Silvia Mazzieri

Regalare emozioni mi rende felice

Giovane astro nascente delle fiction targate Rai, dopo aver indossato i panni della specializzanda in “Doc”, è tra le protagoniste di “Vivi e lascia vivere” con Elena Sofia Ricci e Massimo Ghini: «Anch’io, come Giada, nonostante l’età, mi sono dovuta rimettere in gioco molte volte»

Buongiorno Silvia, prima di tutto come sta?

In ansia! Sono una persona molto emotiva e questo lungo periodo di lockdown l’ho vissuto da sola a Roma, lontano dalla mia famiglia. È stato difficile e al tempo stesso importante, perché mi ha permesso di compiere un bel viaggio dentro di me stessa.

Da “DOC” a “Vivi e lascia vivere”, è un bel momento della sua carriera…

Sono state delle esperienze bellissime, arrivate una dietro l’altra. Più lavoro fai, più hai voglia di metterti in gioco e per me che sono una perfezionista, è stato fondamentale. In questi due ultimi progetti ho imparato moltissimo sia del mestiere che di me stessa. Un aiuto importante è venuto dal gruppo di lavoro, soprattutto in “Doc”. Abbiamo trascorso molto tempo insieme e il pubblico ha premiato il nostro affiatamento. È stato veramente un peccato interrompere bruscamente le riprese (per emergenza Coronavirus). Ma torneremo…

Cosa la conquista di un personaggio?

Sono una persona empatica e in ogni ruolo cerco sempre qualcosa di me. Non giudico mai un personaggio, vado piuttosto alla ricerca della sua anima, delle sfumature che provo a restituire con la mia interpretazione. In Alba Patrizi (la giovane specializzanda di “Doc”) ho ritrovato alcune mie fragilità, la forte emotività, caratteristiche che rendono una persona viva, reale e che, al momento opportuno, possono trasformarsi in forza, in desiderio di prendere in mano la propria vita e cominciare a volare. Mostrare le proprie debolezze non significa non avere carattere, a volte è vero il contrario. Andare oltre i propri limiti è una sensazione unica.

Si è emozionata nel portare il camice da medico?

In realtà non era la prima volta, perché ho studiato chimica a scuola e per tre anni ho avuto l’onore di indossarlo.

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