La musica, il cibo dell’anima

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BEATRICE VENEZI

Otto compositrici geniali e libere che hanno fatto la storia della musica, donne geniali che hanno conquistato la scena musicale, musiciste innovative capaci di emergere in un mondo di uomini, ma spesso dimenticate. “Voci Fuori dal Coro”, disponibile in boxset da martedì 16 aprile in esclusiva su RaiPlay e su RaiPlay Sound, è un viaggio nella storia della musica al femminile, per dare luce ad artiste che sono state capaci di sovvertire gli schemi e lasciare un segno. A presentarle è la direttrice d’orchestra accompagnata da illustri interpreti della musica classica che si esibiranno nelle diverse puntate

Che viaggio sarà quello di “Voci fuori dal coro”

Otto puntate nelle quali racconteremo otto donne straordinarie che hanno fatto la storia della musica, partendo dall’anno 1000, da Ildegarda di Bingen fino alla contemporaneità con Bjork. La musica non ha confini, l’unico sta nella sua bellezza, c’è musica bella e c’è anche musica brutta, ma non ha niente a che fare con il genere. Faremo, dunque, ritratti di donne che, pur segnandolo dei punti di non ritorno per il loro periodo storico musicale, non sono state raccontate, non vengono mai menzionate nei manuali e nei libri della musica. Oggi diventa quindi importante riportare questi personaggi alla conoscenza e alla consapevolezza di tutti, soprattutto nell’ottica delle nuove generazioni alle quali è necessario far comprendere come il genio femminile non è assolutamente un’eccezione che conferma la regola ma, al contrario, le donne hanno espresso il loro potenziale, il loro genio e la loro eccellenza molte volte nell’arco della storia.

Tra tutte le donne raccontate, qual è quella che l’ha colpita di più?

Una sola è difficile, anche se la vicenda di Ildegarda di Bingen è di una modernità straordinaria, soprattutto se la si colloca nel Medioevo, un’epoca considerata dai più come buia, anche se sappiamo perfettamente che non è così. Immaginarsi una donna, per di più una monaca, che decide di sovvertire tutte le regole, di imporsi con la sua libertà tanto nell’espressione musicale quanto in qualsiasi altro tipo di espressione è un fatto eccezionale.  

E quella che, invece, sente più vicino a lei?

Probabilmente Nadia Boulanger, una delle prime donne a dirigere delle orchestre importanti e rinomate in tutto il mondo, oltre a essere insegnante e mentore delle più grandi personalità musicali del Novecento.

Lei è molto giovane, dirige ormai tanti concerti, qual è quello che l’ha emozionata di più?

Definire un unico momento di particolare gioia e soddisfazione nel mio lavoro è difficile, ce ne sono stati molti. Penso alla prima volta che ho diretto in Giappone, una sorpresa enorme, perché è come incontrare un altro pianeta, oppure quando sono riuscita, anche lo scorso anno, a portare circa cinquemila persone in piazza per un concerto dedicato a Puccini nella mia città natale, Lucca, in occasione dell’inaugurazione delle celebrazioni pucciniane. Quest’anno ricorre per l’appunto il centenario della sua morte.

Quante persone dirige?

Il numero delle persone dipende dal fatto che si debba dirigere un concerto sinfonico o un’opera. In questo ultimo caso, infatti, oltre all’orchestra ci sono anche il coro, i cantanti, i figuranti e si deve anche tenere conto di tutto quello che accade dietro le quinte, parliamo quindi di diverse centinaia di persone. La responsabilità di tutta questa macchina ricade sue spalle del direttore d’orchestra.

Che musica ascolta Beatrice Venezi?

Ascolto veramente di tutto, mi piace essere informata, la prendo anche come una forma di lavoro, perché voglio capire dove va il gusto del pubblico, o quanto questo sia guidato da ciò che il mercato impone. È una domanda che mi faccio spesso.

Ci racconta, invece, come si è sentita a prendere parte al Festival di Sanremo?

È stata un’edizione molto particolare, senza il pubblico in sala perché si svolgeva durante il periodo del Covid. Si respirava un’atmosfera strana ma, nonostante ciò, oltre al grande divertimento, è stata un’esperienza particolarmente stimolante, perché mi mettevo in gioco in qualcosa di diverso.

Il programma sarà fruito attraverso RaiPlay, la piattaforma digitale che si rivolge in modo particolare a un pubblico giovane, non sempre attratto dalla musica classica, ritenuta di difficile interpretazione…

La musica classica nasce come la musica pop, popolare dell’epoca, è per questo tipo per tutti. È vero che esiste una nicchia di persone del mondo della cultura che pensa che la cultura dovrebbe rimanere appannaggio di pochi, io ritengo, invece, al contrario, che tutti abbiano il diritto di godere di questo grande cibo per l’anima e di questa bellezza che, ancora oggi, con i suoi capolavori intramontabili, mantiene intatto il suo potere di comunicazione.

C’è un artista o un musicista classico che più di altri, secondo lei, arriva più facilmente ai giovani?

Parlando di repertorio sinfonico, penso che Beethoven colpisca sempre tutti con il suo spiccato elemento ritmico sempre presente che lo fa risultare di più facile comprensione. Potrei citare anche Čajkovskij con le sue melodie immortali che ormai fanno parte di tutti noi, mentre nell’opera direi Giacomo Puccini con la sua modernità nella scrittura e una sensibilità già cinematografica molto spiccata e una velocità dell’azione drammatica che ricorda molto quella delle serie televisive o nei film di oggi.

Quali sono i prossimi impegni di Beatrice Venezi?

Andrò negli Stati Uniti per un paio di concerti, poi a Buenos Aires per il mio debutto al teatro Colón e alla Scala in Sud America, il teatro con una struttura tradizionale all’italiana più grande del mondo. Sono molto emozionata soprattutto perché è un debutto che avviene, ancora una volta, con il mio conterraneo Puccini.

