Quanto è difficile fare l’antipatico
Nella serie di Rai 1 diretta da Rolando Ravello, l’attore è il commissario Saguatti, poliziotto ruspante e popolare, con metodi poco ortodossi ma che rivelerà risvolti imprevedibili: «All’inizio con il protagonista gioca un po’ al gatto con il topo, lo tratta male, ma nel corso della storia si rivelerà più umano»
Un ritorno alla fiction e un debutto in Rai. Cosa l’ha spinta ad accettare questo progetto?
Innanzitutto, l’amicizia con lo sceneggiatore, Fabio Bonifacci. La serie è tratta da un suo libro (Il giro della verità). I veri protagonisti della storia sono i ragazzi, gli adolescenti con i loro problemi. Il mio personaggio, il commissario Saguatti, all’inizio era solo un cammeo, che poi è stato allargato nella stesura e nel corso delle riprese. Bonifacci e il regista Rolando Ravello mi hanno simpaticamente accerchiato, ma anche il ruolo ha rappresentato qualcosa di nuovo.
Una storia che ci racconta il travaglio del giovane Lele nell’assumersi la responsabilità dei propri errori, ma che affronta anche il tema del rapporto genitori-figli…
Il rapporto genitori e figli è atavico, e in ogni epoca ha i suoi problemi. La serie comincia con una tragedia, la morte di un ragazzo per una pasticca di droga tagliata male spacciata da Lele. Ma la vera storia è proprio quella di Lele (Riccardo De Rinaldis). All’inizio lo abbiamo visto salire i gradini della questura insieme al padre Marco (Stefano Fresi) per andare a denunciarsi. Una scelta preceduta da un momento di difficoltà e di sofferenza.
Come “girano” le verità nella serie?
Insieme al rapporto genitori-figli c’è il tema etico: è giusto o non è giusto dire la verità? Nel corso delle puntate Lele si contorce, si chiede se parlare con i genitori, con gli amici, con il commissario Saguatti…
Che tipo è il suo commissario?
All’inizio con Lele gioca un po’ al gatto con il topo, lo tratta male, ma nel corso della storia si rivelerà più umano. Il gioco delle verità è legato in qualche modo anche a lui, che alla fine una bugia la dirà. Nasconderà qualcosa, probabilmente a fin di bene, capendo che la responsabilità delle pasticche tagliate male non è del giovane.
Come ha vissuto l’incontro con il suo personaggio?
Fare l’“antipatico” è una cosa che mi risulta simpaticamente difficile, visto che di default, da “Zelig” in poi, appaio come simpatico. Come attore mi ha incuriosito fare qualcosa che andasse fuori dalla mia comfort zone.
Un commissario che quando si ritrova con il suo assistente, l’appuntato Paternò (Antonio Perna), sa essere anche ironico…
Il regista mi ha affiancato il personaggio di Paternò con il quale è nato un duo comico e sono tornato a fare un po’ da spalla a un comico puro. Sul set ci siamo divertiti a improvvisare anche al di fuori del copione, ne esce un contrappunto simpatico.
La difficoltà di essere genitori e quella dei ragazzi di trovare un posto nel mondo… è davvero così difficile vivere il gioco della vita?
Direi di sì. Credo che oggi lo sia molto di più che un tempo. Noi avevamo ideali, magari sbagliati, ma un po’ più di alto respiro. Anche quelli che dicevano “no future” a modo loro prendevano una posizione. Oggi, mi permetto di dire, i selfie e ciò che diciamo sui social non sono la stessa cosa. Certamente arrivano a molte più persone, potenzialmente a milioni, ma il contenuto non ha la stessa forza. E poi aggiungi anche la crisi economica.
Da padre come vede i nostri giorni?
Penso ai miei figli che l’adolescenza l’hanno superata, oggi hanno più di vent’anni e sono alla ricerca di lavoro. Io ho iniziato a lavorare a fine anni Settanta e allora un giovane poteva scegliere. Ho lavorato nel turismo in un’agenzia di viaggi, ho deciso di fare l’attore, ho cambiato, ma con la consapevolezza che avrei potuto tornare indietro. Mi sembrava ci fossero più prospettive. Oggi sono cavoli amari. Anche ai miei figli non so cosa consigliare, cosa dire. Sono un po’ pessimista sul futuro.
TITOLO BOX:
LA STORIA
TESTO BOX:
Il diciottenne Lele, bravo ragazzo di umili origini, frequenta il liceo con i figli dell’élite bolognese ed è innamorato di Serena, bellissima, intelligente e perfetta reginetta della scuola. Invitato una sera in discoteca da Serena e dal suo gruppo di amici, Lele per fare colpo su di lei prende una pasticca di Mdma. Risucchiato nel mondo delle discoteche e della droga, Lele rimane però presto senza soldi e, per continuare a frequentare Serena, si ritrova a comprare le pasticche nel suo quartiere e a rivenderle in discoteca al doppio del prezzo. Una sera vende una pasticca al suo amico Mirco, che viene trovato morto il giorno dopo proprio a causa della droga. Per Lele, corroso dai sensi di colpa perché convinto di essere l’assassino di Mirco, inizia un calvario che stravolge il rapporto con Pigi, suo migliore amico, con Serena e con i genitori.