A casa di Maria Latella

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Le parole e la convivialità. Tra amici a tavola per interpretare lo spirito del tempo. Dal 10 settembre in seconda serata su Rai 3 l’house-talk “A casa di Maria Latella”. «Affronteremo temi complessi senza soluzioni facili, in un clima sereno e nel segno dell’autenticità cercando di fare arrivare al telespettatore un contenuto, un pensiero, una battuta, un sorriso» dice la giornalista

Come stai vivendo il ritorno in Rai?

Con grandissima emozione, diversa da quella che provai nel 1996 quando debuttai su Rai 3 con il programma “Dalle venti alle venti”. Nonostante sia accaduto in modo del tutto casuale, è un ritorno che quasi sembra destinato. Quel programma andò molto bene, incrocio le dita e spero che anche questa volta i telespettatori possano apprezzare il nostro lavoro. La sfida non è semplice ma siamo una squadra entusiasta

“A casa di Maria Latella”, chi ci troveremo e cosa accadrà?

Tutte le settimane avremo quattro ospiti, scelti in base alla competenza rispetto al tema di cui discuteremo. Principio che vale anche per i personaggi dello spettacolo, la cui presenza dovrà avere un senso all’interno della narrazione. Il mix è quello che utilizzerei per organizzare una cena a casa mia: un politico, un esperto-tecnico del tema, un personaggio dello spettacolo e una personalità del mondo del giornalismo, della cultura. Cardine del programma è l’autenticità, non ci sarà nulla di finto.

A partire dalla cena che andrà in tavola…

Si mangia davvero, si beve, moderatamente, ma davvero. Il nostro sarà un dopo cinema o un dopo teatro  tra amici. Due portate, un primo e un dessert, preparati da ex allievi di un istituto tecnico, perché mi piace l’idea che ci sia attenzione agli studenti dei tecnici alberghieri, importantissimi per l’economia e per il turismo italiano. Mentre assaggeremo i piatti parleremo di temi strettamente legati all’attualità, gli stessi argomenti che si discutono cenando a casa. A leggere il menù sarà ogni settimana un grande attore di teatro.

Che caratteristiche deve avere una buona padrona di casa?

Credo che a differenza di alcuni talk-show realizzati in studio, in cui il conduttore è protagonista, una padrona di casa debba semplicemente tenere il filo della conversazione, sempre capace di lasciare spazio ai propri ospiti.

Il programma andrà in onda da un vero appartamento…

Che si trova nell’edificio in cui abito, mi piace l’idea che gli ospiti si sentano veramente a casa. Si prende prima un aperitivo da me, poi ci si trasferisce sul set nell’altro appartamento. Succedeva già con il programma “A cena da Maria Latella”. L’atmosfera è davvero familiare è capitato che un ex ministro dell’economia scambiasse mio marito per il maggiordomo e gli consegnasse il cappotto (sorride).

Al centro di tutto, ancora una volta, la forza della conversazione…

Che ben conoscevano i nostri antenati, che della conversazione facevano un’arte. Penso alle donne del Sud che stavano davanti alla porta di casa e “se la contavano” dalla mattina alla sera, penso ai caffè letterari, popolati da intellettuali, dove si conversava con libertà e intensità. Il piacere della conversazione contava quanto ciò che si mangiava e si beveva. Mi piacerebbe ritrovare quel piacere nei nostri 55 minuti di programma.

Cosa ti affascina e cosa ti spaventa della nostra contemporaneità?

Mi affascinano le grandi opportunità di conoscenza. Se oggi vuoi informarti su qualsiasi argomento puoi farlo anche se vivi in uno sperduto paese di 500 anime sui monti in una regione remota: ti colleghi alla Rete e puoi saperne di più. Un’occasione molto importante anche per il Servizio Pubblico, che può dare una quantità enorme di informazioni attraverso i suoi vari canali. Da ragazza ricordo bellissimi programmi, serie televisive meravigliose come “L’Odissea” con l’introduzione del poeta Giuseppe Ungaretti. Ma oggi c’è molto di più, un accesso infinito alla conoscenza. Quello che mi spaventa è invece l’incapacità di trovare soluzioni a problemi enormi. Ne cito solo uno, i tanti ragazzi, perlopiù maschi, che restano indietro. Possono essere italiani di seconda generazione come nel caso di Jennifer o ragazzi che, come nella tragedia di Paderno Dugnano, vivevano in famiglie apparentemente felici. Non abbiamo ancora gli strumenti per intercettare questi profondissimi disagi, eppure è assolutamente prioritario concentrare la nostra attenzione sui giovani, maschi in particolare. In questo momento le ragazze sembrano forse più capaci di cercare una strada da sole. Come ripeto, non accade solo in Italia o nelle famiglie con difficoltà finanziarie.

Come trovare nel racconto giornalistico il punto d’incontro tra complessità e leggerezza?

Cerchiamo di affrontare temi complessi le senza soluzioni facili, ma nel clima leggero che si accompagna a cena. Negli ultimi trent’anni abbiamo fatto percepire ai telespettatori che quando c’è Tv deve per forza esserci conflitto. Il conflitto non costa niente, è facile, comodo e porta audience. La sfida è invece quella di parlare anche di temi difficili cercando di fare arrivare al telespettatore un contenuto, un pensiero, una battuta, un sorriso. Per questo ci sforziamo di avere ospiti preparati sull’argomento di cui si parla.

Che cosa hanno cambiato, il tempo e l’esperienza, del tuo essere una giornalista?

Sono forse meno autocentrata e più attenta alle esigenze degli altri, in questo caso del pubblico. Nel 1996 ero più che altro preoccupata di fare bene, di essere considerata una brava conduttrice. Oggi, insieme allo staff degli autori guidato da Pietro Galeotti, alla produzione di Level 33, al regista Giorgio, cerchiamo di dare il miglior prodotto possibile. Essere un po’ meno autocentrati sarebbe un bel vantaggio per tutti (sorride). Come diceva mia figlia quando era più ragazzina, “mamma, scialla”.

Cosa cerchi di scoprire di un ospite prima di dargli il benvenuto a casa tua?

Mi documento, cerco di conoscerlo. Ma la cosa che penso conti di più sia ascoltare quel che sta dicendo. Dopo i primi minuti li ho visti quasi sempre rilassarsi, al punto che molti di loro dimenticano di essere in Tv. Me ne accorgo e faccio in modo che quel clima duri. D’altra parte, se accetti di andare a cena da qualcuno, è perché presumi di sentirti a tuo agio.

Cosa ti fa piacere che spettatori e lettori pensino del tuo lavoro?

Sono contenta quando lo trovano interessante, incuriosente. Di recente ho intervistato Oprah Winfrey per “Il Sole 24 Ore”, e molti, tra coloro che hanno letto l’intervista, mi hanno detto di avere conosciuto la grande giornalista americana attraverso quelle righe in un aspetto più privato, personale. Privato non significa morboso, ma profondo. Credo che un’intervista debba raccontare quel che pensa oggi la persona. Il pettegolezzo, il gossip, sono un’altra cosa. Abbiamo già un presente così pieno di tensioni, di difficoltà, che se ogni intervista deve avere un trauma da rivelare, francamente diventa stucchevole

Cosa ti fa sorridere e ti fa stare bene?

Amo moltissimo il cinema, dove vado ogni volta che posso, mi piacciono le commedie e la sottile ironia. Mi fa sorridere anche il mondo surreale nel quale viviamo, nella nostra vita accadono tante cose comiche delle quali spesso non ci accorgiamo per davvero. E poi c’è la lettura, penso ad esempio a un libro che di recente mi ha fatto ridere fino alle lacrime, è “Profiles in ignorance” di Andy Borowitz dedicato all’ignoranza dei politici americani e come è cambiata la reazione dell’opinione pubblica rispetto a loro. Molto divertente e anche molto inquietante.

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Sempre al tuo fianco

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Il loro quotidiano è una corsa contro il tempo per salvare vite umane, territori, patrimoni artistici e tradizionali della nostra Italia. Sono gli operatori della Protezione Civile, persone normali in circostanze eccezionali che la serie con Ambra Angiolini, diretta da Marco Pontecorvo, racconta da domenica 15 settembre in prima serata Rai 1

 

