Una testimonianza civile
In occasione dell’anniversario della tragedia di Vermicino, Rai 1 presenta “Alfredino, una storia italiana”, in prima serata martedì 11 e mercoledì 12 giugno. In questo emozionante racconto corale, il cuore non è la tragedia familiare, ma il contesto in cui la vicenda si svolse la vicenda, i personaggi coinvolti che, nel tempo, sono diventati tasselli fondamentali di un affresco vibrante dell’Italia all’inizio degli anni ’80. Erano i giorni dell’attentato al Papa, della Loggia P2, dei sequestri delle Brigate Rosse e una nazione intera si ritrovò improvvisamente unita nella speranza di salvare un bambino
Il 10 giugno del 1981, nella campagna intorno a Roma, un bambino cade in un pozzo: comincia così una vicenda straziante che per due lunghissimi giorni avrebbe tenuto tutta l’Italia incollata alla tv. Per ben 48 ore il piccolo Alfredino Rampi di soli sei anni rimase prigioniero di un pozzo artesiano lasciato incustodito. I tentativi di salvare il bambino richiamarono, oltre a una gigantesca quanto sbalordita e impotente organizzazione di soccorsi, l’attenzione dell’informazione, della politica, e della gente comune di tutto il paese. La Rai avrebbe documentato ininterrottamente le vicende di Vermicino, in una diretta tv passata alla storia del nostro Paese. In quattro puntate, il lavoro del regista Marco Pontecorvo riesce a fare un’accuratissima ricostruzione storica di quei giorni, e a mettere in evidenza il fortissimo versante emotivo che colpì al cuore tutta l’Italia. Anna Foglietta è precisa e coraggiosa nel prestarsi a interpretare Franca Rampi: i tanti italiani che in quei giorni s’incollarono al teleschermo non hanno mai dimenticato il volto e le parole di quella mamma.
Quando si combatte tutti insieme, si può anche perdere, ma non si è mai del tutto sconfitti
La parola al regista, Marco Pontecorvo
La storia di Alfredino appartiene alla memoria di tutti gli italiani, anche quelli che non l’hanno vissuta. Proprio per questo abbiamo sentito una responsabilità maggiore nell’abbracciare il progetto. Tutti hanno veramente dato il massimo. Pur avendo seguito i verbali, abbiamo cercato di uscire dalla pura cronaca, di scavare negli animi dei personaggi e attraverso di loro raccontare un affresco dell’Italia di quell’epoca. Un Paese colpito da scandali, crisi di governo e terrorismo che si è fermato col fiato sospeso seguendo la prima diretta televisiva in un’alternanza di speranza e sconforto. Raccontiamo la vicenda stando con la macchina da presa a volte accanto ai nostri personaggi, a volte nella loro soggettiva. Siamo scesi nel pozzo insieme agli speleologi e ai volontari, vissuto con loro l’impossibilità di calarsi, la claustrofobia e la frustrazione di non poter salvare Alfredino. D’accordo con la famiglia Rampi si è deciso di non vedere mai il bimbo nel pozzo. Speriamo di essere riusciti a rendere la sua assenza una presenza ancor più forte che se fosse stato in scena. Abbiamo anche creato momenti di astrazione che, facendoci uscire dagli eventi, creano uno spazio di riflessione e di tregua dallo scorrere incessante del tempo. Calandoci dentro la storia riusciamo a capire il perché di tante scelte e l’eroicità di tanti personaggi. La signora Franca, per esempio, donna di incredibile forza, è riuscita a trasformare quella tragedia immensa in una spinta che ha poi dato vita, grazie al presidente Pertini, alla Protezione Civile. Mi è sembrato importante avere uno stile asciutto, entrando in punta di piedi nella vicenda e a volte guardandola dall’esterno.