Funziona solo se stiamo insieme

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Grande successo per i concerti di Biagio Antonacci nei luoghi più belli e importanti del Paese

 

Sold out i tre concerti all’Anfiteatro degli Scavi di Pompei per Biagio Antonacci, indimenticabili appuntamenti che anticipano quelli di Taormina dell’1, 2 e 3 agosto, già tutti prenotati. Il live 2024 “Funziona solo se stiamo insieme” è stato fortemente voluto dal cantautore milanese che ha scelto personalmente i luoghi dove esibirsi, importanti per la cultura e la storia, dove poter portare la sua musica e  vivere una serata indimenticabile. Oltre ai nuovi bravi dell’ultimo album “L’inizio”, tra cui i singoli “A cena con gli dei” e “Lasciati pensare”, Biagio Antonacci ha riproposto tutti i suoi brani di successo. «Questo tour è il mio modo per vivere la musica e far vivere la musica in luoghi davvero straordinari, per poter dare la possibilità a chi non li conosce di scoprire le bellezze del nostro Paese perché è vero, lo sappiamo tutti, che l’Italia è meravigliosa e piena di luoghi importanti dal punto di vista culturale e artistico ma ancora ci sono persone che non li conoscono o che non hanno spesso occasioni per frequentarli» ha detto il cantautore che dopo le Terme di Caracalla a Roma, il Porto Antico di Genova,  il Teatro al Castello di Roccella Jonica (due appuntamenti Sold out) e l’Anfiteatro degli Scavi di Pompei (tutte e tre le date sold out), continuerà il tour fino a settembre. Concerti non convenzionali anche per la scelta di rimanere per almeno due o tre giorni nello stesso luogo, occasione questa per Biagio e per i fan non solo per godersi una serata in un luogo eccezionale ma anche di visitare le città e scoprire o riscoprire la loro storia. Il culmine del tour arriverà a settembre con le 10 date all’Anfiteatro del Vittoriale di Gardone Riviera, prima volta per un artista italiano ad essere protagonista di una residency così lunga sulle sponde del Lago di Garda. Il cantautore milanese e la sua band di polistrumentisti hanno preparato per il pubblico uno show che ripercorrerà le tappe principali della carriera di Biagio Antonacci come “Se io se lei” e “Se è vero che ci sei” e i successi che hanno costellato la ormai oltre trentennale carriera e che si potranno ascoltare durante le serate. Il live darà anche modo ai fan di ascoltare gli ultimi successi estratti dall’album pubblicato a gennaio “L’Inizio” mai cantati dal vivo come “Delivery”. «Decidere una scaletta è sempre complesso, bisogna trovare un compromesso tra i brani che non possono mai mancare e che giustamente il pubblico si aspetta e quelli che per me sono importanti da cantare e riproporre al pubblico, ai più affezionati che li conoscono e magari non li ritrovano spesso nei live – spiega il cantautore –  Dopo ogni nuovo album poi cerco sempre di trovare un nuovo equilibrio tra le canzoni che il pubblico già conosce e quelle che invece deve ancora ascoltare per la prima volta dal vivo.  Per questo tour poi abbiamo cercato di trovare un equilibrio tra brani up tempo, da ballare insieme a me e ballate dove condividere insieme le emozioni che un concerto ti regala».  Biagio Antonacci ha ribattezzato questo tour non come il titolo dell’ultimo album sottolineando la sua volontà di ritrovarsi sempre di più vicino al suo pubblico dopo la fortunata esperienza del precedente Palco Centrale Tour. Questa ricerca di calore umano, di vicinanza con il pubblico, sarà messa in scena anche attraverso la scenografia pensata dallo show designer Francesco De Cave che ha scelto per Biagio Antonacci un palco caratterizzato da Strip led di ultima generazione pensate per avvolgere l’artista milanese durante i differenti momenti dello show.

 

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La Bicicletta Di Bartali

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Al cinema dal 1° agosto una produzione Rai di sport e pace

 