Cosa succede a partire dal momento dell’emergenza? Si conosce molto dei disastri, ma quanto sappiamo dei percorsi che attivano i soccorsi della Protezione Civile? Sara Nobili è geologa vulcanologa, a capo della sezione Emergenze della Protezione Civile, insieme al suo team di fedelissimi operatori, sarà impegnata a risolvere casi, ispirati a vicende realmente affrontate dalla Protezione Civile, che richiedono la sua mente acuta e la sua esperienza, mentre cercherà di destreggiarsi nelle complicate relazioni famigliari. È responsabile del Rischio Vulcani, ha partecipato a missioni da far tremare i polsi: alluvioni, cabinovie in panne, emergenze sanitarie e ogni genere di intervento gestito dalla Protezione Civile, scongiurando rischi enormi per il nostro territorio. Ha fronteggiato Iddu, il vulcano Stromboli della sua terra di provenienza, e con lui ha un conto aperto. Una svolta importante nella carriera arriva quando Sara viene informata dal suo capo di essere candidata a rivestire il ruolo di Capo delle Emergenze, insieme però a Renato Lussu, stimato medico e ricercatore con una grande esperienza maturata nelle missioni in Africa, ma soprattutto nuovo grande amore di Sara. Una relazione in cui la donna si è tuffata dopo la fine del matrimonio con Massimo, padre di sua figlia Marina, una ragazza dallo spirito ribelle e in forte conflitto con i genitori per via della separazione, che non accetta in prima battuta la nuova relazione della madre con Renato, al quale si avvicinerà grazie alla comune sensibilità ambientalista. Sara ha un rapporto speciale con Egidio Merlo, biologo responsabile del Rischio Marittimo, divenuto paraplegico in seguito a un incidente sul lavoro. Da qualche giorno Egidio insegue Sara e Canovi perché ha visto, su uno dei mega schermi in cui monitora il Mediterraneo, una nave scomparire e ha il sospetto che non sia approdata in nessun porto. Sara deve occuparsi anche dell’inserimento del nuovo stagista Federico, neolaureato in Fisica quantistica, che durante il suo tirocinio dovrà aiutarla nell’attività di monitoraggio interagendo con gli altri membri del team operativo: Victor, responsabile delle Associazioni di Volontariato, che dovrà fare i conti con un passato irrisolto e Ginevra, la giovane e bella responsabile della Comunicazione, dal carattere gioviale e con la battuta sempre pronta, ma anche lei tormentata da un passato sentimentale sospeso. Nel suo nuovo incarico da capo delle Emergenze, Sara metterà a frutto competenze e umanità puntando sui suoi collaboratori, un gruppo che deve però ancora trovare coesione. Anche loro hanno segreti nascosti da affrontare e risolvere.

 

La prima serata

EPISODIO 1 – EMOZIONI

Sara Nobili è una vulcanologa della Protezione Civile Nazionale. Originaria di Stromboli, ha da poco divorziato da Massimo e si è trasferita a Roma lasciando, per decisione condivisa, la figlia Marina alle cure dell’ex marito. Marina soffre per il divorzio dei genitori ed è furiosa con Sara: le attribuisce la colpa di aver preferito la carriera alla ricostruzione della loro famiglia. Perciò, quando Sara va a trovare Marina a Stromboli, consapevole di ciò che prova, nasconde a lei e a Massimo il fatto che ha intrapreso da poco una relazione sentimentale con un collega, Renato, il Responsabile delle Emergenze Sanitarie. Nel frattempo, alla Protezione Civile, scatta l’allerta per la scomparsa di alcuni ragazzini sui monti Sibillini. Sara fa ritorno in tutta fretta per unirsi alla squadra e supportare il suo mentore, il capo della Protezione Civile Canovi.

 

EPISODIO 2 – UNA SCELTA INASPETTATA

Massimo scopre che Marina rischia la bocciatura a causa di troppe assenze e si rende conto di quanto sia difficile seguirla da solo. Condivide le sue preoccupazioni con Sara, che si sente in colpa per non dedicare abbastanza tempo alla figlia: si ripromette di lavorare meno e stare più vicina a Marina, tornando a Stromboli più spesso. Nel frattempo, in Protezione Civile, Canovi è chiamato a decidere il nuovo Capo delle Emergenze. Tutti, inclusa Sara, sono convinti che il prescelto sarà Renato. Il nuovo stagista Federico, che fatica ad ambientarsi, si ritrova ad aiutare Sara a gestire l’allerta di una frana che rischia di provocare numerose vittime. Con la sua determinazione, Sara riesce a prevenire una tragedia.

 

Il regista racconta…

«La proposta di fare una serie sulla Protezione Civile mi è arrivata verso la fine delle riprese della miniserie su Alfredino Rampi. Com’è noto da quella tragica vicenda nacque proprio questo importante Dipartimento perciò mi è parso la naturale prosecuzione di un percorso, la maniera di entrare a fondo e raccontare da dentro chi sono, come funziona la loro capillare organizzazione e la loro importante funzione che in molti definirebbero di ”Angeli custodi”. L’ispirazione dei vari casi di puntata deriva da fatti realmente accaduti e di cui forse abbiamo sentito parlare nei notiziari, ma spesso senza sapere né chi fossero le persone colpite dagli eventi, tantomeno chi fossero le persone che si prodigavano per salvarle. L’umanizzazione degli eventi, il poter dare un volto e una storia alla squadra della Protezione Civile mi ha subito interessato e penso che possa essere  molto coinvolgente per gli spettatori: vederli da vicino, raccontare le loro vite, i loro amori, le loro fragilità e i loro problemi personali, che vengono immediatamente messi da parte quando si deve intervenire per un’emergenza. Importante è stata anche la scelta di raccontare come le vicende e gli incontri che si fanno durante le missioni si riflettano e cambino anche l’agire nel privato dei nostri protagonisti, facendone uno degli assi portanti delle dinamiche interne al plot. Naturalmente è una serie anche di “Azione” con tanti accadimenti. Credo che questo sia un valore aggiunto anche perché nulla è gratuito, per il gusto di movimentare le puntate, ma è reso necessario alla soluzione di eventi o incidenti occorsi che, come ho già detto, sono ispirati a fatti  reali. È una serie corale ed è stato molto divertente creare una squadra eterogenea.  Ho pensato che dovesse essere rappresentata, nei limiti del possibile, tutta l’Italia e quindi, d’accordo con produttori e Rai, i nostri protagonisti provengono da varie aree geografiche del nostro Paese, ognuno con il proprio accento ed ad alcuni (per esempio Ambra) abbiamo affiancato un dialogue coach. Per me è stata una bella esperienza formativa in un mondo sconosciuto e affascinante, fatto di storie di uomini e donne come noi e che, per il loro coraggioso operato nelle situazioni di grave emergenza, rappresentano la “parte buona del paese”. Credo che questo elemento sia fondamentale come diceva Gianluca per far appassionare gli spettatori. Ringrazio i produttori, la Rai e la Protezione Civile per averci dato la possibilità di girare questa bella serie.  Ora che ho visto come lavora il dipartimento, fatto in larga parte anche di volontari, non mi stancherò mai di ringraziarli per quello che fanno quotidianamente»

Marco Pontecorvo

 

I PERSONAGGI

 

SARA NOBILI (Ambra Angiolini)

Sorriso sincero e un fascio di nervi in un corpo esile, è una madre e una donna tanto brava a gestire le emergenze del mondo quanto fragile ad affrontare quelle private. Sara è cresciuta a Stromboli dove ha conosciuto e sposato il marito Massimo Caruso, da cui si è separata di recente, e dove ha studiato e imparato ad amare il vulcano. Il trasferimento a Roma, al quartier generale della Protezione Civile, innesca l’inizio della conflittualità con sua figlia Marina, 17 anni, che non ha mai voluto seguire la madre nella capitale.

 

RENATO LUSSU (Andrea Bosca)

Medico virologo, è responsabile della sezione emergenze sanitarie dopo aver maturato un lungo percorso da Medico senza frontiere in Africa. Affascinante, misterioso, dagli occhi di ghiaccio è sempre presente in ogni emergenza. Sara tiene a Renato, quell’uomo che sembra pensare, respirare come lei. Con cui condivide i giorni e le notti alla Protezione Civile, le emergenze che e le difficoltà di una vita, fatta di passione sì, ma anche di rinunce. Renato custodisce un segreto che lo porterà a mettere in discussione il rapporto con Sara per proteggerla.

 

OTTAVIO CANOVI (Thomas Trabacchi)

 

Capo del Dipartimento della Protezione Civile, conosce profondamente Sara e la stima. È il suo mentore. Era tra gli “angeli del fango” dell’alluvione di Firenze e oggi è un uomo esperto e saggio. Ha con Sara un rapporto “paterno” anche nel privato.

 

EGIDIO MERLO (Fortunato Cerlino)

Napoletano, biologo marino, responsabile della sala rischio marittimo e costiero. Vive con un handicap che lo costringe sulla sedia a rotelle per un’embolia avuta durante un intervento subacqueo. Da allora ha dovuto rinunciare ai suoi amati fondali e questo lo ha reso testardo, intransigente, difficile. L’occhio di Egidio è attento a qualsiasi particolare, è così che s’imbatte nello strano affondamento di un relitto, una “nave dei veleni” con sospetto materiale radioattivo a bordo. Ma non tutti gli credono…

 

VICTOR PAOLI (Alessandro Tedeschi)

Responsabile del collegamento con le associazioni di Volontariato, intercettato e ingaggiato da Canovi tra i soccorritori dell’alluvione del 2011 a Genova Ligure, con un passato da rider e accanito tifoso di calcio. Victor sarà coinvolto in un “cold case” che riporterà a galla una vecchia storia legata ai tempi della curva, con conseguente riapertura di un processo che metterà a rischio il suo ruolo nel team di Sara e i suoi obiettivi sentimentali su Ginevra.

 

GINEVRA CARBONE (Gaia Messerklinger)

È la Responsabile dell’ufficio stampa. Donna “acqua e sapone”, determinata  e al contempo sensibile, ha il compito di intervenire ogniqualvolta Sara deve comunicare interventi difficili. Tiene i contatti con i giornalisti e la popolazione, organizza le conferenze stampa nei luoghi dell’emergenze, stempera le tensioni con i media locali. Ha un rapporto molto speciale con Victor, ma un amore tormentato e non ancora archiviato le impedisce di trasformare la loro relazione in una storia importante.

