Tutto per mio figlio
FILM TV
Giuseppe Zeno è Raffaele Acampora, un allevatore campano che si ribella alla camorra e si batte per la legalità: «Non vuole più chinare il capo e vedere negli occhi dei primogenito un’espressione di idealizzazione di certi modelli». Nel cast Antonia Truppo e Tosca D’Aquino. Soggetto e regia di Umberto Marino. In onda lunedì 7 novembre in prima serata su Rai 1
Raffaele Acampora è un uomo come tanti. Ha una moglie, Anna, che ama, e quattro figli, di cui il più grande, Peppino, ha quattordici anni e, come molti ragazzi della sua età, comincia a cercare la sua strada nel mondo. Ma non è facile farlo quando vivi in un territorio dove le organizzazioni criminali dettano legge. Raffaele è un allevatore che “fa” i mercati, mestiere che ha ereditato da suo padre. Tutti giorni si sveglia prima dell’alba e percorre anche decine di chilometri per vendere gli animali che lui stesso ha allevato. Una vita dura, che però affronta a testa alta con il piglio di chi sa di far bene il suo lavoro. Ma purtroppo i tentacoli della camorra non risparmiano nemmeno il suo settore. Ogni settimana Raffaele e i suoi colleghi sono vittime del racket criminale, che impone loro il pizzo e vessazioni di ogni tipo. Fino a quando, un giorno, Raffaele decide di ribellarsi. Fonda un sindacato e, con la sua forza d’animo contagiosa, convince i suoi colleghi a iscriversi. Collabora con la polizia e la magistratura, denuncia, fa nomi. È consapevole del rischio che corre. Sa che Anna e tutti i suoi familiari sono preoccupati per lui, ma ormai non può e non vuole tornare indietro. La camorra cerca in ogni modo di farlo smettere, prima con offerte e poi con minacce e intimidazioni. Ma Raffaele ha detto agli iscritti del sindacato che avrebbe difeso i loro interessi, e ha una parola sola. “Vedremo una storia forte, toccante, dove si muovono emozioni enormi, di uomini e di donne che vivono in un tessuto sociale decisamente particolare” dice Giuseppe Zeno, che nel film Tv diretto da Umberto Marino veste il ruolo del protagonista. Il racconto ci porta a metà degli anni Novanta, nella provincia campana, e mette in scena “uomini che cercano di ribellarsi e di riappropriarsi della propria dignità, di fare il possibile per cambiare un territorio difficile, per dare ai propri figli la prospettiva di un futuro migliore, estirpando quel male legato a fenomeni criminali, in questo caso la camorra, che attraverso la prepotenza e creando stati d’ansia, di paura nei confronti di piccoli lavoratori, piccoli imprenditori di se stessi, fa sì che l’intera economia non possa crescere. Raccontiamo di un personaggio che si ribella a tutto ciò e di una struttura malavitosa che spesso, in territori abbastanza difficili, cerca di sostituirsi allo Stato, e raccontiamo di uno Stato che comunque è presente e che ha solo bisogno di mezzi per poter contrastare questi fenomeni”. Un film tv che si propone di mostrare il male senza romanticizzarlo e di raccontare come il bene vi si opponga con gesti e comportamenti piccoli, legali, poco eclatanti, ma non per questo meno importanti. “Non credo che Raffaele Acampora in qualche modo risulti o diventi un eroe, credo che voglia essere un esempio, non voglia compiere un gesto eroico o straordinario, ma ne voglia compiere uno che ritiene essere ordinario – conclude Zeno – non vuole più chinare il capo e non vuole più vedere negli occhi di suo figlio un’espressione di idealizzazione nei confronti di certe organizzazioni criminali”. Il cast è elemento centrale del film con ben 42 ruoli, tra grandi, piccoli e piccolissimi, tutti serviti dall’eccellenza della scuola napoletana. A questa pattuglia di attori, che annovera Giuseppe Zeno e Antonia Truppo, Tosca D’Aquino e Mimmo Mancini, Ernesto Mahieux e Giuseppe Pirozzi, Massimiliano Rossi e Nello Mascia, Roberto De Francesco e Fabio De Caro, è affidato il compito di dare credibilità e sentimento a tutti i caratteri che fanno vivere la storia. “Raccontiamo un uomo semplice, non delle istituzioni – dice il regista Marino – Raffaele Acampora è un allevatore di conigli, animali che consideriamo i più timidi, i più timorosi, i più vigliacchi, e che in realtà dimostra di avere un enorme coraggio opponendosi alla mafia della sua zona, la camorra. Lui fa questa rivolta per due motivi, uno elementarissimo: ha quattro figli e non ha soldi per pagare il pizzo, deve quindi trovate il modo per non farlo. E poi perché ha un figlio che sta ‘scarrocciando’, scivolando, verso il lato della camorra. In quelle zone molti ragazzi vedono nei giovani camorristi degli esempi, in qualche modo da seguire e da imitare, sono quelli che hanno le macchine, le donne. Raffaele, vedendo questo ragazzino, pensa, in quanto padre, di dovergli fare capire quale sia la direzione giusta e lo può fare solamente in un modo, dando il suo esempio”.