Ridere che passione
Jacopo Cullin
Nei panni di Lello Esposito per la terza volta in “Lolita Lobosco”, l’attore cagliaritano si racconta al RadiocorriereTv: «Un profondo senso di gratitudine per aver avuto la possibilità di interpretare un personaggio bello, divertente, capace di far ridere le persone»
Buona, anzi, buonissima la prima…
Ci siamo ritrovati tutti con lo stesso entusiasmo con cui ci siamo lasciati alla fine della seconda stagione, solo un po’ cambiati, cresciuti e con delle nuove, bellissime storie da raccontare. C’è chi diventa padre come me, chi avrà uno sconvolgimento totale della propria vita. Nuovi intrecci da non perdere. Per quel che mi riguarda, sono molto contento di approfondire alcune sfumature del mio personaggio che non conoscevo, Lello ci stupirà con la sua tenerezza e fragilità.
Come evolve il suo personaggio in questa terza stagione de “Le indagini di Lolita Lobosco”?
Diventa padre di due gemelli, è costretto a maturare per affrontare al meglio questo nuovo capitolo della sua vita. Il lavoro va bene, è riuscito a conquistare la fiducia di Lolita, che lo coinvolge sempre di più nelle indagini, affidandogli compiti importanti. La paternità lo rende felicissimo, le normali preoccupazioni di quando si hanno dei figli lo costringono a fare i conti con il suo lato più fragile.
Un sardo nei panni di un pugliese doc…
Sono veramente innamorato della Puglia, Lello è profondamente barese, la sua cultura, il suo background viene fuori in continuazione… creando anche molte situazioni comiche.
… e Lolita?
Questo vicequestore è sempre pronto a bacchettarlo, ma è ormai diventata una persona fondamentale nella sua vita. Si vogliono bene e alla fine arrivano anche i complimenti (ride).
Arrivati alla terza stagione, cosa le lascia questa esperienza?
Un profondo senso di gratitudine per aver avuto la possibilità di interpretare un personaggio bello, divertente, capace di far ridere le persone.
Che rapporto ha quindi con il senso di “responsabilità”?
Esposito è sempre stato un personaggio molto responsabile, a maggior ragione ora che ha la responsabilità di due nuove vite. Farà un ulteriore step nella sua crescita personale.
L’arte della risata. Dal teatro al piccolo schermo, come è arrivato a farne una professione?
Non me ne sono nemmeno accorto. Ho iniziato a sedici anni e da quando ne ho diciotto son sempre riuscito a mantenermi con questo lavoro. All’inizio, facendo l’animatore turistico, stavo sui palchi dei villaggi, poi a teatro con i miei spettacoli comici e successivamente sul set. Un passaggio naturale che non ha una data o un momento preciso.
Come e quando nasce il suo sogno di attore?
Nasce dal desiderio di far ridere ed emozionare le persone, un desiderio che si è poi trasformato in sogno e adesso mi permette di vivere una splendida realtà.
Leggendo la bio nel suo sito, in questa sequenza di numeri a un certo punto arriva il ritorno in Sardegna. Qual è legame con la sua terra?
Fortissimo, sia con la terra che con i sardi. Siamo una grande famiglia, e anche se gli spagnoli ci definivano “Pocos, locos y male unidos”, io sento invece una grande spinta dai Sardi. Come se fossi un loro parente, un cugino, un nipote, qualcuno per cui fare il tifo e di cui essere orgogliosi. E qui il senso di responsabilità si manifesta anche nel voler rendere orgogliose le persone.
Cosa sogna per il suo futuro Jacopo Cullin?
Di riuscire a essere sempre pronto ad accettare qualsiasi sfida con uno sguardo verso il futuro e tanta gratitudine verso il passato, per le opportunità che ho ricevuto.