 

STEFANO CALINDRI (Francesco Meoni)

È un metereologo serio accurato e scientifico, ma sempre pronto a fare squadra in maniera positiva.

 

 

FEDERICO URBANI (Luigi Fedele)

Il colloquio da stagista per la Protezione Civile è una opportunità importante dopo la laurea in Fisica che si trasformerà ben presto in uno slancio genuino per gli interventi paesaggistici e umanitari della Protezione Civile. Federico condivide con Sara la passione per la vulcanologia, diventerà un suo prezioso collaboratore nel monitoraggio dello Stromboli. Proprio sull’isola conoscerà la figlia Marina e, da un iniziale approccio conflittuale, avvierà con lei una relazione promettente.

 

MARINA CARUSO (Tecla Insolia)

Figlia di Sara e Massimo, dal carattere vivace, cresciuta a Stromboli a contatto con la natura, capace di sorprendere per il suo coraggio e spirito di avventura. Dopo la separazione dei genitori, è in conflitto aperto con la madre Sara, che preme per portarla a vivere con sé a Roma. Marina, ogni tanto, andrà a trovarla e scoprirà alcuni dei “segreti” della nuova vita di Sara.

 

MASSIMO CARUSO (Peppino Mazzotta)

È l’ex marito di Sara e Sindaco di Stroboli. I due, nonostante la seprazione, sono ancora molto legati, anche se, ogni volta che la donna torna sull’isola è combattuta fra la sua scelta di libertà, le attenzioni di Massimo nei suoi confronti e le provocazioni di Marina che spinge per la loro riunione.

 

 

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Con gli occhi di Kostas

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Ruvido, abbastanza burbero, molto poco diplomatico, ma animato da un profondo senso della giustizia. È il commissario Kostas Charitos in arrivo su Rai 1 dal 12 settembre in prima serata. Il RadiocorriereTv incontra il protagonista che del suo personaggio dice: «Certe volte è giusto far arrivare la durezza di una frase, Kostas ci riesce, e un pochino gliela invidio. Spero che facendo un altro paio di stagioni imparerò a farlo anche io»

 

Dalla Grecia arriva il commissario Kostas Charitos e chi meglio di lei lo può presentare?

Ruvido, abbastanza burbero, molto poco diplomatico, ma animato da un profondo senso della giustizia. Quando capisce che una qualsiasi ingiustizia è in atto, a qualsiasi livello, reagisce immediatamente, non importa se l’interessato è il delinquentello di strada o il ministro degli interni. È chiaro che questo comportamento potrebbe causare qualche problema al Dipartimento e al suo capo, che inutilmente ripete: “Sei tutto d’un pezzo e vai a schiantarti sui muri come se niente fosse, ma non puoi fare così”. Ma è un eccellente poliziotto, dotato di un intuito formidabile e di una straordinaria capacità di capire gli intrecci delle vicende più complesse…

… e la famiglia?

Ha una moglie e una figlia che adora, un po’ meno i suoi fidanzati. La famiglia rappresenta la parte più “morbida” della serie, quella in cui Kostas riesce ad addolcirsi, nonostante il rapporto di incontro-scontro con Adriana (la moglie intrepretata da Francesca Inaudi), sempre molto costruttivo, seduto su una forte base di amore rispetto e stima.

Cosa rivela della sua personalità questo suo profondo senso di giustizia?

Il fatto che sia così estremamente reattivo verso qualsiasi tipo di sopruso può essere di ispirazione per la gente. Riflettiamo su quante situazioni – piccole o grandi – ci fanno imbestialire, e quante volte dobbiamo cedere alle prepotenze altrui, l’idea che possa esistere, anche se solo per fiction, un beniamino che combatte le ingiustizie può dare sollievo. Secondo me dà un esempio. Vedendo in azione uno come Kostas potrebbe anche venirci la voglia di dire: “Ora faccio come lui e gliene dico quattro”.

Una lunga trasferta in Grecia per girare ad Atene, una città sospesa tra Oriente e Occidente, tra l’antico e il moderno…

Ho una formazione classica, studio del greco antico, della storia di Creta e della Grecia, della filosofia del III secolo a.C., dei presocratici, fino a tutto il mondo dell’ellenismo, sono andato più volte in vacanza a Mykonos, a Santorini e in altri meravigliosi luoghi di questa terra. Questa serie mi ha permesso, però, di conoscere meglio il Paese, di entrare in contatto con la gente, non nel loro rapporto con i turisti, ma nella quotidianità. Mezza troupe, per esempio, era greca, professionisti di altissimo livello, personaggi incredibili con i quali ho vissuto per tre mesi e mezzo. Solo per citarne uno, il collega che faceva il fuoco della macchina da presa aveva precedentemente lavorato per il film di “Indiana Jones”. Ho mangiato con loro nei loro posti, secondo le loro usanze e rispettando il loro ritmo, ho dormito nei loro luoghi in città, che niente hanno a che vedere con la parte turistica che tutti conosciamo. Ho vissuto la Grecia da greco, da dentro, andando in giro tutto il giorno con una tazza di buonissimo caffè Klassikos, come quello turco fatto nella sabbia.

Che cosa si aspettano i greci da questo racconto?

Immagino l’aderenza al bello che c’è nei romanzi di Markaris. Quando un grande scrittore scrive delle belle storie bisogna rappresentarle più fedelmente possibile. Noi, con il suo beneplacito, ci siamo presi qualche libertà, non parliamo, per esempio, della questione linguistica greco-turca, immagino non particolarmente interessante per il pubblico italiano, al pari di quando, esportando “Aggiungi un posto a tavola” in Inghilterra, si sapeva benissimo che a nessuno sarebbe interessato il fatto che il prete si innamorasse, visto che sono protestanti e possono sposarsi senza problemi. In “Kostas” abbiamo attualizzato un pochino la vicenda, ci siamo spostati dalla metà degli anni ‘90 al 2009, 2010, anno della crisi economica che ha colpito la Grecia, rendendo un servizio a Markaris e accendendo un riflettore su aspetti poco conosciuti di questa terra. Credo che tutti ormai conosciamo bene le campagne americane grazie ai film dei fratelli Coen (i registi Joel ed Ethan), senza dimenticare “Breaking Bad” o “Albuquerque” … Sono tutte finestre su mondi che ci appartengono fino a un certo punto, questa può essere una finestra sulla vita vera della Grecia, che non è soltanto vacanze al mare, archeologia o storia.

La storia familiare di questo personaggio ci riporta a un passato – non troppo lontano – di violenze, regimi…

Il servizio pubblico, attraverso tutti i suoi generi e linguaggi di narrazione (fiction, documentario, cronaca, programmi giornalistici di indagine e di investigazione…) deve permettere a tutti di stare con i piedi dentro al mondo, noi abbiamo utilizzato quello della finzione per puntare il faro dentro problematiche attuali. Il rapporto che l’ispettore ha con la segretaria del suo capo, Klio, è davvero molto interessante, perché si basa esclusivamente sulla professionalità e, non importa se sia una donna molto attraente e troppo spesso considerata solo per le sue forme. Kostas vede solo una grande poliziotta, una che sa fare bene il proprio lavoro, sprecata nel ruolo che è costretta a ricoprire.

La conoscenza passa anche dal buon cibo, e in questa serie ce n’è in abbondanza…

Il nostro racconto apre una finestra su cibo di altissima qualità, che in Grecia significa convivialità straordinaria. Quando si va al ristorante, siamo abituati a ordinare ciascuno il proprio piatto, nei locali greci, al contrario, vengono servite quantità sproporzionate di cibo, perché si dà per scontato che un’insalata greca, per esempio, la mangiamo in tre, se ordini i souvlaki (spiedini di carne alla griglia), ne arrivano nove e devono essere condivisi, perché quello che conta a tavola è lo stare insieme. Ho adorato per questo lo straordinario rapporto che Charitos ha con il cibo; sua moglie è una cuoca eccellente e usa questa qualità a favore o contro il marito. È certo che se offre a Kostas del riso bollito c’è una lite in corso, quando si alza bandiera bianca, la contesa è finita ed è il momento dei ghemistà (pomodori, peperoni e altre verdure ripiene di riso). Il nostro poliziotto ha però una passione smodata per i souvlaki, presenti ovunque nei baracchini di Atene. Una sera siamo usciti da un ristorante e siamo stati travolti dalla nebbia, che alla fine era il fumo rilasciato dai numerosissimi barbecue per strada allestiti in ogni luogo, pubblico e privato, per la festa della grigliata. A ogni passo c’era gente che offriva carne. Meraviglioso!

La musica è parte fondamentale della sua vita e della sua professione, quale musica, allora, sarebbe adatta al commissario greco?

L’interprete perfetto è proprio Andrea Guerra che ha composto la bellissima colonna sonora della serie. Sarebbe stato molto facile sconfinare in qualcosa di scontato, penso alle sonorità del sirtaki; invece, ha avuto l’intelligenza di puntare all’originalità, rispettando le sonorità tipiche della Grecia e facendosi interprete del tono della serie, in equilibrio tra crime serissimo e commedia, sempre un po’ nerastra.

Quando ha letto per la prima volta le pagine di Petros Markaris, quanto ha voluto distaccarsi dalle sue parole per costruire il suo personaggio?