Arriva al cinema dal 1° agosto con la distribuzione di Lynx Multimedia Factory, il lungometraggio di animazione “La bicicletta di Bartali”, da un’idea di Israel Cesare Moscati per la regia di Enrico Paolantonio. Si tratta di una coproduzione Lynx Multimedia Factory, Rai Kids, Toonz Media Group, Telegael con il sostegno del MIC-Direzione Generale Cinema e Audiovisivo (Fondo Selettivo e Tax Credit) e del Governo Irlandese, con il patrocinio della Federazione Ciclistica Italiana, e la collaborazione di Rai Com. Protagonista della storia è la bicicletta con cui Gino Bartali trasportò documenti falsi per salvare centinaia di ebrei dalla barbarie nazifascista nella Toscana del 1943-44. A Gerusalemme, sessant’anni dopo, la bicicletta di Bartali diventa il simbolo dell’avventura di David, un giovane ciclista ebreo israeliano che fa amicizia con Ibrahim, un ragazzo arabo israeliano con cui instaura una forte complicità e con cui sogna di vincere un campionato di ciclismo, violando le regole ma portando pace e tolleranza nelle rispettive comunità. Il percorso non sarà privo di ostacoli ma attraverso lo sport i due giovani amici impareranno il rispetto reciproco, la collaborazione, il sacrificio, riconoscendosi l’uno nell’altro e costruendo un legame profondo in grado di superare le divisioni imposte dalla società. “In questi tempi di conflitti e di guerra, l’idea di Israel Cesare Moscati alla base del film può sembrare favolistica”, ha dichiarato il direttore di Rai Kids, Luca Milano, “ma in realtà è un segno forte di fiducia nella capacità dei più giovani di costruire uno spazio per la convivenza e la pace”. “La bicicletta di Bartali” nasce da un’idea del regista Israel Cesare Moscati (scomparso nel 2019 e alla cui memoria è dedicato il film) autore di testi e documentari sulla Memoria, in particolare sulle persecuzioni nazifasciste verso la comunità ebraica romana. Con questo film Israel Cesare Moscati ha aperto lo sguardo al futuro, grazie a un’opera di fantasia coraggiosa e piena di speranza rivolta alle giovani generazioni. Il progetto, subito adottato da Rai Kids, è stato sviluppato insieme allo sceneggiatore Marco Beretta e alla società Lynx Multimedia Factory, in un lungo processo di produzione che ha coinvolto team dall’Europa e dall’Asia. Gli oltre 1.000 fondali su cui si inseriscono i personaggi animati con la tecnica 2D digitale portano la firma di Andrea Pucci (artista e designer, autore degli sfondi per le serie televisive “Dragonero”, “44 gatti”, “Le straordinarie avventure di Jules Verne”, “Egyxos”), mentre il character design è a opera di Corrado Mastantuono (“Nick Raider”, “Magico Vento”, “Deadwood Dick”, “Tex” per Bonelli Editore; “Elias le maudit” per la casa editrice francese Humanoïdes Associés). La regia è affidata a Enrico Paolantonio, co-fondatore di Musicartoon e Lynx Multimedia e regista, tra gli altri, di “Dragonero”, “Le straordinarie avventure di Jules Verne”, “Egyxos”, “Le straordinarie avventure di Hocus & Lotus”. La canzone di chiusura è scritta e interpretata da Noa, artista israeliana di fama internazionale da sempre impegnata nella promozione del dialogo e della Pace, con la collaborazione del chitarrista, compositore e produttore Gil Dor. A dare la voce al personaggio di Gino Bartali è l’attore e comico teatrale e televisivo Tullio Solenghi.

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La vita accanto

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Premiato alla 77esima edizione del Locarno Film Festival con un Pardo Speciale in omaggio alla sua carriera, Marco Tullio Giordana, che proprio a Locarno vinse il Pardo d’Oro con la sua opera prima “Maledetti vi amerò”, torna nelle sale con una nuova pellicola con Sonia Bergamasco, Paolo Pierobon, Valentina Bellè, Beatrice Barison (giovane talento musicale, concertista internazionale per la prima volta sullo schermo), Sara Ciocca, Michela Cescon. Dal 22 agosto al cinema

Il film è ispirato al romanzo di Mariapia Veladiano, vincitrice del Premio Calvino, storia di una famiglia in cui segreti inconfessabili e sensi di colpa si intrecciano a grande talento e voglia di riscatto.

Anni Ottanta, una città d’arte italiana, una famiglia ricca. Nasce Rebecca con una macchia rossa che ne deturpa il viso e getta nello sconforto la famiglia. Vengono a galla veleni antichi, solo grazie al suo talento musicale potrà superarli.

Il commento del regista:

«Il romanzo di Mariapia Veladiano è il racconto di come il disagio possa irrompere nella vita di una famiglia, sconvolgendola per sempre. Nel libro questo disagio è rappresentato dalla mostruosità di un neonato subito rifiutato. Nel film questa ‘mostruosità’ è rappresentata da una macchia viola che copre metà del viso della bambina. Per il resto la piccola Rebecca è bellissima e, scopriremo col tempo, straordinariamente dotata per la musica. Ma l’angioma che la sfigura le rende difficile il rapporto con gli altri, soprattutto con la madre che non l’ha mai accettata e, per vergogna, l’ha sempre tenuta segregata in casa. Il tema centrale è quindi il corpo, la cui accettazione è alla base di ogni identità, e come le sue eventuali imperfezioni (quanto reali? quanto immaginarie? quanto indotte dallo sguardo altrui?) possano portare alla violazione per modificarlo e accettarlo secondo i canoni di un’illusione».

