Tutti i colori di una terra bellissima

LINEA VERDE ESTATE

Dal mare alla montagna, dai musei ai borghi antichi passando per la buona tavola: alla scoperta di ciò che rende l’Italia uno dei posti più belli al mondo. Con Angela Rafanelli e Peppone ogni domenica alle 12.30 su Rai 1

PEPPONE CALABRESE

L’Italia in verde

È nelle piccole storie che scopriamo la grandezza della nostra Italia, un Paese che «riprende consapevolezza, riscopre il valore del fare italico, invidiato in tutto il mondo» afferma il conduttore lucano di “Linea Verde Estate” definito dall’imprenditore Brunello Cucinelli “nuovo umanesimo della tv italiana”

Che posto occupa il verde nella sua vita?

Vengo da una città tra le più verdi del Paese, uno dei capoluoghi di regione tra i più alti d’Italia, mio nonno Peppe era un agricoltore contadino che faceva la transumanza. Ho un rapporto ancestrale con il verde, con la natura e con tutto quello che riguarda la possibilità di vivere in simbiosi con essa.

Quanto le sue origini hanno influenzato le scelte professionali?

Mio nonno era legato alla terra, mio padre, invece, unico figlio maschio della famiglia, ha studiato, è diventato medico e ci ha fatto crescere a Potenza, lontano dalla campagna. Nella mia infanzia quel mondo c’era, ma era latente, la consapevolezza della sua importanza è arrivata successivamente. A pochi mesi dalla laurea in Giurisprudenza, ho iniziato a lavorare come amministrativo al Cnr per un progetto internazionale e, piano piano, tornato in Basilicata, ho cominciato a capire che in provincia la qualità della mia vita era molto più alta che in città, che mi mancava il senso di appartenenza, il legame con la gente.

In che senso?

Ho sempre avuto un rapporto molto forte con la comunità, fin da ragazzo. A Siena, durante gli anni di università e di lavoro al Cnr, mi sono imbattuto nelle contrade, esempio illuminato di comunità, scoprendo in maniera sempre più evidente cosa significhi stare “insieme”, prendersi cura l’uno dell’altro, organizzare le persone e renderle felici. Quando sono tornato a Potenza ho provato a realizzare qualcosa che andasse in questa direzione, ho costituito un’associazione di volontariato, lavorato in una cooperativa per persone con disabilità e aperto anche un ristorante. Sentivo forte la necessità di essere un portavoce di tutte quelle parole mai dette degli agricoltori contadini, tra cui mio nonno. Ho costruito una piccola comunità del cibo, oggi potrei definirla “contemporanea”, non intendendo la tecnica di lavorazione, ma qualcosa in linea con l’esigenza di non mortificare la terra, di non contribuire alla sua desertificazione, di spingere verso quelle buone pratiche e valori che raccontiamo anche a “Linea Verde”, e che io sostengo già da molto tempo prima di lavorare anche tv.

Un lucano in giro per l’Italia che ci fa?

Porto in giro il mio essere della provincia. L’Italia è la provincia, una parola troppo spesso intesa in senso negativo, come quel nucleo di persone incapace di produrre tendenze di moda, sociale, economiche… Chi vive in città ha sempre l’idea che tutto si crei all’interno della metropoli, ma appena ha la possibilità di “rilassarsi” – termine che mi urta tantissimo (ride) – lontano dal caos, scopre che quel piccolo mondo ci regala non solo aria pulita, ma anche bellezza artistica, una vita lenta, diversa, ma felice. Nei paesi ci si innamora ancora di una chiacchierata lunga, ci si guarda negli occhi per trasferire le proprie emozioni, si ha voglia di aprirsi all’altro perché fonte inesauribile di idee, di conoscenza e di valore. In questi luoghi ci si incontra, ci si vede, la comunità c’è sempre.

Cosa stiamo perdendo in città?

Dei viaggi alla scoperta di noi stessi guardando gli altri. Chi vive in grandi città è troppo concentrato sul trasferimento, si deve sempre arrivare da qualche parte, si corre, pure la domenica. Ma perché? Ci stiamo perdendo tanto, quando invece dovremmo ricordare il γνῶθι σαυτόν, “conosci te stesso”.

