PETER GOMEZ

Mai domande per stupire

Il giornalista, che ritorna sabato 19 ottobre su Rai 3 con “La Confessione”, si racconta al RadiocorriereTv: «Voglio ospitare personaggi che siano controcorrente, ribelli, e che magari, pur non avendo ragione, hanno il coraggio di dire no»

Tornano le “confessioni”, questa volta il sabato in prima serata su Rai 3. Come scegli i tuoi ospiti?

Lavorando a “L’Espresso” ho imparato che per fare informazione bisogna coniugare l’alto e il basso, un giornalista ha il dovere di raccontare il mondo e di parlare di ciò che interessa alla gente. Mi interesso di politica, mafia, ma anche di sport e non me ne vergogno affatto. Credo che in una trasmissione come “La Confessione” sia necessario mettere insieme questi due mondi, ricordandoci sempre che tutti gli intervistati, italiani, sono prima di tutto cittadini. Gli ospiti li scegliamo anche seguendo un filo conduttore, che nella serie scorsa era quello della legalità. Nella stagione che sta per partire ritroveremo questo tema, ma al tempo stesso andrò a cercare personaggi che siano controcorrente, dei ribelli, persone che magari, pur non avendo ragione, hanno il coraggio di dire no.

C’è una domanda che non faresti mai a un tuo intervistato?

Alcune legatissime al gossip. Ma molto dipende dal contesto, da come le poni. Se mi parli, ad esempio, di diritti LGBTQ+, può essere anche legittimo chiedere se hai avuto attrazione per una persona del tuo stesso sesso. Non credo ci siano domande che non si possono fare, vanno poste con il tono giusto e nel contesto giusto. Di certo non faccio domande per stupire.

Come ti poni nei confronti di un intervistato che ritieni dica la verità?

Certe volte gli ricordo che siamo a “La Confessione”, ed è il segnale più chiaro che qualcosa non mi convince. Non è un programma interrogatorio, non torchio nessuno, però la seconda domanda la faccio (sorride).

Come te la cavi con il politicamente corretto?

Penso che nella vita, quando si parla, si debba essere delle persone educate e, anche se non si è credenti, tenere sempre conto di quel che dice il Vangelo: non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te. Detto questo ci sono ambiti, come la satira e la comicità, in cui nemmeno questi discorsi valgono. Un giorno Paolo Rossi mi disse: “Ti rendi conto che se racconto una barzelletta sugli alpinisti gay se la prendono con me sia i gay che gli alpinisti?”.

Hai iniziato con Indro Montanelli.

È stato il mio direttore per tanti anni. Mi assunse a “Il Giornale”, mi portò a “La Voce”, ho saputo che quando voleva mettere in piedi un settimanale che si sarebbe dovuto chiamare “Il Caffè”, aveva incluso il mio nome nell’elenco dei colleghi che avrebbe voluto con sé. Ciò che ho imparato da lui è racchiuso in una sua frase: “L’unica battaglia che noi dobbiamo vincere è quella che facciamo ogni mattina davanti allo specchio quando ci facciamo la barba”. Possiamo sbagliare, chiedere scusa, commettere errori, però dobbiamo farlo sempre con un bell’animo, essendo onesti dentro…

Coerenti…

… apprezzo la coerenza, ma bisogna anche dire, come ricordava Montanelli, che nella vita sono sempre coerenti i fanatici e le mummie. È ovvio che i punti di vista possano cambiare, ma un conto è cambiare posizione, altro sono il trasformismo italico, la corsa sul carro del vincitore, il conformismo totale, un giornalismo sempre più mainstream. Trent’anni fa i giornali erano molto più vivaci, e questo non ha a che vedere con il politicamente corretto. Uno la può pensare come vuole sulla guerra in Ucraina, in Israele, ma non accusare chi è per la pace senza se e senza ma di essere putiniano, “pacifinto”. Un tempo si dibatteva, ci si scannava, ma non si partiva dal presupposto che l’avversario fosse pagato. Nel dibattito pubblico c’era qualcosa di diverso.

Fare domande è il tuo mestiere, ma come ti senti nei panni dell’intervistato?

Dico quello che penso, anche perché non credo di avere pensieri mostruosi, non ho bisogno di trattenermi (sorride).

Un ospite che inviteresti a “La Confessione” …

Morto Berlusconi, che sarebbe stato l’intervistato per eccellenza e che Montanelli definiva “il bugiardo più sincero”, mi piacerebbe intervistare Marcello Dell’Utri, non per fare un’intervista inquisitoria, ma perché ha fondato Forza Italia, perché era con Berlusconi dal primo giorno, perché ha avuto i suoi processi, le sue condanne. Ha una storia da film.

Concludi le puntate chiedendo ai tuoi ospiti di fare una confessione, se tu fossi al loro posto e dovessi “confessare” qualcosa ai tuoi lettori, al tuo pubblico… cosa diresti loro?

Non mi spiego per quale ragione io abbia avuto più successo rispetto ad altri colleghi. Non mi sento particolarmente migliore di loro.

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