Tutta la forza di una passione

Le emozioni della musica, l’applauso del pubblico, la sfida di otto cantanti-concorrenti, protagonisti in un passato più o meno recente di una stagione di successo, oggi pronti a ripartire. Al loro fianco otto big della musica. A pochi giorni dal debutto di “Ora o mai più” il RadiocorriereTv incontra il popolare conduttore della terza stagione del fortunato talent: «A unirli è la voglia di ritrovare il grande pubblico: sono emozionatissimi, non vedono l’ora di esibirsi». Da sabato 11 gennaio in prima serata su Rai 1

 

Sedici artisti che condividono la passione per la musica e l’amore per il palco.  Tra loro otto “allievi” che sognano di ritrovare il consenso del grande pubblico. A che sfida assisteremo?

Ci sono tanti ingredienti e la musica è al centro. Protagonisti di “Ora o mai più” sono sedici artisti, otto maestri e altrettanti “allievi”: tra questi ultimi c’è chi ha avuto un successo più grande e chi meno, chi più duraturo e chi è da tempo lontano dalle ribalte più prestigiose, ma sono tutte persone che vivono di musica. Grazie a loro, nel corso delle puntate, riascolteremo alcune delle canzoni più belle della nostra storia. E poi ci sono la gara, l’aspetto agonistico: quando l’essere umano entra in competizione per sua natura lo fa sempre cercando di dare il meglio di sé. Ad avere un ruolo fondamentale sarà anche il pubblico, che attraverso un software legato ai social network potrà votare su varie piattaforme determinando una quota importante della classifica.

 

Storie artistiche e di vita tra loro molto diverse…

In questi giorni in redazione abbiamo ripercorso le storie degli otto concorrenti per capire come mai il loro percorso artistico sia entrato in una zona d’ombra o si sia interrotto. C’è chi fa ancora concerti nei locali, chi insegna, chi scrive. Spesso a essere cambiato non è il loro rapporto con la musica ma con il successo, con i numeri, che a volte dipendono da tanti fattori, dalla fortuna come da aspetti caratteriali, da incidenti della vita o da incidenti veri e propri, come nel caso di Loredana Errore. Sono tante le componenti che condizionano il percorso di un artista dal punto di vista commerciale.

 

Cosa li spinge a rimettersi in gioco?

La voglia di ritrovare il grande pubblico: sono emozionatissimi, non vedono l’ora di esibirsi. Qualcuno è più disincantato, lo fa come esperienza senza farsi illusioni. Sicuramente fare due mesi in prima serata su Rai 1 significa anche potere riaccedere al circuito delle serate, delle piazze, dei locali. Per loro è vita. Adesso sono curiosi di sapere con quale maestro saranno abbinati.

 

Quale criterio avete utilizzato per creare le coppie?

Abbiamo incontrato i concorrenti e chiesto loro chi avrebbero preferito, lo stesso abbiamo fatto con i maestri, cercando di incrociare il più possibile i desideri di tutti.

 

Che consiglio si sente di dare agli artisti in gara?

Non appartengo a quel mondo ma ho una certa età (sorride), e ne ho sentite e vissute tante, il mio consiglio è dunque quello di viversi il momento. In “Ora o mai più” conta l’“ora” più che il “mai più”. Non è mai “mai più” perché il giorno dopo puoi trovare la tua occasione. Quindi li invito a godersi l’esperienza, a essere sereni e a esprimersi nel modo migliore. Poi, certo, ci sono la gara, il giudizio. Ma penso che quando uno dà tutto se stesso è sereno, e anche il giudizio lo accoglie diversamente.

 

Nel corso della sua carriera c’è stato un momento in cui si è detto “ora o mai più”?

