Tutta l’energia di Sara

QATAR 2022

Protagonista di imprese sportive mai dimenticate e oggi a “Il Circolo dei Mondiali” su Rai 1. Simeoni, anche in libreria con “Una vita in alto”, si racconta al RadiocorriereTv : «Non sono esperta di calcio, ma il bel gioco mi diverte». E ci confida di simpatizzare per il Senegal: «Ci andai ad allenarmi e ho dei bei ricordi di quel Paese»

Sara, come sta andando al Circolo?

Noi stiamo seguendo i Mondiali e ci stiamo divertendo (sorride). Non sono mai stata un’esperta di calcio, ma sono felice che mi abbiano voluto ugualmente in trasmissione, anche perché “Il Circolo dei Mondiali” non vuole fornire un’analisi tecnica, e poi per farlo ci sono gli ospiti, gli addetti ai lavori, che ci vengono a trovare ogni sera.

Come trova questo Mondiale?

Lasciando da parte tutto il contorno, per quanto riguarda la competizione vera e propria ci siamo accorti fin dall’inizio che era tutto un po’ diverso e nuovo rispetto al passato e che c’erano diverse squadre alle quali anche le nazionali più forti dovevano prestare attenzione. È un po’ quello che succedeva quando gareggiavo in atletica, avevo capito che quando c’era una qualificazione non dovevo solo stare attenta a superare la misura, ma dovevo guardarmi le spalle anche dalle atlete che, pur non essendo le migliori, erano determinate a conquistare quella che per loro era la gara della vita, per la quale erano in grado di fare la loro migliore prestazione. E qui è stato un po’ così. Abbiamo visto buone prestazioni di formazioni che non consideravamo in grado di comportarsi bene, e che invece hanno fatto partite eccezionali. A parte il Qatar per il quale ci si aspettava qualcosa di più. Di solito il Paese che organizza una manifestazione si prepara in modo da ben figurare. Invece, nonostante abbiano mezzi incredibili, non sono riusciti. Vuol dire che i soldi non riescono a comprare tutto.

Cosa la colpisce, gol a parte, di una partita di pallone?

Premesso che non seguo il calcio se non per la Nazionale, nelle partite viste sin qui mi è piaciuto il modo di molte squadre di scendere in campo, divertente per come si sono confrontate. Parlo della velocità d’azione, della bravura dei calciatori.

Guardando gli spalti cosa la incuriosisce?

In Italia siamo abituati a un clima diverso, a vedere striscioni, a sentire cori. E poi mi sono chiesta come facessero le squadre ad avere così tanti sostenitori al seguito. Scherzando abbiamo anche pensato che fossero sempre gli stessi spettatori che da una partita all’altra cambiavano la maglia (sorride), e che gli stadi fossero riempiti sempre con le stesse persone. Il nostro tifo è un po’ più vivace, anche se non sempre la vivacità è una cosa divertente. A volte sfocia in qualcosa che va oltre, e questo negli anni ha allontanato il pubblico delle famiglie dagli stadi.

Le piace il calcio al femminile?

Ho seguito le partite dell’Italia e una cosa che mi aveva un po’ inorgoglito era vedere come queste ragazze, anche se subivano un fallo e cadevano, si rialzavano subito senza tante storie, quando invece i ragazzi fanno più scena. Insomma, gli uomini sono un po’ più attori. Sicuramente si abitueranno anche le ragazze a fare così.

Ha mai giocato?

No e le assicuro che è meglio così. Quando si giocava tra amici a casa mi prendevano sempre in giro per le mie stoppate.

Una caratteristica per ognuno dei suoi compagni di viaggio. Partiamo da Alessandra De Stefano…

Alessandra è una macchina, una rompighiaccio per la sua attenzione a tutto. Ha le idee ben chiare, è il condottiero.

Jury…

L’esperto con la e maiuscola. È informato su tutto, si prepara, non dà niente per scontato.

E Diego?

L’uomo dei numeri, molto simpatico (sorride).

C’è una nazionale per la quale simpatizza?

In trasmissione ho detto di tifare per il Senegal, Paese in cui andai ad allenarmi. L’Africa ha un suo fascino, mi sarebbe piaciuto poter fare un viaggio e vivere da vicino quella realtà. Nel vedere il riscaldamento dei loro giocatori ho provato grande simpatia.

Recentemente ha pubblicato “Una vita in alto” (Rai Libri), come nasce questo lavoro?

Era da un po’ che avevo questi appunti, questo mio diario. Avevo sempre rinunciato all’idea di scrivere un libro pensando che non fosse il caso. Poi mi è capitato di incontrare il giornalista della Rai Marco Franzelli che mi ha convinto a farlo insieme. Gli ho mandato tutti gli appunti e lui ha fatto sì che il libro non fosse solo il racconto delle mie gare, ma che descrivesse anche il momento storico-sociale in cui gareggiavo. E così Marco, profondo conoscitore dello sport e non solo, ha fatto il resto. Quando mi capitava di incontrare gli studenti nelle scuole mi accorgevo che volevano sapere anche che cosa fosse successo di importante in un particolare momento e come l’avessimo vissuto.

Il sogno di una ragazzina, poi il successo. E la sua vita cambia…

Lo sport mi ha aiutato a combattere la timidezza e a sentirmi più sicura. Quando diventi famosa per qualcosa non puoi sottrarti all’incontro con la gente che vuole parlare con te, e così all’improvviso devi scrollarti di dosso le tue paure. Sono veneta e la gente della mia terra non è mai troppo espansiva con chi non conosce perché il veneto ti deve studiare (sorride). Ad aiutarmi sono stati anche i dieci anni trascorsi a Formia, città che scelsi per gli impianti sportivi (la città è sede del Centro di Preparazione Olimpica) e per il clima mite che mi consentiva di allenarmi all’aperto per gran parte dell’anno. Il carattere solare delle persone di quelle zone mi ha contagiata immediatamente.

C’è un momento della sua carriera che porta nel cuore più degli altri?

Ho vissuto tutte le esperienze con lo stesso entusiasmo, sempre intensamente. Poi è chiaro che quando arrivi alle Olimpiadi e riesci a centrare l’obiettivo, quello dei sogni, ti senti al massimo.

E con il record del mondo come è andata?

La prima volta non avevo neanche ben capito che cosa significasse, ho realizzato venti giorni dopo in occasione dei campionati europei , dove ho trovato tutte le mie avversarie agguerrite perché avevo fatto quel record. Lì ho il ricordo di una gara molto bella perché l’avversaria, la Ackermann, detentrice del record del mondo prima di me, me l’ha tirata lunga fino alla fine. È stata una sfida intensa. Olimpiadi e record sono momenti diversi e altrettanto importanti. Ma la gioia non è mancata in molti altri momenti.

Cosa consiglia a un giovane che vuole riuscire nello sport?

Sicuramente di avere pazienza, di non credere nel tutto e subito. Tanti giovani desistono alla prima difficoltà, alla prima sconfitta. Bisogna invece impegnarsi e riprovare. Da ragazza ho perso delle occasioni per timidezza, non mi buttavo nella mischia. Ed è la cosa più stupida, bisogna provarci. È  anche necessario trovare il divertimento in ciò che fai. La voglia ti fa anche migliorare, non va mai bene sentirsi sconfitti in partenza.

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