Per un fatto di rispetto, ho cercato proprio di essere il più possibile quello che mi sono figurato attraverso la lettura dei libri. Markaris ha dedicato circa diciotto romanzi su questo commissario, facendolo parlare in prima persona, descrivere quello che vede, senza però mai parlare di sé. Nei libri desumiamo qualcosa del carattere di Kostas attraverso le sue azioni, il comportamento. C’è poi un altro libro – “Io e il commissario Charitos” -, una sorta di autobiografia in cui l’autore si confronta con il personaggio, con il quale riconosce un’assoluta corrispondenza, in cui racconta dell’amore viscerale per Atene, una città non proprio bellissima nella sua totalità, perché un conto è l’Acropoli, un altro la sua periferia, ma che nasconde angoli di bellezza improvvisi e inaspettati che devi avere il desiderio di cercare. Ho fatto lavorare dentro di me i pensieri di Markaris, ho girato tantissimo per la città cercando di capire e, alla fine, anche io ho scovato quegli angoli di bellezza meravigliosi, come osservare le persone che nei quartieri suonano le canzoni antiche con il bouzouki, conosciute anche dai ventenni greci.

Ci regala un’immagine che le è rimasta impressa di Atene?

Abbiamo girato le scede della centrale di polizia all’ottavo piano di un palazzo, un giorno mi sono fermato a osservare i tetti della città, non proprio bellissimi con la luce del giorno che evidenzia la presenza delle migliaia di boiler con i pannelli solari… alle otto della sera, però, all’ora del tramonto il panorama cambiava radicalmente. Tutte quelle scatole d’acciaio si illuminavano contemporaneamente, riflettevano il sole, facendo sembrare Atene una città di swarovski, completamente ricoperta di cristallo. È un’immagine folgorante, lì ho capito cosa intendesse Markaris. Quando un posto lo vivi dentro, scopri bellezze infinite.

Ha vissuto dentro questo personaggio, cosa vorrebbe portare di lui in sé stesso?

Mi piacerebbe moltissimo recuperare questa sua totale assenza di diplomazia, la capacità di dire, in certe occasioni, quello che va detto, senza sconti, senza perifrasi per evitare che qualcuno si offenda. Certe volte è giusto far arrivare la durezza di una frase, Kostas ci riesce, e un pochino gliela invidio. Spero che facendo un altro paio di stagioni imparerò a farlo anche io (ride).

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Sono Affari di tutti noi

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Venti rappresentanti delle regioni italiane protagonisti al Teatro Delle Vittorie di Roma con le loro storie e i loro sogni. Tutte le sere alle 20.40 su Rai 1 “Affari tuoi” fa giocare le famiglie. «Sono curioso e pronto ad affrontare questa nuova avventura» afferma il neo-padrone di casa, che è già alle prese con il Dottore: «È il mio preparatore atletico. Il nostro primo incontro è andato molto bene. Come in tutte le relazioni sarà un crescendo di intesa e divertimento»

 

Dal 2 settembre alla guida di uno dei programmi più amati della Tv, come si è preparato al debutto?  

Durante questi mesi ho studiato, preso le misure con lo studio (Teatro Delle Vittorie), riguardato puntate delle passate edizioni di “Affari Tuoi”, dalle più vecchie alle più recenti. Ho cercato di fare mio questo programma, che da spettatore mi è sempre piaciuto. Ora ho voglia di partire, sono curioso e pronto ad affrontare questa nuova avventura.

Un’eredità importante, come sarà il nuovo “Affari Tuoi”?

“Affari tuoi” è un’istituzione con le sue regole e la sua liturgia, quindi non sarà stravolto. Da un punto di vista stilistico abbiamo deciso di tornare a una versione più classica, ai pacchi di cartone, perché su di me hanno sempre giocato un fascino particolare. In questa edizione torna anche il telefono, quello classico a cornetta, lo trovo più bello esteticamente e funzionale a una gestualità che mi appartiene di più. Per il resto porterò la mia personalità, la voglia di divertirmi con il pubblico in studio e a casa.

Fortuna, intuizione, sorriso… che caratteristiche deve avere un concorrente per essere vincente nel programma? 

Direi un equilibrio tra i tre elementi: 50 per cento fortuna, 30 intuizione e 20 sorriso.

Come è stato il suo primo incontro con il Dottore? Vi siete piaciuti?

Il Dottore è il mio preparatore atletico. Il nostro primo incontro è andato molto bene, ci siamo messi subito al lavoro per creare il giusto “filo di comunicazione” per il programma. Come in tutte le relazioni sarà un crescendo di intesa e divertimento.

“Affari Tuoi” è un game Tv ma è anche un grande “gioco di società”, che rapporto ha con il gioco?

Da casa quando guardavo “Affari Tuoi” mi piaceva cimentarmi nel gioco e capire quale potesse essere l’offerta del Dottore. Mi piacciono i giochi di società dove devi creare una strategia per vincere.

Si immagini per un istante concorrente, opterebbe per il rischio o per la cautela?

Io sono uno che rischia.  Un’opportunità come quella di essere concorrente ad “Affari Tuoi” non si ripresenta due volte nella vita, quindi sfrutterei al massimo la fortuna e me la giocherei fino in fondo.

C’è un numero che ha per lei un significato particolare?

Sì, il numero 11, ma non dirò perché.

La Rai punta su di lei, il suo sogno di diventare un intrattenitore a tutto tondo sulla rete ammiraglia si sta avverando. Come vive questo momento magico?

Con profonda gratitudine e senso di responsabilità verso la Rai, che sta credendo in me, e verso il pubblico che già con “S.T.E.P.” e “Bar Stella” mi ha dimostrato un affetto immenso. Ora con “Affari Tuoi” mi piace pensare di poter entrare nelle case degli italiani, piano piano, e accompagnare i telespettatori nel momento delicato di fine giornata, sperando di diventare, nel tempo, “uno di famiglia”.

A proposito di famiglia, cosa dice la sua di questa nuova sfida?

Loro sono i miei primi sostenitori e per me è davvero importante sentire tutta la mia famiglia vicina in questo momento così importante per il mio lavoro.

Cento anni di radio, 70 di Tv, che cosa augura a mamma Rai?

A questa mamma tosta, bella e sempre moderna, così presente nelle famiglie italiane, auguro lunghissima vita perché merita tutto l’amore che il pubblico quotidianamente le dimostra.

 

 

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Campo di battaglia

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Settima volta per Gianni Amelio alla Mostra del Cinema di Venezia (Leone d’Oro nel 1998 per “Così ridevano”, Leone d’Argento nel 1994 per “Lamerica”), prima in concorso per Alessandro Borghi protagonista del film. Il maestro torna nelle sale il 5 settembre per parlarci degli orrori della Prima guerra mondiale

Sul finire della Prima guerra mondiale, due ufficiali medici, amici d’infanzia lavorano nello stesso ospedale militare, dove ogni giorno arrivano dal fronte i feriti più gravi. Molti di loro però si sono procurati da soli le ferite, sono dei simulatori, che farebbero di tutto per non tornare a combattere. Stefano, di famiglia altoborghese, con un padre che sogna per lui un avvenire in politica, è ossessionato da questi autolesionisti e, oltre che il medico, fa a suo modo lo sbirro. Giulio, apparentemente più comprensivo e tollerante, non si trova a proprio agio alla vista del sangue, è più portato verso la ricerca, avrebbe voluto diventare un biologo. Anna, amica di entrambi dai tempi dell’università, sconta il fatto di essere donna. A quei tempi, senza una famiglia influente alle spalle, era difficile arrivare a una laurea in medicina. Ma lei affronta con grinta un lavoro duro e volontario alla Croce Rossa. Qualcosa di strano accade, intanto, tra i malati: molti si aggravano misteriosamente. Forse c’è qualcuno che provoca di proposito delle complicazioni alle loro ferite, perché i soldati vengano mandati a casa, anche storpi, anche mutilati, purché non tornino in battaglia. C’è dunque un sabotatore dentro l’ospedale, di cui Anna è la prima a sospettare. Ma sul fronte di guerra, proprio verso la fine del conflitto, si diffonde una specie di infezione che colpisce più delle armi nemiche. E presto contagia anche la popolazione civile… Nel cast Alessandro Borghi, Gabriel Montesi, Federica Rosellini, Giovanni Scotti, Vince Vivenzio, Alberto Cracco, Luca Lazzareschi, Maria Grazia Plos, Rita Bosello.