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Al centro dello sport

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OFFERTA SPORTIVA

ROMA 9 APRILE 2025 PRESENTAZIONE DI “TUTTO LO SPORT, OVUNQUE, MINUTO PER MINUTO” PALINSESTO SPORTIVO RAI IN OCASIONE DELLA STAGIONE SPORTIVA A PARTIRE DA MAGGIO 2024 NELLA FOTO FRANCESCO PIONATI, JACOPO VOLPI, ROBERTO SERGIO, ELENA CAPPARELLI

Da aprile a novembre, una programmazione mai vista prima. I prossimi mesi saranno ricchissimi di avvenimenti e la Rai, nel pieno rispetto della propria mission di Servizio Pubblico, sarà impegnata con il massimo delle capacità editoriali e tecnologiche per garantirne la fruizione al più ampio numero possibile di appassionati

Dall’Europa League alle ATP Finals di fine stagione, passando per gli Internazionali d’Italia di tennis, gli Europei di atletica di Roma e quelli di calcio in Germania, il grande ciclismo con Giro e Tour e, naturalmente, i Giochi Olimpici e Paralimpici di Parigi 2024. “Ovunque, minuto per minuto” è il claim che ben racconta lo sforzo editoriale che vede impegnate le reti generaliste insieme a Rai Sport HD, RaiNews 24, RaiNews.it e Rai Italia, ma anche la radio (Radio 1 e Radio 1 Sport), e RaiPlay e RaiPlay Sound. Giovedì 18 aprile Rai 1 trasmetterà il ritorno del derby di Europa League Roma-Milan, mentre le due semifinali andranno in onda il 2 e il 9 maggio. Un mese, maggio, nel corso del quale saranno protagonisti anche il tennis e il ciclismo: quasi in contemporanea, infatti, prenderanno il via l’edizione 2024 del Giro d’Italia, sabato 4 alla Reggia di Venaria Reale, appena fuori Torino, e, lunedì 6, gli Internazionali BNL d’Italia, con i match dei primi turni. Il racconto del Giro d’Italia, come sempre, sarà praticamente integrale, con “Prima Diretta”, ovvero i primi chilometri delle 21 frazioni in diretta su Rai Sport HD – che ospiterà anche la rubrica “Giro Mattina, dal Villaggio di partenza” – e poi, dalle 14.00, su Rai 2, la telecronaca fino alla conclusione, per lasciare subito dopo la linea al “Processo alla Tappa” mentre, in serata, su Rai Sport HD, andranno in onda le altre due rubriche dedicate, “TGiro” e “Giro Notte”. Il ritorno delle telecamere Rai sul centrale del Foro Italico per gli Internazionali di tennis avverrà invece con il racconto in diretta di un match al giorno – 11 in totale – con sette incontri programmati su uno dei tre canali generalisti (Rai 1, Rai 2 o Rai 3), quattro dei quali in prime time.
Da giugno ad agosto l’offerta sportiva Rai comprenderà, in successione, atletica, calcio, ancora ciclismo con il Tour de France e Olimpiadi. Gli Europei di Roma di atletica, dal 7 al 12 giugno, saranno trasmessi integralmente su Rai 2, dalle 9.30 alle 13.00 (sessione mattutina) e dalle 18.00 alle 23.00 (sessione pomeridiana/serale), con finestre su Rai Sport HD in caso di contemporaneità di eventi o negli spazi dedicati all’informazione del Tg2. Per UEFA Euro 2024, in programma in Germania dal 14 giugno al 14 luglio, il palinsesto Rai sarà composto da venti partite della prima fase (match serali su Rai 1 in prima serata, partite pomeridiane su Rai 2), e poi, tutti su Rai 1, quattro ottavi di finale, i quattro match dei quarti di finale, le due semifinali e la finale. A partire dalla seconda settimana dell’Europeo di calcio entrerà in scena il Tour de France, la cui partenza, il 29 giugno, avverrà da Firenze. Per la prima volta nella storia, infatti, la Grande Boucleprenderà il via dal nostro Paese, con tre tappe omaggio ai grandi campioni del pedale tricolore: Firenze-Rimini, Bologna-Cesenatico e Piacenza-Torino. Anche il Tour, così come il Giro, “vivrà” praticamente su Rai 2 e Rai Sport HD, con un racconto integrale e con le tre rubriche dedicate, “Tour Replay”, “Tour di sera” e “Tour di notte”. E Rai 2, come nelle passate edizioni dei Giochi, sarà la rete delle Olimpiadi, con il racconto live, dalle 7.30 del mattino a mezzanotte, compresa la rubrica serale “Il Circolo degli anelli”, delle Olimpiadi parigine. Non solo: quest’anno, per la prima volta, Rai 2 sarà anche la “rete paralimpica”, con le telecronache in diretta di tutti e dodici i giorni di gara, da mercoledì 28 agosto a domenica 8 settembre. Infine, ancora tennis, con la fase finale della Coppa Davis, nella quale l’Italia difenderà il titolo conquistato a Malaga l’anno scorso, dopo quasi mezzo secolo di tentativi infruttuosi, e con le ATP Finals di Torino, che a novembre, dal 10 al 17, metteranno di fronte i migliori otto giocatori del circuito maschile e le migliori otto coppie di doppio.

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Il progetto della vita siamo noi

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LA FISICA DELL’AMORE

«Sono felicissimo di arrivare alla Rai con la mia vita da professore di fisica, spinto dal desiderio di condividere con i ragazzi un viaggio bellissimo» dice Vincenzo Schettini, insegnante che ha saputo conquistare i giovani sui social, affascinando con la sua narrazione scientifica non solo le giovani menti. Dalla sua esperienza, a partire dal 16 aprile, dal Teatro delle Vittorie a Roma, l’appuntamento con il prof è il martedì e il mercoledì in seconda serata Rai 2

La fisica dell’Amore e l’amore sono due fenomeni naturali, non si vedono eppure esistono!

