Un viaggio umano felicissimo

IL CLANDESTINO

Il Radiocorrieretv ha incontrato il regista Rolando Ravello e Edoardo Leo, protagonista della nuova serie in prima serata Rai 1, da lunedì 8 aprile

Potete raccontarci che viaggio è stato?

Ravello: È stato un viaggione durato quasi due anni di vita, tra il lavoro sulle sceneggiature, scritte benissimo, la preparazione e il girato di sei mesi, un tempo non facile, né per un attore, né per un regista. Durante un periodo così lungo e stancante può succedere davvero qualsiasi cosa, si va incontro a ogni tipo di problema, il lavoro, così, diventa un viaggio durante il quale i rapporti possono cementarsi o distruggersi completamente. In questo caso, grazie a Dio, dal punto di vista umano si sono stabilite delle relazioni bellissime, abbiamo camminato tutti insieme nella stessa direzione, facendo passare in secondo piano ogni fatica. Il momento peggiore per me è quello dell’attesa che la propria creatura venga accolta dal pubblico, ci si trova in una sorta di limbo dove aspetti di capire se sei un santo o un cretino (ride).

Leo: Te lo dico io, sei un cretino (ride). Battute a parte, quando lavori così a lungo con un regista che, oltre alla stima professionale, è anche un amico che appartiene alla tua ristretta cerchia degli amici di sempre, tutto diventa facile, il rischio è solo quello di distruggere quel rapporto. E invece si è rafforzato, perché non si trattava di fare solo un lavoro, era qualcosa in cui credevamo tanto. Per questo abbiamo accettato di metterci in gioco, imbarcarci in un progetto molto lungo, molto complesso. È stato, dunque, un viaggio umano, finora, felicissimo, poi i numeri ci diranno se tutta questa umanità riuscirà a passare anche al cuore degli spettatori.

Nessuno si salva da solo, in che modo l’io e il noi si fondono in questa storia?

Leo: Questa è una delle chiavi di lettura che abbiamo cercato di percorrere nella serie. C’è una frase che dice “per conoscere veramente qualcuno devi camminare due giorni con le sue scarpe”. Luca Travaglia (il protagonista della serie) si mette a disposizione di persone che non aveva mai considerato prima, perché improvvisamente è come loro, è diventato anche lui un clandestino a casa sua, un fuori posto. Questo gli consente, nel suo lungo viaggio di espiazione, di mettersi a disposizione degli altri, di vederli veramente, di comprendere che per salvarsi l’unica cosa da fare, in ogni ambito, è mettersi nei panni di un altro essere umani.

Ravello: Espiazione che, grazie all’umanità dei personaggi che incontra, diventa una riscoperta della capacità di essere empatici. Quando parlo della serie, per me è importantissimo soffermarsi sull’empatia, quella caratteristica fondamentale che rende l’essere umano diverso dalle bestie e che invece oggi, come vediamo da quello che sta accadendo nel mondo, sembra essere completamente dimenticata, rendendo così l’uomo la bestia peggiore. E invece l’empatia è oro.

Restare umani è uno slogan bellissimo, più difficile da attuare…

Ravello: All’inizio del viaggio Travaglia vive da clandestino rispetto a se stesso e alle proprie emozioni, si è chiuso al mondo, solo la frequentazione con gli strati sociali che noi dimentichiamo, o che vogliamo dimenticare, riscopre una nuova capacità umana, il gusto degli abbracci, di un contatto fisico, di uno sguardo, riscopre il calore che la gente ti può dare se veramente ha voglia di condividere le proprie emozioni. A mettere in moto questo processo di riabilitazione sono quelle persone che riteniamo essere le ultime della società, ce ne rendiamo conto bene episodio dopo episodio, tappe di un viaggio dentro un’etnia diversa, dalla comunità cinese alle gang latino-americane, mondi che convivono con noi, ma che facciamo finta di non vedere, o rifiutiamo a priori. E invece saranno proprio queste realtà che aiuteranno il protagonista, e speriamo anche il pubblico, a ritrovare la capacità di essere empatici.

Leo: È assolutamente così. Quando si prova un dolore così enorme e catastrofico come quello che ha travolto Travaglia ci sono due vie, chiudersi e cominciare a odiare tutti, oppure cercare di capire, a guardarsi intorno e riconoscere immediatamente quelli che stanno vivendo il tuo stesso dramma interiore. In questo modo può finalmente metterti allo stesso livello, espiare le proprie colpe e aiutare quelli come te. Questo, involontariamente, perché nessuno ha la pretesa di lanciare messaggi, è il tema fondante de “Il Clandestino”.