 

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Finché Notte non ci separi

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In tutte le sale dal 29 agosto una commedia scoppiettante con Pilar Fogliati e Filippo Scicchitano. Tutto accade in una notte, in una Roma affascinante e misteriosa…

 

Il film diretto da Riccardo Antonaroli si basato su “Honeymood” della regista Talya Lavie, è un remake che ha puntato tutto sulla freschezza e ingenuità, ma soprattutto sulla capacità di toccare con mano lieve, ma sapiente, non tanto il tema dell’amore, quanto quello del rapporto di coppia. Ecco allora che la storia agrodolce della Lavie viene trasportata nella realtà italiana, anzi romana, mantenendone pregi e spirito scanzonato. Il risultato è un prodotto popolare e di qualità, una commedia allegra e malinconica nello stesso tempo, in cui i due protagonisti, Pilar Fogliati (Eleonora) e Filippo Scicchitano (Valerio), diventano una coppia affiatata e scoppiettante, convincenti al punto da farci sentire anche nostri i loro pazienti d’amore. Intorno a loro si muovono personaggi da commedia vera e propria: i genitori di Valerio, Lucia Ocone e Giorgio Tirabassi; il tassista minaccioso Francesco Pannofino; il cameriere misterioso Armando de Razza; gli ex fidanzati dei due sposini, Neva Leoni e Claudio Colica. Questo quadro da commedia fa da cornice ai temi di riflessione che la storia mette a fuoco: le relazioni dei ragazzi al giorno d’oggi, il senso del matrimonio e la difficoltà di convivere con le proprie emozioni in una società che va sempre più veloce. Non a caso si svolgerà tutto in una notte, e solo all’alba scopriremo il destino di queste due anime. Staranno insieme per sempre? Finché notte non ci separi.

 

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La mia estate piena d’azzurro

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In televisione su Rai 1 con “Azzurro storie di mare”, in radio su Rai Radio 2 con “Lido Asiago 10” e in libreria con “Il Paese Azzurro” (Rai Libri): un’estate di lavoro e soddisfazioni per il popolare conduttore che nell’intervista al RadiocorriereTv parla del suo grande amore per l’Italia, che definisce «il paese più bello del mondo»  

 

La televisione, il libro: l’azzurro è il colore dominante di questa sua estate…

L’azzurro è un colore speciale, è il colore del cielo e del mare, è il colore delle nostre nazionali impegnate ai Giochi olimpici di Parigi, racchiude un po’ tutto quello che è la gioia di vivere, il desiderio di guardare avanti. A un certo punto, guardando verso l’infinito, il mare e il cielo si uniscono all’infinito ed è qualcosa di unico.

Quello di “Azzurro storie di mare”, il sabato alle 12 su Rai 1, è un viaggio delle emozioni… cosa deve avere una storia per arrivare al cuore del pubblico?

Racconto soprattutto storie di grandi italiane e di grandi italiani, partendo dalla provincia. Gente autentica, generosa, laboriosa, penso che la loro spontaneità riesca a conquistare i telespettatori. Il nostro è anche il racconto delle bellezze naturali e artistiche, delle tradizioni, dei dialetti, dell’enogastronomia. Già di per sé l’Italia tocca il cuore.

Tanti i programmi di territorio che ha condotto nel corso della sua carriera. Cosa le sta dando questo viaggio?

Arrivo dalla provincia, da Martina Franca. In questo lungo viaggio ho ritrovato i valori veri delle nostre famiglie e devo dire che mi sento proprio a casa. E così ripenso a quando facevo la vendemmia con i miei nonni, a quando preparavamo le conserve e poi mangiavamo tutti insieme sotto al pergolato, ai trulli in Valle d’Itria. In questi anni, realizzando i programmi, ho pranzato e cenato a casa di tante persone che mi hanno fatto sentire uno di loro. I profumi, i sapori, insieme ai racconti della gente, ti aiutano a conoscere in modo autentico un territorio.

Come nascono le sue interviste?

Tutto parte dall’ascolto, cerco di entrare nel vissuto delle persone che incontro con totale rispetto, sapendo che le loro esperienze, i loro sacrifici, possono essere d’esempio anche per le nuove generazioni.

“Il Paese Azzurro” (Rai Libri) è un altro tassello centrale del suo racconto…

Raccoglie le esperienze, gli incontri di “Azzurro storie di mare” e di “Linea Verde”. Il libro nasce dall’agenda che mi accompagna da sempre, il mio diario di bordo che di giorno in giorno accoglie nuove pagine. “Il Paese Azzurro” è il racconto di un’Italia vera, di luoghi rimasti al di fuori degli itinerari turistici classici, dei quali cerco di raccontare l’essenza. Cerco anche di stimolare chi legge a mettersi in cammino alla scoperta della nostra Italia, che è davvero il paese più bello del mondo. Sono fiero di essere italiano.

Una gavetta impegnativa, il sacrificio, poi il successo, confermato nel tempo, l’affetto del pubblico. Come vive questo momento della sua vita professionale?

