RUGGERO ROLLINI

Micro e macro, tutto è chimica

Tra i protagonisti di “Noos” su Rai 1 incontra il pubblico con ironia e semplicità: «Il divulgatore fa un po’ da ponte fra scienza e società»

Come è nata la sua passione per la chimica?

La passione per la chimica è nata già da quando ero bambino, come quella per le scienze in generale, perché io sono cresciuto in un paesino di 4000 abitanti circondato da boschi. Quindi sono cresciuto, circondato dalla natura e non si può non rimanerne affascinati. La chimica in particolare: oltre ad aver avuto lungo tutto il percorso di studi dei docenti molto bravi di scienze che mi hanno fatto appassionare alla chimica, è una disciplina ponte, che ti collega al mondo sub microscopico degli atomi e delle molecole, al mondo macroscopico che ci circonda. In questo passaggio, in questo legame che crea, io mi ci perdo.

Quanto capire la chimica può aiutarci nella quotidianità?

Tantissimo, perché in realtà tutto quello che ci circonda è chimica, siamo circondati da chimica. Noi stessi siamo delle macchine molecolari, delle macchine chimiche molto, molto complesse. Rimaniamo in vita per una serie di reazioni chimiche che avvengono in ogni istante nel nostro corpo. Conoscere non delle cose complicate, ma almeno dei concetti di base della chimica ci aiuta a cucinare, perché la cucina è una serie di reazioni chimiche. A pulire casa, per sapere quale prodotto utilizzare per quella determinata macchia, senza farci fregare da certi siti che propongono rimedi naturali che poi alla fine non funzionano. La chimica è davvero straordinariamente utile, se compresa, per navigare la nostra vita quotidiana.

Cosa significa essere un divulgatore?

Credo che essere un divulgatore voglia dire offrire un servizio alle persone, mettersi al servizio della cittadinanza. Viviamo nella società della conoscenza, forse mai come prima d’ora sapere è potere. E allora, rendere accessibili dei concetti che possono essere anche molto complessi, senza sminuire questa complessità, il classico semplificare senza banalizzare la conoscenza prodotta dall’industria scientifica, credo che sia fortemente democratico. La divulgazione è uno degli strumenti della democrazia all’interno della società della conoscenza e quindi il ruolo del divulgatore è quello di mettere in contatto dei mondi che altrimenti difficilmente si parlerebbero, perché la scienza viene fatta nei laboratori, nelle riviste accademiche. Eppure, la scienza ha ripercussioni gigantesche sulla società e la società ha ripercussioni gigantesche sulla scienza. Il divulgatore fa un po’ da ponte fra queste realtà.

Fisica e chimica, amiche o nemiche?

Direi molto amiche. Non ci sarebbe fisica senza chimica e non ci sarebbe chimica senza fisica, tant’è che una delle discipline che più mi appassionavano quando studiavo chimica, si chiamava chimica-fisica, la disciplina ponte tra la chimica e la fisica. Non possono l’una fare a meno dell’altra, sono entrambe discipline fondamentali, e quando si parlano tirano fuori delle cose strepitose.

Quali sono le difficoltà che incontra?

Trovo che la difficoltà maggiore sia vincere quella che in gergo tecnico si chiama chemofobia, la paura che un po’ tutti abbiamo delle sostanze chimiche, ciò che percepiamo come chimico, sintetico, fatto dall’industria, istintivamente ci spaventa. E questo ce l’abbiamo un po’ tutti. Perché comunque, parliamoci chiaramente, nella seconda metà del secolo scorso l’industria chimica alcune volte non si è comportata in maniera ineccepibile. Da lì si è creata una frattura con la società e adesso parlare di chimica è complesso perché c’è scetticismo. La difficoltà che trovo è quella di riuscire a ricucire il legame fondamentale tra industria chimica e cittadinanza, fra chimica e cittadinanza.

Cosa le ha insegnato Piero Angela?

Forse l’insegnamento più grande che ho ricevuto da Piero, nel vederlo lavorare, è stato l’incredibile attenzione che aveva per il suo pubblico.  L’ultima stagione di “Superquark+” l’abbiamo girata a luglio, sappiamo che Piero ci ha lasciato poco dopo. E lui, fino all’ultimo, ha riletto, approvato o modificato, ha dato suggerimenti a tutti i testi prima che andassimo in studio. Penso alla fatica che quest’uomo ha fatto per vidimare i testi. Perché se un programma era fatto da Piero Angela, allora lui doveva averlo letto e approvato e aver dato il via libera alla sua registrazione. Questo rispetto nei confronti del pubblico credo che sia una cosa che non mi lascerà mai.

