Valentina Romani

La speranza di rinascere

La promettente e giovane attrice in “Mare fuori”, su Rai2 in sei puntate, interpreta Naditza, una zingara che vive di truffe e furti: “La sua caparbietà e la sua determinazione mi hanno affascinata – ci racconta – Questa serie è un messaggio di speranza dove i giovani parlano non solo ad altri giovani, ma anche ad un pubblico adulto”.

foto di Sabrina Cirillo

“Mare fuori” è un film di speranza?

Assolutamente sì e anche dal titolo si intuisce. Il mare è il simbolo della libertà, delle possibilità. Il mare è estate, è vacanza, speranza, vita.

Che tipo di verità state trasmettendo al pubblico con “Mare fuori”?

Sicuramente c’è la verità che parla della difficoltà dell’adolescenza. Una fase così delicata in cui ci si scopre, ci si avvia alla ricerca degli adulti che si vuole essere un domani. La verità che vogliamo comunicare è senza dubbio il fatto che il vero esempio dei giovani sono gli adulti e che chiunque può sbagliare, chiunque si può trovare in un momento difficile, non importa dove, ma contano gli esempi che abbiamo davanti. E poi, un tema ricorrente nella nostra storia, è l’allenamento alla responsabilità, che è una delle caratteristiche che cominci ad acquisire nella fase adolescenziale.

Naditza è un personaggio carico di energia, ma che lotta con un momento complesso dell’esistenza di ciascuno, l’adolescenza. Lei che adolescente è stata?

Io sono stata un’adolescente per alcune cose simile a lei. E’ stata difficile, perché anch’io ho assaporato passo passo la fase di transizione verso l’essere adulta. E’ stata un’adolescenza piena di energie e libera, e di questo devo ringraziare i miei genitori che mi hanno lasciato la possibilità di scegliere, una fase di scoperta. E’ stata anche un’adolescenza un po’ diversa, perché ho iniziato a lavorare subito e non ho seguito un percorso universitario. Ma quello che mi sono ripromessa di fare è restare Valentina, che conta sui valori e sui rapporti che si sono costruiti nel tempo.

Come si è sentita nell’interpretare Naditza, cosa ha trovato nel personaggio, e in qualche luogo profondo dell’anima le assomiglia?

Sicuramente mi ha colpito la  sua caparbietà, la sua determinazione. Cose che mi hanno sorpreso e affascinato sin dalla prima fase di lettura. Nonostante “Mare fuori” sia un messaggio di speranza, è anche il racconto delle vite difficili. La sua energia è stata un’altra caratteristica che mi ha affascinato. Tutte caratteristiche che mi hanno obbligata a guardarmi indietro e a pormi delle domande: ma io ero così determinata quando ero adolescente? La risposta credo che sia sì. In questa lunga introspezione che ho fatto nella preparazione del personaggio, mi sono trovata simile a lei in alcune cose. D’altra parte, una bambina che va dai genitori a cinque anni e dice “voglio fare l’attrice”, è un po’ una cosa strana e io ho insistito e perseverato su questo desiderio.

La giovane rom che interpreta ha preferito il carcere alla famiglia. Quanto coraggio ha avuto?

Tanto. Questa è un’altra caratteristica che mi ha accecato di lei. E’ una adolescente molto coraggiosa. Sicuramente la sua è stata una forma di tutela e questo richiede molto coraggio. La famiglia dovrebbe essere il porto più sicuro nella vita, ma non per lei. Allora si cerca un approdo e il suo è il mare fuori.

Quanto incidono le scelte sbagliate nella vita?

Credo abbastanza, però sono indispensabili, perché le scelte sbagliate che facciamo servono ad imparare. Anch’io ho fatto molti errori, ma ad oggi mi rendo conto che, se alcune cose non le avessi sbagliate, non le avrei capite o non le avrei capite al momento giusto. L’errore credo sia sano, umano e non si può evitare.

C’è sempre la speranza di rinascere e di correggere gli errori del passato?

Assolutamente sì. E’ proprio da un momento di difficoltà, come la fase dell’adolescenza o dalle brutture della vita che nasce la bellezza, l’arricchimento.

Continua a leggere sul RadiocorriereTv N. 40 a pag.20