Popolare e amatissimo su social, il Professore Vincenzo Schettini sbarca in Tv con un nuovo programma che, rivolgendosi direttamente ai ragazzi, propone come affrontare con coraggio le sfide di natura emotiva. Attraverso esperimenti di fisica, cercherà di spiegare la complessa realtà dei sentimenti e delle emozioni che costellano la nostra vita: amore, amicizia, rabbia, paura, sofferenza, sessualità. Ogni puntata sarà un viaggio che toccherà più temi e che coinvolgerà ospiti del mondo della musica, dello spettacolo, ma anche della cultura, dello sport e del giornalismo. I cantanti, molti dei quali vicini al pubblico di giovani che tanto ama il professore, si esibiranno in studio e le loro canzoni saranno uno strumento per raccontare i sentimenti. Tra gli ospiti ci saranno, ad esempio, Big Mama, Mannini ma anche alcuni tra i protagonisti di Mare Fuori, Giuseppe Pirozzi (Micciarella), Raiz e Domenico Cuono (Cardiotrap), anche protagonisti che hanno fatto la storia della canzone come Rita Pavone. In ogni puntata sarà presente “il momento del coraggio”, testimonianza di un ragazzo che racconterà e condividerà momenti di difficoltà. Il coraggio, per l’appunto, di guardarsi in faccia senza sentirsi soli. Parte del cast fisso sarà Gabriele Rossi, un giovane talento della musica che, con il suo pianoforte, sottolineerà alcuni momenti di racconto. Al termine di ciascuna avventura, il Professore scriverà sulla sua “Lavagnetta” i tre punti salienti che riassumeranno il percorso della puntata e che lascerà come spunto di riflessione per il pubblico.

Ci racconta che viaggio sarà?

Un viaggio straordinario, una continuazione del racconto della fisica di per sé, perché io sono e resto un prof. Porto la fisica in Tv per esplorare i nostri sentimenti perché, diciamoci la verità, noi siamo parte di questo universo e quindi anche i nostri sentimenti rispondono a quelle regole che la matematica cerca di mettere in ordine attraverso le proporzioni. Questo sarà “La fisica dell’amore” con un grande valore aggiunto, i ragazzi ai quali io sono sempre molto vicino. I giovani hanno qualcosa di straordinario dentro, un’energia particolare e questo programma sarà una dedica speciale per loro.

Che cosa vuol dire avere il coraggio di rapportarsi con i sentimenti?

Significa non accontentarsi, spingere su se stessi, sacrificarsi, lavorare, accettare il cambiamento, anche se a volte ti arriva addosso come un feedback negativo. Significa saper riconoscere, anche attraverso quella caduta, quel fallimento, un nuovo inizio e avere la voglia di rialzarsi. Questo vale per tutti e, attraverso questa trasmissione, come i risuonatori in musica, cercheremo di ribadirlo, sottolineando come, la fisica questo ce lo insegna bene, ciascuno di noi abbia la propria frequenza, dobbiamo trovare il modo di connetterla con gli altri. È un percorso difficilissimo, complicato, ma che dobbiamo fare.

Da cosa è spinto per andare avanti in questo percorso a ostacoli?

Il mio personale goal è l’amore incondizionato che io provo per la fisica, che è una cosa meravigliosa… ve lo dico in pugliese (ride). È una danza stupenda e grazie al mestiere di insegnante ho sentito immediatamente l’opportunità di raccontarla. Se un docente riesce a fare passare questo amore a un suo studente ha fatto centro, non c’è bisogno di avere dei capelli dritti verso l’alto o un grande sorriso, perché riuscire a comunicare ciò che si ama, permette di arrivare dritti al cuore dei tuoi ragazzi. Riuscire a incuriosirli fa sì che loro abbiano voglia di sentirti parlare, di sapere come va a finire la tua storia. Questa è una parte importante del mestiere del prof.

Che cosa scriverebbe nella sua personale “lavagnetta”?

Scriverei qualcosa per i ragazzi, tre parole. La prima è amore, perché grazie a questo sentimento abbiamo una visione differente di noi stessi; la seconda sarebbe condivisione, una parola che va molto di moda oggi. Sembra che sui social si condivida tutto, ma nella realtà non è così. Quello che dovremmo imparare è lo scambio delle idee con gli altri, mettersi in ascolto. In questa maniera si cresce. La terza, infine, è coraggio. Muoviamoci da quel principio della dinamica che Newton aveva chiamato il principio di inerzia, ovvero un corpo è fermo finché non intervengono forze esterne. Ma quale forza esterna? Quella che abbiamo dentro di noi, la forza di volontà.

Cosa le ha insegnato la fisica?

L’insegnamento più grande che ho ricevuto è stato coltivare la capacità di non credere che si è di fronte alla perfezione. Newton scrive della gravitazione universale, una teoria che non viene abbandonata da Einstein che, con la sua relatività, non mette da parte il progetto del collega precedente, al contrario lo migliora, lo amplia. La fisica è in continuo aggiornamento, ricerca, ritocca, arrotonda per arrivare al risultato con meno coefficiente di attrito possibile. È un insegnamento che vale per la vita, un principio che spinge a goderci quello che siamo.

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Con il sole in tasca

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NUNZIA DE GIROLAMO

I protagonisti dello spettacolo, dello sport e della vita pubblica nel salotto del sabato sera di Rai 1. Divertente, profondo, irriverente: “Ciao Maschio” è tornato in onda. La conduttrice al RadiocorriereTv: «Mi pongo sempre in ascolto dei miei ospiti, al punto a volte da dimenticarmi di essere in Tv»

Siamo alla quarta stagione di “Ciao Maschio”, cosa hai scoperto, di nuovo e di più, in tutto questo tempo, dei maschi italiani?

Con un gioco di parole dico di avere scoperto che c’è ancora tanto da scoprire (sorride). Ogni volta che mi confronto con l’universo maschile trovo da una parte una certa chiusura, una indisponibilità a parlare veramente di se stessi, una difficoltà a narrarsi davvero per ciò che si è, a mostrare le proprie fragilità. Dall’altra, invece, un grande desiderio di parlare, di aprirsi, di dialogare su cose profonde. Più l’età è adulta e più lo “schermo” è forte, c’è maggiore condizionamento da parte di una società che ha chiesto al maschio di essere un supereroe, forte. Un elemento che continuo a riscontrare è la grande capacità del maschio di stare insieme, di fare spogliatoio, anche quando gli ospiti hanno età tra loro diverse.