GIULIANA GALATI

Alla portata di tutti, utile e affascinante

Raccontare la fisica è il suo mestiere. Del maestro Piero Angela dice: «Mi ha insegnato a sorridere davanti a una telecamera, ma anche l’importanza del riscontro altrui». Il giovedì sera a “Noos”, in prima serata su Rai 1

Come è nata la sua passione per la fisica?

La mia passione per la fisica è nata un po’ per caso. Quando ho fatto la tesina della maturità avevo deciso di trattare il tempo come argomento trasversale e avevo approfondito quelli che sono i paradossi della relatività di Einstein. Mi aveva molto incuriosito perché mi sembrava un qualcosa di apparentemente magico e allo stesso tempo scientifico. Ho cercato di capire se la fisica potesse essere la mia strada perché fino ad allora non avevo assolutamente idea di cosa fare da grande. Ho iniziato a chiedere a chi l’aveva studiata all’università, a partire dalla mia professoressa del liceo, ad altri professori universitari che incontravo durante le conferenze che andavo a sentire. Tutti mi dicevano che la fisica dell’università era completamente diversa da quella che si fa a scuola. Stavo frequentando il liceo classico e non riuscivo a capire quale potesse essere la differenza. Una volta iscrittami a fisica mi è stato tutto più chiaro e dopo qualche difficoltà iniziale ho capito di aver fatto la scelta giusta.

Quanto capire la fisica può aiutarci nella quotidianità?

Noi siamo circondati da fisica, in qualsiasi cosa che facciamo, è nella tecnologia che usiamo senza sapere neanche cosa c’è dietro. Senza le conoscenze della relatività non potremmo mai costruire un GPS, ma la fisica è anche nelle cose più semplici, come un frigorifero, oppure sapere perché riusciamo a camminare su un pavimento. Probabilmente, nella maggior parte dei casi, possiamo usare la fisica senza saperla così bene, però se riusciamo a conoscerne i principi possiamo prendere delle piccole decisioni, anche quotidiane, che ci fanno stare meglio. Banalmente, su come vestirsi o di che colore comprare un’auto per evitare di soffrire troppo il caldo, oppure possiamo prendere delle decisioni che sono molto più impattanti sulla vita di tutti e quindi, per esempio, sulle forme di energia che possono essere più sostenibili a lungo tempo.

Cosa significa essere un divulgatore?

Innanzitutto, far capire la bellezza e l’importanza di quello che studi. Quando dico di essere una fisica le persone rispondono spesso: “Sarai sicuramente un genio, non ci ho mai capito niente, l’ho sempre odiata”. Vorrei invece dimostrare che la fisica è una materia che, come tutte le altre, è alla portata di tutti, è utile e affascinante. Vorrei trasmettere la mia passione e fornire qualche conoscenza in più, che può tornare utile, e condividere il fascino che si prova nello studiare l’infinitamente piccolo e l’infinitamente grande.

Quali sono le difficoltà che incontra?

Una è quella di dare il messaggio che non tutto, nella fisica, deve avere un fine utilitaristico. Tante persone si aspettano che ci sia sempre una ricaduta pratica, per esempio una nuova tecnologia, io invece per molto tempo ho fatto divulgazione sul mio ambito di ricerca, che all’epoca erano i neutrini, che non si vedono e sono completamente inutili per la nostra quotidianità. I neutrini ci attraversano, non possiamo sfruttarli a nostro vantaggio, ma sono bellissimi e affascinanti. Possono darci dei suggerimenti per risolvere i misteri dell’Universo, fanno cose stranissime. È importante conoscerli, studiarli perché in realtà ci sono ricadute, anche se indirette, magari non sul tema di ricerca in sé, ma sulle tecnologie che vengono messe a punto per studiare quel tema.

Fisica e chimica, amiche o nemiche?

Assolutamente amiche, anche se nelle puntate di “Noos” ogni tanto io e Ruggero facciamo un po’ a gara a proporre l’esperimento più spettacolare o più divertente. Fisica e chimica sono due discipline che guardano alla realtà da due punti di vista diversi, che spesso poi si incontrano e si sovrappongono. Al di là delle barzellette, sono materie che vanno molto d’accordo e sono assolutamente complementari.

Cosa le ha insegnato Piero Angela?

Sicuramente a sorridere davanti a una telecamera, ma anche l’importanza del riscontro altrui. È una cosa che ho imparato osservando il suo comportamento, quello di una persona che a novant’anni continuava a chiedere il parere delle persone che erano intorno a lui, per sapere se quello che aveva detto in una conferenza, in una puntata, fosse abbastanza chiaro, corretto, se andasse bene. E se lo chiedeva lui, con tutta l’esperienza che aveva, e sicuramente consapevole di essere il numero uno in Italia, a maggior ragione lo dobbiamo fare tutti noi.

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