 

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Brennero. Caccia al Mostro

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Una PM originaria di una facoltosa famiglia di lingua tedesca e un ispettore di lingua e cultura italiana con un passato difficile sono costretti a lavorare insieme al caso di un serial killer. Superando le reciproche diffidenze e facendo squadra, Eva Kofler e Paolo Costa daranno la caccia allo spietato assassino, tornato a colpire dopo anni, riaprendo le ferite e le tensioni culturali che hanno segnato per decenni la città di Bolzano. Diretta da Davide Marengo e Giuseppe Bonito, la serie con Matteo Martari ed Elena Radonicich da lunedì 16 settembre ore 21.30 in prima visione su Rai 1 e in box set su RaiPlay

 

Siamo a Bolzano, in Italia. Eppure, chi arriva per la prima volta in città, è convinto di trovarsi in Germania. I cartelli per strada sono scritti in tedesco, alcune persone non ti capiscono se chiedi un’informazione, serve addirittura che si superi un esame di lingua tedesca se si vuole accedere alle cariche pubbliche. Gli stessi cittadini sono spaccati in due: da un lato i tedeschi, precisi, rigorosi e benestanti; dall’altro gli italiani, chiassosi e calorosi. Il ritrovamento di un cadavere costringe Eva, una giovane e rampante PM di cultura tedesca, a lavorare fianco a fianco con Paolo, un ispettore di origini italiane, nato e cresciuto a Bolzano. Entrambi sembrano inizialmente rappresentare lo stereotipo della propria cultura: austera, fredda e razionale lei; affascinante, spaccone e avventato lui. Ma è davvero così o sono solo semplici pregiudizi? La frequentazione coatta porterà Eva e Paolo a scoprirsi diversi da quello che pensano, diventando una solidissima coppia investigativa mentre danno la caccia al “Mostro di Bolzano”, uno spietato serial killer che si è macchiato di sei omicidi, tutte persone di lingua tedesca, colpevoli (secondo lui) di aver trattato gli italiani come inferiori. E proprio nel tentativo di catturare il Mostro, tre anni prima, Paolo aveva perso non solo la gamba destra, ma anche la sua compagna (e collega) Giovanna. Per lui, quindi, catturare il Mostro è ormai una faccenda personale, la sua vera e propria ossessione. Anche Eva ha un’ossessione, che però non ha niente a che fare con il caso del Mostro: porta il nome di Mathilde, una giovane pittrice a cui Eva è molto affezionata. Nel corso delle indagini Eva e Paolo si troveranno a fare squadra e affronteranno insieme il pericoloso caso del Mostro, superando le reciproche ossessioni e guarendo dalle loro (all’apparenza) insanabili ferite interiori.

 

LA STORIA INIZIA COSÌ…

Durante i festeggiamenti per la vittoria della squadra di hockey di Bolzano, un uomo viene ucciso in centro città: si tratta di Hans Meier, cittadino di lingua tedesca. La dinamica dell’omicidio e la “firma” lasciata sul cadavere lasciano presupporre che l’assassino sia il famigerato Mostro di Bolzano, tornato a colpire dopo più di 3 anni. Il caso viene affidato alla giovane ed insicura PM Eva Kofler, figlia di Gerhard, l’ex procuratore capo che si era occupato a suo tempo del caso del Mostro, senza riuscire a catturarlo. A Gerhard è stato recentemente diagnosticato un principio di Alzheimer e questo non fa che complicare ulteriormente la vita di Eva, che si ritrova con un padre che non accetta la malattia e una procura che non la ritiene all’altezza del caso che le è stato assegnato. Per questo motivo, la PM decide di coinvolgere nell’indagine l’ispettore Paolo Costa, un uomo misterioso e tormentato, che più di tutti era arrivato vicino a catturare il Mostro. Ma sarà una buona idea? O ha ragione Gerhard quando dice che l’ispettore Costa è una scheggia impazzita, senza più un briciolo di lucidità in corpo?

 

I PERSONAGGI

 

EVA KOFLER (Elena Radonicich)

Vista dall’esterno la vita di Eva Kofler è perfetta. Trentacinque anni, capelli biondi, fisico longilineo, abiti costosi, gli occhi chiari ereditati da suo padre, che dalla morte di sua madre – quando Eva era solo una bambina – è sempre stato la sua unica famiglia. Eva ha ereditato anche la professione di pubblico ministero da Gerhard Kofler, ex procuratore capo di Bolzano. Vive nella casa di suo marito Andreas, prefetto di Bolzano, un uomo che le viene invidiato, considerato un ottimo partito, anzi il migliore possibile. Andando in profondità però, la vita di Eva appare molto diversa. Eva ha sempre sofferto quel padre all’ombra del quale è cresciuta, il suo affetto soffocante ha assunto spesso le sfumature del controllo, del giudizio, rendendola insicura, specialmente sul lavoro, in quel Palazzo di Giustizia dove viene considerata da tutti una raccomandata e dove è impossibile sfuggire ai confronti con una carriera di successo che lei non riuscirà mai ad eguagliare. E il matrimonio con Andreas ha solo significato un passaggio di testimone: prima controllata dal padre, ora dal marito. Ma il vero motivo dell’insicurezza di Eva affonda le radici nel suo passato, in un errore che le è costato già una volta la stima di suo padre, imprigionandola in un giogo da cui non è più riuscita ad uscire.

 

PAOLO COSTA (Matteo Martari)

Il suo unico e ossessionante pensiero è il Mostro di Bolzano che ha rovinato la sua esistenza, impedendogli di vivere in un tempo che non fosse quel passato di tre anni fa: un bravo poliziotto che Giovanna, partner nel lavoro e nella vita privata, aveva raccolto dalla strada, insegnandogli un mestiere onesto, difficile ed eccitante. Tre anni prima, la caccia al killer che giustiziava a caso cittadini di lingua tedesca gli ha tolto tutto. Quando Paolo e Giovanna avevano finalmente trovato una pista e stavano inseguendo in auto l’assassino, un fatale incidente ha ucciso Giovanna e ha fatto perdere una gamba a Paolo. È stata un’imprudenza alla guida la sua, che rivela un carattere impulsivo e determinato, al limite dell’ossessivo. Un tratto caratteriale che lo inquadra bene sia nell’ambito lavorativo, facendo di Paolo un vero e proprio mastino che non molla la sua preda, sia in quello personale. Ma la morte di Giovanna cambia ogni cosa. Paolo ora ha 40 anni e da allora vive rintanato in un appartamento squallido, una caverna in cui è libero di ricordare il passato tutte le volte che vuole e di nascondere la sua menomazione fisica allo sguardo degli altri. Trascorre le sue giornate ad allenarsi, a fare esercizi fisici perché solo così riesce a sfogare le sue energie e la sua rabbia e solo riuscendo ad avere un fisico aitante ed allenato può sperare di essere reintegrato nella squadra mobile. Il suo unico rapporto con il mondo esterno è la relazione con Michela, la fisioterapista che l’ha aiutato nel percorso di riabilitazione. Lei è profondamente innamorata del poliziotto, il quale però è legato a lei solo fisicamente.  Ma quando il Mostro ricomincia ad uccidere, nella vita di Paolo compare Eva e tutto cambia. La PM è la figlia di quel Gerhard Kofler, il procuratore che, tre anni prima, non gli aveva fornito i rinforzi necessari, lasciando Paolo e Giovanna da soli durante quell’inseguimento finito così tragicamente. All’inizio, quindi, il rapporto tra Paolo ed Eva non può che essere di grande conflitto. Quando però la donna, dimostrandosi molto diversa da suo padre, chiede il suo aiuto per fermare il serial killer, Paolo capisce di avere davvero un’altra occasione, di poter smettere di pensare al passato per guadagnarsi una vendetta nel presente. Perché Paolo lo sa che non è soltanto il Mostro il problema. Il problema è lui stesso. È stato lui a spingere troppo sull’acceleratore durante quell’inseguimento che ha portato alla morte di Giovanna. E grazie al rapporto con Eva, che diventa presto la sua ancora di salvezza in quel mare in tempesta che è la sua vita, scoprirà che c’è ancora speranza. Speranza per tornare a vivere e soprattutto, per tornare ad amare.

 

GERHARD KOFLER (Richard Sammel)

È difficile per tutti fare i conti con il passare degli anni. A maggior ragione se, come Gerhard Kofler, sei stato il più illustre procuratore capo che la procura di Bolzano abbia mai avuto. Una carriera scintillante con un’unica macchia: quel Mostro che non è mai riuscito a catturare. Adesso che Gerhard, a settant’anni, ha dovuto lasciare il suo prestigioso incarico, non ha certo tagliato ogni contatto con la procura, anzi. Continua come se nulla fosse e come se non gli fosse stato diagnosticato un principio di Alzheimer a dialogare con i suoi ex collaboratori, nella convinzione di poter essere ancora utile alla causa, soprattutto quando il Mostro torna a colpire. Ma la rivelazione più sorprendente, per Gerhard, non è tanto il ritorno del serial killer, bensì a chi venga affidato il caso: Eva. Il rapporto tra padre e figlia è da sempre solidissimo e non c’è dubbio che si vogliano un bene infinito. Dal punto di vista professionale, però, Gerhard non riesce ad avere fiducia in sua figlia. Troppe volte l’ha vista fragile e timida, inadatta al ruolo da procuratore che necessita fermezza e decisione. Durante l’indagine Gerhard è sempre pronto ad aiutare Eva, fornendole informazioni e consigli che derivano dalla sua vasta esperienza sul caso del Mostro. La figlia però avrebbe bisogno di altro dal padre, principalmente di supporto e fiducia. Ma è difficile cambiare idea, soprattutto dopo una certa età.

 

MATHILDE (Sinead Thornhill)

A vent’anni, Mathilde non è certo una ragazza che passa inosservata. Dopo aver raggiunto la maggiore età, ha lasciato casa dei suoi genitori per cercare la sua strada. Ma non sta andando esattamente come aveva pianificato. A Bolzano convive con il suo compagno, Martin, e sopravvive grazie alla vendita di qualcuno dei suoi quadri. Mathilde dimostra infatti un certo talento artistico, anche se acerbo. Ciò che certamente non le manca, però, è la passione. Da poco è riuscita a vendere, tramite un gallerista, un suo cupo dipinto, acquistato da una misteriosa compratrice, che si rivelerà essere Eva.

