Una vita per la democrazia

“Se vuoi cambiare il mondo devi esserci”, diceva Tina Anselmi, partigiana a 16 anni, sindacalista in difesa delle operaie, prima donna ministra in Italia, nel 1976, presidente della Commissione di inchiesta sulla loggia massonica P2. Spesso unica donna in un mondo di uomini, la vita di Tina Anselmi è stata quella della nostra democrazia. Il 25 aprile, in prima serata su Rai 1, il film diretto da Luciano Manuzzi con Sarah Felderbaum

“La storia di Tina Anselmi è la storia di colei che ha aperto la strada all’emancipazione femminile (peraltro non ancora totalmente raggiunta) durante tutto l’arco del Novecento. È stata un personaggio fantastico, romanzesco, a cui tutti dovremmo poter assomigliare, uomini e donne. Per tutta la vita ha lottato contro i soprusi, le ingiustizie, gli sprechi e la mancanza di tutele che considerava come insulti insopportabili” afferma Luciano Manuzzi, il regista di “Tina Anselmi. Una vita per la democrazia”, in onda su Rai 1 il 25 aprile, il giorno in cui l’Italia celebra la Liberazione dall’occupazione nazifascista.
Nel 1944 Tina Anselmi ha solo sedici anni e con gli studenti di Bassano è costretta ad assistere all’impiccagione di trentuno uomini da parte dei tedeschi. Quel giorno capisce che, per cambiare il mondo, non si può restare a guardare, bisogna agire. È il momento di entrare nella Resistenza, rischiare la vita, la prigionia, la tortura. Con l’incoscienza dell’età, diventa staffetta partigiana e pedala senza sosta tra Castelfranco e Treviso portando documenti e informazioni. La Liberazione dell’Italia arriva nella primavera del 1945 e, quella ragazza appena adolescente che aveva rischiato la vita per la democrazia, non è più la stessa di qualche mese prima. Che senso ha la libertà, se c’è ancora l’ingiustizia? È la domanda che si pone di fronte allo sfruttamento delle “filandere”, lavoratrici spesso minorenni impiegate nelle filande, le più povere, tra le povere, attanagliate da un lavoro faticoso, malsano e sottopagato. La battaglia per i diritti porta la Anselmi verso l’attività sindacale e politica, diventando responsabile dei giovani Dc in un momento in cui non erano molte le donne che arrivavano a ruoli dirigenziali. Comincia a maturare in lei l’idea di quella che sarà la Commissione per le Pari Opportunità. Il primo a credere in lei è il deputato Aldo Moro e, durante il Governo Andreotti, nel 1976 la Anselmi diventa ministra del Lavoro, la prima volta che in Italia una donna ricopre questo ruolo. Grazie a lei, le differenze salariali tra uomini e donne vengono abolite. “Ha aperto la strada alle donne in politica in ruoli di responsabilità, diventando una figura centrale, di riferimento, per molte colleghe nel corso di tutta la Prima Repubblica” continua il regista, sulle capacità politiche di Tina Anselmi, afferma: “Si può senz’altro affermare che, assieme a Nilde Iotti di cui era sincera amica, Tina ha sempre inteso la politica come servizio e attraverso le sue battaglie civili. “La democrazia va vissuta e partecipata” diceva, ha come cercato di rodare la Costituzione, provandone la tenuta e l’efficacia dei suoi valori”. Nel 1978 è ministra della Salute, sul suo tavolo ci sono leggi e riforme importanti: la legge sull’aborto, la riforma Basaglia, l’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale. Ma il giorno in cui dovrebbe nascere il nuovo Governo, il sequestro di Aldo Moro stravolge l’Italia e qualsiasi agenda politica. Tina non si ferma, va avanti nel suo lavoro e sceglie, in sintonia con il suo partito, la linea della fermezza. Le certezze che avevano animato la sua vita oscillano. C’è qualcosa nella democrazia, che ha perseguito con tenacia e sognato fin da quando era ragazzina, che improvvisamente le sfugge. Qualche anno dopo, nel 1981, diventa Presidente della Commissione di indagine sulla loggia massonica P2, di nuovo unica donna in un mondo di uomini. Audizione dopo audizione, Tina scopre gli interessi di un gruppo di potere che ha cercato di governare il Paese in modo occulto e capisce che il mondo in cui aveva creduto di vivere e combattere le sue battaglie a viso aperto è molto diverso da come lo aveva immaginato. Non si arrende e, nonostante le pressioni e le minacce, porta a termine una relazione lucida e dettagliata sull’azione delle logge deviate in Italia e riesce a farla approvare con una larghissima maggioranza. Ciò che oggi continua ad affascinare di Tina Anselmi, è il modo in cui ha preteso di mettere alla prova molti di quei valori che l’Italia democratica non sempre è riuscita a incarnare. A lei, insieme a molti altri, dobbiamo la nostra libertà, un valore che ha sempre difeso e sostenuto per tutta vita. Chi non vorrebbe assomigliare a una donna così?

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