C’è stato un momento preciso, era il novembre del 2010. Avevo lasciato il “Grande Fratello” da quattro anni e nonostante avessi proposto programmi ai vari direttori non era successo nulla. A un certo punto pensai anche di non cercare più. Ma fu in quei giorni che grazie a Pasquale Romano (autore televisivo) venne fuori la proposta di una serata unica per Rai 1. Il format si chiamava “Perfetti innamorati”, un programma pilota che andò in onda la sera in cui esplose il bunga bunga. Su Rai 3 Giovanni Floris fece grandi ascolti e a noi andò un po’ meno bene. Ma quell’esperienza aprì la strada ad altri programmi, di lì a poco feci “L’estate in diretta” e “La vita in diretta” e arrivò la ripresa.

 

Come vive il cambiamento e le novità?

Mi piacciono tanto, ho sempre voglia di nuove sfide. In Formula 1 ci sono i collaudatori, ecco, a me piace collaudare generi diversi. A parte il mestiere che faccio sono appassionato del mezzo, della televisione.

 

Nei giorni scorsi il suo battesimo alla conduzione de “L’anno che verrà”, cosa le ha lasciato la piazza di Reggio Calabria?

Quello che più rimane è l’entusiasmo del pubblico insieme all’atmosfera della grande festa. Siamo arrivati a Reggio Calabria alcuni giorni prima della diretta di Capodanno e il calore era già fortissimo. Un’euforia dilagante e trascinante. Abbiamo finito la diretta alle 2, ma la gente continuava a stare lì, non voleva andare via. Il corso è rimasto straripante di persone fino al mattino alle 5. C’era una grande voglia di condivisione.

 

Quanta musica c’è nella sua vita?

Tanta. Ascolto molto la classica, la lirica, questa mattina ascoltavo la “Turandot” di Giacomo Puccini. A Lucca ho visitato la casa museo del maestro, ho visto il pianoforte su cui componeva. A lui si devono anche le premesse della struttura della canzone italiana moderna: il ritornello, le strofe.

 

Che cosa c’è nella playlist di Marco Liorni?

Molti brani dei Beatles, che sono capolavori assoluti, nel loro lavoro ci trovo tutto. Molte canzoni sono legate a miei momenti di vita, riascoltandole provo anche un po’ di malinconia. Poi ci sono gli U2, ma ascolto tutta la musica, ultimamente anche il death metal. La musica ti dà ciò che a volte non riesci a esprimere. L’arte ti consente di farlo. Dico sempre ai miei tre figli che non ho tanti consigli da dare loro, la vita cambia, ognuno deve fare le proprie esperienze, ma li spingo a vivere l’arte, di tutti i tempi. Lì c’è quel qualcosa in cui il pensiero non riesce a portarti, ti conduce nel profondo di te stesso, nella condivisione, in una saggezza emotiva che percorre millenni. Può aiutarti a vivere più profondamente la vita, a ritrovare emozioni che diversamente è difficile esprimere.

 

Quasi trent’anni di carriera e di affetto del pubblico. Quando ha cominciato immaginava di raggiungere traguardi tanto importanti?

Non lo immaginavo ma lo sognavo. Fare la televisione era il gioco a cui mi dedicavo da ragazzetto, anche quando andavo in vacanza a Scauri con i miei cugini. Era la mia passione, tanto che a tredici-quattordici anni, quando marinavo la scuola, provavo a intrufolarmi nelle televisioni private, negli studi televisivi (sorride). Disegnavo anche le telecamere e mi piaceva vedere le luci delle consolle delle regie. C’era una spinta naturale verso questo mondo.

 

Il suo augurio alla televisione…

Il mio è un augurio rivolto a chi la televisione la fa, a partire dai tecnici, dalle maestranze, ed è che ci siano sempre tanta passione e tanto amore nel farla. Quando ci sono non possono che esserci programmi migliori. Al di là di tutte le piattaforme penso che questa società, sempre più frammentata, abbia bisogno di una televisione che sia punto di riferimento, pieno di libertà e luogo di confronto, che sappia unire. Della vera televisione, quella dei programmi, per me ne abbiamo sempre più bisogno. L’augurio è che la Tv sia fatta sempre meglio, con passione e competenza.

 

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