SE DOVESSI DIRLA COME ROCCO…
Marco Giallini
Nuova stagione di Rocco Schiavone, la quinta della serie cult nata dalla preziosa penna di Antonio Manzini. «Gioca a favore del successo il suo essere un personaggio trasgressivo, non canonico per la tv generalista» racconta al Radiocorrieretv il protagonista che, tra una bella divagazione e l’altra, rivela tutto il suo affetto per il Vicequestore più amato della tv. Dal 5 aprile in prima serata su Rai 2
Per la quinta volta nei panni di Rocco Schiavone. Come è andata?
Mi pare che, da quando tutto è iniziato, sia andata molto bene. Sono sempre molto contento di interpretare questo personaggio, quindi è andata come doveva andare (ride). Ormai sono abituato.
Dici Rocco Schiavone, pensi immediatamente a Marco Giallini…
È il minimo… di questo vicequestore c’è tanto in me, fortunatamente e anche “purtroppo”. Grazie a questo lavoro, capita spesso di recitare parti nelle quali ci si riesce a specchiare facilmente, lo diceva anche Marcello Mastroianni: “Sono io che faccio quello”. E poi certo, se ci riferiamo al vissuto di Rocco, non è ovviamente tutto uguale, per fortuna.
Sul piano emotivo invece?
Lui è un po’ più “bastardo” di me, con un atteggiamento esteriore più ruvido del mio. Non riesce proprio a suscitare immediata simpatia in tutti, io invece ci metto decisamente più tempo ad arrabbiarmi.
Antonio Manzini e la sua scrittura umana e raffinata. Cosa le ha lasciato l’incontro con questo autore?
Prima di questa avventura, conoscevo Antonio solo di nome, non avevo avuto la possibilità di approfondire i suoi lavori, pur sapendo dell’esistenza di questo Vicequestore un po’ sopra le righe che, non solo per l’età, in qualche modo sentivo vicino. A un certo punto mi hanno chiamato ed è immediatamente scattata una sorta di alchimia. Già dalla lettura delle prime pagine, la mia testa si è immersa in questa storia, riuscivo a immaginare Rocco Schiavone, le sue emozioni, le sue caratteristiche. Non è successa la stessa cosa con i libri di Andrea Camilleri su Montalbano, non è stato così naturale, percepivo la difficoltà per uno come me, romano, di imparare il siciliano e “recitare” in questa lingua in una serie lunga. Per un film sarebbe stato più facile… in questo Luca (Zingaretti), è stato impareggiabile. Con la scrittura di Manzini, invece, sono bastate due pagine, non ci sono state tante sorprese. Leggendo ho percepito subito i lati caratteriali dell’autore stesso. Ora siamo diventati amici.
Possiamo parlare di una scrittura cinematografica?
Certamente! Con “Pista Nera”, per esempio, le parole sono diventate immagini molto velocemente. E poi, per cinque stagioni mi sono trovato in mezzo alla neve e ho pensato “cazzarola era meglio se non fossi venuto” (ride), per dirla come Schiavone.
Il personaggio, Rocco, la serie, ormai un cult, creano nel pubblico dipendenza umana e televisiva. Qual è la forza di questo progetto?
Sono io (ride)!
Siamo d’accordo…
Gioca a favore del successo il suo essere un personaggio trasgressivo, non canonico per la tv generalista. Ricordiamo che la preghiera laica di Schiavone è la canna di marijuana la mattina appena sveglio. È un essere umano che incuriosisce. Ovviamente, l’ottima scrittura è tra i suoi punti di forza, come abbiamo ricordato prima.
Qualcuno l’ha definita “Il dottor Divago”. Dove va nelle sue divagazioni?
Mi hanno proprio dedicato una copertina con questo titolo… mi ha divertito molto, perché io ho preso la laurea in divagazioni. La mia testa funziona così, al giorno penso duemila cose contemporaneamente, anche se alla fine ne faccio poche. Mi esercito in molti voli pindarici, con la testa vado via un attimo, ma poi torno.
Ma a Giallini si perdona tutto… la riportiamo a noi chiedendole se un tipo come Schiavone lo ha mai incontrato
Ma sì dai, ma non faceva il poliziotto.
Nemmeno il ladro però…
Beh, Rocco qualche cosa al limite la fa, diciamo pure fuori legge. Alla fine per esserlo basta fermare la macchina dove non è consentito, non è necessario ammazzare qualcuno. Schiavone è uno che si muove sulla linea di confine, è un tipo “border”, ma lo fa sempre per il bene. Di chi non si sa (ride). Per rispondere alla domanda precedente, prima di fare l’attore anch’io ho fatto una vita “normale”, senza pensare a indossare i panni di qualcun altro per mestiere. Quello dell’attore è un mestiere bellissimo, per certi versi anche pesante, abbastanza ben retribuito, ma non sempre una passeggiata.
Rocco parte dalla borgata e arriva tra le montagne di Aosta. Chi può aiutare quest’uomo a fare pace con il proprio passato, e quindi anche con se stesso?
Questa è dura però… forse nessuno, lui non è un tipo che si fa aiutare. Sta solo, chiuso nel suo mondo, ogni tanto si tuffa a capofitto in relazioni dalle quali non sa poi come uscirne, come nel caso del suo rapporto con Sandra (interpretata da Valeria Solarino), una giornalista con cui trascorre del tempo, senza mai però creare un legame stretto. È un uomo che non si apre, nemmeno con gli amici, è più predisposto ad aiutare. L’unico vero legame, il suo luogo sicuro, è la moglie, che non c’è più, ma che Schiavone continua a vedere e alla quale rimane ancorato per uscire dalla melma.
Queste montagne diventano una sorta di rifugio, lei dove trova riparo nella sua vita?
Mi sento bene a casa mia. Amo stare in mezzo alla gente, ma a volte sento di non potermi comportare così liberamente, pur apprezzando tutto quello che la popolarità ha comportato, molto di più di quello che avrei mai potuto sognare, sento che il rifugio dell’animo è la mia casa, dove riesco a preservare il mio vivere quotidiano, la mia normalità.
In un momento in cui avremmo sempre più bisogno di maestri…
Ci vorrebbero i maestri veri, quelli che sanno le cose meglio di te e sono in grado di insegnarle agli altri. Se conosci Dante lo insegni, altrimenti potrai dire solo che aveva il naso grosso… e in questo periodo non vediamo buoni maestri, sono tutti impegnati sui social.
Non vede di buon occhio questi strumenti?
Hanno fatto parlare troppa gente che avrebbe dovuto rimanere in silenzio. All’inizio pensavo che indossassero tutti una maschera, invece purtroppo c’è tanta ignoranza. E qua ci starebbe bene una chiusura alla Schiavone (ride)…