Una storia contemporanea

NICOLE GRIMAUDO

In “Vivere non è un gioco da ragazzi” l’attrice interpreta Anna, la madre di Lele. Ex stella di periferia, fa la barista e ama la lettura. Più sofisticata del marito, subisce un ricatto che potrebbe risolvere i problemi economici a casa, ma si troverà di fronte a una dura scelta. Lunedì 22 maggio in prima serata su Rai 1

Nella serie interpreta il ruolo della mamma di un ragazzo che resta imbrigliato nel mondo della droga. Come vive Anna questo calvario?

Temo che quello che accade nella serie sia una delle paure più grandi per noi genitori. Il ruolo di Anna l’ho amato molto perché è una donna forte, concreta, che ha sempre lavorato e fatto di tutto per dare il meglio alla sua famiglia. Affronta tante fatiche e, nonostante questo, la famiglia è molto unita e la coppia è solare e vera. Davanti a queste grandi difficoltà, però, l’equilibrio familiare comincia a vacillare, perché quando un figlio prende una strada diversa rispetto a quello che si sperava per lui, è un colpo brutto per ogni genitore.

Come si è preparata per vestire i panni di Anna?

Ho attinto molto dalla mia vita quotidiana. Ho due figli, seppure piccoli, e tutte le paure e le fragilità di Anna sono anche le mie. Li faccio crescere spiegando che devono ragionare con la loro testa, che non devono avere paura dei genitori e che non devono vederci come dei nemici.

La storia racconta di una profonda crisi che porta ciascun personaggio a fare i conti con i propri fantasmi interiori. Quali sono quelli di Anna?

Anna ad un certo punto ha rinunciato a tutto in nome di due maternità. Quindi i suoi fantasmi sono aver dovuto fare un passo indietro rispetto ai suoi sogni e alle sue ambizioni e, forse, ad un amore molto grande che però l’ha messa anche in difficoltà. E’ una donna risolta per metà. I vuoti vengono spesso fuori.

La vicenda di Lele, suo figlio nella serie, farà deflagrare l’equilibrio familiare?

Sì, perché tra l’altro a livello economico la famiglia attraversa una grande crisi e Lele inizia a prendere una strada particolare pur essendo un bravo ragazzo. Per amore e per apparire come un ragazzo ricco che può permettersi cose che noi non possiamo dargli, inizia a spacciare. Una storia contemporanea che parla ai giovani e ai genitori.

Il tema della serie è fortemente ispirato alla verità della vita quotidiana. Ci si potranno riconoscere molti genitori e molti figli?

Assolutamente sì. Credo che queste storie siano belle e confacenti a un servizio pubblico reale. La serie ricorda ai genitori che i figli non vanno mai persi di vista: il fatto che crescano in questo mondo, ci dà la possibilità di controllarli di più, ma allo stesso tempo li espone a più pericoli. Bisogna tenere alto il livello di attenzione parlando loro, ascoltandoli, guardandoli davvero.

Cosa porta con sé della sua adolescenza?

Erano anni diversi e la mia adolescenza è stata particolare. “Non è la Rai” a quindici anni, ha sicuramente dato un taglio diverso a un’età in cui si vive di spensieratezza. Ho iniziato a lavorare molto giovane e ad avere il senso della responsabilità molto presto. Sono contenta di questo perché ho avuto un senso di disciplina che mi ha salvato da tante cose. Credo che i giovani debbano mettere a fuoco una passione. Che sia sport, arte, studio, è l’unica forza reale che tiene lontano dai rischi.

Ha iniziato a lavorare nella tv da giovanissima e la sua grande popolarità è arrivata con le fiction. Quale momento ha segnato maggiormente la sua carriera?

Credo che “Mine vaganti” sia stato il punto di svolta. Il film che ha consacrato il mio ruolo di attrice.

Quale ruolo non le è stato ancora mai proposto ma le piacerebbe interpretare?

Mi piacerebbe molto un ruolo sbagliato, sporco, cattivo. Fino ad oggi sono stata madre, compagna, poliziotta, infermiera, sempre rivolta agli altri. Mi piacerebbe raccontare un personaggio più oscuro.

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