Un film necessario

ESTERNO NOTTE

Le voci dei protagonisti dell’evento cinematografico per la tv firmato da Marco Bellocchio. Un’opera potente, come fondamentale fu la vicenda umana e politica di Aldo Moro. Da allora, da quel 16 marzo 1978, l’Italia non fu più la stessa. In onda in prima serata su Rai 1 il 14, 15 e 17 novembre

FABRIZIO GIFUNI è Aldo Moro

Nella vicenda Moro c’è una grande responsabilità di rimozione profonda… mi sono spesso chiesto perché in questi ultimi decenni non si è più avuta la voglia di tornare su quella storia, perché si è preferito dimenticarla

Il primo confronto con il maestro Bellocchio su questo ruolo…

Quello che ci ha chiesto Marco (Bellocchio, il regista), ma che era già molto chiaro leggendo la sceneggiatura, era quello di entrare ciascuno in questo grande racconto collettivo, che ha tanti punti di vista e non sposa solo lo sguardo di un personaggio o di un altro. Ciascuno di noi aveva la consapevolezza di essere parte di qualcosa di molto grande. Al regista interessava un’indagine sullo stato d’animo profondo di ciascuno dei personaggi, non solo un discorso politico o storico, ma proprio un’indagine serrata su quello che si muoveva in quei 55 giorni all’interno di ognuna delle figure che compongono il racconto.

In “Esterno Notte” c’è un Moro in assenza. Come si crea un’assenza così presente nella storia?

Assenza più acuta presenza diceva un grande poeta. Credo che questo si crei naturalmente grazie al formidabile talento di Bellocchio, organizzare un racconto in cui la figura di Moro, anche quando non c’è, non è presente nella vicenda, è fortemente presente in ogni momento. Come si crea non lo so, io ho cercato di abbandonarmi il più possibile, anche perché avevo, per scelta e per fatalità, attraversato la figura del leader della DC tante volte in questi anni, soprattutto a teatro con un lungo lavoro dedicato alle carte di Moro. Questa volta insieme a Marco ho scelto e cercato di dimenticare un po’ tutto e di entrare in questo grande fantasma della nostra storia. Questa è anche una storia di fantasmi nel nostro passato di ombre, anche il titolo suggerisce una visione notturna, nei palazzi della politica le cose importanti accadono di notte, ma di notte ciascuno di noi si abbandona a un’altra vita, quella dei sogni, una componente molto forte anche in “Esterno Notte”.

Viviamo come Paese un forte senso di colpa verso la vicenda di Aldo Moro. Cosa significa questo approfondimento televisivo per un pubblico più giovane?

Questo progetto ha già avuto una sua prima vita cinematografica, inaspettata, non certamente per la storia di Marco Bellocchio. È stato al Festival di Cannes, poi a New York, a Londra, in Italia è uscito al cinema in due parti e già in questo primo tragitto abbiamo avuto la sorpresa di vedere le sale piene di giovani. La stessa cosa è successa per il mio spettacolo che ogni sera si riempiva di generazioni nate dopo il nostro racconto. Dobbiamo avere più fiducia nei nostri ragazzi, ai quali negli ultimi decenni abbiamo suggerito con una certa ossessività che bisognava vivere in una sorta di eterno presente, cancellare le tracce di un certo passato, recidere accuratamente i fili, perché ci è stato detto che siamo in un’Italia nuova, con uomini e donne che nulla hanno a che vedere con quel passato. Avere la pazienza di comprendere cos’è successo a questo Paese negli ultimi decenni, ha a che fare molto con il nostro presente. Questo film non racconta solo una pagina di storia del nostro passato, forse la pagina più importante del secondo Novecento, ma ci costringe a fare i conti con quello che siamo ora.

Moro richiamava la politica alla responsabilità. Che valore ha questa parola oggi?