 

LA PAROLA AI REGISTI DAVIDE MARENGO E GIUSEPPE BONITO

 

«La prima stagione di Brennero vuole raccontare la realtà unica di Bolzano e del Sudtirolo, affrontandola in tutta la sua bellezza e complessità. Il panorama naturalistico mozzafiato è senza dubbio uno dei punti di forza della serie, quasi fosse un personaggio, e abbiamo cercato di restituirne la magia e la spettacolarità, ma la serie vuole anche riportare il particolare quadro socioculturale che caratterizza questa zona d’Italia. Grazie alle sue due anime, infatti, quella di madrelingua tedesca e quella italiana, la città di Bolzano è riuscita a rifiorire risolvendo i conflitti e le frizioni che l’annessione post-bellica aveva inizialmente scatenato. Seguendo le vicende dei nostri due protagonisti, che incarnano i due diversi caratteri italiano (lui) e tedesco (lei), abbiamo raccontato alcune indagini poliziesche, capaci sì di incollare allo schermo lo spettatore con rivelazioni inaspettate e scene d’azione, ma in realtà usandoli come strumenti per far avvicinare i nostri personaggi, facendogli compiere quello che per noi è il percorso più importante: quello di abbandonare ogni pregiudizio nei confronti “dell’altro”, riconoscendone il valore e le qualità al di là di qualsiasi stereotipo. Ci auguriamo di aver raggiunto l’obbiettivo con una messa in scena che riesca ad attirare sia il pubblico italiano che quello al di fuori dei nostri confini, grazie ad un ritmo incalzante e ad una fotografia che segue un’estetica elegante e cinematografica. Grande attenzione è stata data alla cura delle location e dei costumi, nella ricerca della più grande attinenza alla realtà, e al contempo volendo sottolineare ancora una volta la differenza e la varietà stilistica e architettonica che si può trovare nel Sudtirolo.»

 

 

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Buon Compleanno Fiorella

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Dalle Terme di Caracalla di Roma il concerto-evento che celebra i 70 anni dell’artista con tanti ospiti e amici. Domenica 8 settembre in prima serata su Rai 1

 

Uno straordinario concerto-evento per rendere omaggio a Fiorella Mannoia nella dimensione per lei più naturale, quella del palco. Tanti gli ospiti, i colleghi e gli amici che condivideranno la scena con lei: Claudio Baglioni, Ligabue, Alessandra Amoroso, Carlo Conti, Giorgio Panariello, Gigi D’Alessio, Elodie, Enrico Ruggeri, Ermal Meta, Paola Turci, Amara, Noemi, Ornella Vanoni, Edoardo Leo, Luca Barbarossa, Rocco Hunt, Frankie Hi-Nrg Mc, Danilo Rea, Francesco Gabbani, Tosca, Ron, Natty Fred. Duetti eccezionali, aneddoti e storie inedite, risate, per uno show coinvolgente ed emozionante.

 

Una festa di compleanno alla quale ha invitato tutti i telespettatori. Cosa ci dobbiamo aspettare per l’8 settembre?

Prima di tutto una grande festa: ho festeggiato i miei 70 anni nella mia Roma, cantare “a casa” mi regala sempre un’emozione speciale. E cantare in uno scenario come questo che ci ricorda Roma in grande è ancora più emozionante. Ovviamente al centro di tutto, come nella mia vita, ci sarà la musica, e tanti amici e colleghi che sono saliti sul palco con me con grande generosità.

Ogni compleanno, soprattutto quando il numero è tondo, è l’occasione per tracciare un bilancio. Se dovesse definire la sua carriera con un aggettivo quale userebbe?

Direi che sono fortunata: la certezza di avere questo pubblico davanti che mi segue da tanti anni è la mia libertà. E inoltre ho avuto incontri speciali nel corso della mia vita, artisti che mi hanno aiutato a crescere e diventare quello che sono.

Castrocaro 1968 segnò in qualche modo il suo inizio nella canzone, arrivò il primo contratto discografico. Che ricordo ha di quel debutto?

12 ottobre 1968, Festival di Castrocaro: tutto è cominciato in questa data… Mai avrei immaginato il percorso che mi ha portato fin qui! E rivedermi mi commuove. Se ripenso a quella ragazzina che iniziava a cantare alla fine degli Anni Sessanta, con i capelli corti, i pantaloni di pelle… beh, provo affetto e indulgenza.

Se ci dovesse dedicare un brano per ogni decennio di carriera, quali sceglierebbe e perché?

Questa è veramente una domanda difficilissima, sicuramente sceglierei quelli che hanno segnato maggiormente la mia vita musicale, come ad esempio quelli sanremesi e che sono anche nel cuore di tutte le persone che mi seguono, quindi direi: Anni ’80 “Caffè nero bollente” (il mio debutto all’Ariston nel 1981), ma non posso non citare anche “Quello che le donne non dicono”, “Come si cambia” che proprio quest’anno compie 40 anni, e “Le notti di maggio” scritta da Fossati. Per gli Anni ‘90 “Il Cielo d’Irlanda”, per i 2000 “L’Amore si odia”, 2010 “Che sia benedetta”, mentre per l’ultimo decennio “Mariposa”, che è il brano manifesto con cui sono tornata sul palco di Sanremo quest’anno.

Tante le collaborazioni nel corso della sua carriera, quali ha maggiormente nel cuore?

Tutte: ogni incontro mi ha regalato qualcosa di speciale e un nuovo insegnamento. Nello show dell’8 settembre vedrete molti amici con cui ho avuto la fortuna di condividere il palco, sicuramente un posto speciale lo riservo per quelli – grandi e indimenticabili – che purtroppo non ci sono più come Lucio Dalla, Pino Daniele e Franco Battiato.

Cosa ha rappresentato e rappresenta per lei Sanremo?

Io lo dico sempre che quello dell’Ariston è un palco stregato, croce e delizia di noi artisti. È l’esame più importante, e nonostante l’esperienza, ogni volta è un rimettersi in gioco e una responsabilità che si sente come fosse la prima volta.

Chi è Fiorella oggi?

Sono una donna di 70 anni che ha passato più di 50 anni della sua vita sui palchi, negli studi di registrazione, ad ascoltare canzoni e cantare. Ho vissuto anni meravigliosi come i Settanta, ho visto il meglio del mondo anche se adesso purtroppo vediamo anche il peggio. Non sono una nostalgica, non ho rimorsi o rimpianti se questo percorso è servito a farmi sentire come sono oggi, rifarei tutto esattamente da capo. E guai se una persona non cambiasse nel corso degli anni, si deve cambiare, si deve crescere, l’essere umano dovrebbe migliorarsi. Però valori come onestà, etica, educazione, empatia e sguardo verso il prossimo non cambiano, ce li avevo quando ero giovane e ce li ho anche adesso.

 

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E alla fine arriva Kostas

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Nel campo del giallo, Kostas Charitos si potrebbe definire il corrispettivo greco del nostro amato Montalbano. Instancabile e ironico, è il nuovo commissario della tv in servizio nell’affascinante e caotica Atene. La serie diretta da Milena Cocozza è tratta dai romanzi di Petros Markaris “Ultime della notte” e “Difesa a zona”. Con Stefano Fresi, dal 12 settembre in prima serata Rai 1

Siamo nel 2009. Kostas Charitos è a capo della Sezione Omicidi della Polizia della capitale greca, sospesa tra Oriente e Occidente, tra antico e contemporaneo, teatro di una serie di delitti che coinvolgono immigrati clandestini ed ex spie, imprenditori ambigui e cronisti troppo curiosi. Ed è Kostas ad occuparsene, con puntiglio, tenacia ed umorismo. Non si perde mai d’animo nelle indagini che porta avanti con umiltà e fine intuito. Non lo fermano i ritardi burocratici né gli ordini imposti dall’alto, in particolare quelli del suo superiore Ghikas, con cui discute senza alcun filtro diplomatico. Scomodo, ruvido, ma mosso da un profondo senso di giustizia, Kostas è figlio della penna di Petros Markaris, sceneggiatore e scrittore di fama internazionale noto proprio per i romanzi dedicati a questo personaggio d’altri tempi, abitudinario, ostile alla tecnologia e con la curiosa passione per i vocabolari, dove cerca le risposte nascoste su un mondo che appare sempre più inafferrabile. È sposato con Adriana, con la quale ha un rapporto fatto di schermaglie, tipico di una coppia di lunga data ma, nonostante le apparenze, molto affiatata. Il cibo, che Kostas ama smodatamente, è il loro principale motivo di scontro. Per Caterina, figlia unica che studia Giurisprudenza a Patrasso, prova un amore totale e incondizionato che lo rende inevitabilmente critico impietoso di tutti i fidanzati che gli presenta. Nel passato familiare di Kostas incombe la figura dispotica del padre, Stefanos, poliziotto all’epoca della dittatura dei colonnelli e spettatore passivo degli interrogatori e delle violenze inflitti agli oppositori del regime. Padre di cui scoprirà nel corso della serie un lato umano imprevisto grazie all’incontro con Lambros, un vecchio rivoluzionario comunista che si offrirà di aiutare il commissario nelle sue indagini. Sullo sfondo, si stende la sterminata e bianca Atene, con addosso tutto il peso della sua storia, vittima di un’urbanizzazione senza controllo, soffocata dal traffico e dalla burocrazia ma splendente di bellezze, in qualche modo specchio di tante città italiane.

