Quante emozioni in un applauso

VIRGINIA RAFFAELE

La protagonista di “Colpo di luna” si racconta al RadiocorriereTv: «Ci siamo ispirati ai grandi varietà del passato, con l’attore al centro della scena. All’epoca la televisione era perfetta. Mi sarebbe solo piaciuto esserci, magari essere Mina o Alberto Sordi». Il venerdì in prima serata su Rai 1

Il luna park è gioco ed è sogno, per lei è stato anche casa. Qual è l’impronta di questo mondo sulla sua vita?

Totale, per una serie di fattori. Uno su tutti lo sguardo che mi ha insegnato ad avere nei confronti del prossimo, della gente, che è poi il pubblico. Sin da quando ero bambina sentivo mia mamma dire “stiamo al pubblico”. Noi eravamo già sul palcoscenico, come lo sono i ristoratori, come lo sono le persone che lavorano con la gente. In più, nel luna park, c’era l’esibizione, una affabulazione per cercare di attrarre il pubblico e farlo divertire. Il luna park mi ha fatto anche capire l’importanza del lavoro, dei sacrifici. Era un’attività fisicamente faticosa, stare ore al bancone, al freddo dell’inverno, al caldo dell’estate, durante le festività. La dedizione al lavoro è ciò che mi hanno insegnato i miei genitori ed è ciò che mi porto dietro.

Che cosa prova di fronte all’applauso del pubblico?

Gli applausi e le risate sono abbracci che non si possono descrivere, sono la cosa più bella, ti accorgi di essere entrata nel cuore di chi ti sta guardando, gli applausi sono vibrazioni, la colonna sonora della vita dell’attore…

Il varietà nella Tv di oggi ha assunto declinazioni diverse: il talent, gli stand-up comedy. Cosa l’ha spinta a portare in scena un programma che si ispira invece alla nostra più alta tradizione televisiva?

L’onestà intellettuale. Chi sono io per inventarmi un altro varietà? Se devi fare il varietà lo riproponi guardando i primi. Non ne abbiamo fatto una copia, impossibile copiarlo. C’è solo un’ispirazione, soprattutto per quanto riguarda la scena, pensata con Marco Calzavara, Duccio Forzano, che ricorda “Teatro 10”, questo spazio grande, largo, quasi teatrale, dove non c’è scenografia se non l’attore e il suo ospite.

Come si costruiscono una narrazione, una battuta, che facciano sorridere il pubblico?

Con l’ascolto di quello che si ha intorno, con il proprio gusto, è tutto molto personale. Non c’è un segreto, è una costruzione che si affina nel tempo. Sono vent’anni che faccio questo lavoro, già… mi sono distratta un attimo e sono passati vent’anni (sorride).

Cosa deve avere un personaggio perché lei decida di crearne una maschera?

Deve avere qualcosa che mi attragga, che può essere il modo di parlare, un tic, la sua storia. Ci sono diverse sfaccettature di un personaggio che possono colpirti e spingerti a farne una maschera. Le chiamo maschere rifacendomi alla tradizione teatrale. Balanzone, Pantalone, Mirandolina erano semplicemente virtù e vizi umani tramutati in maschere. Quello che cerco di fare è esattamente un lavoro teatrale e attoriale.

A quali delle sue maschere si sente più legata?

Per affezione ci sono la Fracci, Ornella, le faccio entrambe da tanti anni (sorride). Ma sono i personaggi inventati, di fantasia, quelli che più mi appartengono, penso alla poetessa transessuale Paula Gilberto, a lei sono molto affezionata.

La nostra televisione compie 70 anni, in quale programma del passato avrebbe visto bene le sue maschere?

Non lo so. All’epoca la televisione era perfetta. Mi sarebbe solo piaciuto esserci, magari essere Mina, Alberto Sordi, proprio perché sostengo non ci sia sessualità o diversità di genere in questo mestiere, ma solo gente brava e gente non brava.

Quale significato dà alla parola leggerezza?

La leggerezza, diceva Calvino, non è superficialità ma planare dall’alto sulle cose. Credo sia una delle cose più vere. Una visione leggera di tutto porta dietro un respiro diverso.

Cosa la fa sorridere per davvero nella quotidianità?

Gli animali sono molto buffi (sorride). Quando li osservi la natura ti parla…

Lei ne ha?

No, perché pur amandoli non avrei il tempo di occuparmene. Sarebbe egoistico prendere un cane e tenerlo in camerino. Quando mi dicono “lui è felice di star con te”, rispondo “che ne sai, glielo hai mai chiesto?”. Credo che un cane sia molto più contento di correre al parco.

Oltre agli animali?

I cartoni animati.

Preferiti?

“La spada nella roccia”, lo rivedo spesso, sono fan del gufo Anacleto. I cartoni animati sono la scuola perfetta della comicità, pensi a Willy il Coyote e a Beep Beep, i loro tempi comici non sono riproducibili. 

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