STEFANO BUTTAFUOCO

Un inno alla vita

Torna su Rai 3 “Il Cacciatore di Sogni”, il programma dedicato all’inclusione e all’unicità. Il giornalista e conduttore racconta le novità della quarta stagione, in onda da domenica 29 settembre alle 13.00 per sei settimane

 

Che cos’è “Il cacciatore di sogni”?

È un viaggio tra tutte quelle persone che sono riuscite a fare dei loro punti di debolezza dei punti di forza, attraverso la loro determinazione, il loro coraggio e che sono stati capaci di raggiungere i loro obiettivi, di vivere una vita sognata, dando un messaggio di grande positività e di grande forza a tutti quanti noi. Non solo quindi a chi ha a che fare con condizioni particolari o che vive condizioni simili alle loro, perché “Il Cacciatore di Sogni” è un programma che si rivolge a tutti.

Parte con la quarta edizione…

Un ringraziamento alla Direzione Approfondimento, al direttore  Paolo Corsini e a Marco Caputo che è il vice direttore, perché hanno voluto dare continuità a questo programma e sappiamo quanto sia importante questo.  Un motivo di felicità, di orgoglio e soprattutto mi fa piacere che la Rai abbia questa attenzione verso i temi sociali, di inclusione.

Quali le novità di questa stagione?

Abbiamo calibrato il racconto dei nostri protagonisti alla diversa collocazione oraria. Non è più una seconda serata, ma andiamo in onda la domenica alle ore 13.00. In particolare, abbiamo voluto soffermarci sulle storie di molti atleti paraolimpici e alle loro storie legate allo sport come leva di riscatto, come stimolo a rialzare la testa e a realizzare i propri sogni. In questa edizione diamo ancora più forza agli ospiti che arrivano dal mondo dello spettacolo e della televisione e che hanno una particolare sensibilità legata al mondo dell’inclusione. Il nostro obiettivo è anche quello di far scoprire al pubblico un lato nascosto di tanti personaggi molto noti che, magari poche volte, hanno avuto occasione di parlare di queste tematiche.

I sogni si possono realizzare anche a dispetto del destino?

Al di là della nostra condizione si realizzano solamente se noi veramente ci crediamo, ci applichiamo e ci sacrifichiamo per raggiungerli. Paradossalmente persone che partono qualche metro indietro rispetto ad altre, hanno una forza maggiore. Questo è il motivo per cui il programma, attraverso il racconto di storie di persone che hanno una condizione particolare, vuole far bene a tutti. Nel raggiungimento di un obiettivo, bisogna mettersi in discussione, lottare con noi stessi, abituarci al fallimento, al valore della sconfitta. Io non userò mai la parola disabilità perché è una parola che a me non piace. Questo è il programma dell’unicità che supera il concetto di disabilità e anche il concetto di diversità.

Cosa ti lasciano questi incontri?

“Il Cacciatore di Sogni” è un programma molto faticoso, prima di tutto dal punto di vista produttivo, perché giriamo in esterna e con un taglio molto cinematografico in quanto vogliamo creare delle suggestioni attraverso le immagini. Tutto questo, gli incontri, le interviste, le storie, mi lasciano interiormente una grossa carica. Sento anche una grossa responsabilità nel fare in modo che la bellezza di queste storie sia raccontata nella giusta maniera. Sono storie a cui ci si affeziona, che si vivono intensamente conoscendo il protagonista prima di andare sul set. Spesso si entra proprio in confidenza con il suo mondo. Spero di poter esprimere la forza delle loro storie nella maniera più giusta.

 

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