Rosa
Veronica Pivetti
Una vita a ostacoli quella della grintosa protagonista del nuovo romanzo di Veronica Pivetti. Donna di cuore e di cervello, è giunta in Italia dal Perù ed è operatrice sociosanitaria in una RSA milanese. Cura gli anziani ospiti con dedizione, ma lo stipendio non basta per arrivare a fine mese e così, insieme alle colleghe Lupe, Teodora, Polina, Denisa e Maka, apre una cooperativa di assistenza per malati all’insaputa della coordinatrice, la temibile dottoressa Spinelli. Giornate e nottate di duro lavoro, il desiderio di affrancarsi dalle difficoltà economiche che l’accompagnano da sempre, la volontà di costruire un futuro sereno. La forza della protagonista è nella sua grande umanità, nell’ironia e nell’empatia che la contraddistinguono. Un racconto in commedia con un finale inatteso, che è al tempo stesso una storia di emancipazione e una favola dei giorni nostri
Tra fantasia e realtà, chi è Rosa?
Rosa è una donna che viene da lontano e che lavora in una RSA. È una OSS, cioè un’operatrice sociosanitaria, una figura che potremmo avere già incontrato nella nostra vita, o che, magari, chissà, prima o poi, incontreremo. È colei che si prende cura di nostra madre o di nostro padre, dei nostri nonni. Ho voluto dedicarle questo romanzo, che è anche un po’ una favola, e che racconta il nostro difficile rapporto con la vecchiaia.
Perché ha scelto di raccontare questa storia?
Perché quando la vita mi ha messo di fronte a una realtà difficile – bruscamente, come spesso capita – ho sentito il desiderio di raccontare come Rosa, e tante altre ‘Rosa’ che entrano con garbo e sensibilità nelle nostre esistenze, siano fondamentali per accompagnarci nel lungo viaggio della nostra vita, non sempre facile, non sempre vincente.
Nonostante la serietà dei temi affrontati il suo romanzo è intriso di ironia. Si può parlare di forza dell’ironia?
Certamente! L’ironia è il veicolo che mi permette di raccontare qualsiasi realtà, anche la più complessa e delicata. L’ironia è il mezzo che mi consente di affrontare col sorriso i peggiori tabù, che smaschera le paure, che toglie pesantezza a temi ritenuti intoccabili e che, invece, dicono di noi e della nostra vita familiare.
Un romanzo che vive soprattutto attorno a personaggi femminili, perché questa scelta?
Perché le donne sono in prima linea nella cura degli altri, sempre. Che siano madri, che siano mogli, o come in questo caso, operatrici sociosanitarie, sono quelle che sanno come dedicarsi al prossimo. Non che non ci siano anche uomini in questo settore, per carità, ma le donne sono la stragrande maggioranza.
Cosa significa “emanciparsi” in questo terzo millennio?
Per noi donne, purtroppo, significa ancora lottare per ottenere qualcosa che ci spetta di diritto. Ma i diritti sono troppo spesso una parola e poco un fatto. In questo romanzo, per Rosa e le sue amiche, ‘emancipazione’ è la parola chiave. E penso che anche noi, quando le accogliamo nelle nostre case, dovremmo emanciparci nel rapporto con loro. Sono persone che ci aiutano, che arrivano dove noi non siamo in grado di arrivare. La nostra casa è anche la loro.
A chi dedica questo libro?
A chi vuole conoscere meglio una realtà evidente, diffusissima, socialmente determinante, ma ancora guardata di sfuggita. A chi vuole ridere o sorridere su temi ‘scomodi’, a chi ha in casa una situazione difficile e vuole sentirsi meno solo.