Dietro a ogni lavoro ci sono impegno e sacrificio. Sono contento, certamente, ma non bisogna mai smettere di studiare, di prepararsi. Da oltre 35 anni faccio questo lavoro: la radio, la Tv, il cinema, il teatro, gli spettacoli dal vivo, un bagaglio d’esperienze che mi ha aiutato a essere pronto a cogliere le occasioni. Amo quello che faccio, il mio lavoro è anche un piacere enorme. Mi sento fortunato.

Nella sua estate lavorativa non manca la radio…

Il sabato e la domenica, a partire dalle 16, sono su Rai Radio 2 con “Lido Asiago 10”, nel corso della quale do tanti consigli di viaggio agli ascoltatori. Uno spazio divertente e spero utile grazie al quale conoscere le tante iniziative organizzate lungo lo Stivale.

Cosa non deve mai mancare nello zaino di un viaggiatore in partenza per una delle belle località italiane?

Un libro che racconti il territorio che visiteremo. Parlo di una guida come di un saggio o di un romanzo che possano aiutarci a rendere più originale e autentica la nostra esperienza.

Cosa la rende felice?

La famiglia, gli amici, Geneve che è la mia gatta. Mi rendono felice le persone e gli animali che mi sono accanto. E poi fare un lavoro che mi dà la possibilità di esprimermi.

Se una macchina del tempo le consentisse di fare parte di un programma storico della Rai, quale sceglierebbe?

Penso a un programma dei grandissimi della Tv, i maestri veri, Pippo Baudo, Corrado, Maurizio Costanzo, Raimondo Vianello. Beh, mi sarebbe piaciuto prendere parte a un “Fantastico”, a una “Corrida”. Seguo sempre ammirato ciò che ripropongono le Teche della Rai, che custodiscono un tesoro inestimabile.

Un suo augurio alla Rai…

A Mamma Rai, a cui dico innanzitutto grazie per avermi accolto, auguro di continuare a svolgere l’importante ruolo di servizio pubblico, dando attenzione e spazio alle tematiche sociali, a quelle culturali, al racconto di quello che siamo. Sempre W la Rai.

Per chiudere il cerchio le chiediamo di tornare sul territorio. Quali tappe consiglierebbe a un turista per la prima volta in Italia?

Ne indico alcune tra tantissime possibili. Escludendo le città d’arte li porterei in tre luoghi speciali: Otranto, meraviglia per il suo mare, la sua storia. poi a Procida, “L’Isola di Arturo” di Elsa Morante, quindi le Cinque terre, gioielli meravigliosi.

 

 

 

 

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Vince sempre la spontaneità

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In attesa della terza stagione in partenza a settembre, il programma ideato e condotto da Pierluigi Diaco svelerà ad agosto i nuovi componenti del cast, concorrenti e opinionisti. A raccontare il backstage dei provini due inviati d’eccezione: Domenico Restuccia, il mitico Dottor Web, e Rosa Sorrentino, vincitrice della prima edizione di “BellaMa’”, intervistati in queste pagine dal RadiocorriereTv. Su Rai 2 il 22, 23, 26, 27 e 28 agosto alle 14.00

 

Cinque appuntamenti per raccontare i provini e le scelte della giuria, che cosa scopriremo?

DOMENICO: Sarà il racconto del nuovo cast di “BellaMa’”. Dalle riconferme del primo e del secondo anno ai nuovi innesti, frutto delle scelte della giuria capitanata da Pierluigi Diaco e Roberta Capua. Conosceremo ragazzi, ragazze e boomer che hanno partecipato ai provini con la voglia di mettersi in gioco e di prendere parte al programma.

ROSA: Porteremo il pubblico nel backstage del casting per raccogliere le emozioni dei partecipanti, tra ansia, nervosismo, speranza, eccitazione, e soprattutto desiderio di mostrare il proprio talento. Mi hanno colpito le storie che abbiamo raccolto e che racconteremo in “Aspettando BellaMa’”, come quella di due amici, due boomer, che anche grazie al programma hanno superato un momento difficile e che insieme hanno deciso di partecipare ai provini.

Cosa devono avere un giovane o un boomer per essere giusti per “BellaMa’”?

ROSA: L’autenticità e la voglia di mostrarsi per quello che sono, è altrettanto importante avere voglia di imparare e di non farsi travolgere dall’ego. A “BellaMa’” le occasioni per crescere sono tante, ma bisogna saperle cogliere. Vale per i giovani come per i boomer. Grazie a Pierluigi in questi due anni ho ascoltato, ho osservato, ho arricchito il mio bagaglio.

DOMENICO: La capacità di improvvisare. In questi anni il programma si è evoluto, è cambiato. Elemento di forza è la capacità del cast di sapere reagire all’imprevisto, a qualcosa di non necessariamente programmato. Valore aggiunto è anche sapere stare in un contesto con tante altre persone e farlo con spontaneità. Questa metodologia, essere in diretta senza un copione, fa cadere un po’ di maschere. L’imprevisto c’è sempre ed è lì che si vede l’indole di una persona, il vero carattere, la predisposizione agli altri.

