condotta da Roberta Bruzzone e che ha raggiunto un milione di visualizzazioni. La criminologa e psicologa forense, indaga nella personalità degli assassini definendo il profilo del narcisista maligno e propone un intenso viaggio nella mente del killer partendo da efferati delitti.  Puntata dopo puntata Bruzzone, supportata da una griglia che raccoglie tutte le caratteristiche specifiche di una personalità distorta di matrice narcisistica, entra nella mente degli assassini al centro delle vicende raccontate, dimostrando come siano affetti da disturbi specifici evidenziando tutte le ripercussioni devastanti sulle loro vittime. «Con i casi di Laura Ziliani e di Giulia Tramontano – spiega Roberta Bruzzone – avremo modo di esplorare altre due tipologie di scenari di chiara matrice narcisistica all’interno del perimetro più ampio delle relazioni affettive. In particolare approfondiremo i vari ruoli all’interno del cosiddetto “trio diabolico” nel piano criminale per eliminare Laura Ziliani. Non deve essere stato difficile sedurre Silvia e Paola Zani per un soggetto come Mirto Milani. Prima la maggiore, approfittando delle sue fragilità. Poi la sorella minore, decisamente più strutturata della prima ma anch’essa sensibile alle lusinghe dell’aspirante cantante lirico. Il caso di Giulia Tramontano – prosegue Bruzzone – ci consentirà di descrivere in maniera precisa il funzionamento psicologico nel cosiddetto narcisismo overt di cui Alessandro Impagnatiello risulta essere una sostanziale incarnazione. Verranno descritte in maniera chirurgica tutte le fasi della relazione con questo genere di narcisisti maligni e le trappole manipolatorie più insidiose di cui viene disseminata la relazione». “Nella mente di Narciso”, otto puntate dal 25 minuti, offre uno sguardo profondo su personalità oscure ed inquietanti e vuole fornire al pubblico una sorta di manuale d’istruzione per riconoscere i principali segnali che possono portare a una pericolosa escalation e allontanare possibili narcisisti maligni. Sono già disponibili su RaiPlay le puntate dedicate a Benno Neumair che uccise a casa sua i genitori, Peter Neumair e Laura Perselli, utilizzando una corda da alpinismo, e a Sarah Scazzi strangolata dalla cugina Sabrina Misseri e dalla zia Cosima Serrano, condannate all’ergastolo.

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