I PERSONAGGI

Kostas Charitos (Stefano Fresi) è il capo della sezione omicidi di Atene. Nonostante i suoi modi rudi e diretti, è stimato da tutti i colleghi per la bravura nel risolvere i casi più difficili e per il profondo senso di giustizia che lo muove. Da venticinque anni è sposato con Adriana, che lo accudisce e lo opprime amorevolmente, e da venti coltiva un rapporto privilegiato con la loro unica e amatissima figlia, Caterina, cocciuta quanto lui. Kostas adora mangiare, soprattutto souvlaki, e nutre una profonda passione per i dizionari: cercare il significato delle parole lo aiuta a capire le cose del mondo, a sfuggire agli affanni del lavoro e a sopportare il traffico ateniese che affronta a bordo della sua vecchia Fiat 131 Mirafiori, unico ricordo di un padre mai davvero accettato.

Adriana Charitos (Francesca Inaudi)

Bella ed energica, insuperabile ai fornelli, non è un caso che, dopo ogni litigio con Kostas, Adriana si vendichi lasciando il marito a digiuno mentre, ogni volta che vuole ammansirlo, gli cucini i ghemistà. Moglie sollecita e madre affettuosa, da quando Caterina si è trasferita a Patrasso per studiare all’università, Adriana passa gran parte del suo tempo a fare la maglia e a guardare reality show. Ma è davvero felice o è arrivato il momento di cercare un lavoro e l’indipendenza economica dal marito?

Caterina Charitos (Blu Yoshimi)

Capelli ricci e sorriso luminoso, Caterina è la figlia ventenne di Kostas e Adriana. Da qualche anno si è trasferita a Patrasso per studiare Legge all’università e inseguire il sogno di diventare magistrato. Sarà la prima della famiglia Charitos a laurearsi e Kostas, che ha con lei un rapporto privilegiato, non vede l’ora di vederla presenziare nelle aule di tribunale. Le priorità di Caterina sono quelle di finire gli studi e trovare un lavoro. È forse per questo che, quando il suo fidanzato Panos inizia a parlarle di matrimonio, lei decide di darsela a gambe? O è stato fatale l’incontro con Fanis, il bel dottore che ha salvato la vita a suo padre?

Petros (Marco Palvetti)

È il vicecommissario della sezione omicidi, è un quarantenne scrupoloso e metodico. Malgrado l’impegno e la dedizione che mette nelle indagini, però, c’è sempre un dettaglio che gli sfugge e che il commissario Charitos puntualmente gli fa notare. L’arrivo di nuovi colleghi nella squadra metterà a dura prova la sua pazienza, allontanerà visibilmente il sogno di una promozione e minerà la sua abitudine pluriennale a eseguire gli ordini.

Nikos (Giulio Tropea)

Giovane e belloccio, sempre vestito con abiti sportivi e alla moda, Nikos è il novellino della Omicidi. Nonostante sia alle prime armi, esprime sempre la propria opinione – anche se non richiesta –, infastidendo costantemente Petros che, infatti, non lo sopporta. E quale passatempo migliore per Kostas se non quello di mettere in competizione i due sottoposti? D’altra parte, più si scontrano e meglio lavorano.

Klio (Maria Chiara Centorami)

Venticinque anni, fisico perfetto e bellezza che non passa inosservata. La sua scrivania è all’ultimo piano della Centrale dove è relegata in veste di segretaria di Ghikas. Da sempre sminuita e soprannominata “la modella in uniforme”, vorrebbe dimostrare di essere anche lei una poliziotta. E il primo a rendersi conto di quanto potrebbe essere utile alla squadra è proprio Kostas.

Ghikas (Luigi Di Fiore)

È a capo della sede centrale di polizia della Regione dell’Attica e quindi è il diretto superiore di Kostas. Sa muoversi con cautela nelle vicende che scottano, preferisce non pestare i piedi alle alte sfere, sa come trattare i personaggi importanti e spesso, proprio per questo, opta per chiudere i casi nel più breve tempo possibile. Prossimo alla pensione, vorrebbe lasciare la sua scrivania a Kostas ma l’ostinazione e i modi del commissario lo preoccupano non poco.

Panos (Daniele La Leggia)

Innamorato perso di Caterina, Panos si impegna ogni giorno per essere il miglior fidanzato possibile. Studia agronomia ed è convinto che salvare gli ecosistemi alimentari del pianeta sia una priorità, motivo per cui Kostas, che lo sopporta a malapena, si diverte a chiamarlo “fruttivendolo”. Nonostante il timore nei confronti del commissario, Panos è pronto a chiedere la mano di Caterina: malgrado la giovane età, infatti, il ragazzo vuole sposarla e costruire con lei una famiglia.

Fanis (Michele Rosiello)

Affascinante e serio, Fanis è un giovane medico trentenne che lavora all’ospedale di Atene. Per Kostas, malato “non troppo paziente”, Fanis sarebbe il dottore perfetto, se non nutrisse un evidente interesse, per di più ricambiato, per la “sua” Caterina.

Lambros Zisis (Massimo Mesciulam)

Ex militante comunista, durante la dittatura dei colonelli finì in carcere dove subì indicibili torture ma strinse amicizia con una guardia: Stefanos Charitos, il padre di Kostas. Malgrado il commissario fatichi a comprendere come un reazionario e un contestatore possano essere diventati amici, il contributo di Lambros alle sue indagini – un archivio storico che costudisce con maniacale attenzione nella sua memoria – si dimostrerà risolutivo in numerosi casi.

La storia inizia così…

In vacanza su un’isola dell’Egeo, la famiglia Charitos, comprensiva di Panos, l’onnipresente fidanzato di Caterina, viene sorpresa da una scossa di terremoto che fa riemergere un cadavere dalla terra. Kostas è costretto a rientrare ad Atene per indagare su questo caso, ma in commissariato il capo Ghikas costringe Kostas e la sua squadra a dare la precedenza all’omicidio di una coppia di albanesi. Determinata a seguire l’indagine c’è anche una famosa giornalista, Ghianna Karaghiorghi che però, a dirla tutta, sembra già un passo avanti alla polizia. Quando anche Ghianna viene trovata morta, la situazione si complica. Cosa sapeva? E chi l’ha messa a tacere? Kostas si ritroverà a indagare su un traffico di minori che coinvolge uomini potenti, ex funzionari del partito comunista e rifugiati politici. Proprio mentre deve far fronte anche alla morte di suo padre…

LA PAROLA ALLA REGISTA MILENA COCOZZA

«Impostare e dirigere questa serie mi ha messo di fronte a sfide importanti. Portare sullo schermo un personaggio così amato e definito nel tempo e nella grande scrittura di un autore come Petros Markaris è un’impresa di non poco conto. Per prima cosa Kostas Charitos è un uomo difficile che racconta i tempi in cui vive attraverso uno sguardo personalissimo, controverso, lucido e disincantato. I romanzi sono pieni di materia e utilizzano il giallo per raccontare i tempi correnti, intrisi come sono di una spietata analisi sociopolitica e conditi con un’ironia pungente e sofisticata. Il primo compito è stato quindi quello di individuare qualcuno che potesse incarnare questo burbero e anacronistico Commissario, duro a volte nei modi, sarcastico, poco moderno nell’attitudine e al tempo stesso profondamente umano, cercando di restituirlo al pubblico che lo conosceva, senza tradirne il carattere profondo, e creando qualcosa di accattivante per chi invece non ne ha mai letto. Stefano Fresi, grazie all’intuizione di Carlo Degli Esposti, ha affrontato assieme a me questa impresa. Abbiamo provato a dare corpo e carne al nostro Commissario, lavorando su corde nuove per lui e unendole a quelle che sono le caratteristiche dell’attore ed essere umano Stefano Fresi, che ha dalla sua una simpatia innata e istintiva e una profonda capacità di empatizzare. Il secondo grande ostacolo è stato quello di adattare i romanzi e renderli interessanti per il pubblico italiano. La serie è interamente ambientata e girata ad Atene, in un patto primigenio di sospensione dell’incredulità, per cui gli attori italiani interpretano e si muovono in un terreno linguistico differente da quello di appartenenza. Per far questo, ho cercato di legarmi il più possibile al territorio, restituendo le piccole caratteristiche che ho imparato a conoscere, le abitudini quotidiane, il modo di vivere la città, provando però a normalizzarle, a non renderle un vezzo esotico, evitando quindi sottolineature che tendono ad allontanare. Per quello che riguarda la recitazione ho usato un approccio decisamente realistico soprattutto per quello che riguarda la vita domestica dei protagonisti, sostenuta da un cast di cui sono molto fiera. Mi interessava raccontare le dinamiche familiari quotidiane, le verità dei rapporti che legano i personaggi. Ho cercato sia visivamente, tentando di restituire la complessità di una città caotica come Atene, solare ed oscura e grigia al tempo stesso, sia nell’impostazione recitativa, e nell’accompagnamento musicale, di raccontare Atene stessa come personaggio e i greci con la loro cultura, e soprattutto le loro dinamiche storiche, come qualcosa in cui anche noi italiani possiamo riconoscerci e con cui possiamo immedesimarci e divertirci.»

