Sempre in ascolto

FRANCESCA FIALDINI

Protagonisti dei suoi programmi sono la parola e il racconto. Su Rai 1 con “Da noi… a ruota libera” e su Rai 3 con “Fame d’amore”, la conduttrice abbatte muri e spinge gli ospiti a liberarsi del loro “personaggio”. E del suo ruolo televisivo ci dice: «Nel tempo ho scelto di lasciarmi andare, di mostrarmi più per ‘la Francesca’ che non per ‘la Fialdini’, ho deciso di assomigliare di più a quella che sono»

ROMA 18 SETTEMBRE 2022 PUNTATA DI “DA NOI…A RUOTA LIBERA” IN ONDA LA DOMENICA SU RAIDUE ALLE 17 30. NELLA FOTO FRANCESCA FIALDINI

Un’altra stagione di super lavoro, come sta andando?

Siamo molto felici sia per “Da noi… A ruota libera” che per “Fame d’amore”. “Da noi… A ruota libera” ha conquistato una fetta di pubblico che lo aspetta, e questo fa sì che si crei una dinamica tra noi e il pubblico di reciproco affetto e di voglia di stimoli. Considerando che siamo un programma giovane, siamo molto felici della grande famiglia che stiamo diventando, siamo contenti anche degli ospiti che vengono a trovarci.

Quella del racconto è un po’ la modalità e la missione del conduttore degli anni 2000, come si trova in questi panni?

È il lavoro che ho sempre desiderato fare, e raccontare storie rimane la formula vincente in ogni forma di espressione. Dentro ci sono tutte le emozioni, tutte le scale di valori, i punti di vista che appartengono alle persone sono universali. Immedesimarti nella storia degli altri può fare molto bene. Sia per prenderne le distanze, alle volte, sia per riuscire a trovare una motivazione dentro noi stessi. Per far girare la ruota per il verso giusto, per cambiare le cose e avere il coraggio, la forza, la voglia, la determinazione di non arrendersi alle difficoltà. La scelta di sottolineare come dentro di noi possa scattare una scintilla che ci fa reagire, ci fa resistere, è quella che ha premiato “Da noi… A ruota libera”. Evidentemente c’è bisogno di questo in un momento storico delicato come quello che stiamo vivendo.

“Fame d’amore” è un viaggio che l’ha portata a indagare il rapporto tra i giovani e il cibo, cosa ha imparato?

Se prima ero già convinta che l’empatia fosse la chiave di volta di tutta una narrazione, il rapporto con le persone, le cose che indaghiamo e incontriamo, oggi dico che con “Fame d’amore” questa empatia è diventata proprio l’unico punto di vista possibile per mettermi davvero in ascolto. Mi sono messa tanto in sottrazione dimenticando me stessa per accogliere i ragazzi che abbiamo intervistato a braccia aperte, senza nessun tipo di filtro o pregiudizio, perché altrimenti diventa davvero complicato. Se ragioni per cercare di comprendere il motivo per cui questi ragazzi si fanno del male o fuggono dalla loro routine, magari non ce la fai perché sei troppo condizionato dal tuo modo di vivere la vita. Se ti abbandoni totalmente al loro racconto, dando valore al tempo che trascorri insieme a loro, diventa il più bel lavoro possibile. Entrare nella mente degli altri non è mai facile, ma un lavoro infinito. Lo sanno bene i nostri esperti che ci guidano nell’incontro con i ragazzi. Di fronte a questo ignoto così complesso, così grande, che può essere anche un abisso per noi, l’unica cosa da fare è mettersi in ascolto.

Occuparsi di questi temi porta ad attivare un lavoro “introspettivo”, di autoanalisi, cosa ha capito di più di se stessa?

L’effetto di “Fame d’amore” è doppio: da un lato ti dà delle chiavi di comprensione di ciò che è difficile da capire, dall’altro, inevitabilmente, ti fa da specchio. Specchio in cui le tue ferite, i traumi personali, vengono amplificati. Parlo delle cose rimaste irrisolte e sospese nel tempo. La tua vita viene raccontata attraverso gli occhi degli altri, è molto avvincente da un lato, dall’altro ti inchioda alle tue responsabilità. Ti fa capire che se tu non risolvi le questioni dentro di te non sei neppure sufficientemente in grado di potere raccontare la persona che hai davanti. È molto impegnativo, un lavoro mentale, psicologico, emotivo.

Lei è abituata ad abbattere muri, a parlare della vita a ruota libera… quanto si emoziona e quanto si diverte?

