Sogna, ragazzo sogna

CARLO CONTI

«Devo ringraziare Guglielmo Marconi: senza la sua fantastica invenzione oggi non farei quello che amo fare» racconta il conduttore fiorentino alla guida della nuova stagione de “I Migliori anni” dal 6 aprile in prima serata Rai 1: « Un viaggio nella memoria che affronto sempre con entusiasmo»

Torna ‘I migliori anni’, tra i programmi più longevi della televisione italiana…

Esatto! È un varietà creato qualche tempo fa e che, anche in questa nuova edizione, continua a giocare con la memoria nella sua doppia valenza: per chi ha vissuto quegli anni di cui parleremo e per chi, invece, come i più giovani, andrà alla scoperta delle canzoni e delle mode di quei periodi. Nello studio ci saranno 60 ragazzi tra i 18 e 25 anni, è un po’ come se raccontassimo i nostri migliori anni a loro.

Che viaggio è stato per lei?

Un viaggio nella memoria che affronto sempre con entusiasmo e in maniera divertente, un momento, anche per me, per ricordare determinati episodi, canzoni o momenti particolari. E soprattutto un’occasione per emozionarmi: penso, per esempio, alla prima puntata quando avrò come ospite Nile Rodgers… in discoteca ho messo tante volte i suoi brani e di certo è un bel ricordo.

Quale fu la scintilla creativa che la portò a pensare “I migliori anni”?

Quindici anni fa, in estate, ho notato che molti ragazzi ballavano brani degli anni ’60 e ’70 con grande energia, c’era stato un ritorno verso queste canzoni. Pensai che forse era arrivato il momento giusto per raccontare televisivamente questo revival, ma in funzione del futuro: raccontarlo alle nuove generazioni, non solo per un gusto di nostalgia, ma anche di memoria, per far capire come si era arrivati a una canzone o a una moda.

In che modo ha messo a frutto gli anni della sua formazione, a partire da quelli della radio?

C’è tutto me. Per me è molto naturale fare questo programma perché parlo di gran parte di cose che ho vissuto in prima persona e per questo diventa più facile costruirlo, scegliere gli ospiti, raccontarlo e metterlo in scena.

Lasciò il posto in banca per un futuro “incerto” nello spettacolo… cosa prova a ripensare a quel salto nel buio?

Spero di aver fatto bene, che il pubblico sia d’accordo con me su questa scelta. A parte tutto, credo che la gente me lo abbia dimostrato nel corso degli anni.

Le è mai capitato di incontrare i suoi ex colleghi di banca?

Sì, a Firenze. Ma rivedo soprattutto i compagni di classe, i primi a scoprirmi dj, i primi a sentirmi in radio… sono stati i miei ‘primi clienti’. È sempre emozionante ritrovarli, credo si emozionino anche loro per via del fatto che quel loro compagno di scuola era riuscito in quello che sognava da ragazzo.

C’è qualcosa che rimpiange degli anni pionieristici alla consolle?

No, è stato tutto fantastico, tutto un crescendo senza rincorrere niente, gradino dopo gradino. Tutto è arrivato naturalmente, nel momento giusto, senza per forza voler raggiungere certi obiettivi.

Dei suoi “migliori anni di vita” quali sono i brani che si porti dietro?

Tutto Battisti e tutto dei Pink Floyd.

Le è capitato di fare ascoltare a suo figlio la musica di quando era ragazzo?

Certo. Gli ho anche spiegato come mettere i vinili! Mi ha graffiato qualche disco e rotto qualche puntina, ma ora sa come si fa.

Cosa le piace della musica di oggi?

Molte cose, è al passo con i tempi: è il frutto del momento, frutto del nuovo modo di ascoltarla, utilizzarla e viverla.

70 anni di Tv e 100 di radio, quale dedica si sente di fare a una Rai che non hai mai abbandonato?

Innanzitutto devo ringraziare Guglielmo Marconi: senza la sua fantastica invenzione oggi non farei quello che amo fare. Poi per fortuna ci sono stati pionieri che hanno fatto cose fantastiche sia per la radio che per la tv. Il servizio pubblico ha riempito la mia vita. Mai avrei immaginato un tempo di diventarne protagonista, come mai avrei immaginato di poter celebrare io stesso, con la puntata del 3 gennaio scorso del ‘Rischiatutto’, i 70 anni della Rai: una trasmissione che seguivo da bambino.

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