RENZO ARBORE
Sorrisi senza tempo
Le risate che hanno fatto la storia della Tv. “Come ridevamo” è il nuovo programma di Rai Cultura ideato da Renzo Arbore e Gegé Telesforo insieme a Ugo Porcelli, in onda il giovedì in seconda serata su Rai 2. I due conduttori che hanno selezionato 120 tra scenette e brani, sketch iconici da far conoscere anche alle nuove generazioni. Renzo Arbore racconta questo viaggio di venti puntate
È partito con un nuovo emozionante viaggio televisivo, questa volta nel tempo. Com’è nato?
Avevo il rammarico che certi momenti di televisione venissero visti soltanto di sfuggita, magari tra una cosa e l’altra, tagliati a pezzettini senza essere valorizzati come meritano. Con il mio gruppo di lavoro, con cui ho fatto anche altre trasmissioni, siamo andati a ricercare tutto il materiale.
Risate che ancora oggi resistono al passare del tempo, com’è possibile?
Noi abbiamo scelto proprio i sorrisi che resistono ai cambiamenti. Non abbiamo, ahimè, preso la satira, le imitazioni di D’Alema ad esempio, o di altri, quella roba che purtroppo decade. Abbiamo scelto quegli sketch che fanno ridere sempre, perché sono sorrisi nati dalla fantasia più che dall’attualità dell’epoca, ma anche dalle invenzioni. La generazione del dopoguerra ci ha insegnato a sorridere: Sordi, Manfredi, Tognazzi e poi Dario Fo, e tutti noi che siamo stati discepoli, la mia generazione insomma.
Quanto è importante la leggerezza?
È fondamentale, perché con la leggerezza ci si deve convivere. L’importanza è straordinaria. Grazie a Dio ci sono città dove la leggerezza è un dovere dal mattino, penso a Napoli, dove si nasce con una propensione al sorriso, che in questo momento è un po’ dimenticata.
E in televisione?
L’intrattenimento televisivo non ha più contemplato i varietà. Certo, ci sono dei talk show divertenti o dedicati al ballo o alle meditazioni, ma proprio dei programmi dove ci sia una comitiva allegra che deve far ridere non mi pare che ci siano.
Gli sketch saranno riprodotti in maniera integrale…
Sì, li abbiamo lasciati come sono nati. A volte tagliarli toglie il gusto della scenetta. E poi, al tempo, le cose che facevano ridere esigevano una certa calma, non si rideva freneticamente, si rideva piano piano, montava la risata.
Qual è la potenza della tv che lei ha fatto?
Devo dire che, non per vanità, ma “Quelli della Notte” fu il primo programma che faceva ridere nato dopo gli anni di piombo che finirono ufficialmente proprio con questo programma.
Dopo il successo di un programma lei si è sempre reinventato…
Eh già, di questo invece mi vanto un po’, perché ho sempre cercato di inventare altri format. Alla lunga ne ho fatti 21, uno diverso dall’altro. Dopo il covid ne ho ideati alcuni più economici, anche da casa mia, anche per ragioni di età.
“Con gli amici faccio lo show” diceva in una sua canzone. Quanto è stata importante l’amicizia nella sua vita e quanto lo è oggi?
Determinante. Ho lavorato con tutti quelli che sono miei amici, sono rimasti amici e grati. Il rapporto era quello, un po’ come il rapporto che si crea tra un regista e gli interpreti di un film. Non si può girare un film se odi il tuo attore. Insomma, più o meno è un rapporto sempre di affettuosità e di sintonia, molta sintonia naturalmente.
Torniamo a “Come ridevamo”: è pensato anche per far scoprire alle nuove generazioni come si divertivano i loro genitori e nonni. Lei cosa pensa del linguaggio dei giovani di oggi?
Lo approvo, ma non è lo stesso mio. Oggi si fa ridere con un umorismo “contro” che io chiamo hard. Niente di male, per carità, alcuni fanno ridere, sono molto intelligenti, ma lo stand up o il monologo satirico è così e non è in sintonia con me, anche se riconosco che molti giovani sono bravi e sono efficaci.
Il volume “Renzo Arbore Bontà Vostra” di Gianni Garrucciu, edito Rai Libri, raccoglie gli interventi di personalità del mondo della cultura, dello spettacolo, dell’arte, che danno una lettura a tutto tondo della sua persona. Ci si è ritrovato?
Molto, da Fiorello a Mariangela Melato, da Benigni ai registi, tutti quelli che sono stati interpellati sono stati molto generosi con me. Poi naturalmente il libro non è solo quello, ma una biografia molto accurata della mia carriera. Questo mi ha stupito, perché c’erano cose che io stesso ho dimenticato o ho sottovalutato come quelle che vengono chiamate ospitate televisive. Finalmente viene riconosciuta l’importanza della mia orchestra, che è stata una grande invenzione fatta nel ‘91 e che è durata fino al 2021 con più di 60 concerti all’anno in tutto il mondo, dall’Australia alla Russia, dal Nord America a Francia, Spagna e altri paesi, Cina e Giappone compresi. Viene riconosciuto che l’Orchestra italiana ha rilanciato le canzoni napoletane classiche, che venivano ritenute canzonette d’epoca superate e che invece io ho dimostrato essere canzoni eterne, evergreen, sempreverdi.
Sappiamo che lei è un collezionista. In questo caso anche di risate?
Eh sì! In “Come ridevamo” abbiamo collezionato risate di tutti i tipi. Quelle di Paolo Villaggio e di Benigni, di Corrado Guzzanti, quelle con Lino Banfi. Insomma, un grande assortimento. La nostra scelta, di fronte ai tanti sketch visionati, avveniva a seconda delle risate che ci facevamo guardando. Sono risate senza tempo!