Responsabilità, come anche memoria, sono parole che possono essere svuotate di qualsiasi significato e ridotte a brandelli, oppure riempite giorno per giorno di un significato concreto. La responsabilità, soprattutto per chi si occupa di istituzioni, dovrebbe essere una delle prime parole dell’abecedario, ma non riguarda solo chi ci governa, la responsabilità è la nostra. Nella vicenda Moro c’è una grande responsabilità di rimozione profonda. Quando ho iniziato a pensare al mio spettacolo e poi a “Esterno Notte”, è stato perché in questi ultimi decenni non si è più avuta la voglia di tornare su quella storia, perché si è preferito dimenticarla.

MARGHERITA BUY è Nora Moro

Mi rivolgo a chi ancora deve avere un ruolo, ai genitori e ai nonni, devono aiutare queste nuove generazioni a studiare e a capire la storia

Come nasce lo studio del suo ruolo?

Bellocchio mi ha raccontato che personaggio fosse, ho letto un libro che la riguardava, cercando di entrare nell’animo di questa donna, una persona semplice che amava molto la famiglia, ma che stava lontana dal mestiere del marito e che invece, improvvisamente, si è ritrovata a vivere una vita che non immaginava per lei e per la sua famiglia, troppo esposta. Vivere un dolore così forte, ma molto schiva e attenta a non mostrare eccessivamente le sue emozioni. Viveva con rigore il suo dolore, arrivava a delle punte di estrema disperazione con freddezza. È stato molto complicato ma interessante per un lavoro di attore.

Cosa rivela il film di Bellocchio di alternativo rispetto alla storia, alla cronaca e alla letteratura?

C’è un occhio diverso nel raccontare questi momenti, c’è una libertà e uno sguardo d’autore. La vicenda è ripercorsa sicuramente anche dal punto di vista storico, con situazioni che vanno viste perché rendono il racconto ancora più inquietante. E’ stato uno spaccato storico tra i più allucinanti che il nostro Paese abbia vissuto, ma Bellocchio ce lo mostra con un occhio di artista quale lui è.

Cosa rende questo film necessario?

Necessario lo è sempre quando si parla di vicende così importanti, sono contenta che la Rai si sia messa al servizio di questa storia, che sia poi capitato proprio in questo momento storico è davvero interessante. “Esterno Notte” andrà dentro le case degli italiani, spero che le famiglie vogliano spiegare ai propri figli che sono cose che vanno viste, insieme, proprio come succedeva qualche tempo fa, quando ci si riuniva per guardare e discutere. Siamo abituati a non parlare più di niente, a vedere immagini, gente che occupa degli spazi nella nostra testa. Mi rivolgo a chi ancora deve avere un ruolo, ai genitori e ai nonni, devono aiutare queste nuove generazioni a studiare e a capire la storia.

TONI SERVILLO è Papa Paolo VI

Mi auguro che siano tanti i giovani a guardare questo film che invita a ricordare di non dimenticare

L’importanza di raccontare anche in tv, oggi, la storia di Aldo Moro…

Credo che un editore importante come la Rai debba prendersi questi rischi proprio per il ruolo che occupa all’interno della cultura nel Paese. Chiamare un grandissimo autore a fare un’opera di questa natura, che mette insieme una originalità di linguaggio e un approfondimento su contenuti molto importanti.

Come è entrato nell’animo del suo personaggio?

Sono personaggi storici realmente esistiti quindi sicuramente era necessaria una documentazione, per ragione di età io ricordo perfettamente la vicenda che qui è raccontata. Marco ci ha chiesto soprattutto di dare forza all’aspetto simbolico dei personaggi, nel caso del Papa, di raccontare il conflitto molto forte che c’era in una persona in quella posizione, tra il senso di responsabilità di un uomo che esercita anche un potere temporale e la misericordia che appartiene a un uomo di fede.

Cosa rappresenta questo racconto?

