Paolo Bosisio

I secchioni non mi sono mai piaciuti

Professore, scrittore, regista, attore, innamorato dell’arte e sempre vicino ai giovani. Una lunga carriera tra scuola e palcoscenico quella del preside de “Il Collegio” di Rai2 che si racconta al RadiocorriereTv: «Con gli studenti cerco una lunghezza d’onda compatibile, provo a entrare in empatia con loro»

Cosa l’ha spinta a tornare ancora una volta in cattedra?

Innanzitutto il fatto che “Il Collegio”, prima che una cattedra, è una prova, un cimento, e a me i cimenti divertono enormemente. Ogni serie è diversa dalla precedente perché diversi sono i ragazzi che incontro, ogni volta è un’emozione, una prova della mia capacità di entrare in empatia con questi giovani.

Come si prepara a ogni nuova stagione?

Ci sono due piccolissime fasi di preparazione. Sapendo l’anno in cui la stagione è collocata, e succede circa un mese prima dell’inizio delle riprese, cerco di tararmi sul decennio, in maniera da assumere un atteggiamento lievemente diverso. Nella prima serie, che ci riportava nel 1960, ero veramente un preside implacabile. In quelle più recenti, 1982 e 1992, ero più aperto all’ascolto dei ragazzi, pur nell’assoluta necessità di rispettare le regole. La seconda preparazione è conoscere i ragazzi attraverso fotografie e brevi video di presentazione. Per fare il mestiere del professore o del preside è essenziale conoscere bene i loro nomi.

I ragazzi che entrano nel collegio devono rinunciare alla tecnologia, perché questo fa loro tanta paura?

Seppure per soli quaranta giorni, questo cambia la loro vita. Oggi i ragazzi non utilizzano la tecnologia ma vivono di tecnologia, con il telefono, che è ormai una stazione orbitale, tra le mani dalla mattina alla sera. Allontanarli dallo smartphone è il passo più importante per spiazzarli e metterli in una situazione di esposizione completa a ciò che accade.

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