Il confronto tra generazioni è un po’ un fil rouge del programma, cosa vi ha colpito dei boomer?

DOMENICO: Mi ha colpito la loro voglia di riscatto, di fare, di farsi conoscere, che spesso è molto più forte di quanto non accada tra i ragazzi della generazione Z, forse più timidi. Ci sono professionisti che dopo avere trascorso la vita dietro a una scrivania, o a fare qualsiasi altro lavoro, decidono di misurarsi con lo spettacolo, con il canto. Hanno quel coraggio, ma anche quella leggerezza, che non significa banalità, che si acquisiscono nel passare degli anni.

ROSA: Da loro ho imparato a porre l’accento su valori fondamentali. I boomer mi hanno insegnato a essere più scrupolosa, a porre attenzione alle sfumature, ma anche a quanto sia bello ascoltare le esperienze degli altri.

Due anni di “BellaMa’”, come è stato il vostro percorso?

ROSA: Pierluigi e “BellaMa’” mi hanno dato l’opportunità di crescere, sia a livello personale che professionale. Non sono mai stata timida ma ho sempre cercato di studiare le situazioni prima di mettermi in gioco. L’ho fatto giorno dopo giorno nella danza, ho avuto l’opportunità di aprire il programma ballando la sigla, di danzare con Enzo Paolo Turchi, di recitare nei musicarelli e di avvicinarmi ad altre branche dello spettacolo cercando di dare sempre il meglio di me stessa.

DOMENICO: Il mio personaggio è cambiato nel corso delle due stagioni. All’inizio ero il referente per il mondo social, poi, nel tempo, con Pierluigi siamo entrati molto in sintonia, e lui ha capito quanto fosse forte anche la mia passione per lo spettacolo, e così ha voluto darmi più spazio anche in altre parti del programma. Sono molto contento perché riesco a mostrare anche la mia ironia, quello che sono. Ora, con la terza stagione alle porte, sono curioso di vedere in quale direzione andrò. Mi fido totalmente di Pierluigi, del suo modo di gestire le cose, sono pronto a mettermi in gioco ancora una volta con il massimo impegno.

C’è un momento di questi due anni che occupa un posto particolare nel vostro cuore?

DOMENICO: La trasferta al Festival di Sanremo, un’esperienza emozionante per la quale sono grato a Pierluigi. Mi ha divertito portare lo stile di “BellaMa’” all’Ariston e capire, anche dalle reazioni degli artisti, quanto il programma stia entrando nel cuore delle persone.

ROSA: Ce ne sono tanti, e ognuno di loro ha riempito la mia valigia. Questo programma è un viaggio che mi ha aiutato ad avere una visione più aperta della vita. “BellaMa’” è un po’ una seconda famiglia, che mi ha anche consentito di vivere l’amore in un modo che non avrei mai immaginato.

Un augurio (e un consiglio) ai nuovi componenti del cast…

ROSA: Di essere sé stessi, cosa che consente di portare un contributo autentico. Le telecamere, la televisione, non devono cambiarci.

DOMENICO: Di vivere questa esperienza al presente. Ci sono persone che hanno velleità artistiche, televisive, che hanno voglia di farsi conoscere, ed è sacrosanto. Ma credo che “BellaMa’” sia soprattutto una grande occasione di crescita personale. Il mio invito è dunque quello di godersi al massimo il percorso che va da settembre a maggio.

 

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Cent’anni di compagnia

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Nei suoi cent’anni di vita la radio, con i suoi programmi e le sue voci, ha accompagnato il Paese, raccontato la storia comune e parlato, confidenzialmente, a ognuno di noi. Nel volume edito Rai Libri, l’autore ripercorre la storia del medium ricordando i protagonisti di ieri e incontrando quelli di oggi con tante testimonianze dei colleghi in attività nelle emittenti radiofoniche italiane

Il suo libro è una vera e propria dichiarazione d’amore alla radio…

È una storia che, per quanto mi riguarda, va avanti da 38 anni. È tanto tempo che ci amiamo, che ci vogliamo bene. Ogni tanto la tradisco con la televisione, ma lei non si ingelosisce (sorride) è una bellissima storia d’amore vissuta intensamente.

Cosa rende la radio un mezzo sempre forte?

L’immediatezza, la velocità. È nata 30 anni prima della televisione ed è arrivata sempre prima su tutto: nell’informazione, nella musica, anche nella sperimentazione dei format. La radio è agile, è snella, si può ascoltare dappertutto. Ma soprattutto appassiona, fidelizza, anche se un po’ più lentamente rispetto alla televisione. È una famiglia, quando ci si affeziona a una voce, a un canale, è un po’ come essere innamorati, fidanzati o comunque appartenente a un gruppo, a una famiglia.

