Sigfrido Ranucci
Il romanzo dei fatti
Il lunedì alle 21.20 ritornano le inchieste di Report. “La forza del programma è nell’avere mantenuto intatto nel tempo il proprio DNA – dichiara Sigfrido Ranucci al RadiocorriereTv – dico grazie alla Rai che non solo ci ha lasciati liberi, ma ci fa anche sentire liberi, e non è una questione da poco”. Dal 21 ottobre su Rai3
Cosa rende “Report” una macchina vincente?
Coloro che ci lavorano. Ho scelto persone che hanno grande dedizione, che hanno coraggio. Non c’è nessuno entrato per una spinta esterna ma tutti per le loro qualità. Ognuno è il colore di un tappeto, se li metti insieme emerge una figura, un’armonia. Abbiamo dei montatori che sono in grado di fare infografica da soli, c’è chi ha la sensibilità del montaggio, chi del linguaggio, chi dell’insieme e cura l’edizione nei minimi dettagli, rimanendo al lavoro fino alle 4 di notte perché non vuole mandare in onda una cosa che non sia bella. Coloro che indossano la maglietta di “Report” se la cuciono sulla pelle. Dopo 22 anni e centinaia e centinaia di cause e di richieste di risarcimento danni ne abbiamo persa solo una e non per non avere detto la verità. È importante che nessuna sentenza ci sia andata contro per avere diffamato, per errori deontologici.
Come nasce una vostra puntata?
Per capirlo basta fare una foto della mia scrivania (sorride, ndr). Una puntata di “Report” nasce da querele che arrivano addirittura in arabo, non so in quanti ne abbiano avute, e soprattutto da 75 mila segnalazioni che giungono durante l’anno. Il programma è uno sfogatoio d’Italia, potremmo fornire argomenti a tutte le trasmissioni della Rai. Capita che le segnalazioni vengono indirizzate contestualmente alla Procura della Repubblica, alla Corte dei Conti, alla Dia e a “Report”, come se fossimo un organo inquirente.