A proposito di conoscenza, parliamo un po’ di Angela Rafanelli, la tua compagna di viaggio…

Angela è per me una persona molto cara, abbiamo costruito un rapporto di amicizia e di stima reciproca. È una vera professionista, studia tantissimo, ha una cifra narrativa importante, è sempre attenta a tutto, è leggera, mai superficiale però. Mi ci rivedo molto. Nella costruzione del racconto cerchiamo entrambi il rispetto dell’altro. È un punto di riferimento per me, uno stimolo alla crescita, nelle nostre chiacchierate c’è tanta profondità. Quello che più mi piace del nostro rapporto è il confronto, soprattutto su argomenti scomodi. Se si parla con il cuore scalzo, senza alcuna sovrastruttura, tutto diventa più facile.

Qual è il complimento più bello che ha ricevuto nel tempo?

A “Linea Verde” è arrivato da Brunello Cucinelli che mi ha definito “il nuovo umanesimo della televisione italiana”. Sottolineava il fatto che con le persone io faccio un passo indietro, faccio parlare le loro storie, che non sempre hanno visibilità.

Il girovagare per lo Stivale è il suo forte, ci regala qualche istantanea?

È un’Italia che riprende consapevolezza, riscopre il valore del fare italico, invidiato in tutto il mondo e per troppo tempo messo da parte o maltrattato per inseguire “giocattoli” più luminosi, ma troppo distanti dalla nostra natura. Il nostro è un piccolo Paese, un puntino nel mappamondo, non possiamo competere con i giganti che hanno, per esempio, una grande produttività. Ma è proprio questo nostro essere “piccoli” che fa la differenza. Perché è lì che c’è il nostro valore. Tanti ragazzi, laureati e con esperienze professionali importanti, stanno tornando nei piccoli centri di provincia, mettendo in circolo nuove idee, creatività e inventiva. Sono artefici del proprio destino. Laddove si pensa ci sia noia, spesso c’è fame di emergere e desiderio di fare la differenza. Un giovane che diventa un calzolaio e anche produttore di borse e scarpe artigianali, ragazzi che tornano a produrre la melanzana violetta in Calabria, esportando in tutto il mondo e vendendo al prezzo che dicono loro, la filiera chiusa delle pecore in Alto Adige che diventano filato, sono le storie da raccontare, perché diventano il nuovo sogno.

Che tipi sono gli italiani della terra?

Noi siamo tutti della terra. Quando mi occupo di Team Building spesso chiedo ai manager di chiudere gli occhi e ripensare alla loro infanzia. L’immagine che restituiscono è quella di loro bambini con la mamma o la nonna a fare il sugo, la pasta di casa, l’orto del nonno. Io spero che si comprenda la necessità di valorizzare le piccole attività agricole, artigianali, bisogna sostenerle, perché la vera forza, il motore del Paese è tutto lì.

Tra agricoltura e tecnologia, dove si colloca Peppone?

Sono due mondi che non solo possono, ma devono stare in equilibrio e in sintonia. Le nuove tecnologie devono mettersi a disposizione dell’agricoltura e dell’artigianato per stare nel mondo ed essere sempre più sostenibili, è una grande opportunità che il progresso concede quella di spostarsi da una parte all’altra del globo in tempi rapidi, di utilizzare mezzi di trasporto sempre più veloci, sfruttare una comunicazione efficace attraverso i social… tutto questo deve creare opportunità.

Che cosa regala al pubblico un programma come “Linea Verde Estate”?

Regala la normalità, la modalità di andare in giro per il Belpaese curiosi, l’opportunità di accumulare esperienze, suggerimenti per organizzare un viaggio in famiglia abbandonandosi alla scoperta, all’incontro di storie ricche di fascino. Il modo di raccontare di “Linea Verde” nel tempo è cambiato, restituisce al pubblico una narrazione olistica del territorio, con le bellezze architettoniche, artistiche, culturali, l’economia con gli agricoltori, gli artigiani che costituiscono l’ossatura dell’Italia.