La cifra di “Da noi… A ruota libera” è quella del sorriso, dell’allegria, della positività. Un modo di raccontare completamente diverso. “Fame d’amore” non cerca il dolore, ma è una docu-serie che racconta la realtà, cruda, con l’intento di investigare, di portare alla luce le emozioni forti. Il programma di Rai 1 vuole fare la stessa cosa utilizzando una chiave completamente diversa. A interessarci non sono le emozioni fini a loro stesse, ma il modo in cui vengono affrontate. Il tema delle emozioni, dell’intelligenza emotiva, dei traumi emotivi che ci portiamo dentro, sta diventando per me una chiave di lettura della realtà e delle relazioni, che sta condizionando anche la mia vita oltre al mio lavoro. È un nuovo filone di psicoanalisi che approfondisco a casa, un punto di vista che va a integrare il giornalismo in modo potente. Paradossalmente un programma di intrattenimento, dove le emozioni sono una forma di conoscenza della realtà, diventa un appuntamento motivazionale, per dare coraggio, speranza, una prospettiva, e comunque offrire un punto di vista laterale sulle cose. Raccontare la storia di una famiglia numerosa, o la scelta di un ragazzo o di una ragazza di affrontare la propria disforia di genere, per diventare qualcuno che assomigli di più alla loro profonda intimità, significa raccontare due facce della realtà: entrambe vanno accolte e valorizzate per quelle che sono. Allo stesso tempo, fornisci strumenti agli altri per comprendere meglio di cosa si tratta.

Che cosa cerca in un ospite, sia vip o meno?

Che riesca a mettersi seduto sullo sgabello senza una maschera. Se mi accorgo che quella maschera c’è cerco di togliergliela, studiando molto anche il linguaggio del corpo. Tante volte un ospite viene per portare il suo personaggio. Quando c’è questo svelamento, quando si abbattono le difese, quando stai bene in un posto anche se sei in televisione, ma ti dimentichi di avere le telecamere addosso perché si crea un dialogo intimo, profondo, bello, anche se con il sorriso, allora io ho vinto.

Quest’anno la vediamo con un look più rock…

Probabilmente ho fatto un cambiamento profondo, pian piano, dentro di me, che mi ha portato a buttare via la veste della conduttrice, che mi dava sicurezza per andare in onda. Ho indossato i panni dell’intrattenitrice e ho scelto di lasciarmi andare, di mostrarmi più per la Francesca che non per la Fialdini, di raccontare di più anche la mia persona, ho deciso di assomigliare di più a quella che sono. Anche attraverso il look, che è qualcosa che ci racconta. Tutto ha il suo significato dentro il testo televisivo.

Cosa prova e cosa pensa quando si rivede in televisione?

Quando mi ricapita, e mi ricapita su RaiPlay, è perché vado a vedere come migliorare le cose, vado a verificare. Mi riguardo in un contesto, in relazione al pubblico, all’ospite, alla telecamera. Lì sono uno strumento a disposizione, mi guardo con l’occhio di chi cerca di capire se sia andato tutto per il meglio. Quando vado in onda sono totalmente a disposizione e mi metto tanto in gioco. Nell’ultimo anno e mezzo emozionarmi è diventato sempre più frequente e non mi nascondo. Nella vita, nelle nostre giornate, dobbiamo condividere gioie e dolori, questo deve succedere anche in un contesto televisivo, dove le relazioni, se sono autentiche, portano a una condivisione.

A breve partiranno i Mondiali senza l’Italia, li seguirà?

Li seguirò certamente, anche perché andranno in onda al posto mio per ben 4 domeniche. Non ho scuse, guarderò i Mondiali. Certo, è un tifo sbiadito, avrei tanto voluto vedere la nostra Nazionale dare il meglio di sé e farci sognare. Comunque sia, è bello pensare che il mondo venga raccontato anche attraverso il gioco del calcio in un momento in cui c’è bisogno di sentirsi tutti più legati, insieme.

Che rapporto ha con lo sport?

Non ci frequentiamo molto. Usiamo giuste distanze per andare d’accordo, lo seguo più in televisione. Amo andare a sciare, amo la montagna. La passione per lo sci è in cima a tutte le altre, speriamo di poterlo fare quest’anno.

Pensa al futuro?

Lo faccio tutti i giorni perché il futuro è già qua. Ci penso a 360 gradi, come donna preoccupata per quello che vede e come professionista. A maggior ragione credo che la strada che ho scelto, di tirare fuori il meglio dalle persone che vengono a trovarmi, sia la scelta giusta.

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