Un viaggio anche intergenerazionale, cosa ti colpisce dei tuoi ospiti più giovani?

Tra loro è evidente la difficoltà di una generazione che purtroppo sta crescendo tra covid e guerre e che, probabilmente, ha grande paura del futuro. Si tratta di una condizione che li porta a essere anche affettivamente più instabili di quanto lo siano stati i nostri mariti, i nostri genitori, i nostri nonni.

C’è un genere di domande che, per esperienza, ti sei accorta che i maschi proprio non sopportano?

I maschi si divertono quando arriviamo all’ultima parte del programma che abbiamo chiamato “a quest’ora si può”, con domande più piccantine che riguardano la sfera dell’intimo. C’è più facilità a parlare di argomenti pruriginosi piuttosto che di amore, di solitudine o di emozioni più impegnative. I maschi hanno certamente difficoltà a parlare di qualcosa che hanno fatto fuori dalle regole, a confidare la cosiddetta marachella. Hanno forse paura del giudizio. Non so se questo sia da legarsi alla cultura maschilista, che tocca le donne quanto gli uomini, oppure al fatto che siano dei personaggi pubblici. C’è la tendenza a non dire cose particolarmente “strane” della loro esistenza.

Il ruolo pubblico tende a inibire…

Proprio per questo sogno, in futuro, di fare “Ciao Maschio” con le persone comuni. La mia ambizione è fare la televisione che faceva Maurizio Costanzo, che ha realizzato anche Maria De Filippi con “C’è posta per te”, che è riuscita a mettere in scena i sentimenti delle persone. Mi piacerebbe fare un viaggio nel maschio italiano che non abbia una vita vip.

Cosa ti intriga (e cosa ti diverte) di più in un uomo?

La conquista, che per me significa sfida. Nella mia vita sono sempre stata molto complice dei maschi, al tempo stesso mi diverte stuzzicarli un po’, provocarli, sfidarli e conquistare in un certo senso la loro fiducia. Lo faccio per entrare con loro in quello spogliatoio che ho sempre molto apprezzato, che invidio al genere maschile. Non è solo una conquista uomo-donna, ma di fiducia, di simpatia.

Una ricerca di incontro, di empatia…

Mi pongo sempre in ascolto, al punto da dimenticarmi di essere in televisione (sorride). Se nel corso della puntata incontro un ospite che si ritrae o che ha un’energia negativa, lo sento molto sulla pelle e mi condiziona nella conduzione.

Come ti comporti quando nel corso del programma un ospite “delude” le tue aspettative?

In quel caso adopero il mestiere, do fondo alla mia capacità di essere professionale, divento una conduttrice televisiva e porto a casa il risultato. Quando accade rimango però con l’amaro sulla pelle: se trovo un ospite che non mi dà niente provo dispiacere.

Diamo spazio alla fantasia. Un trio “impossibile” e irresistibile per il tuo salotto. Scegli un politico, un personaggio dello spettacolo e uno sportivo…

Primo tra tutti Fiorello, che continua a dirmi no, al suo fianco mi piacerebbe avere Matteo Berettini, ma non ho ancora provato a invitarlo. Come politico Pier Luigi Bersani.

Ti regalo la macchina del tempo e ti propongo di portare nel tuo salotto tre personaggi storici…

Senza dubbio Dante. Insieme a lui Platone ed Einstein…

Ambizioso… servirebbe l’intelligenza artificiale…

Forse con il metaverso un giorno riuscirò a fare “Ciao Maschio!” nel passato.

Cosa chiederesti loro?

A Dante dove collocherebbe, tra i gironi dell’Inferno, alcuni personaggi vip della Tv e alcuni politici. A Platone di parlarmi della differenza tra maschile e femminile, ad Einstein, infine, che uomo ci sarà dopo il metaverso.

Il tuo è un programma che vive sulle parole. Qual è quella che meglio ti racconta? 

Determinazione. Alla fine di tutto, nonostante le mie cadute, le mie salite, le fragilità che appartiene a tutti, la mia forza è proprio la determinazione.

C’è invece una parola che ti fa arrabbiare?

Invidia. Il male dell’umanità.

Non l’hai mai provata?

Non la provo. Vorrei tanto provarla per capire quella degli altri. Sono una persona positiva, che riesce a tenere, nonostante tutto, il sole in tasca. Forse perché sono campana. Godo dei successi degli altri, quando vedo qualcuno che riesce a raggiungere un obiettivo importante è il momento in cui penso di potercela fare anche io.

C’è una domanda che ti piacerebbe ti fosse fatta nel corso di un’intervista e che invece non ti è mai stata posta?

Forse quella che potrebbe sembrare più banale di tutte, che non poniamo mai a nessuno: come stai?

Nunzia, come stai?

Diciamo bene (sorride).

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Vite di donne

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FRANCESCA FIALDINI

Dopo il successo della scorsa stagione, la giornalista è tornata a condurre con “Le Ragazze” il sabato in prima serata su Rai 3. «Le donne che raccontiamo – spiega –  sono esempi di donne che, a prescindere dalla vita privata, hanno saputo costruire la loro felicità puntando sulle capacità»

Dopo il successo dello scorso anno, è tornata con “Le Ragazze”. Quali sono, in questa edizione, le vite che sta raccontando?

Sono tutte vite di donne che hanno puntato sulle loro abilità, sulle capacità, sul loro talento, che non si piangono addosso ma basano la vita su loro stesse. Sono esempi di donne che, a prescindere dalla vita privata, hanno saputo costruire la loro felicità, puntando sulle capacità. Un messaggio importante, attuale e necessario.

Anche in queste nuove puntate, la storia delle protagoniste si intreccerà con quella del nostro Paese?

