Una storia eccezionale
LEONARDO PIERACCIONI
Tre fratelli si ritrovano attorno al sogno di un padre non più vedente: il “viaggio”, il sogno, lo scoprirsi finalmente vicini. Il regista di “Pare parecchio Parigi” nell’intervista realizzata da 01 Distribution
Come e quando è entrato in contatto con questa incredibile storia vera che ha ispirato il suo quindicesimo film?
Circa 12 anni fa me la raccontò un amico. Mi parve subito eccezionale. Erano due fratelli che rimproverati dal padre morente, di non essere stati mai una famiglia affiatata, decise improvvisamente di partire per un viaggio Parigino che da tanto avevano programmato ma che non avevano mai fatto. Però i due capirono da subito che il padre, molto malato e quasi non più vedente, non avrebbe retto tutti quei chilometri e allora, lo misero comunque steso sul letto della roulotte e iniziarono a girare per il loro podere dicendogli che erano in viaggio. Il povero padre stordito dai suoi malanni ci credette, dopo cinque ore lo portarono su una collina, gli fecero vedere le lucine in lontananza di Pisa e gli dissero che quella era Parigi. Il padre finalmente soddisfatto di quel viaggio sussurrò “Parigi è bellissima”. I due fratelli non capirono mai se il padre si fosse reso conto di quel tenero viaggio immaginario o davvero credeva di essere arrivato davanti alla Ville Lumiere! Una radio locale raccontò in diretta quell’avventura che si stava consumando e un gruppetto di una ventina di romantici sognatori si precipitò ai bordi del podere per fare il tifo a quel viaggio fatto solo di fantasia.
Quali elementi della storia originale sono stati preservati e cosa c’è di inventato?
Ho lasciato l’annuncio di questo viaggio da parte del TG locale che scatena la fantasia della gente. Poi ho lasciato i rapporti dei fratelli che durante il “viaggio” si raccontarono tutte quelle cose che non si erano mai raccontati in tutta la loro vita. Quel viaggio non viaggio diventò una “zona franca” nella quale si potesse finalmente avere una resa dei conti in modo pacifico.
Come hai scelto le attrici per interpretare le tue sorelle sullo schermo, Chiara Francini e Giulia Bevilacqua?
Sono perfette per i due caratteri quasi opposti dei personaggi del film, e anche nella vita mi sono accorto “strada facendo” che sono caratterialmente molto diverse. Il problema della Francini è riuscire a spegnerla tra un ciak e l’altro in quanto è sempre un vulcano di racconti personali, di proposte, di plateali entusiasmi. Giulia Bevilacqua, è più riflessiva, più pacata, più come me e così per tutte le riprese ci siamo scambiati occhiate di benevola sopportazione per la “nostra sorella” invece sempre carica a pallettoni.
Nino Frassica è un’icona della commedia italiana: lo aveva già in mente mentre scriveva la sceneggiatura insieme a Alessandro Riccio?
Un classico dei comici puri come Frassica è che nel loro corredo hanno tutte le sfumature serie se non addirittura tragiche. Gli ho proposto un professore burbero, tosto, severo e lui ce l’aveva. L’unica cosa che non ho potuto non fare è non montare nel film certe sue battute esilaranti che da buon commediante improvvisava durante le riprese e che divertivano tutti.
Il personaggio invece interpretato da Massimo Ceccherini chi è?
È la cattiveria fatta persona! In ogni favola c’è un personaggio così che mette, in questo caso letteralmente il bastone tra le ruote. Lui è l’altrettanto cattivissima madre (Gianna Giachetti) vivono ai bordi del maneggio e guardano questo camper che passa loro davanti come un elemento di disturbo. Sono una coppia che rappresenta il veleno contrapposto alla dolcezza di quel viaggio.
La Toscana è sempre al centro dei tuoi film: come la racconti in questo e come si è svolta la lavorazione?
Mi sono accorto che quasi tutti i maneggi in campagna si assomigliano e questa volta, per comodità abbiamo girato tutto alla periferia di Roma, insomma “Pare Parecchio Toscana” ma siamo parecchio sulla Cassia a Roma nord.
Com’è stato girare una storia che si svolge per gran parte all’interno di un camper che gira in tondo all’interno di un maneggio?
Abbiamo trovato un maneggio che aveva anche delle strade asfaltate lì vicino. Dopo un’ora che si girava sempre nel solito posto siamo stati anche noi vittime della “teoria del criceto podista”. L’animaletto dopo due minuti che corre nella ruotina non sa più dov’è di preciso. E così dopo tutti quei giorni della stessa strada per otto ore al giorno avessimo visto davvero Parigi non ci saremmo meravigliati! Se fai il solito identico giro per ore e ore perdi assolutamente il senso dell’orientamento.
Questo film è una commedia che racconta però una storia vera; c’è più tenerezza?
Nei tanti film che ho fatto c’è sempre stato un momento più acceso di tenerezza, ma subito spento dalla parte comica. In questo film, sotto questo punto di vista, mi sono lasciato molto più andare. Era importante raccontare bene i rapporti di questi tre fratelli con questo padre che avevano perso di vista da anni. Ovvio che quando si raccontano queste dinamiche familiari prende il sopravvento la parte emozionale. In ogni famiglia ci sono dei non detti, delle acredini mai sopite, la mia famiglia Cannistraci non vuole vivere di rimpianti, che è come guidare una macchina che si muove solo all’indietro. I nostri quattro sentono che hanno l’ultima occasione se non per recuperare il loro rapporto, per mettere almeno qualche importante tassello a posto. Insomma, in questo viaggio è anche arrivato il momento per i nostri tre fratelli di recuperare immediatamente un Natale non passato insieme anche se siamo a Giugno e anche se siamo in un’aiuola di servizio vicino a “Parigi”.
Intervista fornita da 01 Distribution.