Tutte le canzoni della nostra vita

ARENA SUZUKI ‘60 ’70 ’80 e… ‘90

Amadeus torna su Rai 1 con il programma che fa ballare l’Italia. Sabato 17 e 24 settembre e sabato 1 ottobre in prima serata dall’Arena di Verona. Novità di quest’anno, i grandi successi degli anni Novanta: «Quando il pubblico riascolterà quei brani cantati dagli interpreti originali si alzerà dalla sedia e si scatenerà»

Ballare, cantare, divertirsi, in Arena come a casa di fronte alla televisione. Dopo il successo della prima stagione torna su Rai 1 “Arena Suzuki ’60 ’70 ’80 e… ‘90”. Un viaggio attraverso quarant’anni di canzoni e di emozioni: da Max Pezzali a Rita Pavone, da Umberto Tozzi ai Neri per caso, e ancora Aqua, Matia Bazar, Cugini di campagna, Corona, Dik Dik, Paul Young, Amii Stewart, Fabio Concato e tantissimi altri.

Non un’operazione nostalgia ma una grande festa della musica, di tutta la musica. Che “Arena” vedremo?

Non è mai stata un’operazione nostalgia, nemmeno lo scorso anno. Ho voluto un programma che richiamasse il mondo dei Festivalbar che ho condotto negli anni Novanta: quel clima, la festa, gente che canta e che balla, le arene, piuttosto che le piazze, gremite di ragazzi. Volevo questo. Gli artisti che si esibiscono non vengono vissuti come vecchie glorie, tutti coloro che entrano all’Arena di Verona e salgono su quel palco portano le loro canzoni fantastiche, grandi successi che appartengono non solo alla musica degli anni ‘60, ‘70, ‘80 e… ‘90, ma alla musica di oggi. Sono il presente, non il passato.

L’edizione che sta per prendere il via aprirà agli anni Novanta, considerati talvolta musicalmente “minori” se rapportati alle decadi precedenti. Che cosa hanno avuto di speciale quegli anni?

È vero, gli anni Novanta sono stati considerati meno forti di quelli che li hanno preceduti, e probabilmente è corretto. Vieni dai Sessanta che hanno una loro storia, ci hanno regalato non solo i Beatles ma anche Mina, Celentano, parte della storia della musica italiana. La stessa cosa vale per gli anni Settanta, sia a livello nazionale che internazionale, anche gli Ottanta hanno una loro identità. I Novanta sono più leggeri, sul fronte italiano culturalmente meno profondi, con meno talenti sul versante internazionale, ma c’è una leggerezza che piaceva molto ai ragazzi, una leggerezza che ha prodotto tanta musica da discoteca, la famosa “cassa in quattro”. Questa spensieratezza farà sì che quando il pubblico ascolterà queste canzoni che erano successi nei Novanta, con gli artisti originali, si alzerà e li ballerà immediatamente.

In campo musicale ha vinto la scommessa più importante, quella di rivitalizzare un settore che aveva bisogno di una forte scossa, di contribuire a un cambiamento profondo della nostra musica. Cosa prova quando ripensa agli ultimi suoi tre-quattro anni?

È una scommessa per me fondamentale. Quando ho cominciato a occuparmi del Festival di Sanremo ho dato semplicemente priorità a ciò che ritenevo fosse la cosa fondamentale: i brani in gara. Più importanti di qualsiasi altra cosa, degli ospiti come di tutto ciò che può circondare il Festival della canzone italiana. In gara devono esserci pezzi e cantanti attuali, a prescindere dall’età. Questo non vuol dire solo le nuove generazioni, ma certamente i giovani devono esserci perché sono loro a dare il polso dell’attualità musicale. Prima erano praticamente tenuti fuori. Tutto ciò che è attuale deve essere presente sul palco dell’Ariston.

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