Certo. In questo senso c’è la storia di Mira Micozzi che è emblematica, figlia di un partigiano ucciso nelle Fosse Ardeatine. Nella vita ha sperimentato la fame del Dopoguerra e, dopo aver vissuto un anno lontano dalla sua mamma perché i bambini venivano generosamente accolti da altre famiglie della Pianura Padana, dice a se stessa che vuole cambiare il suo destino. E lo fa, perché una volta tornata a Roma, impara un mestiere, reinventandosi tante volte. Mira è stata benzinaia, forse tra le prime in Italia, ma anche controfigura a Cinecittà e parrucchiera senza sapere neanche come si facesse, con l’arte continua dell’arrangiarsi. La sua storia ci parla della forza delle donne, della capacità di stare sempre in piedi, ma ci racconta anche la nostra storia che affronteremo a fine puntata con Stefano Martini.

Per la prima volta, ogni puntata apre allo sguardo maschile. Che confronto sarà?

Schietto e sincero. La curiosità era quella di capire come i maschi dell’epoca, vissuti da ventenni nello stesso decennio delle protagoniste, vivessero le lotte per le rivendicazioni sociali dell’universo femminile. Parliamo degli anni ’60, ’70, ’80. Un conto è essere donna, scendere in piazza e lottare per il divorzio, un conto è essere uomo. Abbiamo chiesto ai nostri protagonisti come si sono lasciati toccare da quello che accadeva intorno, dalle richieste che arrivavano dal mondo femminile, come le hanno vissute, interpretate e a quale punto siamo arrivati oggi.

Ci saranno delle decane con le loro storie, le loro vite. È  un po’ come entrare in un libro di storia…

È così, e tutto è molto affascinante. Sembra a volte di poter entrare in tutti questi argomenti, provare le emozioni di chi racconta. Io immagino ad esempio Rosanna Bonelli, la prima donna che corre al Palio di Siena e che resta l’ultima perché non ci sarà nessun’altra. Sale ancora a cavallo, aiutata dai figli. È bellissimo raccontare questa resistenza. Mi piace tanto anche la storia di Teresa De Sio perché lei trova la sua identità sul palco e lo fa a trecentosessanta gradi con tutte le arti di cui è capace, senza mai sottrarsi alla sfida. Oggi è una donna piena di colori. Ma sarà con noi anche Veronica Lucchesi, una ragazza degli anni 2000, cantante di “La Rappresentante di Lista”. Che domande si portava dentro quando è arrivata al successo con brani che sono diventati iconici della musica contemporanea? Che cosa c’è dietro quel famoso “Ciao Ciao” di un suo pezzo? C’è una generazione che urla contro il cambiamento climatico, che ci mette in guardia sulle sfide del presente, perché lei è una ragazza di quegli anni 2000, che iniziano proprio con il crollo delle Torri Gemelle. Lei ci dice chi sono oggi i giovani e quali angosce hanno ereditato.

Ogni epoca rivive anche attraverso il prezioso repertorio delle Teche Rai?

Un tesoro inesauribile per fortuna nostra. Le Teche danno forza alle nostre storie e ci permettono di entrarvi. Immagini di una società che non c’è più. Vedremo ad esempio Minnie Minoprio anche in contesti che oggi appartengono al nostro immaginario, la prima grande show girl che si è imposta con le sue gambe chilometriche e i suoi riccioli biondi. Le Teche ci permettono un viaggio nel tempo.

“Da noi a ruota libera”, “Fame d’amore”, “Le Ragazze”. Programmi che vedono al centro la parola, il racconto, la narrazione. Cosa le lascia tutto questo?

Come fare un corso accelerato all’università o come aver letto cento libri tutti insieme, che sono in parte romanzi e in parte libri storici. Un compendio eccezionale, un bagaglio di emozioni che mi arriva da tutte, insieme alla formazione e a nozioni che io non avevo. La forza di “Le Ragazze” è proprio questa: guardarlo e riscoprire il tempo che è stato, ricordare, immedesimarsi. Se si è invece più giovani, si possono imparare tante cose.

C’è una figura femminile storica che le sarebbe piaciuto intervistare?

Mi sarebbe piaciuto tanto incontrare Rita Levi Montalcini, anche se appare scontato. La sua potenza, intelligenza, la sua indipendenza emotiva mi affascinano tanto. Una donna che non si concedeva molto volentieri alla chiacchiera. Mi sarebbe piaciuto starle anche soltanto vicino per un po’, per conoscerla meglio. Il suo è un approccio moderno alla vita, che in lei era innato e che l’ha resa una pioniera. Le ragazze di oggi dovrebbero recuperare quel tipo di visione del mondo, quella sicurezza che lei aveva nelle proprie capacità e nella propria forza, a prescindere dall’aspetto fisico sul quale lei giocava molto dicendo che non era mai stata bella ma che non era importante per lei. Scoprire vite come quella di Rita Levi Montalcini oggi, significa un confronto su temi urgenti.

Francesca Fialdini,2024

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La scoperta di sé

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ALICE ARCURI

«Mi sono sentita molto a mio agio in questo ruolo, spesso in televisione mi vengono proposti ruoli diversi… se non sorrido sembro già cattiva, antipatica. Questa volta, invece, ho potuto tirare fuori le parti più autentiche di me» racconta l’attrice genovese protagonista con Edoardo Leo de “Il Clandestino”, il lunedì in prima serata su Rai 1

Un noir che ha immediatamente conquistato il pubblico…

La serie si presenta con un mix accattivante di tanti generi, drama, commedia, trama detective che non dimentica il romanticismo, in più è ambientata in una sorta di open world che colpisce. Abbiamo girato a Milano, una location poco conosciuta dalla televisione italiana ma che, in questo racconto, svela degli scorci e sfumature cromatiche davvero molto interessanti. È un ambiente apparentemente respingente, molto malinconico, le scene passano dalla Milano glamour della high society, alla sua parte più periferica, colorata. A dare ancora più valore al tutto, è la perfetta scrittura dei personaggi, ciascuno dei quali presenta linee narrative molto dense.

Quale ruolo interpreta nella serie?