Nel suo libro ci sono i protagonisti di ieri e quelli di oggi…

Il libro è suddiviso in tre parti. Una storica, che va dal 1924 al 2024. Una centrale, che racconta come è cambiato nel tempo il linguaggio radiofonico, la terza, invece, è dedicata ai protagonisti, a chi la radio l’ha fatta. Ovviamente nella parte storica non posso non raccontare i grandi protagonisti, coloro che hanno fatto un pezzo di storia, partendo dalle voci dello sport. Sono tantissimi i nomi dei protagonisti delle varie radio, sono colleghi illustri, importanti.

Com’è nata l’idea del libro?

Lo spunto l’ho avuto dal capolavoro del grande García Márquez, che scrisse “Cent’anni di solitudine”. Pensando alla radio, che ci ha fatto compagnia e continua a farci compagnia, è nato questo titolo.

Ogni capitolo fa riferimento a una canzone, dando vita a una colonna sonora della nostra vita…

Ho messo insieme le canzoni più rappresentative della storia della musica, perché la colonna sonora di chi fa la radio è un po’ globale, è eterogenea, è mista, è varia. Io ho certamente i miei dischi, ascolto la mia musica, la classica, tanto jazz, lo swing, ho i miei capisaldi del rock, i Dire Straits, gli U2, i Depeche Mode. Non c’è un solo giorno della mia vita in cui io non ascolti una canzone, la musica, ma credo che questa sia un una caratteristica comune a tutti gli esseri umani.

“Cent’anni di compagnia” è introdotto dalle parole di Renzo Arbore e si chiude con quelle di Claudio Cecchetto, due giganti…

Sono loro che hanno fatto tantissimo per la radio. Prima Renzo con la radio pubblica, con i suoi programmi, Bandiera Gialla, Alto Gradimento, e poi Claudio Cecchietto con la radio privata, a metà degli anni 70. Sono davvero due esponenti rappresentativi della nostra radio, viventi ancora, e quindi non potevano essere che loro a raccontarmi anche storie e aneddoti personali, ricordi. Ci sono momenti intimi, come quello in cui Renzo Arbore si ricorda, ragazzo, a costruire insieme ai suoi amici le radio a filo. Ovviamente non dimentico Guglielmo Marconi, del quale si  celebrano i 150 anni della nascita.

Tra le pagine del libro anche un QR code per ascoltare “Cento suonati”, sua dichiarazione d’amore…

… per la radio o per una donna? Lo si scopre soltanto ascoltando il brano e guardando il video. Si tratta di uno swing up-tempo che ho inserito nel volume. Attraverso il QR code è possibile raggiungere direttamente la pagina di RaiPlay Sound.

È nata prima la canzone o è nato prima il libro?

Prima il libro e poi la canzone. Ho pensato che avrei voluto arricchirlo e renderlo multimediale, per cui mentre scrivevo il libro pensavo alla scrittura del testo e della musica del brano.

Qual è stato invece il suo viaggio radiofonico?

È cominciato dalle radio private, le piccole private della Puglia, terra in cui sono nato. Ho cominciato per gioco a Cerignola, partecipando a un quiz. Si accorsero della mia voce e mi proposero un provino. Da allora non è passato un giorno senza la radio, e spero che questo viaggio continui ancora. All’età di dieci anni mi chiudevo in cameretta e registravo i miei primi rudimentali programmi radiofonici, poi ho avuto la fortuna di lavorare nei network nazionali più importanti e da vent’anni a Rai Radio.

Siamo spesso critici riascoltando la nostra voce. C’è un momento in cui ha pensato che la sua potesse essere piacevole e radiofonica?

In realtà non mi sono mai reso conto della bellezza della voce, a farmelo pensare era però il gradimento della gente.  Faccio fatica a riascoltarmi e lì non mi piaccio.

Tra i programmi cult citati nel libro ce ne sono tanti che hanno lasciato il segno…

Penso a “Chiamate Roma 3131”, che nel 1969 apre per la prima volta il microfono agli ascoltatori, diventando bidirezionale perché il pubblico viene coinvolto. Oggi se abbiamo qualcosa da dire scriviamo un post e lo pubblichiamo.  La radio, per prima, ha fatto la stessa cosa. Volevi dire qualcosa, lanciare un messaggio, esprimere un pensiero? Bastava chiamare la trasmissione.

Si può dunque dire che la radio sia stata il primo social network?

Lo è sempre stata e continua ad esserlo, perché è immediata, è veloce, l’ascolti in un secondo. Le notizie più importanti arrivano attraverso la radio, da sempre. Oggi forse vince il web, perché ci sono dei social network che riescono ad anticipare la radio, ma se la giocano.

I suoi prossimi progetti?

Continuerò a fare la radio su Rai Radio 1, senza abbandonare le altre mie grandi passioni. Per tutta l’estate sarò ancora su Rai 1 con “Big Factor” e poi continuerò con il teatro, con il mio spettacolo di teatro-canzone e con la direzione del teatro Mercadante di Cerignola.

