Tra gli artisti di strada
Nek
La voglia di mettersi gioco e il desiderio di imparare, un musicista attraverso la tv porta al successo le storie dei buskers che animano da Nord a Sud le piazze e le vie del nostro Paese. Il martedì in prima serata su Rai 2
La musica il suo faro, non un limite per uscire dalla comfort zone. Cosa le dà questo programma?
La possibilità di conoscere il mondo dei buskers, di cui sapevo molto poco, e di mettermi alla prova con un nuovo linguaggio, diverso da quello musicale. Sto imparando a essere più efficace nella conduzione, a rispettare i tempi televisivi. Così come una canzone in soli tre minuti deve arrivare al pubblico, anche un programma, nei tempi decisi dagli autori, deve conquistare le persone. Se però chi viene scelto per stare davanti alla telecamera non è empatico, si va davvero poco lontano. Per me uscire dalla comfort zone è assecondare il mio desiderio di imparare.
La prima edizione è stata un grande successo…
Che mi ha incoraggiato ad andare avanti e ha spinto il direttore Stefano Coletta e Carlo Conti, co-autore del programma, a credere in me. Cerco di ripagare questa fiducia con l’impegno, provando a migliorare le mie capacità nel minor tempo possibile.
Da artista, musicista di successo, qual è il suo contributo al linguaggio televisivo?
L’empatia! Attraverso una canzone cerco di essere il più empatico possibile con la gente, incontro gli sguardi, vado a toccare le mani, sistemo la voce in un certo modo quando ci sono frasi significative. Lo stesso faccio quando da uno studio televisivo mi rivolgo al pubblico a casa attraverso l’occhio della telecamera. Mi avvicino agli artisti di strada con l’empatia di un fratello perché, come me, hanno fatto dell’arte la loro vita. L’artista è colui che dialoga attraverso un’espressione artistica particolare, che cerca di arrivare al cuore delle persone con un linguaggio, con lo sguardo, o con un determinato comportamento. Io sono un musicista, un cantautore, mi hanno insegnato che sul palco si va e alla prima si canta, senza troppe prove per non perdere la spontaneità.
Un comportamento che assume anche da conduttore…
“Dalla strada al palco” è un programma registrato per esigenze tecniche, ma è strutturato come se fosse una diretta, e questo è bellissimo.
Sul palco salgono anche le storie personali e quelle di un Paese che si racconta. Qual è la fotografia che viene restituita?
È l’immagine dell’Italia. Il cuore di questo racconto sono proprio le storie degli artisti, il messaggio che traspare, oltre alla meraviglia di assistere alle diverse espressioni dell’arte, è che per arrivare lì hanno passato momenti importanti, complicati, difficili, sacrifici, scelte ponderate prese in piena libertà e con consapevolezza. Molti di questi artisti dal palco sono andati alla strada, e non viceversa, c’è chi ha calcato palchi importanti da protagonista, ma non era soddisfatto, c’è chi desidera stare lontano dalle dinamiche della discografia e non mostra alcun interesse per le classifiche. La loro unica velleità è essere sulla strada, su una piazza e incontrare l’interesse distratto dei passanti. Questo mi ha colpito molto.
Come accolgono i buskers questa opportunità?
Partecipare al programma è una possibilità alternativa di esibirsi e magari vincere i 10 mila euro in palio. Il desiderio però è tornare da dove sono venuti, ovvero nel loro angolo di piazza, o nella loro strada, o al loro camper per viaggiare in Italia o nel mondo.
Non è un talent, ma il talento ha un peso enorme…
Il talento è un dono speciale che possiedi fin dalla nascita, che custodisci dentro di te e arriverà sempre prima di chi si affida alla tecnica e allo studio. Il talentuoso è come un supereroe, sa esattamente quello che deve fare, nessuno gliel’ha insegnato, è una scintilla che si accende. Ci sono anche persone che non sanno di avere questo tesoro nascosto, o non hanno avuto l’occasione per esprimerlo ma, grazie agli incontri giusti, sono riusciti a esprimerlo nel tempo.
Come può un artista conservare la propria purezza, la propria libertà?
Continuando a dare fiato a questo dono, preservarlo e al tempo stesso condividerlo con gli altri per mantenerlo vivo. Il talento deve essere nutrito di stimoli, di idee, di continuo lavoro, come il fuoco che per mantenere le fiamme vive necessita di legna.
In studio con oltre 800 persone, è un po’ come un concerto. Quanto pesa questa presenza?
L’anno scorso, negli Studi Fabrizio Frizzi, eravamo poco più di 200, averne oggi 800 rende tutto più vivo, più sentito, come essere a teatro. Si percepisce immediatamente l’entusiasmo, la gente partecipa emotivamente alle esibizioni degli artisti. È come se fossimo in strada, è uno spaccato della vita vera. Il palco dello studio dell’Auditorium della Rai di Napoli ricostruisce l’ambiente da cui arrivano i nostri artisti, è presente un bellissimo ledwall circolare sul quale sono proiettate le foto delle meravigliose piazze italiane e sono inoltre presenti molti oggetti scenografici che creano atmosfere suggestive.
Che cosa augura agli artisti che partecipano al suo programma?
Agli artisti dico sempre di divertirsi. Nei loro sguardi leggo emozione e tanta felicità. “Dalla strada al palco” rappresenta una occasione in più di mostrare la propria arte, seguiti e coccolati da un gruppo di lavoro straordinario che li aiuta a non sprecare il proprio tempo. È una prova per tutti, per me, per gli addetti ai lavori, per gli artisti. Auguro a chi partecipa di sentirsi persone realizzate, di mettersi sempre in ascolto dell’altro.