Questione di fiducia (e di curiosità)
PIF
Dal lunedì al venerdì, alle 20.20, su Rai 3 “Caro marziano” ci racconta senza filtri tra vizi e virtù. Il conduttore: «Ai miei intervistati ho sempre chiesto tutto, ma se devo toccare qualcosa di intimo, di privato, devo percepire che si fidino di me»
La promessa al nostro marziano si è rinnovata, lei è tornato a raccontargli come vanno le cose da noi sulla Terra, chi siamo… come prosegue questo viaggio?
Il format è quello che conosciamo, a cambiare è la realtà, è il Paese, sono io che cresco, invecchio. L’idea è quella di attaccarmi alla realtà e vedere dove mi porta.
Come è cambiato, nel tempo, il suo modo di raccontare noi terrestri?
È una domanda da fare a chi mi segue, non è che te ne rendi conto. Il mio privato collima con il pubblico del “Marziano”. Crescendo vedi le cose in maniera diversa, credo di essermi un po’ imborghesito. Prima ero un po’ più fuori dagli schemi. Faccio sempre le domande imbarazzanti, ma con un po’ più di timore, mentre prima ero un po’ più disinvolto. L’importante è continuare a farle, percepisco un imbarazzo che prima non avevo, o gestivo meglio. Ero più folle.
C’è qualcosa che, o per pudore o per rispetto, non chiederebbe mai a un suo intervistato?
Ho sempre chiesto tutto, ma se devo toccare qualcosa di intimo, di privato, devo percepire che lui si fidi di me. Se non sono sicuro di avere conquistato la sua fiducia, tendenzialmente faccio un passo indietro. Monto sempre le puntate in maniera cronologica, in modo che si percepisca che, domanda dopo domanda, l’ospite abbia preso confidenza. Io busso sempre, se mi apri entro molto volentieri. Se non mi apri, per indole, non forzo mai la porta. Sono sempre grato nei confronti di chi ha fiducia in me.
Come sceglie le storie che racconta?
Se una cosa mi incuriosisce vado, altrimenti no. Lo spunto può venire dai social, che aiutano tantissimo, mentre una volta le idee venivano più dagli articoli di giornale, da un sentito dire. La base, il motore di tutto, anche nella vita, è la curiosità. Se una cosa non mi incuriosisce la mia pigrizia non mi fa scendere dal letto (sorride).
Cosa deve avere una storia per colpirla?
Mi appassionano le persone che credono in ciò che fanno, anche a costo di sacrificarsi enormemente. E poi, a quel punto, l’argomento può essere la cosa più seria o la cosa più stupida. Dallo chef allo stilista, mi piace lo sforzo che viene fatto nel fare un mestiere.
Quanto si sente un “marziano” della Tv?
Mi piace quando mi etichettano come “altro”, come una cosa diversa. Non succede sempre, ma quando accade sono contento. È bello essere marziano rispetto agli altri, e che gli altri lo siano nei tuoi confronti. Poi essere diverso dagli altri ha molti aspetti positivi, in questo periodo storico lo trovo un complimento.
Quali sono le sue passioni?
A parte gli affetti famigliari, il lavoro. Credo che il giorno in cui non mi faranno più lavorare sarà un giorno durissimo. Dentro il lavoro ci metto tutto, la mia indignazione, la mia protesta, il mio cazzeggio.
Il suo lavoro la racconta in pieno…
Non faccio cose che non mi appartengano. Tento di non farle e fino a ora ci sono riuscito.
L’Italia si fermerà nei prossimi giorni per Sanremo. Lei sarà tra i milioni di persone che assisteranno al Festival, almeno per qualche minuto?
Di solito per lavoro, e anche quest’anno andrà così, non lo farò. Però ho una grossissima stima nei confronti di Sanremo. Da cittadino mi piace perché è l’unica festa che unisce l’Italia. Ogni dichiarazione del conduttore di Sanremo pesa come quelle del presidente del Consiglio. È poi incredibile come dal giorno dopo la fine del Festival nessuno si ricordi più di niente. Sanremo non è solo un festival di canzoni ma molto di più, interessa il povero e il ricco. Anche sparare contro Sanremo è tradizione (sorride). Il solo fatto che ci sia mi conforta, un po’ come il Natale. Puoi anche non festeggiarlo ma non puoi rimanere immune.
Se dovesse raccontare Sanremo a un marziano, quali parole utilizzerebbe?
È complesso, è un po’ come parlare della mamma. E la mamma è la mamma. Però se dovessi raccontare l’Italia al marziano partirei proprio da Sanremo. Quel palco diventa importante quanto Palazzo Chigi, e non so in quanti altri paesi del mondo accada una cosa simile.