È un film necessario perché suggerisce a una platea molto ampia, come quella televisiva, di riflettere su una pagina della nostra storia che non ci ha reso più uguali a come eravamo prima.

In questo spartiacque storico che ha creato la vicenda di Aldo Moro, cosa si augura possa arrivare di questa narrazione?

Mi auguro che siano tanti i giovani a guardare questo film che invita a ricordare di non dimenticare.

GABRIEL MONTESI è Valerio Morucci

L’approfondimento è sempre un’opportunità per crescere, migliorare e mettere in discussione se stessi e le proprie convinzioni

Il primo incontro con il regista. Com’è andata?

È stato un onore partecipare a un progetto diretto da una creatura immensa come Marco Bellocchio, a un giovane attore non accade tutti i giorni di confrontarsi con un regista di questo calibro. Abbiamo immediatamente stabilito un dialogo con lui sul set, ci ha chiesto di riportare una gioventù piena di ideali e convinzioni molto chiare, di determinare cioè una distanza con il loro nemico. Con il regista e con tutto il cast siamo riusciti a comporre una figura “necessaria” per l’elaborazione di un fatto ricostruito in maniera maniacale.

Qual è il suo ruolo in questo grande racconto?

Interpreto il brigatista Valerio Morucci, un ruolo difficile da comprendere e rappresentare, complicato trovare una sola direzione nella recitazione. È stato un personaggio controverso, pieno di contraddizioni a livello politico, storico e anche umano, di cui sappiamo veramente poco. Un lavoro complesso per un attore, le verità su di lui sono tante e diverse, ci affidiamo a degli sprazzi di intuizioni da scovare nelle letture, nei processi, nelle telefonate, decisive in quel periodo storico.

È un film necessario oggi, soprattutto per i giovani?

L’approfondimento è sempre un’opportunità per crescere, migliorare e mettere in discussione se stessi e le proprie convinzioni. È certamente una serie necessaria perché, anche a chi ha voluto saperne di più, tanti dettagli di quel che è accaduto sono sfuggiti. Si tratta di un passato che ha condizionato il nostro presente, attraversarlo dà una presa di coscienza, a me sia come attore che come persona. Credo che “Esterno Notte” sia un’opportunità importante.

DANIELA MARRA è Adriana Faranda  

Non si presenta solo l’evento storico, ma si affronta anche la sfera più intima dei personaggi, c’è quindi un aspetto creativo molto forte

Cosa le ha chiesto il maestro Bellocchio prima di iniziare questo viaggio?

Mi ha subito esposto il dramma che di questo personaggio voleva raccontare, ovvero quello di una donna da un lato molto forte e determinata, che compie una scelta estrema, per niente semplice e che implica l’uso della violenza, della lotta armata, dall’altro anche molto fragile, costretta a fare i conti con le conseguenze della sua scelta, abbandonare un mondo di amore, di affetti, compreso quello della desideratissima figlia.

Cosa deve arrivare di questo lavoro al pubblico?

È un racconto talmente tanto sfaccettato che è difficile da sintetizzare. Non si presenta solo l’evento storico, ma si affronta anche la sfera più intima dei personaggi, c’è quindi un aspetto creativo molto forte. Io spero che l’opera di Bellocchio possa essere di stimolo per i ragazzi, una spinta ad approfondire i fatti, a conoscere uno spaccato della nostra storia, fondamentale non solo per il mondo della politica italiana, ma per tutti i cittadini.

Entrare nei panni di un personaggio così estremo, quali corde ha toccato? Ho certamente fatto un lavoro di grande documentazione, alla fine però ho cercato di staccarmi da tutto questo e affidarmi allo script, alle indicazioni del regista. Mi sono concentrata moltissimo sul dramma personale di Adriana, dovevano emergere chiaramente i suoi contrasti, le sue contraddizioni. Mi sono affidata molto anche alla tecnica per affrontare un lavoro fatto di estremi. Questa è stata la mia via

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