Sogno, ma con i piedi per terra
DOMENICO CUOMO
Apprezzato in “Mare fuori”, ha confermato il proprio talento nella serie di Rai 1 “Un Professore”, nella quale veste i panni di Mimmo, ex studente di Dante finito in carcere minorile e ora in semilibertà. «Gli sceneggiatori hanno deciso di fare crescere il mio personaggio, di questo sono grato e onorato» dice l’attore diciannovenne, la cui popolarità è in crescita esponenziale: «La famiglia e gli amici, che mi trattano sempre allo stesso modo, ricordandomi di restare quello che sono»
Com’è stato l’incontro con il suo personaggio?
Un bellissimo incontro. Ho iniziato questo viaggio con Alessandro D’Alatri, che oltre a essere stato un grande artista, un grande regista, è stato per me un punto di riferimento: mi ha dato tanto, mi ha insegnato come comportarmi verso lo studio, verso il set. Mi aveva anche parlato delle potenzialità di Mimmo, che sarebbe potuto crescere nelle nuove stagioni della serie. Ed è andata così, gli sceneggiatori hanno deciso di fare crescere il mio personaggio, di questo sono grato e onorato.
Come ha vissuto, sulla sua pelle, la trasformazione di Mimmo?
All’inizio della stagione ha ottenuto la semilibertà, trascorre le sue giornate fuori dal carcere, lavora come aiuto bibliotecario nell’istituto in cui insegna Dante. Ho trovato un Mimmo pronto a rapportarsi con i propri coetanei, con i professori, con una grande città come Roma. È arrivato quasi ad accarezzare una vita normale, la cosa più bella che possa provare un ragazzo di quell’età.
Portare in scena giovani che cercano riscatto, in Mare Fuori come in “Un professore”, che responsabilità è per un attore?
Credo che sia una responsabilità stupenda. Diventi una bandiera, un manifesto, rappresenti in quel momento quella fetta di ragazzi che cerca di voltare pagina.
Il mio obiettivo è portare in scena Mimmo nella maniera più reale possibile.
Nella serie ha lavorato ancora una volta con Nicolas Maupas, come è stato dividere con lui un set diverso da quello di “Mare fuori”?
Con Nicolas è sempre un piacere lavorare. Ci conosciamo da tempo e anche tecnicamente conosciamo i rispettivi tempi di battuta, riusciamo a improvvisare in maniera sciolta. Per di più è un amico. È un piacere incontrare, oltre a bravi attori, delle belle persone, da Damiano Gavino ad Alessandro Gassmann, a tutti gli altri ragazzi che mi hanno accolto bene sul set.
Che consiglio ha chiesto ad Alessandro Gassmann…
Alessandro è una persona molto umile. Mi ha regalato la sua serenità, la sua capacità di mettermi a mio agio. Gli puoi esporre ogni dubbio, e lui è sempre pronto ad ascoltarti, è autocritico, si mette a disposizione del gruppo.
Come sta vivendo l’arrivo della popolarità nella sua vita?
Il mio lavoro non ha cambiato nulla. Ci sono sempre la mia famiglia e la mia cerchia di amici, che mi trattano sempre allo stesso modo, ricordandomi di tenere i piedi per terra, di restare quello che sonio. Al tempo stesso ci sono più persone che mi riconoscono per strada, ma quando mi fermano e mi chiamano, anche con il nome del mio personaggio, provo gratitudine.
Come ha incontrato la recitazione?
La mia è una famiglia molto numerosa. In occasione delle grandi tavolate io ero un po’ il giullare, imitavo i parenti, gli animali. Intorno ai dieci anni chiesi ai miei genitori di potere fare teatro, e cominciai. Con il teatro sono arrivati gli spettacoli, l’agenzia e ho cominciato a lavorare.
Quando ha capito che la cosa si stava facendo seria?
Per me la cosa è sempre stata seria, un gioco serio (sorride).
C’è un sogno che sta rincorrendo?
Ho difficoltà a dirlo. I miei obiettivi mutano ogni giorno e credo che non mi sentirò mai arrivato. Cerco sempre di alimentare, di infuocare i miei obiettivi, di rinnovarli, per non rimanere fossilizzato o frustrato, senza riporre aspettative verso qualcosa che è fuori dal nostro controllo.