PIERPAOLO SPOLLON

Sono fatalista e sognatore

Tra i protagonisti di “DOC – Nelle tue mani” il giovedì sera su Rai1, l’attore veneto, apprezzato dal pubblico televisivo in numerose serie di successo, si racconta al nostro giornale: “Avevo una ventina d’anni, non sapevo se insistere nella recitazione, feci il provino per un film di Emanuele Crialese. Andò bene”. E ancora: “Cambiare non mi scompone più di tanto, sono cosciente che tutte le cose negative portano in dote momenti migliori”

Il suo dottor Riccardo Bonvegna, specializzando in “DOC”, è già entrato nel cuore del grande pubblico…

Riccardo è un ragazzo molto esuberante, ma al tempo stesso ha difficoltà a relazionarsi con gli altri. Ha un’empatia smisurata anche se a un certo punto, soprattutto con le donne, tende a chiudersi, a non andare troppo in profondità. La sua vita, come me la sono immaginata, non è lontanissima dalla quarantena dei giorni nostri. Lui sta molto a casa con la mamma, è uno specializzando del primo anno ed è appena arrivato a fare la pratica in Medicina interna. Mi sono divertito a lavorare sul suo carattere, Riccardo è un personaggio che si svela pian piano, che ha una grande affinità con il dottor Andrea Fanti (Luca Argentero) e che come tutti gli altri specializzandi custodisce un segreto. Nel corso delle puntate le cose cominceranno a cambiare anche per lui.

C’è qualcosa che vi accomuna?

Lui è un ragazzo esuberante, proprio come me, ma dietro la maschera, dietro la ribalta, c’è sempre un opposto, che nel mio caso è una natura anche malinconica. Nel costruire Riccardo mi sono ispirato ad alcune persone che conosco, ma c’è anche qualcosa di me.

Cosa l’ha convinta a prendere parte a “DOC”?

Il soggetto mi è piaciuto sin dalla prima lettura, e poi la presenza di Luca Argentero. Luca, oltre a essere un bravo attore, è una persona per bene.

Cosa ha pensato, entrando da osservatore in un reparto vero d’ospedale, prima delle riprese?

Che rispetto a quello dei medici il lavoro dell’attore è inutile, il primo impatto è stato di imbarazzo. Mi sono detto: sono qui, osservo in silenzio e con rispetto, ma le persone che ci stanno istruendo salvano per davvero vite umane. Sono stati dei momenti tosti. Penso che ad accomunare, in parte, le due professioni sia lo stress psicofisico, la necessità di mantenere sempre alta l’attenzione, anche per un tempo prolungato.

E quando un attore mette in scena un medico?

La difficoltà è essere credibile mantenendo naturalezza.

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