Recitare, che passione

Marco Rossetti

Il RadiocorriereTv incontra l’attore romano, già entrato nel cuore del pubblico di Rai1 con il personaggio del dottor Damiano Cesconi in “DOC”.  «Il primo giorno di lettura del copione ero spaventato – afferma – ma ho trovato subito una famiglia che mi ha aperto le porte di casa con una semplicità e un’umanità genuine e positive»

© Erika Kuenka

Un romano al policlinico Ambrosiano di Milano in “DOC”, chi è Damiano Cesconi?

Cesconi è un infettivologo, viene da Roma, dallo Spallanzani e adotta un cambiamento così drastico nella sua vita perché è stanco, deluso dalla sanità pubblica post covid, dalle promesse non mantenute. Decide di cambiare completamente aria e va all’Ambrosiano dove adotta uno stile di cura in cui i pazienti sono solo numeri, praticamente l’antitesi rispetto al metodo di Doc.

Com’è stato l’incontro con il suo personaggio?

Bello e diverso. Non mi era mai capitato di interpretare un medico, ancor più interessante farlo in un periodo così difficile, in cui tutti provano ad allontanare i propri pensieri da quanto accaduto. Concentrarmici, dovere affrontare le dinamiche dell’ospedale, dovermici soffermare realmente, è stato complesso e anche doloroso. Il fare cinico di Cesconi è un qualcosa che non avevo mai portato in scena, in realtà lui è, come me, una persona molto dedita al suo lavoro: la disillusione l’ha portato a essere diverso dalla sua natura.

C’è chi definisce Cesconi cinico e chi un po’ paraculo, Doc fa bene a non fidarsi troppo di lui?

Non mi ricordo (sorride). Chi lo sa… Quello che posso dire è che grazie agli autori la serie è una montagna russa molto interessante. Complimenti agli sceneggiatori, portare avanti sedici episodi è una cosa non facile.

Come ha vissuto l’ingresso in una serie già di grande successo?

Una sana paura, entri per forza in punta di piedi. Il primo giorno di lettura del copione ero spaventato, ma ho trovato subito una famiglia che mi ha aperto le porte di casa con una semplicità e un’umanità genuine e positive. È stata una bella emozione, ancor più vedendo i risultati dopo tanti mesi di set. Sono grato di far parte di un progetto tanto ambizioso e fortunato.

Diviso tra cinema, Tv e teatro, cosa significa fare l’attore oggi?

Sono fortunato di potere campare di quella che è la mia passione. Fare questo mestiere oggi è difficile, oltre il talento è importante il coraggio di non mollare mai. È un lavoro che ti sottopone a un giudizio continuo, un’analisi personale forte.

Come vive il giudizio del pubblico, della critica…

Sono aperto a tutto, non mi spaventa la critica, il giudizio degli spettatori come quello degli addetti ai lavori, che ti fa crescere. La più severa tra tutti è mia mamma, la prima a dirmi senza timore se qualcosa non le è piaciuto.

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