UMBERTO BROCCOLI
Storie e voci del Novecento
Gli eventi e le persone della nostra vita, un viaggio quotidiano alle radici di ciò che siamo. Lunedì 13 gennaio alle 18.05 su Rai Radio 1 debutta “Successo”. Il RadiocorriereTv incontra l’autore-conduttore: «Ci sono tutti i protagonisti della storia, da Lenin a Giacomo Puccini, anche i più incredibili. Un programma dovuto dalla Rai alla radio»
Con “Cento” ha festeggiato su Rai Radio 1 l’anniversario del Servizio Pubblico. Ora lei e la sua squadra siete pronti per una nuova sfida, “Successo. Storie e voci del Novecento”. Qual è la parola chiave di questa nuova avventura?
La parola “successo”. Qualcuno potrebbe pensare che la intendiamo come “avere successo”, l’affermazione nel lavoro, nella vita privata, invece, in questo nostro viaggio, “successo” altro non è che il participio passato del verbo succedere, accadere. È una cosa accaduta, che non c’è più. Facendo “Cento” ci siamo resi conto del patrimonio inesauribile delle voci della radiofonia: non ci sono solo i cantanti, gli attori, i conduttori, Corrado, Renzo Arbore, Pippo Baudo… ci sono le voci della storia, dei politici, degli scrittori, dei grandi condottieri, poi anche quelle dei personaggi dello spettacolo. Noi prendiamo dei frammenti di queste voci e le ricontestualizziamo.
A guidarci puntata dopo puntata saranno le voci dei protagonisti…
Ci sono tutti i protagonisti della storia, da Lenin a Giacomo Puccini, anche i più incredibili. Il 13 gennaio, ad esempio, è l’anniversario dell’evasione di Giuseppe Saragat e di Sandro Pertini, futuri presidenti della Repubblica, dal carcere romano di Regina Coeli dove erano detenuti dopo essere stati arrestati dai nazifascisti. Era il 1944. Quale migliore occasione di ricordare i fatti attraverso la voce di Pertini? Sono entusiasta di questa formula. Credo che sia un programma dovuto dalla Rai alla radio.
Come nascono le puntate di “Successo”?
Ci riuniamo il lunedì con Patrizia Cavalieri, mio autore storico, e le altre due colleghe della redazione, Roberta Genuini e Stefania Livoli. Con noi il regista Luca Bernardini. Portiamo il menabò degli avvenimenti e partiamo proprio dal calendario, da quello che è accaduto giorno dopo giorno. Attorno alle pagine di storia, ne mettiamo alcune più “leggere”, insomma la scaletta della puntata si dipana facendola. Al centro ci sono le voci, le testimonianze, sarà quindi la mia bravura, posto che ci sia, suffragata dalle ricerche di Patrizia, a raccontare quello che accadeva. Dall’evento, dall’accaduto, arriviamo al successo della persona. Altra maestria incredibile è quella del regista Bernardini, che confeziona il programma legando le scelte musicali, vuoi per i sottofondi, vuoi per le uscite dalle citazioni, dall’ultima parola detta, legando i brani al contesto di quel momento storico. Apriamo delle finestre sulla storia del nostro Paese e del mondo. In una delle prime puntate, essendo nel clima dell’insediamento del presidente americano Donald Trump, abbiamo preso i discorsi di John Fitzgerald Kennedy e di Ronald Reagan in occasione dei loro insediamenti, avvenuti rispettivamente nel 1961 e nel 1981. Racconteremo il presidente democratico e quello repubblicano. Siamo nella storia del mondo. Le nostre puntate nascono dalla traccia storica, la magia si raggiunge quando Bernardini monta le puntate con le musiche.
Cosa rende un evento o un personaggio capaci di resistere al tempo?
A dominare sono gli eventi. Se parliamo di Ronald Reagan non ricordiamo tanto l’attentato che subì a tre mesi dal suo insediamento, ma il fatto che sia stato il protagonista del disgelo tra i blocchi di Unione Sovietica e Stati Uniti d’America. Tutto si misura sui risultati.
Quali sono gli ingredienti del successo?
Il primo presupposto è lo studio, perché a monte ci deve essere una preparazione profonda. Insieme a questo ci sono la dedizione, la ricerca, la credibilità, la curiosità. Passo la mia vita divertendomi nello studio, credo che il vero nemico di oggi siano superficialità e approssimazione. Spero che si superi questo momento, il mondo esisteva prima dei social media (sorride).
Nella sua carriera di autore e conduttore sono tanti i successi, molti dei quali televisivi, ma lei non ha mai abbandonato la radio…
La radio continua a essere una zona franca di qualità. Davanti al microfono non ti devi truccare, ma devi fare vedere delle “immagini” con le parole. Non puoi bleffare. Sono davvero soddisfatto di potermi dedicare a questa trasmissione che mi hanno affidato il direttore di Rai Radio 1 Francesco Pionati e il vicedirettore vicario Ivano Liberati.
A un extraterrestre che le chiedesse di ascoltare alcune voci tratte dalle nostre Teche per capire chi siamo e chi siamo stati, cosa farebbe ascoltare?
Non potrebbe mancare il primo annuncio radiofonico, nel 1924, di Ines Viviani Donarelli, che è bene ricordare che nel momento in cui andò in onda in diretta non venne registrato, e che l’Eiar, per consegnarlo agli archivi e alla storia, fece ripetere e registrare successivamente. Poi Corrado, che l’8 maggio del 1945 annunciava la fine della Seconda guerra mondiale. Passerei quindi al 1948, trasmettendo la voce gioiosa di Gino Bartali per la vittoria al Tour de France, trionfo commentato sempre alla radio da Palmiro Togliatti, che in ospedale perché ferito in un attentato, cercava di rassicurare l’opinione pubblica e distendere gli animi intervenendo sull’impresa sportiva. Non potrebbero mancare l’allunaggio del 1969, commentato da Tito Stagno e Ruggero Orlando in televisione e da Luca Liguori alla radio, così come i grandissimi radiocronisti sportivi di “Tutto il calcio minuto per minuto”, il cui esame consisteva nel descrivere, con i toni della telecronaca, un muro bianco (sorride). Metterei infine un nome, meno conosciuto ma non per questo meno importante, quello di Cesare Palandri, che il 16 marzo 1978 annunciò alla radio il rapimento di Aldo Moro.