Carolina Vernoni incarna la classica sciura milanese super “infighettata”, sempre occupata in attività frenetiche, vive con una figlia in una casa eccezionale, da rimanere a bocca aperta. Ma cosa nasconde tutto questo rumore, cosa c’è dietro la sua frenesia? Di puntata in puntata trapelano, infatti, le sue insicurezze, quelle che appartengono a tutte le donne, ma che stonano in una persona così piena di vita.

Quale relazione si stabilisce con il protagonista?

Luca (Travaglia, personaggio interpretato da Edoardo Leo) e Carolina sono in apparenza due personaggi diametralmente opposti, emerge fin da subito il loro essere rotti. Sono, infatti, due esseri umani che portano addosso l’odore dello stesso bosco condividono le medesime fratture interne e, per questo, si riconoscono. Un incontro che all’inizio stride ma che, inevitabilmente, riuscirà a toccare in loro nuove corde, costringendoli a fare i conti con se stessi. La serie riesce a mettere in luce la difficoltà molto umana di accettare che tutti, prima o poi, siamo spinti a giudicare l’altro solo dalle apparenze, ma ci costringe a riflettere sul fatto che la vera forza è accettare le nostre fragilità, trasformarle in un vantaggio.

In che cosa il suo personaggio si sente un “clandestino”?

Carolina ha un passato oscuro, la verità verrà svelata solo alla fine, è una clandestina nel mondo in cui si muove, non si sente completa, ma l’incontro con un essere umano così diverso da lei, le darà uno stimolo per riprendere a vivere. Se vivessimo in un mondo di persone molto simili a noi non saremmo nemmeno in grado di riconoscerci, perché è solo nella diversità che possiamo renderci conto di quanto siamo autentici, di quello che siamo, è nel diverso che ci riscopriamo. Succede anche a Carolina che inizia un percorso di trasformazione quando comprende, finalmente, di non aver bisogno di un più uno, di non dover avere accanto a sé un uomo per esistere. Questo suo bisogno di libertà sarà la sua salvezza. È la famosa e difficile ricerca dell’es, della parte più profonda della nostra essenza, un cammino molto più complesso se sei una donna perché troppo spesso ci si sente incastrate in ruoli prestabiliti, di mogli, di madri, di immagini prestabilite da cui è difficile emanciparsi. Ecco perché la serie, per me, è un inno alla libertà e alla scoperta di sé.

Nessuno può salvarsi da solo…

… lo sanno bene Carolina e Travaglia che, incontrandosi in momenti molto difficili delle loro esistenze, riescono a stabile un legame profondo destinato a modificare per sempre la loro vita. Di fronte alla morte e ai crepacci nei quali spesso cadiamo, l’uomo deve fare il possibile per non mollare perché, nonostante tutto, la vita è più forte di ogni cosa. Ciascuno di noi ha delle fratture, ma queste rappresentano la bellezza dell’essere umano, ci rendono quello che siamo. La serie parla di piccoli dolori, di crimini, di persone che sono sempre alla ricerca di qualcosa, di un bisogno di aiuto, e riesce ad affrontare con grande delicatezza tematiche profonde, senza rinunciare, però, alla componente di comedy. Travaglia, nel suo viaggio di espiazione, diventa a sua volta il punto di riferimento di persone ai margini, di chi si stente fuori luogo come lui.

C’è qualcosa del suo personaggio nella quale si riconosce?

Di Carolina ritrovo in me moltissimo, sono una persona molto solare, piuttosto espansiva, piena di vitalità che, arrivata ormai a quaranta anni di età, comincia a fare i conti con se stessa per comprendere bene quale sia la propria missione, al di là di essere madre e moglie. Mi sono sentita molto a mio agio in questo ruolo, spesso in televisione mi vengono proposti ruoli diversi, per un tipo di conformazione scheletrica del volto mi viene più facile interpretare la dura, se non sorrido sembro già cattiva, antipatica (ride). Questa volta, invece, ho potuto mostrare le parti più autentiche della mia personalità, quella delicatezza, quella morbidezza che, in qualche modo, mi accomuna a Carolina. Anche io, come lei, sono una persona alla costante ricerca di luce.

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Sicuri si parte

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Servizio Pubblico e Sicurezza stradale camminano insieme

“Sicuri si parte” campagna del Tg2 e Rai Isoradio per la sicurezza stradale in collaborazione con la Polizia di Stato. Venti pillole ideate e curate da Maria Leitner a partire da domenica dalle 13.30 circa all’interno della rubrica del Tg2 “Tg2 Motori” e in simulcast su Isoradio, il canale dedicato principalmente alla infomobilità

“Con la nuova serie ‘Sicuri si parte’ Rai aggiunge un importante tassello alla sua funzione di servizio pubblico per promuovere tutte quelle pratiche virtuose che diventano ‘cultura’ della sicurezza stradale. Una serie per la quale è stato fondamentale il prezioso contributo, anche ‘didattico’, della Polizia di Stato e di questo ringraziamo il Ministro dell’Interno Piantedosi e il Capo della Polizia Pisani, oltre a tutti gli altri protagonisti di queste ‘pillole’ di educazione alla strada del Tg2 e Isoradio”. Così l’AD Roberto Sergio e il Direttore Generale Giampaolo Rossi sulla nuova campagna dedicata al viaggiare in auto in modo piacevole e sicuro. “La serie – aggiungono Sergio e Rossi – sarà per tutti gli automobilisti un utilissimo ‘ripasso’ sul come si guida e l’occasione per scoprire che lo si può fare ancora meglio. E speriamo, infine, che questo progetto possa essere utile anche ai giovani per comprendere quanto la sicurezza stradale e il rispetto delle regole siano fondamentali ogni giorno”. Norme basilari, da come s’impugna il volante a come si sta seduti in auto, da come si frena, alle regole di comportamento previste dal Codice della strada che verranno sviluppati con l’ausilio degli uomini della Polizia di Stato e dagli istruttori del centro guida sicura dell’autodromo di Vallelunga. Uno sguardo particolarmente attento ai ragazzi ai quali, ricorda il direttore del Tg 2 Antonio Preziosi “vogliamo fornire cassetta degli attrezzi per capire in che modo fare una guida sicura”. Una campagna quindi necessaria perché “Sicuri si parte, ma sicuri si deve arrivare” afferma Alessandra Ferraro, direttrice di Isoradio. Venti pillole per “imparare” a guidare in sicurezza partendo proprio dalle regole base per comprendere meglio che “le regole non sono dettate e imposte dall’alto a caso, ma rispondono a logiche ben precise, fare attenzione a come ci si siede in auto, aiuta a non stancarsi e a prestare più attenzione alla guida, tenere correttamente il volante, e non abbracciarlo come se fosse un salvagente, ricorda che siamo noi a portare l’auto, e non il contrario” afferma la giornalista che ribadisce l’importanza di “una cultura della sicurezza stradale da spiegare bene per far sì che il movimento e la mobilità sia piacevole e sicura per tutti”.