 

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Vite d’impresa

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Il nuovo programma di Rai Cultura è un viaggio di quattro puntate alla scoperta delle eccellenze italiane. Ad aprire e chiudere il programma le riflessioni di Paolo Mieli. L’autrice-conduttrice al RadiocorriereTv: «Il mondo dell’impresa è un po’ uno specchio della nostra società, un ecosistema che riflette chi siamo». La domenica in seconda serata su Rai 3

Da quale riflessione nasce “Fondata sul lavoro”?

Ho cercato di unire la potenza e la forza del mondo televisivo con il racconto delle imprese familiari, definite tali quando raggiungono almeno le tre generazioni di storia. L’Italia ha un patrimonio unico al mondo di circa 780 mila imprese di questo tipo, che toccano i distretti più diversi, dal tessile al design, del calzaturiero all’agroalimentare e ancora il farmaceutico, la cosmesi e molti altri. Siamo tra i pochi paesi al mondo a poter vantare tutto questo. L’idea è di costruire un racconto che valorizzi la storia di queste imprese e famiglie, che diventa poi anche la storia di interi territori. Motore del progetto è il lavoro, da qui il titolo “Fondata sul lavoro”, che riprende la nostra Costituzione. Con il programma vorremmo parlare soprattutto ai giovani, per suggerire ambiti in cui esprimere il proprio talento, la propria vocazione. Questo non per essere “influencer”, ma “inspirator”. Incontriamo donne e uomini che, con l’esempio della loro vita, professionale e umana, possono diventare esempio per i più giovani.

Come avete scelto i mondi raccontati in queste prime quattro puntate?

La scelta non è stata facile. Insieme al gruppo di lavoro abbiamo individuato settori molto attrattivi, come ad esempio quello della lavorazione del vetro a Murano, protagonista della prima puntata. Pensiamo che temi vicini alle persone possano fare da traino e avvicinare il pubblico.

Parliamo di aziende che spesso affondano le proprie radici nella storia…

Penso alla Barovier & Toso, fondata nel 1295, una delle più antiche al mondo. Nel corso della puntata si capirà come la vita pubblica e sociale veneziana ruotassero un tempo intorno al patrimonio del vetro. Il Doge della Serenissima decretò che tutte le vetrerie fossero trasferite a Murano, per evitare incendi in città e per tenere sotto controllo la produzione vetraria insieme ai segreti del mestiere. È importante sapere guardare il passato per capire il presente e proiettarsi nel futuro.

Il programma documenta l’incontro tra modernità e tradizione…

Questo progetto nasce con la prospettiva di diventare un osservatorio permanente sullo scenario imprenditoriale italiano. Il mondo dell’impresa è un po’ uno specchio della nostra società, un ecosistema che riflette chi siamo. Già in queste quattro puntate si può notare l’abilità del genio italiano di conservare le radici della storia d’impresa e di attualizzarle, per dare risposta alle necessità attuali.

Quanto pesano il territorio e le sue caratteristiche nel successo delle nostre eccellenze?

La nostra geografia, unica al mondo, è protagonista del successo dei prodotti italiani. Senza le acque dolci dei corsi d’acqua di Biella non si sarebbero potute pettinare le lane che poi sono diventate un’eccellenza mondiale. La stessa cosa vale per la pasta di Gragnano: senza l’acqua e l’aria uniche non sarebbe stato possibile avere quella qualità che, dono della natura, abbiamo saputo utilizzare e valorizzare.

Il tessile, il vetro, la pasta, la nautica, cosa hanno di comune questi mondi?

Le persone e la loro capacità di creare sistema intorno a un input arrivato dal territorio. Sono loro a fare sempre la differenza. Ad accomunare tutti gli imprenditori che abbiamo incontrato sono il totale rispetto, la stima profonda che nutrono verso i loro collaboratori. Il lavoro non sarebbe possibile se non ci fossero stati imprenditori visionari che anche in epoche difficilissime hanno avuto il coraggio di partire alla scoperta dell’ignoto, ma non sarebbe stato altrettanto possibile se non avessero trovato sui loro territori persone disposte a inventarsi dei mestieri, ad affinare la propria professionalità. Nelle realtà che abbiamo visitato c’è un forte senso di appartenenza alle aziende da parte di chi ci lavora.

Come sperano di essere percepiti dal di fuori questi imprenditori?

Credo che desiderino essere percepiti come coloro che hanno costruito imprese capaci di superarli. Che siano diventati promotori di uno stile di vita e di un metodo di lavoro che possano rimanere nel tempo.

Cosa le ha lasciato questo viaggio?

Tante impronte addosso di grandi maestri che hanno edificato imprese straordinarie con il loro spirito di sacrificio, il loro intuito. Mi sono sempre sentita in dovere di diventare la narratrice di queste vite d’impresa, che sono esempi di vita. Dietro a questi imprenditori ci sono sempre persone di grande valore etico e morale.

