Se vuoi cambiare il mondo devi esserci
Sarah Felberbaum
«È stata la prima a smuovere le coscienze femminili, affermando che non era normale accettare condizioni discriminatorie, ma che al contrario era ed è normale aspettarsi la parità con i colleghi maschi» racconta la protagonista del film “Tina Anselmi. Una vita per la democrazia”
L’esempio di Tina Anselmi, a 16 anni schierata dalla parte della democrazia…
È uno degli aspetti più affascinanti di questa donna, al giorno d’oggi è quasi impossibile da ritrovare. A sedici anni, un giorno, tornata a casa dopo aver visto dei giovani partigiani impiccati sul vialone principale della sua città, si rende conto che era arrivato il momento dell’azione per provare a cambiare le cose. Da quel momento non si è mai fermata, è diventata una giovanissima staffetta dei partigiani, ha studiato e mentre lo faceva è diventata sindacalista, affrontando tra le sue prime lotte il problema dei diritti delle giovani operaie, insegnando loro che non avevano solo doveri, ma che potevano e dovevano lottare per questi diritti.
Che cosa l’ha affascinata di questa donna?
Una delle cose che più mi ha attratto di Tina è stata la sua ferma convinzione che lo studio e la scuola fossero fondamentali nella vita di un essere umano, gli unici veri strumenti di conoscenza. Fu la prima a lottare per le pari opportunità, a insegnare alle lavoratrici che dovevano percepire lo stesso stipendio degli uomini, che una donna poteva ambire a diventare qualsiasi cosa nella vita. All’epoca alcune professioni erano precluse alle donne, non potevano diventare dottori, avvocati, avevano un coprifuoco. Oggi, anche solo pensarlo, sarebbe una follia, almeno nel nostro Paese, ma non stiamo nemmeno parlando di molto tempo fa. Prima una donna veniva licenziata perché si sposava o rimaneva incinta. Ecco, Tina Anselmi è stata la prima ad affrontare questi problemi, a smuovere le coscienze femminili, affermando che non era normale accettare condizioni discriminatorie, ma che al contrario era ed è normale aspettarsi la parità con i colleghi maschi.
Cosa significa per il pubblico di oggi immergersi nella vita quotidiana di Tina Anselmi?
Sono molto orgogliosa di questo film, mi auguro che a guardarlo ci siano tanti ragazzi che potranno conoscere la storia di una donna eccezionale, purtroppo quasi del tutto sconosciuta tra le nuove generazioni. L’avventura umana di Tina Anselmi è stata straordinaria, ricchissima, è stata una donna forte e coraggiosa, non aveva paura e si batteva per i propri principi. Per tutti è un grandissimo esempio. Anche il semplice fatto di non badare all’estetica, ma di concentrarsi solo e soltanto su quello in cui credeva fosse importante, è un valido motivo di riflessione. Era una donna integra, i valori in cui credeva sono difficili da ritrovare nella società di oggi.
Cosa le ha lasciato questa esperienza professionale e umana?
È stato un regalo straordinario. Luciano (Mannuzzi, il regista) ha creduto in me immediatamente, mi ha chiamata e all’inizio ho pensato fosse matto (ride). Ha visto qualcosa, non si è fermato semplicemente a un fattore estetico, è andato oltre. Nonostante le mie perplessità, la mia iniziale insicurezza, è andato avanti, sapendo che avrei potuto fare qualcosa di buono. Mi ha regalato, forse, il primo ruolo in cui ho potuto concentrarmi sullo spirito del personaggio e nient’altro. È stata una libertà straordinaria. Sono davvero orgogliosa di questo lavoro e anche molto grata di aver vissuto questa esperienza.