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PizzaGirls

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In arrivo su Rai Italia il nuovo branded content “PizzaGirls” per raccontare otto eccellenze femminile, maestre dell’arte bianca. Il programma sarà in replica su Rai Premium dal 20 aprile e disponibile su RaiPlay

Donne che si sono fatte strada nel competitivo mondo della ristorazione e un prodotto iconico della cucina italiana al centro di “PizzaGirls”, il nuovo branded content, in onda dal 6 aprile su Rai Italia. Otto puntate da 45 minuti che raccontano la storia, i segreti del mestiere e il talento di otto pizzaiole, eccellenti maestre di arte bianca: Roberta Esposito, Petra Antolini, Francesca Calvi, Concetta Esposito, Helga Liberto, Eleonora Orlando, Francesca Gerbasio e Federica Mignacca. In uno studio dotato di vero forno a legna, le protagoniste del programma spiegheranno la loro tecnica e il percorso che le ha portate a diventare imprenditrici, vincere premi e lavorare all’estero. Tra i momenti cult di “Pizza Girs” la sfida per creare una pizza “speciale” da dedicare a una donna che ha lasciato un segno nella storia, rappresentando al meglio l’identità italiana all’estero, personalità che si sono distinte nel cinema, nella scienza, nello sport e nella cultura: Margherita Hack, Gina Lollobrigida, Rita Levi Montalcini, Bebe Vio, Mina, Alda Merini, Samantha Cristoforetti, Sophia Loren. L’identità del personaggio femminile, protagonista della pizza da realizzare in puntata, e l’ingrediente speciale al quale è legato saranno svelati attraverso un quiz: “Nelle pizze ispirate alle donne iconiche ci sono anche ingredienti particolari come il caffè o la carambola che quando viene tagliato presenta una sezione a stella ed è stato usato per questa sua caratteristica nella pizza dedicata a Margherita Hack” racconta la conduttrice Angela Tuccia, affiancata dalla giovane inviata Fabrizia Santarelli che, insieme al Pizza Chef Alessandro Servidio, svelerà i segreti di una pizza “home made”. In ogni puntata si farà riferimento alle materie prime scelte tra le eccellenze del territorio italiano, non mancheranno i consigli nutrizionali della biologa nutrizionista Alessandra Botta per coniugare salute e gusto.

La mission tutta al femminile di “PizzaGirls” è pronta, inoltre, a espandersi verso uno sviluppo sempre più cross-mediale grazie anche alla consulenza del professore di diritto dei media digitali Universitas Mercatorum di Roma Angelo Maietta.

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Un viaggio umano felicissimo

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IL CLANDESTINO

Il Radiocorrieretv ha incontrato il regista Rolando Ravello e Edoardo Leo, protagonista della nuova serie in prima serata Rai 1, da lunedì 8 aprile

Potete raccontarci che viaggio è stato?

Ravello: È stato un viaggione durato quasi due anni di vita, tra il lavoro sulle sceneggiature, scritte benissimo, la preparazione e il girato di sei mesi, un tempo non facile, né per un attore, né per un regista. Durante un periodo così lungo e stancante può succedere davvero qualsiasi cosa, si va incontro a ogni tipo di problema, il lavoro, così, diventa un viaggio durante il quale i rapporti possono cementarsi o distruggersi completamente. In questo caso, grazie a Dio, dal punto di vista umano si sono stabilite delle relazioni bellissime, abbiamo camminato tutti insieme nella stessa direzione, facendo passare in secondo piano ogni fatica. Il momento peggiore per me è quello dell’attesa che la propria creatura venga accolta dal pubblico, ci si trova in una sorta di limbo dove aspetti di capire se sei un santo o un cretino (ride).

Leo: Te lo dico io, sei un cretino (ride). Battute a parte, quando lavori così a lungo con un regista che, oltre alla stima professionale, è anche un amico che appartiene alla tua ristretta cerchia degli amici di sempre, tutto diventa facile, il rischio è solo quello di distruggere quel rapporto. E invece si è rafforzato, perché non si trattava di fare solo un lavoro, era qualcosa in cui credevamo tanto. Per questo abbiamo accettato di metterci in gioco, imbarcarci in un progetto molto lungo, molto complesso. È stato, dunque, un viaggio umano, finora, felicissimo, poi i numeri ci diranno se tutta questa umanità riuscirà a passare anche al cuore degli spettatori.

Nessuno si salva da solo, in che modo l’io e il noi si fondono in questa storia?

Leo: Questa è una delle chiavi di lettura che abbiamo cercato di percorrere nella serie. C’è una frase che dice “per conoscere veramente qualcuno devi camminare due giorni con le sue scarpe”. Luca Travaglia (il protagonista della serie) si mette a disposizione di persone che non aveva mai considerato prima, perché improvvisamente è come loro, è diventato anche lui un clandestino a casa sua, un fuori posto. Questo gli consente, nel suo lungo viaggio di espiazione, di mettersi a disposizione degli altri, di vederli veramente, di comprendere che per salvarsi l’unica cosa da fare, in ogni ambito, è mettersi nei panni di un altro essere umani.