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L’antica profezia del Gran Bracun

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Arriva su Rai Gulp la prima serie per ragazzi in trilinguismo, italiano, tedesco e ladino. Da sabato 27 a mercoledì 31 luglio alle ore 15.30

Avventura, divertimento e scoperta, per sentirsi amici e uniti. Una produzione Rai Kids, con il sostegno della Provincia Autonoma di Bolzano, Alto Adige e la collaborazione di Rai Com, che vede tre ragazzi protagonisti, ognuno con la sua lingua, ma in grado di comprendersi e far capire al pubblico il loro racconto.  Protagonista della serie è Armando Traverso, insieme a Paul Alfreider, Natalie Alton, Mati Frenes, Anja Craffonara, Emil Tavella e Tommi Sigismondi. I personaggi sono ragazzi tra i nove e gli undici anni, tre amici che hanno qualcosa di speciale, anzi, molto più di qualcosa: Mikil, un sognatore, sempre in bilico tra realtà e fantasia sempre intento a disegnare draghi sul suo block notes; Christine, una piccola genietta curiosa e capace di risolvere ogni problema e Luca uno sportivo, amante della natura, con una grande passione per i podcast. E poi c’è “Numero Sette”, una ragazza leader e più grande del gruppo che insieme ai suoi scagnozzi si diverte ad umiliare Mikil. Tutto ha inizio al Museo della Storia e Tradizione della Cultura Ladina, quando la professoressa racconta la storia del Gran Bracun, un nobile cavaliere che uccise un terribile drago. Da quel momento i nostri tre amici ricevono una serie di indizi reali che hanno a che fare con la leggenda, ma presto accadrà qualcosa di inspiegabile, incontreranno personaggi a cavallo tra la realtà e la fantasia, e scopriranno che esiste un’antica profezia, per la quale dovrà essere nominato un nuovo Gran Bracun, e che in realtà il Drago non è mai morto…  Se qualcuno riuscisse ad ascoltarne il respiro profondo, gli verrebbe rivelata l’antica profezia, e diventerebbe il prescelto. E se fosse proprio lui, Mikil? Per saperlo non c’è che un modo: incontrare il drago. “L’Antica Profezia del Gran Bracun” è ideato e scritto da Armando Traverso, con la regia di Marco Lorenzo Maiello. Da sabato 27 a mercoledì 31 luglio, tutti i giorni, alle ore 15.30 su Rai Gulp, oltre che su RaiPlay.

 

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Generazione di Fenomeni

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La miglior squadra di pallavolo del XX secolo. Il primo documentario sulla Nazionale di pallavolo degli anni ’90. In onda martedì 23 luglio 2024 in prima serata su Rai 2

Da un’idea di Andrea Zorzi, e diretto da Paolo Borraccetti, realizzato con il Patrocinio di CONI e FIPA, “Generazione di Fenomeni – La miglior squadra di pallavolo del XX secolo” andrà in onda il 23 luglio in prima serata su Rai 2. Il documentario racconta la storia della nazionale italiana di pallavolo degli anni Novanta, che ha vinto tre volte consecutivamente il titolo di “campione del mondo” (1990, 1994, 1998), e che nel 2001 è stata nominata la “Squadra di Pallavolo più forte del XX secolo”. In onda pochi giorni prima dell’inizio delle Olimpiadi di Parigi, “Generazione di fenomeni” è un documentario sportivo, un racconto corale ricco di repertori inediti, alcuni girati dagli stessi giocatori durante le trasferte. Una storia collettiva sull’unione e l’amicizia – non sempre semplice – di un gruppo di straordinari sportivi uniti da un fuoriclasse seduto in panchina: Julio Velasco. I nomi di questi fenomeni sono ormai leggenda: Andrea Anastasi, Davide Bellini, Lorenzo Bernardi, Vigor Bovolenta, Marco Bracci, Luca Cantagalli, Mirko Corsano, Alessandro Fei, Ferdinando De Giorgi, Claudio Galli, Andrea Gardini, Andrea Giani, Giacomo Giretto, Pasquale Gravina, Andrea Lucchetta, Stefano Margutti, Marco Martinelli, Roberto Masciarelli, Marco Meoni, Michele Pasinato, Gilberto Passani, Damiano Pippi, Simone Rosalba, Andrea Sartoretti, Paolo Tofoli, Fabio Vullo, Andrea Zorzi. Un viaggio dentro l’anima di una squadra che ha cambiato la cultura sportiva del nostro paese.  Quella nazionale che non aveva mai vinto nulla fino all’Europeo del 1989 e che si trova a dominare la scena mondiale per dieci anni. I numerosi successi e le cocenti delusioni – come quell’oro olimpico sfuggito nel 1992 e nel 1996 – sono l’asse temporale dentro cui si sviluppa il racconto e il ritratto intimo dei protagonisti.

 

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