ANGELA RAFANELLI

Al ritmo della natura

La conduttrice toscana è tornata alla guida di uno dei programmi più amati dell’estate. «Parlare del territorio significa raccontare la nostra società» dice al RadiocorriereTv, e parla della sua passione per l’estate: «È un momento magico, e proprio perché fa caldo porta a ragionare un po’ di meno, a lasciarsi andare, le persone sono più portate ad aprirsi»

La sua estate è ancora una volta nel segno del verde… come sta andando?

Del verde e del blu. Come vuole l’estate il nostro viaggio è terra e mare, come nei migliori ristoranti (sorride). L’Italia è così bella che merita di essere raccontata. Domenica scorsa siamo andati in Calabria, una terra ricchissima, ancora poco conosciuta dai non calabresi. È ancora una terra di ritorno, è autentica e genuina, è pazzesca. Adoro andarci, tra la gente c’è tanta voglia di raccontarsi, di condividere. Ci torneremo anche domenica prossima e poi saremo in Maremma, in Puglia.

Cosa le sta insegnando questo programma?

Che parlare del territorio significa raccontare la nostra società, la nostra Italia. Stiamo incontrando tantissimi giovani che ritornano nella loro terra, con le conoscenze contemporanee, per occuparsi anche di agricoltura. Molti di loro sono donne, non figli d’arte, si tratta di un ritorno consapevole. Alla base c’è il desiderio di rimettere la propria vita al ritmo della natura, delle stagioni. È anche bello vedere come la tecnologia sia al servizio di un’innovazione che non tradisce la tradizione.

Un ritorno alla terra nell’era di Internet…

In Abruzzo ho incontrato una ragazza che ha realizzato il sogno di dedicarsi alla terra pur non essendo figlia di allevatori, lo ha fatto grazie a una piattaforma che le ha permesso di imparare le buone pratiche dell’allevamento, il mestiere. Ci è accaduto anche in Toscana dove abbiamo conosciuto un’altra ragazza che, al secondo anno di Agraria, ha deciso di prendersi un gregge di capre. Molti dei suoi collaboratori, volontari, li ha avvicinati proprio attraverso la rete. L’online aiuta a condividere il sapere e spesso a rendere concreti i propri sogni. La tecnologia, se utilizzata bene, può essere una risorsa per conservare le tradizioni.

“Linea Verde Estate” è da sempre sinonimo di incontri. Cosa la colpisce delle storie della gente?

Il coraggio. Nessuno, quando ti butti in un progetto, ti dice come andrà a finire. C’è il fuoco dentro, il bisogno ancestrale di stare in armonia con la natura che ti fa fare un salto nel buio. È anche vero che inconsciamente, quando ti affidi a lei, una rete ce l’hai sempre. Può esserci una risposta faticosa, ma non sbagliata.

La natura è sempre madre…

Per forza, sempre.

Ha il pollice verde?

Più che il pollice ho l’orecchio verde, cerco di essere sempre in ascolto. Non ho il tocco, apro le orecchie per sentire cosa dice la natura, che è come un bimbo piccolo, ha in sé tutti gli strumenti. La natura parla.

Cos’è per lei l’estate?

È “Linea Verde”, è esplorazione. È un momento magico, e proprio perché fa caldo porta a ragionare un po’ di meno, a lasciarsi andare, le persone sono più portate ad aprirsi. Il caldo è veramente sfidante. Penso alle persone della troupe, che si spostano con i pesi, le telecamere.

Ha un metodo (efficace) per sopportare il caldo…

Mettersi all’ombra, bagnarsi la testa e i polsi, vestirsi di chiaro e bere tanta acqua non fredda. L’acqua tiepida disseta di più di quella fredda ed evita le congestioni.

Ci regali un ricordo di una tua estate?

È  una fotografia che mi ritrae bambina, al mare, con i braccioli, insieme a mia mamma e a mia sorella. In quello scatto mio padre non c’è perché fu lui a fare la foto, ancora non c’erano i selfie (sorride). Un altro ricordo meraviglioso mi porta in Sardegna, sono sempre con mia sorella su un canotto a forma di coccodrillo.

Lei è di Livorno, voi il mare l’avete dentro…

In città d’estate si sta sempre in infradito. In spiaggia come per strada o all’ufficio postale. Siamo in simbiosi con il mare.

Continua a leggere il Radiocorriere Tv N.29