Sabato anch’io
Servizio pubblico
Il racconto dei grandi fatti attraverso le voci dei protagonisti. Il sabato alle 8.30 su Rai Radio1 l’approfondimento in diretta con Enrica Belli e Pablo Rojas
“Sabato anch’io”, novità della stagione radiofonica in corso, è ormai un punto di riferimento per gli ascoltatori…
PABLO: Per Rai Radio1 era importante presidiare la fascia con un’informazione in diretta anche il sabato, stando sulle ultime notizie e proponendo due interviste di attualità, tagliate principalmente sulla politica.
ENRICA: In questo periodo è molto importante, alla mattina, dare conto di quello che sta succedendo nelle notti ucraine e quindi riprendere il filo del racconto con gli inviati, provare a fare un po’ di analisi. Nelle due interviste che proponiamo agli ascoltatori cerchiamo di avere, in diretta, i protagonisti della settimana.
PABLO: Chiamarci in modo simile a “Radio anch’io” dà conti-nuità a Radio1 rispetto a un marchio importante e ci rende più riconoscibili.
ENRICA: Il pubblico di Radio1 è attento, con opinioni forti, ha un grande interesse nei confronti dell’attualità, di quello che succede.
Che cosa significa raccontare questo inizio 2022?
PABLO: Siamo a cavallo tra la pandemia e il conflitto in Ucraina, in mezzo c’è stato il Quirinale, tre eventi che ci hanno consentito di avere un racconto molto denso. È nelle emergenze che il giornalista ha la possibilità di dimostrare l’importanza di questo mestiere. E ha il dovere di stare in prima linea.
ENRICA: La particolarità di questi tre fenomeni è che si sono mangiati tutto il resto. Prima, con i giornali radio, abbiamo fatto un’informazione tutta incentrata sul covid, quindi c’è stata una fase sulla dinamica politica, spiazzante nel suo finale. Adesso i nostri giornali sono tutti concentrati sull’Ucraina nelle sue varie declinazioni, nei suoi mille risvolti: il campo, il fronte diplomatico, l’economia, la questione profughi, quella culturale.
Argomenti che hanno monopolizzato totalmente l’attenzione dei media e del pubblico…
ENRICA: Dagli ascoltatori questo è stato in parte anche subìto. Nei giorni del Quirinale le persone meno appassionate di politica erano anche stufe di sentirne le minuzie. L’informazione veniva un po’ accusata di questo. Adesso no, la guerra in Ucraina si prende tutta l’attenzione e in questo momento viene riconosciuta la necessità di un racconto completo.
Che cosa vi deve lasciare un’intervista perché da giornalisti possiate considerarvi soddisfatti?
PABLO: Una notizia, siamo soddisfatti se l’ospite riesce a dirci qualcosa che non ha detto prima, ad annunciarci un evento che sta per accadere. Così come se ci fa entrare in realtà che conosciamo poco con un approccio emotivamente profondo, questo ci lascia qualcosa. Recentemente ci è accaduto con una ragazzina di Nettuno, che è un po’ la Greta Thunberg del Friday for future italiano, che ci ha raccontato tutti i suoi gesti quotidiani per contribuire al miglioramento dell’ambiente.
ENRICA: Mi piace quando accanto alle notizie emerge l’umanità delle persone, la loro singolarità. Il primo gennaio, in occasione di uno speciale dedicato ai vent’anni dell’euro, abbiamo ospitato il professor Romano Prodi. Insieme all’analisi sulla politica economica, sulla geopolitica, ci ha raccontato anche un aneddoto sul Capodanno di vent’anni prima, quello che vide l’entrata in circolazione della moneta unica, dicendoci che il primo acquisto che fece con l’euro fu un mazzo di fiori per la moglie Flavia.
PABLO: È accaduto anche con il ministro Roberto Cingolani. Gli abbiamo chiesto come stesse il suo robottino, l’umanoide che aveva progettato in un laboratorio di Genova prima di diventare ministro. Ci ha risposto con nostalgia e affetto verso questa creatura.