Sempre libera e allegra

NON SONO UNA SIGNORA

Alba Parietti, che sta per tornare sul piccolo schermo con uno show dedicato alle drag queen, incontra il RadiocorriereTv:  «Un viaggio nella fantasia. Il travestimento porta i concorrenti a raccontarsi in una maniera molto affascinante, introspettiva e profonda». Su Rai 2 dal 29 giugno in prima serata

Ha avuto spesso un ruolo di spartiacque, di rottura nel mondo della Tv, fu così con un programma di calcio in anni in cui la conduzione al femminile non era proprio data per scontata, “Galagoal”, è stata la prima donna a condurre “Striscia la notizia”, ha sperimentato un modello di comicità nuova con “Macao”… sarà così anche questa volta?

Speriamo, mi piacerebbe. È sicuramente una sfida, come lo sono state quelle del passato, da “Galagoal” a “Macao”. Sono abituata, e questa è una sfida difficile, un programma su cui potevano accumularsi luoghi comuni, pregiudizi, paure. Invece è un programma molto divertente, leggero, e che potrebbero vedere anche i bambini. È pieno di colore e di fantasia. Al divertimento e allo spettacolo si mischiano delle riflessioni sul fatto che ognuno dei concorrenti, interpretando un ruolo completamente diverso e diventando una drag per una notte, prova delle emozioni, scopre una parte di sé che magari non conosceva e lo diverte.

“Non sono una signora”, un titolo che ci dà alcuni indizi sul mondo in cui ci porterete. Che viaggio sarà?

Un viaggio nella fantasia, se vogliamo siamo tutti abituati alle trasformazioni. In qualche maniera lo facciamo fin da bambini, sempre come un gioco divertente e che appartiene solo a determinate situazioni. Poi, nella realtà, secondo me abbiamo tutti voglia di divertirci trasformandoci. Magari è il sogno per una sera. Devo dire che per tutti i partecipanti è stato un viaggio in una parte inesplorata di loro stessi, ma dietro alla quale non per forza deve esserci chissà quale messaggio subliminale. Semplicemente una parte di fantasia rimasta, magari, inesplorata. La sfida è di diventare una drag, questo porta i concorrenti a raccontarsi in una maniera molto affascinante, introspettiva, profonda.

Con quali criteri sono state scelte le drag che prendono parte al programma?

Dovevano essere persone con il coraggio e la voglia di mettersi in gioco. Fare la drag è un mestiere. Per farlo ti devi sottoporre a ore di trucco, devi saperti muovere sui tacchi, avere una capacità di interpretare. Le drag sono delle artiste. Un tempo gli uomini interpretavano ruoli femminili quando alle donne non era consentito fare teatro, poi c’è stato il movimento a New York. Drag è sinonimo di libertà e di allegria.

Lei è una donna di spettacolo, cosa deve avere una performance per fare centro?

Divertimento e accettazione. Chi non è riuscito nell’impresa, ed è stata cosa rara, è chi ha messo un blocco, aveva paura. È successo forse solo in una occasione, tutti gli altri concorrenti si sono divertiti, hanno capito perfettamente qual era lo spirito del gioco.

Quello dell’identità di genere è un tema molto discusso, in televisione come nei social…

È sicuramente un tema importantissimo, caldo e sentito. Per altro sono sempre stata dalla parte di chi aveva voglia e diritto di essere ciò che voleva, perché il modo migliore per vivere felici è proprio lasciare che ognuno possa assomigliare all’ideale che ha di se stesso. Sono stata fraintesa persino quando ho usato il termine etero per quelli che partecipano al programma, ma sostanzialmente è la verità. L’identità di genere è un tema delicato, ogni parola che utilizzi viene usata per creare una polemica sterile, inutile, quando in realtà il senso è solo quello di divertirsi, di portare uno spettacolo brillante dove ognuno assomiglia a un ideale che ha di se stesso. Lo puoi fare in un giorno  qualsiasi dell’anno e non solo la sera di carnevale o di Halloween perché ti viene data la possibilità. Tutti i concorrenti mi son sembrati più che entusiasti di avere partecipato e di aver vissuto un’esperienza allegra, festosa e divertita.

Il travestimento, più per nascondersi o per raccontarsi?

Per raccontarsi. Io lo faccio costantemente con il travestimento. Cambio pettinatura, mi piace trasformarmi, giocare. Gli attori hanno la possibilità di farlo ogni giorno interpretando ruoli diversi. Noi, invece, abbiamo la fortuna di poter interpretare il ruolo che ci pare. Che non è essenzialmente solo recitare una parte, ma prendere qualcosa che ognuno ha dentro di sé. Abbiamo tutti una parte schizofrenica in fondo, nel senso buono.

Ha mai rischiato di omologarsi a ciò che non le assomiglia proprio?

Forse solo per un brevissimo periodo, sempre per essere accettata. È stato probabilmente uno dei periodi più bui della mia vita, ma è durato pochi mesi. In genere lo si fa per amore, per non essere emarginati. Ma la verità è che quello è il momento in cui sei più infelice in assoluto.

Che cosa la fa sentire una donna libera?

La mia storia personale, il fatto che ogni giorno ho potuto fare ciò che volevo, pur avendo vissuto grandi successi professionali, e avuto una vita sentimentale molto appagante, anche con sofferenze, come capita a tutti. Ho sempre scelto gli uomini che mi piacevano e di cui ero innamorata, non ho mai fatto scelte di convenienza ma di libertà. Nella vita, nel lavoro, nell’amore, nel non volermi arrendere. Penso alla solita monotona tiritera, alla gente che deve stabilire cosa possa fare o non fare una donna a 61 anni. Questo fa ridere, come se l’età fosse una targa, o come se tu fossi costretta dalla società ad avere un ruolo piuttosto che un altro. Questo accade perché spaventi, mica perché non te lo puoi permettere.

C’è qualcosa che la scandalizza?

La gente che non ha rispetto della dignità degli altri, qualsiasi forma di dignità.

Il fatto che ci siano persone che pensino di poter giudicare la vita degli  altri.

Le è capitato di essere prevenuta nei confronti di qualcosa o qualcuno per poi cambiare idea?

Sì, assolutamente, e mi sono anche un po’ vergognata di me stessa. Mi è capitato e ho reagito riflettendo su quanto fossi stata stupida.

Ha cominciato giovanissima e ha vissuto anche la grande Tv di ieri. Cosa le manca di quegli anni?

Della Tv di ieri mi mancano i grandi professionisti che ci sono stati, eccezionali. Ho lavorato con i più grandi in assoluto, nei grandi show. C’era grande rigore, oggi la televisione è più consumistica, produce ore e ore di programmi e questo spesso va a danno del prodotto. Noi lavoravamo per più tempo su una trasmissione senza l’ossessione di fare tutto in fretta.

Siamo nell’era dei social, proverebbe a descriversi nello spazio di un tweet?

Alba, una persona libera e allegra.

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