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Mano a mano

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Da lunedì 2 settembre in seconda serata su Rai 3, al via il nuovo programma condotto da Federico Ruffo realizzato dalla Direzione Approfondimento in collaborazione con Rai per la Sostenibilità – ESG. Un viaggio attraverso il mondo della solidarietà e della trasparenza, una finestra aperta sul grande cuore degli italiani e sulla responsabilità della Rai e delle associazioni che ad essa si rivolgono, in cerca di aiuto per la realizzazione di progetti umanitari e di importanza per la collettività. Quattro puntate nelle quali verrà mostrato ai telespettatori-donatori come sono stati utilizzati i fondi raccolti con lo strumento degli SMS solidali, collegamenti e servizi filmati per raccontare storie di straordinaria generosità e, in studio, la parola passa ai testimonial celebri delle campagne di solidarietà e i protagonisti delle realtà del terzo settore

 

In che modo la parola “trasparenza”, elemento chiave anche per la tua professione e per la missione del giornalista del Servizio Pubblico, sarà declinata in questo programma?

Il nostro obiettivo è fondamentalmente dare risposta a una domanda che fino a qualche tempo fa nessuno si poneva. Il nostro è un Paese molto generoso, che cerca di non lasciare indietro nessuno, da sempre propenso alla beneficenza, o “associazionismo” per dirla in maniera più brutale, ma che non si è mai veramente chiesto: “Siamo sicuri di dove vanno a finire i soldi?”. Abbiamo sempre creduto tutti alla totale buonafede, ma a un certo punto, per molte e diverse ragioni, siamo diventati più scettici. Ecco perché questo programma è l’occasione giusta per mettere subito un freno a qualunque perplessità, per conoscere, senza intermediari e senza filtri, dove sono stati destinati i soldi raccolti durante le campagne solidali, cosa abbiano finanziato gli sms di beneficenza che abbiamo inviato. Dimostriamo, insomma, quali piccoli grandi miracoli siano avvenuti grazie al contributo di ciascun italiano. Con “Mano a Mano” non dobbiamo smascherare nulla perché, da sempre, la Rai ha fatto da garante a ogni raccolta fondi, ha sempre vigilato, scegliendo di diventare partner solto di quelle cause che sa essere vere e concrete.

 

Cosa vedremo nella prima puntata?

Una parte fondamentale in questo settore, oltre a chi gestisce le cause di beneficenza, sono sicuramente i testimonial, gli ambassador, come Claudia Gerini che inaugurerà la prima puntata condividendo la propria esperienza con ActionAid, ci racconterà dei progetti di contrasto alla povertà e alla violenza sulle donne da un punto di vista diverso, ponendo l’attenzione sul valore dell’istruzione. Combattere la violenza sulle donne, combattere la povertà significa istruire anche quei Paesi e i suoi ragazzi, fornendo degli strumenti per essere “liberi”. Accoglieremo anche la testimonianza di Geppi Cucciari, andando a scoprire cos’è un care giver, ovvero madri, padri, fratelli, sorelle che si prendono cura dei loro affetti h24, 7 giorni su 7, tutto l’anno. Persone che amano, che vivono un momento di enorme difficoltà, che hanno bisogno di totale assistenza, persone che non hanno mai un minuto di riposo e non conoscono niente che non sia prendersi cura di chi sta male. Associazioni come quelle di cui Geppi e molti altri sono testimonial danno loro una mano, offrono un sorriso e aiutano fare rete, a creare delle amicizie e a riappropriarsi della propria vita.

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Rai Cinema al Lido

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Quattro film italiani nel Concorso principale e un’ampia proposta di film, documentari e cortometraggi – per un totale di ventidue titoli – che Rai Cinema ha contribuito a produrre, sono stati selezionati nelle diverse sezioni del Festival. Undici di questi sono firmati da registe, quattro sono distribuiti in sala da 01 Distribution

 

I film di Rai Cinema in Concorso

 

“Campo di Battaglia” di Gianni Amelio

Cast: Alessandro Borghi, Federica Rossellini, Gabriel Montesi

Vermiglio” di Maura Delpero

Cast: Tommaso Ragno, Roberta Rovelli, Martina Scrinzi, Giuseppe De Domenico, Carlotta Gamba, Orietta Notari, Sara Serraiocco, Patrick Gardener, Rachele Potrich e Anna Thaler

Iddu” di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza

Cast: Toni Servillo, Elio Germano, Daniela Marra, Barbora Bobulova, Giuseppe Tantillo, Fausto Russo Alesi, Betti Pedrazzi e con Antonia Truppo e con la partecipazione di Tommaso Ragno

Diva Futura” di Giulia Louise Steigerwalt

Cast: Pietro Castellitto, Barbara Ronchi, Denise Capezza, Tesa Litvan, Lidja Kordić 

 

Fuori concorso

 

“L’orto americano” di Pupi Avati (film di chiusura del Festival) 

“Se posso permettermi – Capitolo II” di Marco Bellocchio

“Il tempo che ci vuole” di Francesca Comencini 

“Bestiari, Erbari, Lapidari” di Massimo D’Anolfi e Martina Parenti 

“Riefenstahl” di Andres Veiel

 

Orizzonti 

 

“Nonostante” di Valerio Mastandrea (film di apertura Orizzonti, Concorso)

“Of dogs and men” di Dani Rosenberg (Concorso)

“La storia del Frank e della Nina” di Paola Randi (Orizzonti Extra Concorso)

“Vittoria” di Alessandro Cassigoli e Casey Kauffman (Orizzonti Extra)

“Renè va alla guerra” di Luca Ferri, Morgan Menegazzo, Mariachiara Pernisa (Concorso)

 

Eventi Speciali della Mostra 

 

101 %” di Serena Corvaglia (cortometraggio)

 

Giornate degli Autori

 

Coppia aperta quasi spalancata di Federica Di Giacomo (Eventi speciali, film di apertura Giornate)

Taxi Monamour di Ciro De Caro (Concorso)

Quasi a casa” di Carolina Pavone (film di apertura Notti Veneziane)

La scommessa – Una notte in corsia” di Giovanni Dota (Notti Veneziane)

“Basileia” di Isabella Torre (Fuori concorso, film di chiusura Giornate)

 

SIC – Settimana Internazionale della Critica

 

“Anywhere Anytime” di Milad Tangshir (Concorso) e il cortometraggio

“Billi il Cowboy” di Fede Gianni (SIC@SIC Short Italian Cinema – Concorso)

 

Paolo Del Brocco, amministratore delegato di Rai Cinema

“Quattro opere italiane in Concorso di autori e autrici di generazioni diverse, che pur seguendo percorsi distinti, ruotano su vicende che rimandano alla Storia del nostro Paese. Credo che ci sia un elemento comune che lega questi registi, ed è la necessità, in questo tempo indefinito e pieno di incertezze, di rivolgere lo sguardo al passato più o meno recente, per riuscire a sviluppare un racconto contemporaneo e rappresentare meglio chi siamo. E così il maestro Gianni Amelio torna ai giorni della Prima guerra mondiale per parlarci degli orrori della guerra, Maura Delpero ambienta una storia al femminile, personale ma allo stesso tempo collettiva, in un paesino montano negli anni Quaranta, Fabio Grassadonia e Antonio Piazza reinventano episodi della latitanza di un boss mafioso ispirato a Matteo Messina Denaro per raccontare cosa si nascondeva dietro il sistema di scambio dei “pizzini”. E Giulia Loiuse Steigerwalt ricostruisce la storia dell’agenzia Diva Futura fondata da Riccardo Schicchi negli anni Ottanta/Novanta, che trasformò l’utopia hippie dell’amore libero nel nuovo fenomeno del porno, dando vita a personaggi come Ilona Staller e Moana Pozzi. Alla Mostra partecipano anche molti degli autori con i quali abbiamo costruito negli anni un rapporto di collaborazione molto stretto. Solo per citarne alcuni: Marco Bellocchio, con il corto girato nei luoghi originari della sua famiglia, la casa che tante volte abbiamo visto fare da sfondo al suo cinema, Pupi Avatiche chiude il Festival con un film dalle atmosfere horror gotiche ambientato tra i luoghi amati dell’Emilia Romagna e il Midwest americano, Francesca Comencini che ricostruisce e reinventa il rapporto con il suo indimenticabile padre, Valerio Mastandrea che apre la sezione Orizzonti raccontando lo scompiglio che irrompe nella vita del protagonista nel corso della tranquilla routine della vita in ospedale”.

 

 

Nicola Claudio, presidente di Rai Cinema

“Questo è in assoluto l’anno delle registe, forse quello in cui Rai Cinema ne accompagna di più al Festival, un dato che, ci fa piacere osservare, conferma il valore di quanto costruito insieme in questi anni. Undici registe tra autrici affermate, emergenti o all’opera prima, significa che finalmente le loro voci riescono a farsi sentire e a trovare sempre maggiori spazi nella competizione. Eravamo certi che questo momento sarebbe arrivato, siamo felici che sia accaduto ora”.

 

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