Ravello: Espiazione che, grazie all’umanità dei personaggi che incontra, diventa una riscoperta della capacità di essere empatici. Quando parlo della serie, per me è importantissimo soffermarsi sull’empatia, quella caratteristica fondamentale che rende l’essere umano diverso dalle bestie e che invece oggi, come vediamo da quello che sta accadendo nel mondo, sembra essere completamente dimenticata, rendendo così l’uomo la bestia peggiore. E invece l’empatia è oro.

Restare umani è uno slogan bellissimo, più difficile da attuare…

Ravello: All’inizio del viaggio Travaglia vive da clandestino rispetto a se stesso e alle proprie emozioni, si è chiuso al mondo, solo la frequentazione con gli strati sociali che noi dimentichiamo, o che vogliamo dimenticare, riscopre una nuova capacità umana, il gusto degli abbracci, di un contatto fisico, di uno sguardo, riscopre il calore che la gente ti può dare se veramente ha voglia di condividere le proprie emozioni. A mettere in moto questo processo di riabilitazione sono quelle persone che riteniamo essere le ultime della società, ce ne rendiamo conto bene episodio dopo episodio, tappe di un viaggio dentro un’etnia diversa, dalla comunità cinese alle gang latino-americane, mondi che convivono con noi, ma che facciamo finta di non vedere, o rifiutiamo a priori. E invece saranno proprio queste realtà che aiuteranno il protagonista, e speriamo anche il pubblico, a ritrovare la capacità di essere empatici.

Leo: È assolutamente così. Quando si prova un dolore così enorme e catastrofico come quello che ha travolto Travaglia ci sono due vie, chiudersi e cominciare a odiare tutti, oppure cercare di capire, a guardarsi intorno e riconoscere immediatamente quelli che stanno vivendo il tuo stesso dramma interiore. In questo modo può finalmente metterti allo stesso livello, espiare le proprie colpe e aiutare quelli come te. Questo, involontariamente, perché nessuno ha la pretesa di lanciare messaggi, è il tema fondante de “Il Clandestino”.

Gloria!

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Ambientato in un istituto femminile nella Venezia di fine ‘700, “Gloria!” di Margherita Vicario racconta la storia di Teresa, una giovane dal talento visionario, che, insieme a un gruppetto di straordinarie musiciste, scavalca i secoli e sfida i polverosi catafalchi dell’Ancien Régime inventando una musica ribelle, leggera e moderna. Pop! Dall’11 aprile al cinema

All’alba dell’anno 1800, poco lontano da Venezia, si staglia l’istituto Sant’Ignazio, una via di mezzo tra un orfanotrofio, un conservatorio e un convento. Qui, ormai da anni, vive Teresa (Galatea Bellugi), una giovane donna con un dono speciale: un talento visionario che le consente di ascoltare il mondo che la circonda e trasformarlo, animandolo di una musica nuova, contemporanea, fuori dal suo tempo. Un incanto… che si spezza quando la realtà fa incursione e la riporta ai suoi doveri. Sì, perché al convento per tutti è la Muta, una sguattera che vive silenziosa e solitaria. Ma le cose per lei stanno per cambiare… mentre il convento è in subbuglio per l’imminente concerto che il Maestro di Cappella, l’arido e dispotico Perlina (Paolo Rossi), deve dirigere in onore di Papa Pio VII presto in visita, Teresa fa una scoperta eccezionale: un pianoforte, nuovo di zecca e mai usato, nascosto nel deposito del convento. Può finalmente tradurre nella realtà la musica che ha in testa! Una sperimentazione esaltante e solitaria… finché una notte, guidate dalla strana melodia di Teresa, un gruppetto di musiciste che vivono nel convento fa capolino nel deposito: sono Lucia (Carlotta Gamba), primo violino del Sant’Ignazio, e le sue amiche, Prudenza (Sara Mafodda), Bettina (Veronica Lucchesi) e Marietta (Maria Vittoria Dallasta). Presto, conquistate dal magnetismo di Teresa, che crea canzoni come una compositrice pop del nostro secolo, le ragazze formano un affiatato gruppetto di musiciste ribelli, dando vita a una nuova musica che il Papa (e il mondo) certamente non si aspettavano… Gloria! parla dell’immaginazione, della fantasia e del talento di tutte le compositrici che, come fiori lasciati seccare, sono rimaste nascoste tra le pagine della Storia. In sala dall’11 aprile, il film diretto da Margherita Vicario annovera nel cast anche Elio, Natalino Balasso, Anita Kravos, Vincenzo Crea, Jasmin Mattei. Il mio obiettivo era quello di calare una storia di fantasia in un contesto storico preciso e pieno di dettagli – afferma la regista – da Johan Stein costruttore di pianoforti, all’elezione di Papa Pio VII a Venezia, dal declino della Serenissima alle composizioni di Lucia che corrispondono a quelle dell’unica compositrice orfana arrivata ai giorni nostri: Maddalena Laura Lombardini Sirmen. Tenevo tantissimo, in generale, alla verosimiglianza di questa storia, che è vero, è piena di guizzi fantastici, salti nel tempo musicali, ma ha anche l’ambizione di raccontare la reale condizione di queste musiciste nella loro epoca. Con costumi, scenografia e fotografia abbiamo lavorato in questa direzione: apparentemente è un film propriamente d’epoca con molta cura nei colori, nelle references pittoriche e nei dettagli di scenografia. Il punto di partenza è quindi filologico e solo da lì poteva partire poi l’aspetto più “fantastico” che è invece delegato al mondo interiore delle protagoniste e alle loro creazioni musicali”. Coprodotto da Rai Cinema, e  presentato al Festival del Cinema di Berlino, il film è pronto a conquistare le sale italiane: “C’è stato un lungo lavoro di preparazione delle attrici sia per creare un gruppo affiatato di sorelle, sia per entrare nei panni di eccellenti musiciste – prosegue Margherita Vicario – hanno infatti studiato per mesi con un coach di violino e violoncello per cercare di amalgamarsi con il resto dell’orchestra che è invece composto da vere musiciste e coriste di musica barocca”.

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